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Gastronomia Yamamoto

Autentico izakaya

La Gastronomia Yamamoto, connotata da quell’accattivante estetica “minimal” insita nello stile nipponico, risiede da più di un lustro al civico 5 di via Amedei, nel cuore di Milano; qui viene condotta con mano felice la più concreta cucina della tradizione del Sol Levante che tralascia – alleluia! – gli abusati sushi e sashimi tipici dei sedicenti ristoranti giapponesi che largheggiano oramai in ogni dove. Il locale, che incarna l’autentico izakaya, consta di un ingresso con qualche tavolino con un soffice divanetto ove accomodarsi magari per una sosta più veloce e di una saletta un po’ meno caratterizzata con cucina a vista e allestita da tavolini più prossimi e numerosi. Tra svariate proposte, optiamo per un breve menù degustazione articolato in quattro portate (secondo l’estro di Nonna Yamamoto) sorseggiando altrettante tipologie di Sakè suggerite dal garbo del direttore Andrea Giacometti, la cui competenza merita un plauso.

“Ci pensa Nonna Yamamoto”

La prima portata che funge da antipasto, di matrice vegetale, consiste in piccoli assaggi di Topinambur, carote, salsa di soia e di sesamo, poi arriva un’Insalata di patate alla giapponese consistente in una purée del tubero con carote ed edamame e, per terminare, Punte di asparagi al vapore spolverizzate da fiocchi di bonito essiccato, fruito sorbendo dell’Olive East no 315 dal tocco morbido, dolce e dal retrogusto rinfrescante. Giunge poi un Calamaro tiepido con salsa di soia, mirin e zucchero accompagnato dalle tonde radici di Taro (bulbi piuttosto evocativi delle nostre patate ma dalla texture più viscosa) associato ad un tocco di Ouijiman 50 che, al palato, restituisce un gradevole sapore di ananas. Proseguiamo con una portata di ottimo Ka-ree giapponese, al cui centro campeggia una candida cupola di riso bianco cotto al vapore contornato da un intingolo speziato e piccante che cela appena delle golose fettine di pancetta di maiale e degustato assaporando del Mitsui no Kotobuki Junmai Ginjo dal tocco rinfrescante e detergente. Concludiamo il percorso delle pietanze sapide con del Pollo marinato in salsa Nanban (tipica marinatura agrodolce giapponese) e fritto le cui cosce risultavano irrorate e ammorbidite dalla salsa Teriyaki e accostate a della appetitosa salsa tartara, godute centellinando del Maibijin Muroka Genshu Yamahai, dal color giallo paglierino e riecheggiante il limone sotto sale.

Terminiamo questo giocoso e garbato intervallo con un trancio di eterea Chiffon cake al tè matcha accompagnandola ad un assaggio di liquore alle prugne «Gozenshu Umeshu», uno ai chicchi di riso integrale «Oki Homare Muromachi» e, last but not least, al favoloso «Gozenshu Yuzu», il mirabile e profumato agrume giapponese.

IL PIATTO MIGLIORE: Ka-ree.

La Galleria Fotografica:

Lo Zen e l’Arte del cocktail alla frutta

Un viaggio in Giappone, se si ha la fortuna di tornarvi con una certa frequenza, si traduce sempre più spesso nella ricerca del perfetto shokunin, l’artigiano che trova il senso della sua esistenza nella pratica del proprio lavoro nel modo migliore immaginabile, attraverso la ripetizione quotidiana di gesti sempre più sapienti, in una tensione continua alla perfezione.

Un passaggio da Gen Yamamoto è un’esperienza molto didattica in questo senso.

L’ambiente ha la semplicità e l’eleganza che solo da queste parti si riesce a coniugare così bene: una decina di posti scarsi intorno a un antico, meraviglioso bancone di quercia. Pochi scaffali con qualche bottiglia esposta, un vaso in un angolo con un ramo fiorito. Al centro della scena, operoso ma tranquillo, lui, Gen, impeccabile nel suo smoking bianco, a preparare le sue meraviglie.

Cocktail che danno alla frutta del Giappone il risalto che merita, accompagnandola con i contrappunti alcolici più adeguati per un risultato finale sempre originale, sorprendente e appagante.

La proposta è declinata in due possibili menu “degustazione” da 4 o 6 bevande, spiegate con dettaglio di particolari nell’ottimo inglese del protagonista che ha vissuto a lungo a New York.

E se tutto è inevitabilmente eccellente, quello che più colpisce è l’armonia generale, il senso profondo che un’oretta da queste parti regala, immancabilmente ogni volta che si ritorna in questi pochi metri quadrati. Un piccolo tempio in cui si officia, ogni giorno, una cerimonia di bellezza e semplicità che regala un’ora magica a chi vi partecipa e mostra quanto in questo meraviglioso paese si riesca sempre a costruire novità che poggiano su “strati” di storia. Senza sfoggi, senza concessioni alle mode, lasciando agli ospiti e alla loro curiosità lo spazio giusto per cercare di farsi loro stessi attori di questo rituale.

Imperdibile è aggettivo abusato per le esperienze da queste parti, ma in casi come questo è difficile trovarne un altro.