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Un giro di Bacari a Venezia – prima parte

Venezia

E’ difficile trovare le parole per descrivere Venezia.
In quelle ore in cui il centro si svuota dei mille e più turisti, girando a casaccio tra calli e campi che sembrano usciti da un dipinto del ‘600, questa città sa regalare una esperienza unica, da concedersi almeno una volta nella vita.
Trovate una comoda sistemazione, lasciate le valige e poi uscite dimenticando le automobili e i canoni a cui la vostra routine vi ha abituato: semplicemente perdetevi nello stupore.
Non c’è modo migliore per scoprire Venezia che un bel giro di Bacari: basta scegliere una zona della città ed individuare le tappe più raccomandabili, oppure lasciarsi guidare dal “fiuto”. Pazienza se la strada per raggiungerli non è sempre la più breve, i giri a vuoto fanno assolutamente parte del programma (soprattutto all’aumentare del livello alcolico).
Ogni tappa, un’ombra di vino e qualche cicheto. E via verso il prossimo bacaro.
Che la parola derivi dal dio “Bacco” o dal “far bacara” veneziano poco cambia, i Bacari erano in sostanza dei vinai che all’epoca della Serenissima arrivavano in piazza San Marco per vendere il loro nettare assieme a semplici spuntini, i cicheti appunto.
Questi venditori seguivano l’ombra del campanile per proteggere il vino dal sole, da qui il termine “ombra” che fa parte della cultura e storia di tutto il Veneto.
Il tempo ha certamente portato all’evoluzione del concetto, ma ancora oggi i Bacari sono una ottima soluzione per mangiare e bere a Venezia ad un prezzo ragionevole.
Si incontreranno vini più o (molto più spesso) meno buoni, così come cicheti da dimenticare e altri invece indimenticabili, ma non sarà mai questo il punto nodale: il giro di Bacari è una attitudine mentale. Va goduto nella sua interezza: nello scambio di battute con un Oste, nello scorcio rubato da una finestra aperta che fa intravedere un soffitto dipinto da perderci il fiato, nel gusto e nella morbidezza di una semplice polpetta fritta di cui avevi perso il ricordo.
Fa tutto parte dello spettacolo e del biglietto, anche il doppio prezzo riservato a locali e turisti in una città che non fa assolutamente mistero di questo doppio trattamento: è Venezia, prendere o lasciare.
Ma, chissà com’ è, si prende sempre tanto volentieri. Con l’acqua alta, i suoi paradossi, la sua sfuggevolezza. Ma anche la magia, la classe, l’eleganza.
Anche questa è Italia, ricordiamoci della nostra fortuna.
Una città che ti scava nell’anima, soprattutto nelle ore notturne.
Una città dove “il lento procedere del vaporetto attraverso la notte è come il passaggio di un pensiero coerente attraverso il subconscio”. (Iosif Brodskij, “Fondamenta degli incurabili”)

Noi ci siamo concentrati sulla zona Rialto-San Marco, ma torneremo per esplorare anche le altre magnifiche zone di questa città-gioiello.

Osteria alla Ciurma Wine Bar
Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia
Cominciamo dalla tappa che ci ha convinto meno, sia per la qualità del vino che per quella dei cicheti. Scelta limitata già alle 18.30 per un locale che sicuramente non indicheremmo tra le soste imperdibili. #anche no

La lavagna
lavagna, Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia
L’esposizione di cicheti non proprio invogliante
cicheti, Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia
L’ingresso
Ingresso, Osteria alla ciurma wine Bar, bacari, Venezia

Al Mercà
Al Mercà, bacari, Venezia
Un bacaro veramente minuscolo, letteralmente aperto sul campo antistante. Molto frequentato dal popolo studentesco, un locale certamente di buon successo. Il motivo è legato senza dubbio all’ottima proposta di vini al calice, superiore alla media: non sarà difficile trovare qualche etichetta meno convenzionale. Non male anche i cicheti, su tutti la polpetta di carne e quella di tonno. #modaiolo intelligente

La lavagna
Al Mercà, bacari, Venezia

Osteria Bancogiro
Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
Prima di tutto un bel locale, dove potersi anche sedere e scambiare quattro chiacchiere con calma. Poi una proposta di cicheti interessante e non banale. Si gioca con delle basi di polenta al posto del solito pane, farcite nelle maniere più varie: la nostra scelta è caduta su polenta al rosmarino con melanzane, piovra e lardo e polenta al prezzemolo con baccalà al forno e ricotta al cren. Ma non scherza anche un semplice panino alla mortadella (e con la quantità di affettato non si lesina affatto).
Proposta di vino senza infamia e senza lode ma è un locale in cui si sta indiscutibilmente bene.
In estate ci si può anche sedere all’aperto con vista su Canal Grande, che non è poco.
#confortevole

Il banco dei cicheti
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
La lavagna dei vini al calice
lavagna, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
Interni
interni, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
La nostra scelta
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia
cicheti, Osteria Bancogiro, bacari, Venezia

Ai Rusteghi
Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Ecco un bacaro davvero fuori dal coro. Come lo è il proprietario, Giovanni, personaggio che da solo vale il prezzo del biglietto. Entrate con tanta voglia di divertirvi e vi divertirete di sicuro, anche stuzzicandovi a vicenda con l’Oste che regge volentieri il gioco. Grandi bottiglie alla pareti (con prezzi altrettanto “grandi”), ottimi panini anche con abbinamenti non scontati (buono quello scelto da noi, al salmone affumicato). E poi tre prosciutti al taglio: Cormons (D’Osvaldo), Parma 36 mesi, Cinta senese 24 mesi. Ma qui è davvero l’Oste a fare la differenza. Consigliatissimo, ma occhio al conto.
#rustego vero

Le bottiglie alle pareti: c’è da divertirsi
Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Uno scorcio del bancone: il locale è piccolo, ma ci sono anche alcuni sgabelli e tavolini alti per una sosta confortevole
Bancone, Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Il taglio al coltello del prosciutto
prosciutto taglio al coltello, Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Prosciutto, Ai Rusteghi, bacari, Venezia
Chiedete uno spritz all’Oste Giovanni e poi fateci sapere cosa vi ha risposto.
Spritz, Ai Rusteghi, bacari, Venezia

Continua…

Ci sono luoghi eterni, troppo belli per essere capiti, creati forse con l’unico obiettivo di stupire, sempre e comunque.
Venezia è uno di questi.
I canali accompagnano il passeggio lungo le calli, su e giù per i ponti, con improvvisi scorci che si aprono nei campielli, per poi ricominciare il proprio vagare errante, alla ricerca del niente, semplicemente seguendo il bello.
Arrivati in piazza San Marco ci si trova spesso ad osservare la Giudecca, isola dirimpettaia, scoprendosi particolarmente creativi nell’immaginare cosa possa succedere dall’altro lato del canale.
Ebbene, sull’altra sponda si trova un luogo che in qualche modo, con le dovute proporzioni, riesce ad essere uno dei simboli della Serenissima: l’Hotel Cipriani.
Nelle cucine che diedero i natali al carpaccio, da qualche mese si respira un’aria nuova.
Trevigiano di nascita, con un glorioso passato in Francia, lo chef Davide Bisetto officia all’interno del ristorante Oro, riuscendo a coniugare la tecnica ed il rigore creativo francese con l’emozione ed i sapori tipici della laguna.
La sala sontuosa, con candelabri in vetro soffiato di Murano e divani di sobria eleganza, si immerge nell’atmosfera placidamente sofisticata che Venezia ha insita in se stessa.
La clientela internazionale viene curata attentamente da un team di sala preparato ed affiatato.
La carta dei vini, seguita da ben tre sommelier, permette di sbizzarrirsi nella scelta del compagno di avventura, spaziando dagli impeccabili grandi classici francesi fino ad arrivare ai caratteri più irriverenti delle numerose chicche biodinamiche presenti in lista.
La cucina di Bisetto si veste, per il momento, di un abito didattico, volto ad educare i clienti storici dell’Hotel Cipriani, accompagnandoli per mano sul ponte che separa Calle Vecchia da Calle Nuova. Il risultato è una cucina tecnicamente impeccabile, che osa non oltre il consentito, più attenta alla qualità ed autenticità del prodotto che all’estro adoperato per lavorarlo.
Ecco quindi che gli ortaggi, selezionati da piccoli produttori locali, danno vita ad “Underground, tutto sotto terra”, in cui una variazione di rape, il dressing ai legumi, l’olio in infusione con 28 tipi di verdure diverse, creano un’insalata di grande personalità, in cui le consistenze e le note terrose delle verdure si armonizzano con la vena lipidica data del dressing di legumi.
Il pranzo prosegue sulle ali della delicatezza, con quella finezza che solo i francesi possono vantarsi di avere, e che Bisetto può andar fiero di aver appreso. “L’Americana di canoce” è un omaggio alla laguna, ai suoi sapori ed odori, riproposti e declinati con infinita classe.
Ma è il carpaccio di seppia, conchigliacei, spugna di peperone, mantecato di cozze alla marinara e acqua di conchigliacei il passaggio che rende maggiore giustizia al cuoco, che dimostra di avere personalità da vendere, reinterpretando il piatto più celebre mai creato al Cipriani in chiave marina.
Si prosegue, le mille attenzioni dei camerieri si susseguono, l’atmosfera è elegante, leggera, positiva. Lo chef fa il giro dei tavoli, chiede opinioni, ascolta, spiega i suoi piatti. Non è facile capire ed adattarsi ai ritmi veneziani, ancor meno se lo si fa avendo sulle spalle i fasti di un mostro sacro come l’hotel in cui sorge il ristorante Oro.
Il cielo è stellato, l’acqua è spezzata dalla prua della barca che fa da collegamento con piazza San Marco, le luci in lontananza cominciano a traballare e il pensiero si posa sulla serata appena trascorsa. Consapevoli di essere al cospetto di un cuoco preparatissimo si torna verso casa con la brama di poter tornare al più presto in un luogo magico come il Cipriani, aspettandosi qualche altra piacevole sorpresa.

L’ingresso del ristorante.
Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Il benvenuto della cucina, pan di zucca, foie gras, tartufo bianco e aceto balsamico. Decisamente un buon inizio.
pan di zucca, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
L’ottimo pane fatto in casa.
pane fatto in caso, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Il burro.
burro, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
La selezione d’olio. Siamo in una città dove l’utilizzo del burro e quello dell’olio si equivalgono e Bisetto dimostra di averlo capito subito.
olio, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
“Underground, tutto sotto terra” variazione di rape, dressing di legumi e olio con infusione di 28 tipi di verdure.
underground, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Insalata di alghe crude, alice alla scapece di spezie orientali, tonno, spuma di vongole, spugna di prezzemolo e dressing di coriandolo. Piatto complesso che richiama il fatto che Venezia fosse la punta d’oriente da cui passavano spezie ed erbe aromatiche di ogni genere.
alghe crude, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Granseola, alici marinate, granita di cetriolo, acqua di bloody mary e aspic di fragola. Altro bel passaggio, fresco e decisamente gradevole.
Granseola, alici, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Carpaccio di seppia, conchigliacei, spugna di peperone, mantecato di cozze alla marinara, dressing di acqua di conchigliacei. Piatto della serata.
Carpaccio di seppia, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
“Americana di canoce”. Variazione di granchi, fumetto di canoce, polpettina di gransoporo, raviolino di garusoli, schie, gamberi rossi crudi e canoce crude. La laguna nel piatto.
America di canoce, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Tortellini ripieni di ossobuco, consommè di gallina e gelatina di whisky torbato. Sfoglia del tortellino perfetta, consommè chiarificato in perfetto stile francese e la gelatina di whiskey che dona quella verve necessaria per imprimere nella memoria un piatto. Molto bene.
tortellini in brodo, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Branzino poché in olio, salsa di conserva di ricci di mare e cavolo nero, mozzarella di bufala. Nulla da segnalare, passaggio un po’ anonimo. Lo chef si rifarà a breve.
Branzino, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Agnello laccato al Marsala, polenta in pasta fillo, arance amare e cipolla sotto sale. Carne cotta alla perfezione ma il vero protagonista del piatto è la polenta croccante, davvero straordinaria.
agnello laccato, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Anatra, dragoncello, melograno, fondo all’amarone e topinambur e una crocchetta con le cosce del volatile. Ottimo.
anatra, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Branzino in salsa Matsushima, verdure del giardino e garusoli. Lo chef avendo percepito un nostro tentennamento riguardo il branzino presentatoci precedentemente ci propone in chiusura di cena quest’altra versione, presente in carta fino a qualche giorno prima della nostra visita. Il risultato è decisamente migliore del precedente. Piatto complesso, profondo, con forti riferimenti alla cucina giapponese che in questo caso si fonde perfettamente con i prodotti lagunari.
Branzino, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Soufflè, rosa canina, rosolio e mirtillo rosso.
Soufflé, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
La cassata.
cassata, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Raviolini dolci con rum, limone, fichi secchi e noci.
ravioli dolci, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Il servizio del thè in stile giapponese. Una delle tante attenzioni non scontate che si possono trovare al ristorante Oro.
Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
La tavola delle cioccolate. Ottimo modo per chiudere in bellezza una serata trascorsa in un luogo magico.
cioccolato, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
Il giardino dell’hotel.
hotel, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia
La laguna.
laguna, Oro, Chef Davide Bisetto, Venezia

Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia

40 anni di storia e tradizione non sono cose che si comprano all’etto al mercato: o ce li hai o non ce li hai.
Si sentono potenti e penetranti: si annusano nell’aria, si avvertono nelle attenzioni, nei sorrisi, nei gesti calibrati.
La ristorazione è cosa seria e spesso capita che dietro grandi ristoranti ci siano grandi famiglie.
Così è anche per i Cera e per la loro creatura in quel di Lughetto di Campagna Lupia: una evoluzione naturale negli anni, dalla semplice Osteria di paese, dedita a confortare gli avventori con cicheti e ombre di vin, fino al grande ristorante di oggi, sempre nel segno dell’unità familiare, della cura del dettaglio, dell’amore per la tavola.
Allora non ti puoi stupire se anche il personale di sala gira a meraviglia e non sbaglia un colpo: è equazione certa. Non puoi meravigliarti se il menù scelto è prontamente stampato e messo a disposizione, se ogni dettaglio sembra posto lì per rassicurare e coccolare il cliente.
Questo è un grande ristorante, nessuno può metterlo in discussione.
Lo è per il servizio, per la cantina, per la qualità del pescato e, sì, anche per i prezzi.
E’ quel ristorante che mette d’accordo tutti, quello di cui sentirai sempre dire: “come si mangia bene lì”.
Certamente per il livello di qualità del pesce di cui riescono a rifornirsi, davvero fuori dall’ordinario.
Ma anche la tecnica in cucina è di altissimo livello: lo si vede nella cottura di uno scampo o di uno sgombro, così frequentemente maltrattato. Sanno usare i fuochi e le padelle e non solo fare la spesa: questo non può che fare la differenza nelle nostre valutazioni. E’ cucina di rotondità, di morbidezza.
E’ evidente la strizzatina d’occhio al Sud Italia, in particolare alla Sicilia, nella ricerca dei suoi sapori e dei suoi colori: il cuoco è palesemente innamorato della Trinacria e non ne fa mistero nelle sue preparazioni. Ma rimane comunque cucina di Adriatico nell’anima. O più semplicemente è una cucina italiana, che non teme la proposta di più piatti con protagonista o co-protagonista la pasta: lo sforzo di dare dignità e una nuova interpretazione alla pasta secca è continuo e, spesso, convincente.
Sempre eccezionale la portata dei crudi: può piacere o meno, ma è indubbio che qui si sia portato il crudo di pesce a uno scalino superiore, dove la mano del cuoco diventa importante tanto quella del pescatore. Un crudo cucinato, passateci il gioco di parole.
Le note dolenti in questa visita vengono da una certa ripetitività nell’uso del pomodoro o di componenti lattico-grasse e da una deriva esageratamente dolce che rende il menù leggermente monotono e a cui bisognerà prestare particolare attenzione.
Ma, soprattutto, al gourmet più smaliziato rimarrà sempre il dubbio di quello che potrebbe essere e non è, di cosa potrebbero fare in questo posto se decidessero di provocare un po’ di più il cliente.
Se lasciassero più spazio alla vegetalità (che non è solo pomodoro) o alle innumerevoli erbe che popolano la personale serra a lato del ristorante. Senza paura del reale sapore dell’ingrediente, senza per forza arrotondare ogni spigolo.
Il dubbio è ingigantito da quelli che sono stati i migliori piatti della giornata, cioè i +2 del percorso colori del mare. Zuppa di lucerna e tortellini con ripieno di mandorle: un gioco tra il dolce e l’amaro sfacciatamente intrigante. Zuppetta di alghe ed erbe, con vongole e dentice: una zuppetta elegante fino allo sfinimento tanto è carica di sapori, dove non si ha paura del messaggio che l’ingrediente (alga e erbe) pretende di comunicare.
Sono solo sfumature o diversi visioni di cosa debba trasmettere un piatto, ma a questi livelli fanno la differenza.
La pasticceria si mantiene su alti livelli e Sara Simionato non fa rimpiangere il suo predecessore.
Dessert freschi, come è giusto che si sia, ben strutturati e pensati. Una bella mano, da seguire con attenzione.
Una casa da scegliere a occhi chiusi, dove si starà bene, senza se e senza ma, qualunque sia il vostro ospite, qualunque sia il vostro gusto personale.

Dal Menù ”Oppure”:
Il benvenuto dalla cucina: focaccia al vapore.
focaccia la vapore, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Amuse bouche.
amuse bouche, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Tubetti freddi con burrata, pomodoro, viola gambero e capperi.
tubetti freddi con burrata, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Spaghettino freddo con mazzancolla, lucerna, salsa di pistacchi di Bronte e basilico.
Spaghettino freddo con mazzancolla, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Colori del mare “scaletta di 8+2 crudi”.
scaletta di crudi, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Branzino all’acqua di mare con caviale: fantastica la consistenza del branzino.
Branzino all'ac qua di mare, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Scampo… a colori.
Scampo a colori, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Cappasanta nella sabbia (pane fritto e sesamo).
Capasanta nella sabbia, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Ricciola con fragole e nocciola.
Ricciola con fragole e nocciola, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Pasta allo scoglio: una tapas di pasta da applausi.
pasta allo scoglio, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Canocchia scottata con pappa al pomodoro.
Canocchia scottata, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Mazzancolla shabu-shabu con salsa al pistacchio e verdure.
Mazzancolla shabu-shabu, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Pizza di sgombro.
pizza di sgombro, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Zuppa di lucerna e tortellini con ripieno mandorle: persistenza e profondità di sapori.
zuppa di lucerna e tortellini, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Zuppetta di alghe ed erbe, vongole e dentice: classe ed eleganza.
zuppetta di alghe, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Un sorbetto di lime e zenzero per alternare i sapori.
Scampi dorati con melanzane, battuta di pomodoro, pesto al basilico, salsa di ricotta e acqua di pomodoro: un buon piatto, ma sulle stesse note di alcune delle preparazioni precedenti.
sorbetto di lime e zenzero, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Risotto di canocchie e curcuma fresca con burrata e guazzetto di lucerna, vongole e scorfano: inutile la burrata che finisce per uniformare i sapori. Risulta un piatto tecnicamente corretto ma molto dolce, sarebbe servita una curcuma ancora più incisiva.
Risotto di Canocchie e curcuma, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Spaghetti al torchio con seppie e finocchietto selvatico: tanta Sicilia. Ottimi.
Spaghetti al torchio, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Insalata di erbe e melone con sgombro e salsa di papaya e aceto. Sgombro fantastico, per qualità e cottura.
inslata di erbe e melone, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Gelato al timo, fragole, miele di barena.
Gelato al timo, fragole, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Piña Colada (rum, ananas e cocco).
Pina colada, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Yogurt liquirizia lamponi con tegola di dragoncello. Un grande dessert, per concezione ed esecuzione.
Yogurt liquirizia e lampone, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Zuppa inglese.
Zuppa inglese, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Frutta marinata.
Frutta marinata, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Lo straordinario Clos des Goisses 1991 Philipponat: una spremuta di terra.
Clos des Goisses, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Clos des Goisses, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Le piante aromatiche nella serra accanto al ristorante.
piante aromatiche, Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia
Antica Osteria Cera, Chef Cera, Campagna Lupia

ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia

Non è detto che per fare un pasto di qualità in Piazza San Marco a Venezia sia necessario chiedere un mutuo. E il Gran Caffè Quadri ne è la prova.
Da tre anni a questa parte, Massimiliano e Raffaele Alajmo hanno messo il loro zampino tra le magiche calli della città lagunare, pensando ad una offerta poliedrica, che va dal lusso senza compromessi a proposte meno impegnative ma pur sempre qualitativamente certificate.
In questo caso non si parla del ristorante stellato ubicato al primo piano, ma della formula “bistrot” pensata per la sala inferiore di questo storico luogo (aperto dal 1775) rinato grazie alla nuova linfa donatagli dalla corazzata di Rubano, con la complicità dell’altrettanto imponente Ligabue S.p.A., società di catering che opera su scala internazionale, già proprietaria delle licenze del pluricentenario caffè.
C’è poco da dire, si tratta di un progetto che ha assunto uno sviluppo degno di nota ma che, probabilmente, viene offuscato dalla più rinomata proposta “upstairs”.
Il bistrot del Quadri, operativo dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 22.30, permette di mangiare piatti autentici e degni della nostra cultura, con il primario intento di salvaguardare il turista straniero da usi o tradizioni taroccate. Nessuna complessità, ma solo piatti semplici. Certo, semplici, ma concepiti dalla mente di un grande cuoco.
L’Alajmo pensiero si è materializzato anche su questo fronte e la filosofia del “ciò che diventa era” si rispecchia nella elegante e sfarzosa sala da pranzo arricchita da specchi, stucchi e vetrate su una delle piazze più fascinose e famose al mondo, crocevia di popoli e cultura in cui, un tempo, solitamente, sostavano personaggi come Lord Byron e Honoré De Balzac, ed in cui oggi è possibile assaggiare una degna interpretazione dei classici della cucina veneta ed italiana in generale.
Considerando il pedigree, le aspettative sono assolutamente soddisfatte.
La base di partenza è, appunto, quella della storia gastronomica del Bel Paese.
Nel menu si spazia da Nord a Sud, dai più locali “cicchetti” tra cui spiccano le classiche sarde in saor o il baccalà mantecato con polenta, ai piatti della tradizione locale come lo “scartosso de pesse”.
C’è spazio ovviamente anche per gli stereotipi di casa nostra, come lo spaghetto al pomodoro o l’insalata caprese o altri piatti-simbolo come la lasagna alla bolognese o lo spaghetto alle vongole. C’è un concentrato dell’abbecedario della cucina italiana, ma, dato che siamo a Venezia, c’è anche un occhio di riguardo intelligente verso lo straniero più conservativo e meno colto che viene messo a proprio agio concedendosi un pasto extra-tradizionale come la versione “Big Max” dell’hamburger o il club sandwich.
E i prezzi? Assolutamente nella media cittadina con il merito (straordinario vista la location) di non ritrovare la voce “coperto” nel conto finale.

Il design Alajmo è ormai un cult mondiale e coniuga eccellenze locali (vetri di Murano) e stile personale.
design, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Pane (unica tipologia lievito madre, ottimo) e grissini, altrettanto buoni.
520
La nostra degustazione di “cicchetti”.
520
In dettaglio: semplici ma perfette e ingentilite le Sarde in saor
sarde in saor, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
e il Baccalà mantecato con polenta fritta
baccalà mantecato, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Mentre decisamente più modesta ci è sembrata la Insalata di polpo.
insalata di polpo, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Apparentemente grasso il Cappuccino primaverile (asparagi, fagiolini, piselli, carote
e rapa rossa), rivelatosi, in verità, in perfetto stile Alajmo, molto leggero.
Cappuccino primaverile, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Tagliolini con astice alla busara. Piatto semplice e ricco.
tagliolini con astice alla busara, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
L’imponente Fritto di sarde, schie e cozze, nello “scartosso” con salsa “Quadri” a base di senape. Frittura asciutta e croccantissima, eseguita con grandi tecnicismi (il pesce viene bagnato nella pastella e fritto, a metà cottura viene asciugato, passato nella farina di mais e nuovamente fritto).
schie fritte, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Dettaglio
schie fritte, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
La cassata di albicocche è una una reinterpretazione non scontata e chiude piacevolmente il pranzo.
cassata di albicocche, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Berkel griffata Alajmo.
Berkel, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Dipinti carnevaleschi.
dipinti, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Tavolini eleganti, essenziali ma anche molto ravvicinati.
tavoli, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Ingresso al Gran Caffè.
ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia

Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia

Come in tutti i centri storici delle città a forte vocazione turistica, non è facile trovare un ristorante che sappia coniugare qualità e giusti prezzi. Anche a Venezia l’impresa risulta molto ardua: negli ultimi anni l’attenzione per il mondo food è decisamente aumentata anche qui in laguna, ma i buoni indirizzi rimangono tuttora in numero limitato, soprattutto nelle zone più centrali.
A due passi da piazza San Marco, il Ridotto continua ad essere un’oasi ristorativa per l’appassionato in visita alla Serenissima. La passione del patron Gianni Bonaccorsi è tangibile: nei suoi racconti, nelle sue parole, c’è tanto amore per il proprio lavoro. Questo si riflette anche nel locale, curato e accogliente pur in spazi molto limitati.
Dalla scorsa primavera è stato chiamato a rinforzare il “reparto offensivo” un bomber di razza: quell’Ivano Mestriner che tanta attenzione aveva attirato agli inizi della sua carriera quando officiava a Badoere di Morgano.
Un fuoriclasse che col tempo aveva perso un po’ la bussola, ma dalle indiscutibili qualità tecniche.
In verità radio casseruola parla già di presunti contrasti tra patron e neo-chef e di un imminente divorzio: nel corso della nostra visita i due erano regolarmente ai posti di comando ma vedremo nei prossimi mesi come evolverà l’ipotetica tenzone.
Una cucina che comunque, oggi, ha ben poco del Mestriner che avevamo conosciuto: la creatività è molto misurata e i piatti ricercano più la morbidezza che le spigolosità.
Una scelta probabilmente corretta in una sede come questa, per una clientela più propensa al comfort food. Piatti quindi di impostazione classica ma non per questo poco interessanti, anzi: è chiara una ricerca filologica, alla riscoperta di ricette antiche da interpretare con mano e pensiero moderni.
E’ il caso, ad esempio, dell’anitra, servita in brodo di alici e cipollotto per dare la giusta grassezza: un recupero, appunto, di una vecchia ricetta scovata da Gianni Bonaccorsi e reinterpretata assieme alla brigata di cucina. Altro esempio è lo spaghettoro con emulsione di cipollotto e vongole: semplice e ben fatto, perfettamente centrato per cotture e gusto.
Alle volte, nel lodevole tentativo di lasciare parlare con maggior forza gli ingredienti, si rischia di cadere sul banale, ed è forse questo il limite di una cucina che dovrebbe riversare nei piatti in maniera più convinta e convincente idee e pensieri di cuoco e proprietario, idee che sembrerebbero proprio non mancare.
Oggi il Ridotto è un ristorante di sicuro appagamento: i piatti sono eseguiti in modo corretto utilizzando sempre ingredienti di primo ordine. Magari non si sobbalzerà dalla sedia, ma si passeranno senza dubbio un paio di ore piacevoli in un locale molto accogliente.
Spendendo il giusto: lodevole la proposta del lunch menu, tre piatti a 28 euro. Ma anche il menu più costoso è prezzato a 70, che nella zona di San Marco è un prezzo da competizione, con questa qualità.
Carta dei vini notevole, sia per referenze sia per prezzi, nettamente al ribasso rispetto alla media lagunare: ci rimane qualche perplessità relativamente alla conservazione delle bottiglie (su scaffali a muro della adiacente Aciugheta) ma per nostra fortuna la nostra scelta è risultata in condizioni perfette.
Un plauso anche agli uomini di sala, spigliati, ironici e preparati: certamente importanti contributori della piacevolezza di tutto l’insieme.
Il voto, forse leggermente penalizzante, rimane prudente in attesa di una definizione più chiara della linea di cucina che si intenderà seguire.

Appetizer: crema di zucca e formaggio
appetizer, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Insalata calda di verdure autunnali con gelato di carciofo, granita al sedano e colatura di alici
insalata calda, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Tartare-pomodoro e tartare con tartufo, maionese di soia
tartare pomodoro, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Scampi, mandorle e crema di cavolfiore
scampi, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Spaghettoro con emulsione di Cipollotto e Vongole
primo piatto, spaghetto con vongole, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Orecchiette Cacio e Pepe su Passata di Melanzane
orecchiette cacio e pepe, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Zuppa come un Caciucco con pasta mista al profumo di Lime
zuppa come caciucco, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
La caccia di laguna: Anitra in brodo di alici e cipollotto. Il piatto più interessante, per profondità e complessità.
secondo piatto, anatra, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Cachi, castagne, rum e zucca con gelato alla birra. Una riuscita interpretazione dell’inflazionato binomio cachi-castagne. La birra regala quella punta di amaro che sostiene tutto il dessert. Davvero ottimo.
cachi, castagne e rum, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Il Tiramisù (Vegano – senza Zucchero, senza Latticini né Uova): emulsione di latte mandorla, tortino di carote, caffè.
tiramisù, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia
Corton Charlemagne J. Prieur 2005
corton charlemagne, Il Ridotto, Chef Ivano Mestriner, Venezia