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Etxebarri

Etxebarri.
La “casa nuova” in basco. Uno di quei ristoranti imperdibili per un appassionato, didattici come pochi per quanto riguarda la conoscenza e la comprensione di uno strumento tecnico come la brace, importante per l’esaltazione e il trattamento di qualsiasi ingrediente. Qui è lei la protagonista, perché dall’inizio alla fine del pasto tutto, ma proprio tutto, viene passato attraverso di essa.
Se le parole hanno un peso, è importante sottolineare come l’Etxebarri si autodefinisce “asador” e non ristorante. Questo non per un’anacronistica convenzione, o per un’asettica professione d’umiltà, bensì per un omaggio a un metodo di cottura rispettato e prediletto, solo apparentemente semplice (basti vedere l’impressionante strumentazione di pentole e padelle varie con forature e conformazioni diverse), che nelle mani di Victor Arguinzoniz, chef dalla incredibile sensibilità, è divenuto una vera e propria arte cui giustamente sono stati tributati onori e fama.
Il fuoco, quindi, che non solo è utilizzato per la combustione e la trasformazione della materia, ma anche per definirla e cesellarla con grazia ed eleganza quasi si usasse un bisturi, e anche la scelta del tipo di legna utilizzato ha un suo rigoroso perché.
Come non giudicare eccellente il lavoro fatto sui gamberi di Palamos, di cui volentieri avremmo abusato all’infinito, o sull’uovo al tartufo passato anch’esso per la cottura con le ceneri della brace, o sui commoventi polipetti. Per non parlare della divina bontà della costata gallega.
Questo anche grazie a materie prime di altissimo livello, come, oltre a quelle appena citate, le acciughe del Cantabrico, i percebes (crostacei difficili da pescare e da mangiare, ma concentratissimi di sapore), i mitili, i funghi, i pesci o i salumi “maison”.
Molto defilata e anonima la location: un casolare sperduto nelle campagne dei dintorni di Bilbao dove la sala principale, al primo piano di quello che potrebbe essere un tranquillo bar di paese, brilla per spartana efficacia.
Altrettanto essenziale sia il servizio gestito con una solerzia e un’efficienza quasi militaresche da signore che potrebbero essere tranquillamente della famiglia dello chef, sia il menù dove vengono appena elencati gli ingredienti dei piatti.
Tutto il degustazione è stato davvero corroborante e ci ha lasciato il progetto, al prossimo passaggio da queste parti, di attingere altro diletto direttamente dalla carta.
Nota di merito alla carta dei vini che permette di poter scegliere senza troppe preoccupazioni.
Tutto il resto è brace.

Mise en place.

Pane, chorizo e brodo di maiale.

Acciughe del Cantabrico su pane tostato, burro di capra.

Mozzarella di bufala (rigorosamente auto prodotta).

Foie fatto in casa (fuori menù).

Percebes, gustosissimi crostacei tipici galiziani da maneggiare con cura, molta cura, per evitare di sporcarsi. Mare allo stato puro.

Meravigliosi quisquillones, appena scottati. Delizia infinita.

Gamberi di Palamos, altrettanto emozionanti.

Cetriolo di mare con fave.

Polipetti grigliati.

Tartare di chorizo fresco, cracker con farina di mais.

Carciofi alla brace (fuori menù).

Uovo con tartufo.

Funghi.

Le preziose angulas.

Magnifica costata di vacca gallega.

Sorbetto di arance sanguinelle.

Crema di latte fritta.

Particolare.

Gelato di latte concentrato con infusione di frutti rossi.

Petit fours.

Visto il prezzo (210 euro) non ci siamo potuti esimere. Un grande.

Le braci…

Particolari delle mitiche (mai aggettivo fu più appropriato) griglie. Notare la manovella che le posiziona con precisione millimetrica a seconda della cottura desiderata.

La “casa nuova”.

Panorama bucolico circostante.