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Porta De Ma

Materie prime pregiate in una location incantevole

Monopoli è una città che alla ribalta turistica ha saputo rispondere con un’offerta enogastronomica adeguata; mancava, tuttavia, qualche buona insegna fusion, carenza prontamente colmata con l’apertura pochi mesi fa di Porta de Mä. Il locale sorge a ridosso del porto vecchio della cittadina, gli ambienti sono arredati con gusto minimalista e vi sono anche un bel numero di sedute al bancone che consentono di cenare osservando i cuochi ai fornelli.

La cucina è diretta da Davide Carrieri a cui si affianca la consulenza di Angelo Sabatelli, che mette in campo tutta la sua esperienza maturata ai fornelli in Oriente. L’offerta gastronomica attinge a piene mani da quello che l’Adriatico giornalmente offre, senza dimenticare le pregiate materie prime provenienti dagli altri mari del globo ma di indubbia bontà, tonno rosso, astice blu e caviale, su tutti, protagonisti delle portate che più ci hanno colpito ed entusiasmato.

Una tavola Nippo-Pugliese

Esiste un bancone col pescato del giorno, in versione contenuta rispetto ai tradizionali banchi della zona, da cui scegliere il pesce che può essere preparato al naturale o secondo la fantasia della cucina. Vi sono inoltre una serie di piatti in cui Puglia e Oriente cercano di mescolarsi con risultati a volte molto interessanti.

L’Ostrica cruda con il ragù di braciola, a dispetto della descrizione, si è rivelato un abbinamento ben riuscito dove la nota ferrosa è ricorrente e tutti i sapori son in un equilibrio precario ma divertente. Cosa che non avviene invece nell’Ostrica con bloody mary e sedano, in cui l’ortaggio è fin troppo intenso per il sapore del mollusco. Eccezionale la Ventresca di tonno con la soia così come le Capesante arrosto col foie gras, piatti opulenti ma dai gusti noti. Poco mordente invece nel Carpaccio di scorfano con salsa di zenzero e caviale, con la salsa dal sapore predominante, così come l’olio al mandarino che annichilisce la triglia peraltro tagliata e presentata in maniera elegante.

Passata questa prima fase ci auguriamo un maggior rispetto delle materie prime locali, non sempre adatte ai saporiti condimenti orientali; riconosciamo invece a questi Chef una tecnica sopraffina che viene fuori in un golosissimo Spaghetto con la cicala greca scelta tra il pescato del giorno. Potenzialità che ci lasciano ben sperare e dare una valutazione volutamente arrotondata per eccesso.   

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Da Angelo Sabatelli a Putignano va in tavola la verità, solo la verità, nient’altro che la verità

In tempi incerti per la ristorazione quali quelli che stiamo vivendo, a latitare spesso dalle tavole è paradossalmente proprio la coerenza, il fil rouge tra idee e fatti, tra intenzioni e pratica, tra proclami e quel che arriva nel piatto. Una latitanza evidente nei menu degustazione che, se una volta rappresentavano la sinossi della filosofia dello chef, ultimamente si configurano come compilation di piatti certamente riusciti ma poco consequenziali. Tra i fedeli all’uso della consecutio temporum anche in cucina c’è sicuramente Angelo Sabatelli. Quello che non le manda a dire, quello che la verità te la racconta in ogni piatto, in ogni sua sfumatura, in ogni sua segreta trama. Una verità che durante una degustazione ti induce spesso a fermarti e riflettere. A farti domande. A chiederti cosa sta scatenando sinapsi e perché, con quale alchemico criterio sono state composte, scomposte e poi di nuovo ricucite acidità e sapidità, dolcezze accomodanti e amarezze disturbanti, note accattivanti e asperità disorientanti. Non ama troppo i piatti signature Sabatelli, quelli iconici, quelli che molti suoi colleghi addirittura datano e non mutano mai, quelli su cui costruiscono fortune. Non ne ama la staticità, proprio quella che spinge spesso i clienti a diventare assidui, a tornare per ritrovare certezze. Preferisce piuttosto provocare, spingerti a sondare il nuovo e l’ignoto, farti arrivare maieuticamente al piacere.

Radici e contaminazioni: l’extraterritorialità della Puglia

Puntuali, reiterati e sempre ben governati sono i riferimenti dello Chef alla sua terra, ai suoi prodotti migliori e spesso poco conosciuti, alle loro intime e infinite interazioni, alla loro mai esaurita potenzialità. Riferimenti tenuti insieme e impreziositi – come nella pratica giapponese del kintsugi – da sottili e luminose venature di contaminazioni frutto delle sue esperienze professionali in Estremo Oriente (cifra da sempre distintiva della sua cucina), da una solida tecnica e da una instancabile curiosità onnivora.

Ne vengono fuori sia capolavori di cesello estetico e picco sensoriale come il crudo di astice, mandorla, mandorla verde e ponzu, il risotto alle verdure acide, estratto di lievito e limone caviale marrone o i gyoza di sponzali e foie gras, sia potenti madeleines come l’irresistibile (un vero e proprio piatto a sé) pane all’olio, vincotto, semi di cumino e sale di Maldon,  il pancotto al tartufo nero e parmigiano 30 mesi o il bianchetto di agnello in pignata in cui si fondono tecnica francese e memoria di affumicature casalinghe.

Certezze anche nel dessert, solitamente campo di sconfitta anche nelle migliori e insospettabili famiglie. L’aspic di litchi, lamponi e rosa damascena, crema soffiata al Moscato di Trani e polvere di ibisco denuncia con chiarezza che tutto ha avuto inizio da un grande maestro pasticcere mai dimenticato.

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Una grande e originale espressione di cucina pugliese

Il ristorante di Angelo Sabatelli è a pieno diritto una delle tavole must be della Puglia; una regione che deve anche a lui il merito del fermento gastronomico degli ultimi anni. Sono ormai lontani i tempi in cui lo chef, dopo molti anni passati in Estremo Oriente, cercava di proporre una cucina innovativa e di rottura, in una terra che non era ancora abituata alla sua virtuosità. Il tempo gli ha dato ragione riconoscendogli il meritato successo.

Nei locali in pietra calcarea al primo piano di un palazzo nobiliare nel cuore del centro storico di Putignano Sabatelli mette in campo, anzi nel piatto, una grandissima tecnica nel maneggiare prodotti pugliesi, in alcuni casi sconosciuti ai più. Le influenze orientali permangono e sono presenti soprattutto nel più lungo dei menù degustazione.

Di fianco a questa grande tavola sarebbe bello vedere anche un servizio di sala all’altezza che, invece, purtroppo ancora manca. Nonostante la genuina gentilezza e le attenzioni della sala, spesso il servizio è parso impacciato e non sempre al passo con i tempi della cucina. Si avverte anche la mancanza di una figura capace di guidare il commensale attraverso una carta dei vini vasta, con una bella proposta di bollicine italiane e francesi e un’attenta selezione di vere e proprie chicche enologiche pugliesi.

Tanta tecnica abbinata ai profumi d’Oriente

Nel corso dell’ultima visita la cucina si è rivelata matura ed equilibrata con alcuni dei piatti storici riproposti in versioni migliorate e più complete, come nel caso del cubo di melanzana o dello scampo in tempura agli agrumi, che rasentava la perfezione. Il picco emozionale della serata si è toccato con il risotto al Primitivo, cicoria e latte di baccalà (l’aspetto non gli rende giustizia) perfetto nella cottura, con un interessante gioco di consistenze e una sensazione dolce-amara in bocca piacevolissima, dove una forchettata invoglia l’altra. Altri passaggi tuttavia non hanno impressionato, nonostante l’utilizzo di materie prime molto pregiate, il chawanmushi e gli gnocchi di patate peccavano di incisività e mordente. Nel carpaccio di scorfano invece la salsa allo yuzu sovrastava completamente il pescato, facendo perdere la piacevolezza del pesce tagliato quasi alla maniera di un sashimi. Discorso a parte per i dolci, originali e ben fatti, su tutti il limone con acciughe, capperi e caramello piccante, perfetto per temperatura di servizio, nonché capace di ripulire il palato in maniera assai piacevole.

Angelo Sabatelli propone una cucina originale e nel complesso molto interessante e virtuosa, dove si ravvisa ultimamente un leggero calo creativo, come se si fosse fermato per tirare il fiato dopo una lunga corsa. C’è una mancanza di quella maniacale cura nei dettagli a cui si era abituati, e lo si nota anche negli appetizer, buoni ma fermi al passato e in un percorso degustazione che nonostante le eteree fritture si faceva difficoltà a terminare.

Una valutazione, la nostra, che rimane pertanto ferma, ma con riserva.  L’esortazione è quella di ritrovare l’entusiasmo dei primi tempi e riprendere la corsa, non solo in cucina ma anche in sala!

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La maturità di un cuoco

Quanto pesa, sull’esperienza di una cena, la scelta fra menu degustazione e piatti alla carta? Zero. Ma solo nel migliore dei mondi possibili. L’esperienza ci insegna, invece, che nei locali che offrono entrambe le alternative (ovvero, per quanto riguarda l’Italia, tuttora la stragrande maggioranza dei ristoranti gourmet) la forbice, in termini di risultati, risulti evidente e, spesso, piuttosto aperta.  Chi non voglia affidarsi a un percorso guidato è, infatti, sovente costretto a barcamenarsi fra creazioni concettualmente lasse o versioni gargantuesche – e non sempre ugualmente godibili – di piatti concepiti per i menu degustazione.  Non molti sono i ristoranti, anche fra i grandissimi, in grado di mantenere la stessa tensione lungo entrambe le proposte. Per questa ragione è da lodare chi, come Angelo Sabatelli, riesce a proporre due linee ugualmente funzionali, che si incrociano sulle stesse preparazioni laddove ciò trovi un equilibrio fenomenico, ma che più di frequente si presentano, ad alti livelli esecutivi e di concezione,  ciascuna con le proprie carte, quasi sempre le migliori. Non è, questa, che una conferma del livello di maturità espressiva da tempo raggiunto dallo chef pugliese.

Il passato, senza sentimentalismi

Nella rodata sede di Putignano, dove opera dalla primavera 2017, Sabatelli ha proseguito il suo singolare lavoro di sintesi gustativa dopo un’esistenza condotta tra la sua terra d’origine e i lunghi anni di esperienza maturata in Oriente (Jakarta, Shangai, Hong Kong…). Non c’è ombra di nostalgiche commemorazioni di sapori lontani nel tempo o nello spazio, in questa cucina, come neppure troviamo una sterile ostentazione di mode esotiche. Ciò che giunge in tavola è il risultato dell’artigianato e dell’onestà intellettuale di un cuoco che si è posto con mente aperta davanti alla vita e al mondo e si esprime, nel piatto, con una sincerità disarmante. Ogni preparazione, anche minima, punta dritto al centro del palato, sfruttando dislivelli – spesso millimetrici – di consistenze, concentrazioni, con finali lunghi ma allo stesso tempo chiusi e puliti. La nettezza gustativa non viene meno neppure nei numerosi passaggi fritti, padroneggiati magistralmente da un cuoco che, per nascita e formazione, ha raggiunto un controllo incredibile su una cottura tanto bistrattata quanto, se ben gestita, fra  le più rispettose verso gli ingredienti.

Una grande e originale tavola del Sud

Sabatelli aggiunge il proprio nome a quello di altri grandi interpreti dello spaghetto al pomodoro d’autore. La sua versione vede il protagonista in sei vesti differenti, in un rincorrersi di dolcezza, concentrazione, acidità e sottili giochi di consistenze. Più sfacciata è l’interpretazione della capasanta, con un trittico di preparazioni a volume della radio altissimo e rinfrescante brodo finale. Dolci golosi ma leggermente meno incisivi rispetto alle altre portate. Il servizio è governato con garbo e mestiere da Laura Giannuzzi, moglie dello chef, e dal sommelier Giovanni Tortora, instancabile ricercatore di piccole realtà come il piacevole Chakra Rosso di Giovanni Aiello, Primitivo di collina, che danza gestendo con grazia l’imponente muscolatura. Malgrado sia difficile prevedere ulteriori margini di crescita, quella di Angelo Sabatelli consolida il proprio posto fra le tavole imprescindibili per conoscere – qui, oltretutto da un’originale e stimolante prospettiva – il Sud Italia.

La galleria fotografica:

C’è una parola, una sola, che descrive l’esperienza di un pranzo da Angelo Sabatelli in Puglia, nella Monopoli delle cento contrade a ridosso degli scogli a mollo nell’adriatico.
Stupore.
Puntuale, ogni volta che ci torni.

Intanto la masseria, un ricordo di tutto quello che non è più: pietre vissute che resistono alle offese della zona industriale a ridosso del casello, fatta di lamiere e grandi insegne che forse sono messe lì apposta, come ad esaltare la meraviglia che poi, dietro di esse, si cela.

Poi per la cucina, che finalmente valorizza un territorio -di terra e di mare- generoso ed incompreso.

Infine per lo chef-patron, il suo sorriso incorniciato dalla barba, quel camice con la pinzetta infilata nel taschino quasi a voler estrarre con precisione le parole che sceglie per descrivere la sua storia, la famiglia, gli incontri ed i paesaggi, gli odori e i colori dei suoi piatti.

Venire qui sarà mettere in preventivo del tempo in più per quel viaggio nel viaggio, che a forchette ferme sarà ascoltare le sue esperienze intorno al mondo, a raccoglierle ordinatamente, resistendo alla tentazione di scrivere un romanzo e non più una recensione.
Sotto le volte e sopra le chianche che pavimentano la sala sarà subito manifesta la sua idea di accoglienza: un servizio efficace con tempi precisi, gentile e premuroso senza eccessivi formalismi governato dalla moglie con bel mestiere.
Una carta con tre degustazioni o una libera scelta, ampia quanto basta tra memorie di casa e suggestioni orientali, strepitose pagine di bollicine, poi vini bianchi e rossi tra territorio e penisola tutta. E stranieri a parte.
Pani di bella fattura con grissini e taralli. Prima di cominciare l’unico appunto possibile sarà per le luci, diffuse, disperse, forse suggestive ma periferiche rispetto alle sedute.

Subito una lunga serie di appetizer, quasi a sfogliare il block-notes dello chef. Idee, schizzi, intuizioni, sogni: quel datterino ad esempio, del quale vorresti cassette intere. Le chips di patate dolci, l’affumicatura della panna e il peperone crusco. E il fumo che torna nuovamente nella crema di melanzana con olive nere. E poi due piccoli capolavori con la zuppetta di pomodoro con fiori di begonia, pepe e caviale di salmone e l’allievo crudo, crema di mandorle e limone candito ammantati dal velo di seppia maculato di “liquirizia di mare” dove alghe, nero di seppia e riccio sono cristalli di purezza.
E’ l’inizio di un bel percorso, prima con antipasti di grande finezza come il piccolo filetto di sgombro ricco di suggestioni, l’interpretazione della melanzana nel suo caldo/freddo e i gamberi con una fantastica polvere di olio, poi con la certezza della pasta declinata nelle orecchiette, nei capellini ed in un risotto di grande fattura.
Dopo saranno pesce e carne: l’orata, dove le olive sono in salsa, la cicoria in olio e la curcuma in polvere, poi la pancia del maiale, con le rape in una ristretta salsa barbecue con caffè e senape e il vincotto sulla pelle.

Dopo tanto mestiere, qualche incertezza sui dessert, dove probabilmente si è ancora alla ricerca della giusta ispirazione, tra tentazioni dolci e derive salate. Qualche elemento si ripete ma solo a sottolineare una identità forte, una necessità proprio di chi ha vissuto a lungo altrove. Le olive innazitutto, icone del territorio pugliese, del suo paesaggio e dei suoi profumi. Il caffè poi, inteso come spezia con quella nota tostata, ed ancora i sentori arrostiti ed affumicati, a dare forza dove è richiesto un allungo di sapore. Una vera alchimia tra il territorio, questo del vicino oriente d’Italia, con gamberi rossi, ricci, olive, lampascioni, orecchiette e melanzane e gli echi di quello estremo, asiatico, con la curcuma, soya, daikon. Cucina a km zero comunque, non in senso geografico, ma intesa come elaborata con gli ingredienti che ti sono familiari, che appartengono alla tua storia

Ecco, Angelo Sabatelli è questa cosa qua. E avrà ancora molto da dire.

Angelo Sabatelli a parole.
Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Il lavoro in cucina visto dalla sala.
Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Particolare della mise en place.
Mise en place, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
I grissini.
grissini, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Datterino, pane e pomodoro. Ricostruzione precisa. Un esercizio di stile già visto, ma qui portato alla perfezione assoluta. Polpa speziata di consistenza quasi liquida, piacevolissima. Sapore intenso.
Datterino, pane, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Chips di patata dolce con crema affumicata e peperone crusco. Elegante presentazione, raffinata esecuzione.
Chips, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Olive nere. Varietà mele. Fritte. Dolci. La Puglia e la sua materia prima.
Olive Nere, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Catalogna con maionese e latte di soya.
Catalogna, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Crema di melanzana affumicata con olive nere. Il bicchiere della terra.
Melanzana, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Zuppetta di pomodoro con caviale di salmone, fiori di begonia e pepe nero.
zappetta di Pomodoro, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Velo di seppia con “liquirizia di mare” (alghe, ricci e nero di seppia in polvere) a celare allievo crudo, crema di mandorle e limone candito. Piccolo grande piatto.
Velo di seppia, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Gamberi rossi con yuzu, polvere di olio ed erbe.
Gamberi rossi, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Sgombro marinato con salsa di limone arrosto, pomodoro arrosto, daikon e caviale affumicato.
Sgombro marinato, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Bianco e nero di melanzana arrosto. La voluttuosa polpa di melanzana glassata in una riduzione di olive nere impaginata tra i fogli di ricotta ghiacciata. Bella l’idea, perfetta la esecuzione.
bianco e nero di Melanzana, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Capellini spezzati, fagioli, cozze, farina di ceci e polpettine di seppia. Quasi una zuppa con una scelta di pasta adeguata.
Capellini, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Risotto con caciocavallo podolico, albicocche, polvere di caffè e di sedano. Mutevole al palato grazie alla dinamica degli ingredienti. Finale in progressione dell’amaro del caffè. Sabatelli con i risotti è a suo agio.
Risotto caciocavallo, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Orecchiette al ragout +30. Il numero è riferito alle ore di cottura. Le orecchiette sono opera di una delle ultime artigiane del territorio. La fonduta di canestrato compatta il tortino. La cucina di casa portata alla perfezione.
Orecchiette al ragù, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Orata con salsa di olive alla calce, olio di cicoria e curcuma. Una tradizionale concia delle olive con l’ausilio di calce viva per una salsa di straordinaria efficacia.
Orata, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Pancetta di maiale su salsa barbecue e caffè, rape e semi di senape. La sua pelle e il vincotto.
Pancetta di maiale, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Cialda di cipolla arrosto con fegatini di piccione, fieno greco e polvere di olive nere. La versione minimal del fegato alla veneziana.
Cialda di cipolla, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Fragole al sambuco, panna e polvere di the verde.
Fragole, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Biscotto alle mandorle.
Biscotto alle mandorle, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Bonbon di cioccolato fondente, lampascioni canditi e liquore di carciofo. Golosità, territorio e memoria in un piccolo gioiello per fine pasto.
Bon Bon di cioccolato, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Gelatine finali.
Gelatine finali, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari