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Madrid Fusión 2013 … una cucina contro il cuoco

Madrid Fusión sta all’alta cucina come il Sundance Festival sta al cinema. Dal suo esordio nel 2003 è il momento più atteso dell’anno da molti gourmet (assieme ovviamente al “nostro” Identità Golose che è ai nastri di partenza): tre giorni per capire quali siano le tendenze attuali e future, per indagare una “cultura” in tutti i sensi con un occhio privilegiato e a volte quasi scientifico, una vetrina che anticipa i tempi che verranno. Da qui sono passati tutti, ma proprio tutti i grandi protagonisti che hanno definito e ri-definito le linee guida dell’arte culinaria negli ultimi due lustri. E ad aprire il congresso di quest’anno c’era un certo Lorenzo Cogo, il nostro enfant prodige di Marano Vicentino.

Siamo lieti di ospitare il resoconto appassionato e intellettuale di una giornalista che a Madrid Fusión è in sostanza di casa. Non credo che esista “penna” migliore di quella di Alessandra Meldolesi per dare una chiave di lettura unica a un evento così esclusivo e importante.

Buona lettura

Bruno Petronilli

È una cucina letteralmente in fermento, quella che è andata in scena a Madrid Fusion 2013. Assise che si è concentrata su big ed emergenti spagnoli, confrontati con una nutrita compagine latinoamericana e una manciata di cucinieri di origini disparate (diversi francesi, soprattutto nel comparto pasticceria; il nostro Lorenzo Cogo, brillante nella sua avanguardia di secondo grado, che combina rapsodicamente le avanguardie in un bricolage d’alta scuola; nonché esponenti della “vecchia Europa”, Austria, Polonia, Svizzera, che si sono fatti ben valere mostrando alcune fra le poche, vere novità del congresso). In fermento perché il mantra invalso dopo il declino del verbo neobarocco e ipertecnologico, quello della Natura sovrana, sin qui declinato in termini di calosce infangate ed ecocucina militante, sembra aver tracimato invadendo lo specifico del cuoco. Sempre meno creatore e sempre più assistente, si direbbe quasi ostetrico dei meccanismi spontanei. A cominciare da quel “marcio” che c’è nell’alta cucina: la fermentazione. Una rivoluzione rivendicata tanto dal brasiliano Alex Atala che dal danese René Redzepi, convitato di pietra del congresso, che di questa tecnica ha fatto un sistema per ovviare all’inclemenza meteorologica delle latitudini boreali senza violare il dogma locavore. Assente eppure mai così presente negli impiattati austeri come nella forsennata reductio di quella che ormai assomiglia a un’anti-cucina (o forse a una cucina antipatica nel rifiuto di qualsiasi blandizia).
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