Uno dei segnali più incoraggianti nel panorama gastronomico romano è l’apertura, in zone non esattamente battute dai soliti percorsi turistici, di esercizi interessanti che promettono di non essere semplici meteore, ma indirizzi duraturi e affidabili.
A Centocelle, quartiere che definire decentrato rispetto al pulsante bailamme delle zone centrali sarebbe un eufemismo, da un paio d’anni “the fooders”, al secolo Francesca Barreca e Marco Baccanelli, hanno aperto il loro laboratorio di cucina.
L’utilizzo del termine laboratorio ha una sua precisa ragion d’essere, giacchè la destinazione iniziale del locale era quella di una struttura progettata per catering e organizzazione di eventi esterni.
Successivamente il repentino apprezzamento della clientela, e il conseguente propagarsi della fama, hanno convinto la coppia ad aprire al pubblico, sfruttando il minuscolo spazio a disposizione attraverso una tipologia di offerta che si sta diffondendo con evidente successo: il tavolo social.
Un solo tavolo con una decina di posti domina la saletta, di ridotte dimensioni rispetto alla più ampia cucina, e funge al contempo da desco e catalizzatore sociale, dovendo necessariamente condividere l’esperienza con sconosciuti; questo almeno fino all’arrivo della bella stagione, quando all’esterno si aggiungono anche dei tavolini.
Le ricette proposte, considerata l’attività principale, sono saggiamente di stampo tradizionale, laziale e non solo, la cui esecuzione lascia intravedere dell’altro.
C’è attenzione nella scelta delle materie prime (le carni, ad esempio, sono della Bottega Liberati che a Roma è garanzia di assoluta qualità) come pure nelle cotture e nella ricerca di sapori che, non avventurandosi in improbabili voli pindarici, mantengono pienamente quel che promettono.
Non è un caso che l’apprendistato degli chef ha trovato una tappa fondamentale in una delle cucine più rappresentative per quanto riguarda il territorio, inteso come solida espressione del capitale enogastronomico del paese: La Capanna di Eraclio a Codigoro.
Sarà così possibile qui gustare piacevolmente dei tortiglioni alla genovese che non sfigurerebbero in una buona trattoria di Napoli, un tataki di manzo cotto comme il faut o una crocchetta di bollito davvero gustosa e ben eseguita.
Non suscitano lo stesso entusiasmo i dessert, non apparsi al livello delle pietanze salate, che non permettono ancora al voto, molto abbondante, di accedere alla categoria superiore.
E’ contemplata anche, prima di mangiare, la possibilità di assaggiare qualche buon cocktail, serviti da un personale cortese e sorridente, per completare adeguatamente una serata in un ristorantino dove si sta bene e si spende il giusto.
Crocchetta di bollito su salsa verde, zucca.
Tartare di Fassona con tartufo nero (dal piccolo menù dedicato al tartufo).
Pork belly di suino brado, giardiniera di rape bianche e cavolfiori.
Tortiglioni alla genovese.
Cotolette di broccolo romanesco con patate dolci e maionese alla paprika.
Tataki di manzo, insalata di cavolo cappuccio, salsa gravy.
Mississippi mud pie.
Gelato al mascarpone, sorbettto di barbabietola e cioccolato bianco.
Ciambella ferrarese con crema e cachi padellati al pepe.
Dalla montagne de Reims….
Interno.
Il tavolo…
Piccoli Ducasse crescono, anche in Italia.
La Niko Romito Formazione, la scuola che il lungimirante tristellato chef abruzzese ha fondato in quel di Castel di Sangro, allo scopo di formare e preparare nel miglior modo possibile ragazzi per il mondo dell’alta ristorazione, è la matrice di un progetto, il primo nel nostro paese, che mira a replicare e diffondere, per ora nei confini nazionali e poi chissà dove, un format che oltralpe e non solo, da tempo, sembra in tutto e per tutto assai convincente.
La peculiarità qui, oltre alla spiccata territorialità della cucina, è senz’altro la presenza di uno staff di sala e di una brigata di cucina, vero e proprio prolungamento della scuola, ricca di passionale entusiasmo e giovanile energia che non mancherà di portare i piatti in tavola e venirli a spiegare di persona, ansiosa di ricevere in diretta preziosi feedback.
La prima tappa, lo Spazio 00, come lo definisce lo chef stesso, è stato il locale di Rivisondoli già ospite del Reale; ora, con spirito imprenditoriale non da poco, ecco arrivare nel novembre 2014, dopo un temporary opening per la stagione estiva a Salina, lo Spazio in quel di Eataly Roma, al terzo piano nella sala ex sede del ristorante “Italia”.
Il menù verte su una quindicina di pietanze salate equamente ripartite tra antipasti primi e secondi e su sei dolci; non è contemplato un menù degustazione ed è presente una carta dei vini a dir poco simbolica riguardo a opzioni elencate anche se, con un diritto di tappo di sette euro, è possibile accedere al primo piano dell’edificio e scegliere liberamente potendo contare su ben altro assortimento.
Le scelte sono imperniate su ricette tradizionali eseguite in modo professionale che in alcuni casi rasentano una gustosa basicità, come il coniglio fritto poggiato su salsa agrodolce o la buona e confortante minestra di ceci e cazzarielli, mentre in altri si evidenziano fatture di livello superiore, come i tortelli di porri e pecorino o, soprattutto, l’eccellente pollo con la pelle ricreata con l’amido della patata su caramello di peperone, un piatto di alta cucina tout court.
Altalenanti i dessert, tra cui spicca una riuscita versione del Mont blanc e la zuppa di ricotta con lamponi con la presenza, tra gli altri, di un interessante pane e cioccolata, anche se dall’equilibrio non ancora perfettamente messo a punto, i cui contrappunti acidi di menta e limone sono degni di nota.
E’ un locale dove si sta bene, la bella sala è ampia e luminosa, anche se un po’ appesantita dall’infelice presenza di un eccessivo numero di piante decorative, ed è l’ideale per trascorrere una bella serata godendo di una cucina rassicurante offerta a prezzi ragionevoli.
Mise en place.
Amuse bouche.
Coniglio cotto a bassa temperatura e fritto in salsa agrodolce e misticanza.
Zuppa di cicale, patate e carciofi cotti al vapore, concentrato di pomodoro.
Manzo marinato alle erbe, cubi di pane al pomodoro, misticanza e salsa tonnata.
Minestra di ceci e cazzarielli e cicoria.
Tortello con stufato di porri e pecorino.
Convincente seppia arrostita con puntarelle saltate, sugo al nero di seppia( con pomodoro confit e limone).
Filetto di maiale, salsa di mandorle con limone, trito di pomodori, capperi, olive taggiasche e pomodori.
Finocchio in accompagnamento cotto al vapore.
Pollo, pelle ricreata con l’amido della patata, spinaci saltati e caramello di peperone.
Rivisitazione del Mont blanc: meringa ripiena di crema di castagne aromatizzate alla vaniglia accompagnata da panna semimontata non zuccherata.
Particolare.
Crostatina al limone( zucchero integrale grezzo, più amaro), crema pasticciera al limone, amarena e meringa.
Particolare.
Zuppa di ricotta su lamponi, crema al cioccolato, mandorle e menta.
Pane e cioccolata: fondente al 70%, fichi secchi, crostini di pane in infusione di menta e lemongrass, “olio al limone”.
Castagnole con crema pasticcera con zuppa di agrumi e menta.
Cialda di lingua di gatto con spuma al cioccolato fondente e gelato al finocchio su tuile al cioccolato.
Una sicurezza “triple a”.
Petit four.
Concetti chiari e inequivocabili.
L’apertura di un ristorante è un processo in cui l’avvio rappresenta senz’altro una delle fasi più delicate.
Cominciare dal nulla o ricominciare dopo uno spostamento, è sempre, comunque, una scommessa che comporta diverse incognite. Cambia poco se lo chef in questione è un professionista navigato e di valore indiscusso come Roberto Petza, che da Cagliari nel 2010 si è trasferito nel cuore del medio campidano, a 60 km dal capoluogo per aprire S’apposentu.
Le complessità logistiche generali e la difficoltà nel reperire e assemblare un affidabile e adeguato staff sono sempre ostacoli difficili da affrontare, indipendentemente dal proprio blasone e di questo abbiamo avuto piena contezza nel nostro precedente passaggio.
Adesso che il processo di trasferimento ha raggiunto la fase di assestamento in un’istituzione territoriale, pur se geograficamente defilata, come casa Puddu (famiglia che in quel di Siddi ha espresso probabilmente il più alto magistero regionale nella produzione della pasta) lo chef è tornato a esprimere i valori che gli riconoscevamo in passato.
La traiettoria ha compiuto il suo percorso, il ristorante è ora a pieno regime con annessa scuola di cucina e tutto, non solo a livello di personale, è tarato a livelli tali che ci permettono di dire che finalmente Roberto Petza incarna pienamente il ruolo che gli compete: ambasciatore della cucina sarda tout court.
Il territorio da S’apposentu è, infatti, rappresentato in modo esauriente ed esemplare.
Esauriente per quanto riguarda l’ampio spettro degli ingredienti utilizzati: un vero e proprio piccolo vademecum filologico della cultura gastronomica regionale che spazia dal mare, presente con un apposito menù, alla tradizione dell’entroterra, che caratterizza ancor di più la ristorazione sarda.
Esemplare, poi, per l’indiscutibile padronanza tecnica con cui ogni pietanza è preparata.
Con tanta attenzione e capacità si potrebbe forse osare qualcosa di più, trascendendo le suggestioni del ricco patrimonio territoriale, anima del ristorante, che lega i menù a una matrice fortemente radicata nella memoria gastronomica locale; ma già così una sosta al S’apposentu, il salotto buono della cucina sarda, rappresenta una tappa imprescindibile per qualsiasi goloso che orbiti in Sardegna e, segnatamente, dalle parti di Cagliari.
Una zuppa di fregua ai pesci di scoglio come si deve, gli impeccabili e golosi ravioli di pecorino e cipolla, la ricciola con verdure in agrodolce, lo squisito polpo in eccellente salsa di senape, sono solo alcuni esempi dell’esperienza che attende chi arriva da S’apposentu, piccola oasi del bon vivre gastronomico isolano, dove è anche possibile attingere da una lista dei vini, per lo più sardocentrica, piacevolmente insolita sia per cantine selezionate che per ricarichi applicati.
Chips di mais con quenelle di ricotta ed erba cipollina, noci e pralina di maialino
Pane.
Grissini e pane carasau.
Cozze fritte con semola e alga nori, crema di rucola, bottarga.
Le lumache in verde, peculiarità del territorio, con mandorle tostate al profumo di limone.
Polpo arrostito con susine in salsa di senape, pane alle erbe e ceci, davvero ottimo.
S’ou cun bagna: uovo poché con salsa di pomodoro al basilico, verdure e pane croccanti. Un po’ rustico, forse, ma piacevolmente caratteristico.
Zuppa di fregua (semola fatta a mano) ai pesci di scoglio con crostini, basilico e agrumi.
Brodo di pecora, pesciolini di scoglio ed erbe aromatiche con ravioli di formaggio acido (casu axedu).
Vellutata di ceci con polpettine di salsiccia al finocchio, gnocchi di formaggio alle erbe, chips di cotenna di maiale.
Spaghetti con salsa di pomodori al basilico e limone, cozze fresche.
Ravioli di cipolla margherita e pecorino, salsa di pecorino stagionato e noci, fiori di basilico, pepe e pomodoro secco.
Ricciola di fondale con verdure croccanti e in agrodolce, gamberi freschi su acqua di pomodoro e basilico.
Stinco di maiale in due cotture: bassa temperatura e ripassato alla brace, melanzane arrostite, pane alle spezie, salsa di prugne.
Sorbetto di susine e crumble di mandorle.
Cannolo croccante, crema al cardamomo, pera al cannonau e composta di limoni
Gelato allo zafferano di San Gavino, gatò di mandorle, miele, sapa.
Millefoglie, pesche caramellate, sorbetto di pesca, crema alla liquirizia.
Tortino di cioccolato, gelato alla vaniglia, susine e composta di pere.
Petit four
Un grande vino: solo uve granazza del territorio di Mamoiada per 16° di grande personalità.
Interno
Colori…
Nel 1985 un gruppo di operatori della laguna di Nora costituì una cooperativa per gestire il patrimonio lagunare, trasformandolo in un’oasi di preservata e salvaguardata tranquillità nei pressi dell’antica città fenicia di Nora, facente parte del comune di Pula.
Contribuire alla formazione di una coscienza ecologica rispettosa dell’equilibrio dell’ecosistema è stato il primo obiettivo di un processo che ha portato alla formazione di un piccolo parco, dove è possibile visitare l’aquarium, fare birdwatching o snorkeling in un angolo di natura incontaminata, nei pressi di spiagge meravigliose e di un sito archeologico di grande interesse.
Non poteva mancare, per completare degnamente tale progetto, la presenza di una ristorazione semplice, per famiglie, ma non solo, che offrisse la possibilità di gustare una sana e piacevole cucina di pesce in un ambiente dalla bellezza primitiva.
Nel 2012 si è deciso di affidare al bravo Manuele Senis, già brillante allievo di Roberto Petza e titolare di varie esperienze all’estero, le redini di questo piccolo ristorante stagionale, aperto solo sei mesi l’anno, affacciato direttamente sul mare, da cui è diviso solo da una vetrata.
La scelta è stata quella di selezionare, rispettando rigorosamente la stagionalità e i cicli riproduttivi, una materia prima costituita non necessariamente da razze pregiate, ma anche da quelle definite “neglette” dagli stessi gestori, come caponi, sgombri o muggini dalla indiscutibile freschezza, presentandole in modo essenziale e genuino, con pochi e chiari accostamenti.
Un angolo di ristoro di vero valore, in una regione che tende a delegare esclusivamente ogni delizia alle bellezze naturali di cui è ricchissima.
Così, approfittando del comodo e invogliante menù degustazione di soli 38 euro, o scegliendo liberamente da una carta contenuta ma interessante, sarà possibile assaggiare con piena soddisfazione, tra le altre pietanze, una buona tagliata di capone con susine cotte e crude, una fresca insalata di prosciutto di muggine con sedano e rape rosse e una gustosa ricciola di fondale con variazione di pomodori e capperi.
Rustica mise en place.
Bottarga di muggine con zuppa di pesche, prugne e fichi d’india, ricotta alla menta.
Tagliata di capone, susine cotte e crude, croccante alla paprika.
Prosciutto di muggine, rape rosse, sedano, croccante al nero di seppia.
Crema di ceci, polpo al rosmarino e porri fritti.
Fettuccine con cozze, melanzane, pecorino e basilico.
Ricciola di fondale, pomodori, capperi.
Mousse di yogurth, fichi flambati alla Monica (vino rosso locale) e croccante alle nocciole.
Savoiardo al caffè, crema al mascarpone, nocciole.
Tortino di carote e mandorle, spuma di formaggio fresco, olive nere e farro soffiato al miele.
Dalla limitata lista dei vini, un’autentica sicurezza
Grafico della Laguna di Nora.
La passeggiata per arrivare all’ittiturismo lungo il terrapieno che separa il mare dalla laguna.
Le rovine di Nora con la Torre di Sant’Efisio sullo sfondo.
Sulle capacità imprenditoriali dello chef-talent scout Antonello Colonna sembra superfluo tornare, avendone egli dato prova nel corso degli anni in diverse occasioni.
Con l’apertura tre anni fa del Vallefredda Resort, l’abile imprenditore ha lasciato il campo al visionario esteta determinato a realizzare i propri sogni.
Sì, perché non ad altro che alla realizzazione di un sogno si può attribuire la creazione dal nulla di questa vera e propria cattedrale nel deserto.
Pensandoci bene il termine cattedrale non sembra forse quello più idoneo a rendere l’idea della struttura concepita e realizzata tre anni fa in località Vallefredda, parte di Labico, borgo natio dello chef; mai costruzione è sembrata, infatti, in più perfetta simbiosi con la natura dando l’impressione all’avventore che arriva qui di sorgere, ergendosi, da essa e non di essere edificata su essa.
Non siamo esperti di architettura ma la bellezza e il fascino che si respirano in questo Resort, in piena armonia con l’ambiente circostante, trasmettono di default piacevolezza e sensazioni positive.
Gli spazi, la luce, il vetro, i particolari dell’arredamento cui non sono estranei nomi come Le Corbusier e Cassina, le opere esposte nelle ampie sale, le numerose facilities a disposizione dei clienti dell’albergo, sono la manifestazione della volontà dello chef di creare qualcosa che soddisfacesse in primis il desiderio di vedere le proprie aspettative di cliente esaudite.
Così un’atmosfera che più easy non si può, l’assoluta elasticità riguardante gli orari per fare colazione, pranzo e cena, il silenzio di una piccola oasi incontaminata, sono il degno corollario di un progetto profondamente sentito.
Non poteva mancare in tale disegno la parte dedicata al core business dell’imprenditore Antonello Colonna e cioè un ristorante di livello adeguato.
La cucina, affidata a uno staff giovane e volenteroso è chiaramente ispirata allo stile che da decenni caratterizza lo chef e cioè un utilizzo di ingredienti di pregio e rigorosamente selezionati, per lo più a km zero, ancorati a ricette piuttosto tradizionali, spesso dalla pronunciata territorialità, che danno luogo a piatti dall’enunciato essenziale eseguiti con grande professionalità.
La versione proposta a Vallefredda risulta più lineare rispetto a quella della porta rossa di labicana memoria o alla magnifica vetrina romana all’interno del palazzo delle esposizioni, tavole con cui non è possibile non fare un confronto diretto.
La linearità cui si fa riferimento è da ascriversi in questo caso, però, alla limitata presenza di suggestioni e guizzi degni di nota, in grado di dare un più persistente rilievo alle pietanze.
Si oscilla tra impeccabili e golosi piatti, come il lombo di agnello affumicato e animelle o l’ennesima variazione di maialino croccante, ad altri dalla genuinità un pò scolastica, come i ravioli di cannellone e la vignarola di coniglio.
La sosta trascorre comunque lieta, e il livello attuale della cucina sembra poter essere considerata una fase transitoria verso le potenzialità di cui è dotato un resort concepito con tale cura e prodigalità di idee.
Amuse bouche: pollo e… pannocchia. Pollo fritto nel glucosio.
Baccalà mantecato. Baccalà mantecato, filo d’olio, vellutata di patate e bottarga di tonno.
Lombo di agnello affumicato. Cotto a bassa temperatura e affumicato, al centro animelle brasate, riduzione di porto.
Gnocchi di patate alla cenere, sfilacci di coniglio e cipollotto. All’interno gnocco impastato con cenere di cipolla.
Ravioli di cannellone. Ravioli ripieni del ripieno del cannellone, pomodoro e parmigiano.
Vignarola di coniglio, crema di pistacchi, zucchine e piselli.
Maialino croccante con verdure.
Biscotto ghiacciato con cioccolato bianco e pistacchio, mousse ai canditi, salsa di lampone.
Marchesa al cioccolato, crumble di mandorle e susine.
Soufflée alla nocciola e salsa di cioccolato.
Petit four.
Sempre grande Dagueneau.
Particolare sala da pranzo.
Sala.
Vista giardino.
Reception.