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Troisgros

Il rinnovamento come esigenza vitale

E così è successo davvero. Nel 2018 il tempio della cucina francese ha cambiato indirizzo. Uno dei ristoranti che indiscutibilmente amiamo di più ha deciso di rovesciare il banco e riscrivere una nuova pagina: il rischio era alto, perché le pareti hanno una storia da raccontare e la nostalgia a volte è un fardello di cui è difficile liberarsi.

Ma non per la famiglia Troisgros che sembra conoscere il termine “rinnovamento” sin nel profondo: cambiare tutto per non cambiare niente, nel solco della perfezione quotidiana. Ognuno, dal capostipite Jean-Baptiste fino alla coppia formata da Michel e Marie, ha trovato il suo modo di essere fedele alla storia  e, nello stesso tempo, innovativo. Una storia lunga già 89 anni, un mito per chiunque abbia avuto la fortuna di passare qualche ora a questa tavola prima a Roanne, davanti à la gare, ora a Ouches, circondati dal verde lussureggiante della campagna francese.

Una nuova, lussureggiante storia

Cominciamo col dire che questo nuova casa è semplicemente meravigliosa: lo sono le camere (noi abbiamo dormito nella Maison des Kakis, un appartamento con cucina che sembra essere studiato apposta per lunghi soggiorni); lo è la tenuta (piscina, tranquillità e buon gusto), ma soprattutto meraviglioso è il ristorante. Le Bois sans feuilles è, ad oggi, una delle più belle sale del panorama europeo. A dimostrazione che questa Maison sa ancora risvegliare le emozioni più profonde di ogni appassionato: è lussuosa senza essere spocchiosa, è elegante senza essere sprezzante. Una miscela esplosiva di antico e moderno, di classicità e avanguardia, dove a regnare sovrani sono sia la misura che l’equilibrio.

L’avanguardia di ieri, il classicismo di oggi

Quel che si trova oggi nel piatto, in ogni piatto, è la declinazione del medesimo concetto: una cucina  che fu avanguardia, che fu così nouvelle, appunto, da essere, oggi, la quintessenza del classicismo e finanche di una tradizione pura, archetipica. A tal proposito, basta citare due piatti. Il primo: Nid d’abeille au vif, des coques ovvero trippa, coquillages, brodo di manzo, kumquat, rabarbaro e ravioli di basilico e Parmigiano: così tanti ingredienti in un equilibrio stupefacente sorretto dal marchio di fabbrica dell’acidulé, a sostenere il mondo intero. Il secondo: Cassolette de homard bleu “à la dent”: astice blu, arancia, salsa al granchio e rum, fungo shiitake e bacon, il cui solo ricordo fa ripartire la salivazione. Basterebbe la salsa per giustificare l’entusiasmo, ma qui ogni dettaglio si inserisce in un quadro meraviglioso fatto di dolcezze sapientemente dosate, aromaticità e pratica intelligenza come la nota affumicata data dal bacon, ovvero dall’ingrediente stesso e non da strane diavolerie tecniche.

La sfida del futuro

Se a tutto ciò aggiungiamo una carta dei vini che permette, all’appassionato che ha voglia di fare qualche pazzia, di stappare bottiglie importanti a prezzi tutto sommato ragionevoli e un servizio di grande empatia, direi che il racconto è completo.

Con queste premesse, considerando che già la quarta generazione dei Troisgros armeggia in cucina – César, figlio di Michel e Marie, è già attivo ed è prossimo all’inserimento anche il secondogenito, Léo –  il futuro non può che essere luminoso qui ad Ouches.

La Galleria Fotografica:

Per raccontare i Troisgros è necessario soffermarsi sulla famiglia, prima ancora che sui singoli individui, analizzando la magia che sono in grado di creare durante la trasmissione dei geni di generazione in generazione, limpido esempio di come il talento puro possa essere tramandato.

Ammirando la semplicità con cui tutto si svolge, ci si renderà conto di essere al cospetto di qualcosa di superiore, di immenso, forse di divino. Una straordinaria decisione che si mostra nella consapevolezza di essere una parte tangibile di storia, non solo inerente alla gastronomia, ma di riferimento all’evoluzione di una nazione intera. Con una acuta delicatezza il fluire degli anni viene accompagnato, raggiungendo l’obiettivo che coincide con il visionario e romantico tentativo di addomesticare il tempo, dandogli un’importanza relativa, facendo sì che sia esso stesso a seguire i dettami che loro, gli interpreti generazionali Troisgros, gli impongono.

E come lo scorrere del tempo pare non essere un problema, in casa Troisgros si è deciso di voler veicolare una sensibilità innata nei confronti degli ingredienti attraverso il loro dominio, in modo da riuscire nell’intento di saper ascoltare la natura e apprezzare quanto lei possa offrire, ma allo stesso tempo di saperla gestire e plasmare a proprio piacere. Ciò rende il cuoco stesso natura, in una prospettiva gerarchica ben definita che lo vede sovrano, in cui ogni elemento conosce il proprio ruolo e si attiene a svolgere il proprio compito nella miglior maniera possibile. Non si potrebbero spiegare altrimenti le sfumature aromatiche presenti in ogni preparazione, quasi impercettibili eppure fondamentali per la riuscita di composizioni inarrivabili.

D’altronde se qualcuno ha inventato i fiori e il loro profumo, allora sarà compito dell’artista concedersi la licenza di ricrearne tutte le sfumature olfattive ed emotive all’interno di un piatto. La fortuna in questo caso è che il genio in questione si trova a Roanne, di professione fa il cuoco e che a quanto pare ha saputo assimilare la sua straordinaria dote dal padre, sapendola ora trasferire al figlio.

I Troisgros hanno saputo prendere la tradizione francese, rielaborarla con squisito tatto, in modo da lasciarne inalterati i tratti, contestualizzandola però alla contemporaneità. Lo studio delle acidità, il loro apporto al piatto, non solo in chiave meramente gustativa ma propriamente culturale, ha regalato un nuovo modo di concepire la cucina, sfiorando l’interpretazione classica con un’anima straordinariamente moderna. L’acidulè presente nei piatti riempie l’esperienza come le virgole danno un senso ad una frase, divenendo quindi un tutt’uno con essi, in modo da non poterli più immaginare senza il suo apporto. Un’impronta creata e lasciata in eredità al mondo della gastronomia con il marchio registrato ben impresso.

La decisione e la naturalezza che traspaiono ad ogni boccone è interdittoria per chiunque. La nettezza impressa dalle erbe aromatiche, il grado garbato di acidità di ogni fondo, la cottura rispettosa della materia, riescono ad essere difficilmente spiegabili se non attraverso la loro fruizione materiale. Una commistione di culture e tecniche di lavorazione al servizio di un grande palato. Trippa, plin al pomodoro e nocciole, foglie di sedano e coriandolo con succo di anatra e aceto esemplifica la filosofia di cucina di casa, andando a toccare morbidamente tradizioni culinarie diverse, armonizzandole tra loro attraverso i dettagli acidi e aromatici della mandorla cruda, della foglia di sedano e dell’aceto presente nel succo d’anatra. Un trionfo di sfumature necessarie che trovano la loro essenza all’interno di una complessità di architettura del piatto e di metodologia ferrea, ma che come risultato regalano un’emozione, che in quanto tale riesce ad essere comprensibile a tutti.

Grazie a Troisgros abbiamo potuto raggiungere livelli di piacevolezza come mai prima in ambito gastronomico. Ma lo spunto di riflessione per capirne la grandezza potrebbe essere un altro. A che punto saremmo se il ristorante Troisgros non fosse mai esistito? Sicuramente mancherebbe un tassello fondamentale per concepire l’idea che la perfezione risiede nella semplicità, singolare affermazione che riguarda il mondo dell’arte nella sua interezza, di cui la famiglia Troisgros ne rappresenta l’epitome in chiave gastronomica.

Uno scorcio della sala.

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Pomodoro caramellato, sesamo e zenzero. Un classico leggendario.
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Anguria, pepe, biscotto al parmigiano e mostarda; panna cotta al limone verde e giallo con riso fritto; pane soffiato con purè di carote e zest di limone.
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Il burro e il panino al burro.
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Il pane.
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Il primo dei vini in abbinamento.
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Insalata rossa. Pompelmo, radicchio, mirtilli, ravanelli, anguria, rabarbaro. Un’entrata trionfante che ruota attorno ad un gioco freddo di consistenze, tra dolcezze, punte acidule e qualche nota amaricante.
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Cozze, crema di zafferano, funghi, velo di latte e mandorla fresca. Elogio all’eleganza. Incredibile l’apporto aromatico della mandorla. Grande piatto in cui la tecnica estrema si fonde con una piacevolezza di base non scontata.
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Trippa, plin al pomodoro e nocciola, foglie di sedano, coriandolo e succo d’anatra ed aceto. Una colpa per ogni appassionato che non si sia ancora concesso il piacere di assaggiarlo.
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Gamberi di fiume, indivia, lampone, fiori di ciliegio e acqua di pomodoro. Passaggio straordinario. L’acidità più spinta rispetto agli altri piatti è smorzata e resa elegante dalla perfetta cottura dei gamberi. I fiori di ciliegio si manifestano come attori non protagonisti del piatto regalando dinamismo ad ogni boccone. Esemplare.
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Maranges, Troisgros, Chef Michel Troisgros, César Troisgros, Roanne, France
Sogliola sovrapposta, crosta di pane, cipolla marinata in aceto, erba cipollina, salsa dashi e panna. Piatto meno fotogenico ma non per questo inferiore ai precedenti. La cottura della sogliola è da manuale, mentre la golosità della salsa è dosata grazie all’acidità della cipolla marinata.
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Animelle, curry e arancia, zucchine e fondo di vitello. Piatto di un equilibrio sottilissimo e perfetto. Da Troisgros ogni ingrediente ha un’importanza fondamentale per la riuscita della preparazione.
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Il carrello dei formaggi.
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Nel dettaglio.
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Il nostro piatto di formaggi.
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Confetture di ciliege e pepe e di pomodori e vaniglia in abbinamento.
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Viallat est passé par là. Omaggio al pittore di Nîmes composto da menta, rabarbaro e cocco su un letto di biscotto crumble.
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Millefoglie, arancia amara e frutti di bosco.
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La piccola pasticceria.
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Il bel giardino esterno.
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