Adriano Baldassarre è cuoco di indubbia levatura tecnica. Lo seguiamo sin dai suoi trascorsi a Zagarolo, e ci ha sempre impressionato per talento e tecnica. Forse, quello che mancava, era un pizzico di finezza ulteriore e, soprattutto, di continuità e di costanza stilistica.
Doti raggiunte ora, a nostro avviso, arricchito e maturato, probabilmente, da un’esperienza di consulenza in India che ha dato nuovo respiro alla sua cucina.
Proprio le spezie sembrano avergli donato una timbrica davvero originale, che fa sì che il menù degustazione più importante, un lungo viaggio tra Roma e dintorni, tra la storia e la cultura della cucina romana e di borgata, sfoci in preparazioni molto coerenti tra loro, stilisticamente e gustativamente originali.
Ecco quindi colpire nel vivo con Tiella di polpo, dove la nota speziata dona la giusta prospettiva e un’originalità insperata. Così come Suburra, piatto paradigmatico, emblematico del livello di profondità raggiunto dallo chef, dove la ricerca sui pomodori, e la loro dolcezza, la tenue nota amara delle olive e dell’origano, ne fanno un piatto che ricorda la mistica di Paolo Lopriore – ed è un complimento – tanto è fine e sottile l’ingresso amaro e la sua componente avvolgente. L’amido calloso chiude il cerchio della connotazione del dolce, tratteggiando il profilo di un grande cuoco contemporaneo.
Ottimi anche i secondi e i dolci; forse solo questi ultimi dovrebbero contemplare una versione meno rustica e golosa e fare, coerentemente con tutto il resto, un ulteriore salto in avanti. Tutto il percorso, comunque, è scandito filologicamente e contestualmente in maniera precisa, ordinata e sensata, a conferma di un cuoco che ha trovato la sua strada e ha raggiunto la sua piena maturità stilistica.
Dulcis in fundo, altrettanto di livello il servizio, attento, preparato, molto presente e gentile.
Ci sembra proprio il caso di dire, dopo tutto questo, evviva il Tordomatto!
Dopo una lunga serie di irrequiete peregrinazioni seguite alla chiusura del “Tordo matto” di Zagarolo, che lo hanno portato in diversi ristoranti prima in Italia e poi, per circa due anni, al ristorante Vetro dell’Oberoi Hotel di Mumbai, Adriano Baldassarre, talentuoso chef di cui si erano perse le tracce, sembra finalmente aver trovato la sua stabile dimora.
Il nome prescelto per la sua nuova casa è Tordomatto, quasi a chiudere il cerchio di una storia cominciata anni prima utilizzando, aggregandoli, i due termini della denominazione primigenia a mo’ di sigillo, per un percorso interrotto nel corso del suo sviluppo.
In una strada tranquilla nei pressi di Piazzale degli Eroi, nel semicentrale quartiere Trionfale, lo chef ha sistemato con garbo e buon gusto un locale in cui nulla sembra essere stato lasciato al caso: dalle variazioni dei toni di tortora che piacevolmente rivestono le pareti adornate con discreta sobrietà, alle ampie finestre che danno luce e dilatano gli spazi, tutto è stato progettato per ottenere un ambiente al tempo stesso raccolto e molto accogliente.
Ancora più saggiamente Baldassarre ha deciso di riprendere il percorso gastronomico che gli aveva dato notorietà e allori: una cucina solida fatta di ragionati accostamenti che definiscono piatti dal gusto centrato, persistente e mai banale.
Si intravedono nel menù alcune abbozzate contaminazioni con elementi mutuati dai suoi trascorsi esteri, ma il territorio e le sue molteplici potenzialità sono chiaramente la parte rilevante del bagaglio di conoscenze cui lo chef attinge con efficacia e discreta personalità, congiunte a quella padronanza tecnica propria di chi ha raggiunto il pieno della sua maturità.
La cottura del polpo da manuale, l’originale rivisitazione della minestra di broccoli e arzilla, dove la confezione del fagottello ripieno è eseguita davvero mirabilmente, o ancora la squisita nappatura della pescatrice ne rappresentano un fulgido esempio.
Certo, l’azzardo non è esattamente il connotato stilistico principale dello chef: la chiave di lettura delle pietanze passa attraverso una composizione omogenea di sapori, in cui prevalgono quei toni morbidi, rotondi, agrodolci cui è demandato il compito di far risaltare gli ingredienti principali dei piatti.
Il locale, aperto ad aprile 2016, rende quasi possibile toccare con mano quel febbrile entusiasmo che rappresenta il viatico migliore di ogni iniziativa imprenditoriale. Lo chef ha persino già ampliato la cucina eliminando le sedute destinate a coloro che desideravano mangiare alla table du chef, ad ulteriore testimonianza del fermento che anima un progetto che trova anche in sala un’ottima spalla come Simone Romano.
Quest’ultimo, oltre che responsabile di un servizio impeccabile, ha anche messo a punto una carta dei vini piena di chicche, come il Gilbourg di Benoit Courault, uno Chenin di grande eleganza, che ha accompagnato brillantemente il pasto.
Si sta già molto bene al Tordomatto, e non possiamo non essere curiosi di vedere come il patrimonio di suggestioni accumulate negli anni in cui ha lavorato a Mumbai possa contribuire, per un cuoco capace come Adriano Baldassarre, a quell’ulteriore accelerata che è senz’altro nelle sue potenzialità.
Mise en place.
Cappuccino di baccalà: crema di patate, brandade di baccalà e bottarga di muggine. Un classico dello chef.
Financier alla ventricina vastese.
Burro e alici.
Pane. Eccellente.
E l’inevitabile connubio.
Sgombro caramellato, pennellato di mosto cotto di presidium, bruciato al cannello, crema di rabarbaro e scalogni in agrodolce.
Polpo con fagioli cannellini, cavolo rosso, chutney di pomodoro.
Gnocchi di cavolfiore, zampetti di maiale (in cialda e nella salsa), caviale.
Ravioli ripieni di coccio col suo brodetto, erbe amare.
Fagottelli ripieni di broccolo siciliano ripassato col forte, arzilla, corteccia di topinambur. La minestra 2.0.
Vacca bruciata, zucca in tre consistenze (olio, polvere e dadini tostati), liquirizia.
Bagna cauda…
…e fondo bruno.
Pescatrice nappata al burro in padella, su emulsione di olive e rosmarino con crema di ceci e porro bruciato.
Torta della nonna, spugna, gelato e gelatina di agrumi e pinoli.
Bignè alla banana e cioccolato bianco, crema inglese alla nocciola e cardamomo.
Gelato alla banana arrosto e yuzu.
Crostatina di cioccolato al latte, cialda di pane al macis e sorbetto di cachi.
Zucchero filato.
Interno.