Ma che bella sorpresa ad Arona!
Una piazza tra le più belle del lago Maggiore, Piazza del Popolo, che ha dato ospitalità qualche lustro fa a uno dei ristoranti più importanti della zona, quella Taverna del Pittore che oggi pare aver perso lo smalto di un tempo.
Ma forse, complice il Comune, si è tentato di rivitalizzare questo luogo e il vicino lungolago, che ha visto nascere tanti locali nuovi, moderni, ma con una impronta classica e con una offerta di qualità.
Questa Hostaria pare la più interessante dei dintorni. Quella che si discosta dalla media e che cerca di proporre una cucina più raffinata, curata ed armonica, nel rispetto delle caratteristiche del progetto. E, come spesso accade, anche qui, una domenica sera di inizio autunno, il locale quasi vuoto, rispetto al pienone degli altri intorno, non fa piacere a noi appassionati gourmet.
E ci fa riflettere, perché purtroppo i progetti interessanti e di qualità non sempre risultano anche efficaci e remunerativi. Speriamo bene, intanto godiamoci un luogo con una carta dei vini interessante, con un attento e gentile servizio di sala, con un cadre ed una mise en place raffinati e attenti, con una cucina interessante e ben eseguita.
Ci hanno un po’ stupito le porzioni fin troppo generose, ma ne comprendiamo i motivi, sopratutto crediamo legati alla richiesta specifica della clientela.
Ad eccezione di un tagliolino alla salsiccia di Bra decisamente sfuocato (non solo nella foto), il resto è più che corretto, ben eseguito e centrato. Ottima la pollastra, ed anche le costine marinate e cotte a bassa temperatura, davvero morbide, sugose e gustose. Molto interessante la trota di lago, antipasto abbondante, e la caprese, dolce raffinato e molto curato per una Trattoria.
Bel posto, bella carta dei vini, bella cucina e ottimo prezzo. Insomma, andateci.
Il menù consegnato agli avventori, in stile trattoria…
L’ottimo compagno di viaggio.
Il benvenuto della cucina: crema di fagioli cannellini e sedano croccante.
L’ottimo pane in accompagnamento.
Il tagliolino, sfuocato di… foto e di fatto.
Sgombro arrostito (qui sostituito da filetto di trota monstre) con salsa di senape e miele e stracciata di robiola. Ottimo.
Fritto leggero di lago (non molto leggero e di dimensioni imponenti) e maionese al timo. Impegnativo.
Pollo ruspante di cascina con patate rosolate.
Branzino a tranci, salsa di arance e cipollotto, verdurine saltate.
Costine di maiale cotte a bassa temperatura.
Il pre-dessert.
Caprese e gelato della casa.
Crema bruciata alla lavanda.
Il nostro tiramisù.
La naturale evoluzione dell’offerta ristorativa firmata Ciccio Sultano non poteva che culminare in un locale come questo: un luogo in cui raccontare la Sicilia a tavola in tutte le sue poliedriche facce, dal pane ai formaggi, dalla pasticceria allo street food, fino ai suoi piatti più emblematici.
Un locale da vivere in libertà e nella sua interezza: per 5 minuti come per tre ore.
I Banchi lascia spazio alla natura più istintiva di Ciccio Sultano, quella ha contraddistinto il suo successo già al Duomo.
Un locale che si sviluppa come un corridoio spazio-temporale: dalla colazione fino alla cena, ci si muove tra le diverse sale in cui trovano spazio delle vetrine accattivanti piene del meglio che la Sicilia può offrire.
Che sia un grande cannolo o semplicemente un caffè come si deve, la parola d’ordine è una sola: qualità. Un tentativo di spezzare la distanza tra il cliente, siciliano ma non solo, e la ristorazione di alto livello.
La ristrutturazione del centralissimo Palazzo Di Quattro è semplicemente splendida; la materia è la protagonista assoluta degli spazi: la pietra e l’acciaio si fondono in un risultato assolutamente convicente.
La tavola conviviale (e la splendida cantina) sono l’epilogo ideale di un percorso obbligato: la gioia dello stare a tavola e della comunione trovano piena espressione nella grande tavolata in cui ci auguriamo possano prendere vita sempre più numerose iniziative.
La cucina è affidata a Giuseppe Cannistrà, a lungo a fianco di Sultano e ora suo socio in questa nuova avventura.
La sala è invece in mano a un’altra vecchia conoscenza del locale di via Bocchieri: Alfio Magnano ha la possibilità di dimostrare il suo valore gestendo in prima persona il rapporto con i clienti.
Le carte per fare bene ci sono proprio tutte e, nonostante la recente apertura, il nostro pranzo è stato di gran livello.
Una cucina di sostanza, di abbondanza, molto siciliana anche nei suoi tratti più grevi, che richiede forse un pochino di controllo in più solo sulle sapidità.
Centrata nel gusto e nelle scelta dei piatti da proporre in carta, giustamente orientata sulla semplicità e sui grandi classici della cucina sicula.
Dopo il Duomo, un’altra finestra aperta sulla Sicilia, un altro motivo per venire nella splendida Ragusa Ibla.
Il locale.
Le vetrine dei salumi/formaggi, del pane/pizza, della pasticceria.
Il pane in tavola, ottimo.
Pizze e sfincioni: chi ha assaggiato la sfincione del Duomo, sa di cosa stiamo parlando.
Appetizer:
Cous cous, yogurt e pomodoro.
Arancina con crema di ragusano.
Difficile trovare una arancina (o arancino!) fritto meglio. Spettacolare. Il ragusano però spinge troppo sulla sapidità del piatto.
Pasta con le sarde, omaggio a Palermo.
Zafferano, uvetta passa, finocchietto selvatico e pangrattato tostato.
Ecco un piatto di pasta appagante anima e corpo.
Lasagnetta di pesce azzurro e broccoli “arrriminati”.
Sgombro, sarde, broccoli, besciamella e salsa allo zafferano.
Voluttuoso.
Pesce spada panato al pistacchio.
Con salsa bbq e finocchio cotto a bassa temperatura.
Si riprende l’idea già sviluppata al Duomo con la ricciola, questa volta il protagonista è il pesce spada, prima cicatrizzato, poi marinato e infine cotto con impanatura di ceci e pistacchi.
La tecnica al servizio del gusto: come rendere giustizia al pesce spada, troppo spesso ultra-cotto in troppi ristoranti siciliani.
Cannolo di ricotta vaccina e granita di mandorla.
Cassata siciliana e gelato di nocciola.
Un fresco accompagnamento.
Ecco un’altra piccola perla del panorama ristorativo italiano. Una di quelle di cui si parla poco, lontana dai riflettori della comunicazione.
Semplice, diretta, ma estremamente concreta, viva, appassionante. Con un servizio cortese, coinvolgente, attento anche alle necessità degli ospiti più giovani.
Non sono poi tantissimi gli ingredienti giusti per fare stare bene un cliente: cortesia, qualità costanza.
Vi avevamo già raccontato della Trattoria da Carmelo lo scorso inverno, ci siamo tornati più volte in questi scampoli di fine estate che in Sicilia, come spesso accade, regala giornate uniche di sole e piacevole calore.
Un locale letteralmente sul mare: la struttura è infatti ubicata sulla spiaggia di Marina di Ragusa ed è completamente aperta verso l’esterno. L’effetto relax, con la lieve brezza che viene dal mare, è un regalo da concedersi. Il sole inonda la sala, e sembra donare quel sapore in più a tutte le preparazioni.
Il protagonista assoluto è ovviamente il pesce: di qualità assoluta. Ma qui si sanno usare anche pentole e padelle: i magnifici ingredienti vengono valorizzati (e non penalizzati, come purtroppo spesso accade in molti locali, siciliani e non) da cotture attente.
I grandi classici del locale come il Cous cous, gli spaghetti alle vongole o quelli ai ricci, ci hanno stregati: intensi, gustosi, pieni.
Ma grandi soddisfazioni regala anche il pescato del giorno: fatevi guidare in una scelta intelligente, affidandovi ai consigli di sala e cucina.
Si può migliorare? Certo, come sempre.
Ad esempio si potrebbero abbinare con maggiore frequenza al fantastico pesce anche i vegetali, che in questa parte di Sicilia raggiungono vette assolute. Oppure si potrebbe allargare un po’ la scelta dalla cantina a qualche vino extra-Sicilia. Dettagli, che porterebbero la Trattoria da Carmelo tra i migliori indirizzi italiani nel suo genere.
Ma non possiamo che consigliarvi di venire in questo locale: portateci la famiglia, i figli, la fidanzata, gli amici, chi vi pare, resteranno tutti indistintamente entusiasti della vostra scelta e non smetteranno più di ringraziarvi.
Insalata di mare e fagiolini.
Marinati di mare.
Caponata di mare: eccezionale per gusto e morbidezza.
Cous cous.
Spaghetti alle vongole: vengono usati gli spaghetti Verrigni. Una delle migliori realizzazioni provate fino ad oggi.
Spaghetti ai ricci di mare: idem come sopra. Guardate voi stessi che ricci!
Pesce spada alla griglia: a prova di bimbo…
Dal pescato del giorno, una ricciola…
…o una fantastica spigola di un chilo e duecento grammi…
…cucinata al sale…
…da servire assieme a qualche gamberone grigliato.
Frittura: non si può finire un buon pasto a base di pesce senza. Questa è perfetta.
Ottimi anche i dessert.
Savarin con crema chantilly.
Crostata di riso soffiato, cioccolato e uva.
Cannolo di ricotta di bufala.
Sempre una sicurezza i vini di Arianna Occhipinti.
Eataly è l’esempio di alta imprenditorialità applicata. Oscar Farinetti, dopo la fortuna e il successo accumulato nella sua precedente esperienza, ha deciso di intraprendere una strada irta e difficoltosa con un obiettivo dichiarato: rendere il commercio del cibo di qualità un vero e proprio affare economico, sostenibile, ma sopratutto alla portata di molti.
E visti i successi collezionati nei punti vendita sino ad ora aperti in tutto il mondo, e la raffica di nuove aperture che lo attende, non possiamo che confermare questa affermazione.
Un grande imprenditore che, anche per passione, ha deciso di cavalcare un settore sicuramente a la pàge in questo momento. Riscuotendo non solo grandi successi economici ma anche curando, cercando di affiancarsi a loro, gli artigiani-produttori di questo incantato mondo fornendogli spesso la spinta propulsiva non solo per sopravvivere ma anche per crescere prosperosi e rigogliosi.
Eataly è il simbolo dell’alta qualità del cibo italiano nel mondo, al punto che il negozio sulla 5th avenue di Manhattan pare sia tra le cinque attrazioni più visitate della grande mela.
E di tutto ciò siamo molto orgogliosi, come italiani e come appassionati gourmet.
Peccato però che non sia tutto oro ciò che luccica: in occasione di una nostra visita nel negozio di Eataly di Bari, ci siamo imbattuti in un’esperienza che, purtroppo, si è ripetuta anche in passato a Milano e a Roma. Luci -molte- su un progetto che però presenta anche qualche ombra.
La nostra esperienza all’Osteria di Eataly Bari è stata esclusiva solo nel conto. 68 euro per i piatti che qui vedete fotografati possono essere molti ma anche pochi. Se però la qualità attesa non è rispettata, se le cotture sono approssimate, se le preparazioni risultano in alcuni casi troppo distanti da quanto è stato promesso in un luogo che dovrebbe esprimere grande qualità a fianco di numeri e quantità importanti allora è forse giunto il momento di raccontarlo.
Noi abbiamo sfruttato la possibilità di sedersi ai tavoli esterni, e di scegliere alla carta tra alcuni piatti dell’osteria e tra tutti i ristoranti tematici presenti nel complesso. Dal fornello, al ristorante bottega di pesce, all’Osteria appunto.
Abbastanza buoni i prodotti caseari, buone le patatine fritte, non unte, ben cotte e croccanti, appena sufficiente la frittura, che non dava l’impressione di essere stata preparata con materia prima fresca bensì congelata. Bocciate le bombette, troppo cotte e legnose, e il polipo, gommoso e scarico di gusto e sapore. Totalmente scentrato l’hamburger della Granda, con una carne di qualità non eccelsa che non ha sopravvissuto al secondo omicidio: una cottura davvero troppo, troppo lunga.
Siamo certi che sia stato solo un episodio infelice, il nostro. Conoscendo l’estro, la capacità e l’intelligenza del grande capo e la voglia spesso dimostrata di mettersi in discussione, siamo certi che raccoglierà queste nostre osservazioni come uno stimolo ed una serie utile di informazioni utili per migliorare.
Partendo, a dire il vero, da un servizio che invece è stato veloce, impeccabile, gentile e gioviale, seppur costituito in larga parte da giovani e giovanissimi che, con il sorriso sulle labbra, hanno sempre fatto sentire la loro presenza discreta.
Ripartiremmo da qui.
L’ingresso, con i quadri dei presidi di qualità della Puglia.
Un bel biglietto da visita.
Uno scorcio del piano terra.
La stupenda vista dal piano superiore, direttamente sul lungomare di Bari.
Un dettaglio della carta.
Le ottime patatine fritte.
La frittura, che non ci ha entusiasmato.
Buone la ricottina, le mozzarelle fiordilatte e la burratina.
Primo alt deciso: le bombette.
Secondo passo falso, il polipo.
Il colpo di grazia, l’Hamburger.
Barcellona è indubbiamente una delle mecche golose d’Europa.
Si fa sempre fatica a scegliere i posti in cui mangiare: Grandi ristoranti, grandi chef, molto spesso ottimi prezzi e tantissima varietà, troppa.
E’ una di quelle città, come Londra o Parigi, in cui non ci si annoia mai.
E il bello è che, oltre alla densa concentrazione di tavole di classe, è proprio nel paniere di proposte più modeste, non per forza tradizionali ma sicuramente più economiche dei luoghi blasonati, che il viaggiatore goloso fa piacevoli scoperte.
Tra queste, annotate sul taccuino di viaggio il Ten’s.
Sulla carta, un ameno tapas bar. Non uno di quelli tradizionali, per intenderci: la vista di un’anonima sala da pranzo con lineamenti moderni in un anonimo hotel nel movimentato quartiere di Born, a due passi da Barceloneta, fa pensare a tutto fuorché ad un tapas bar.
Ten’s è il ristorante pop (l’appellativo di gastro bar, in tal caso, calza a pennello) di Jordi Cruz, star televisiva di Masterchef Spagna e talentuoso chef di successo, già due stelle all’ABaC, uno dei migliori ristoranti della città, che qui si cimenta in una cucina imperniata sulle tradizionali ricette spagnole e catalane, presentate in chiave giocosa, visivamente d’effetto, ma assolutamente tradizionali nei sapori.
C’è poca complessità gustativa ma ottimo bilanciamento di sapori, ineccepibili doti tecniche e l’utilizzo di prodotti di notevole qualità. Finalmente abbiamo trovato delle patatas bravas cotte alla perfezione, esternamente croccanti ma non ustionanti nel cuore, che non vengono sovrastate dalla salsa aioli, qui molto delicata. Anche la freschezza dei calamari all’andalusa, presentati in versione finger food, riesce a contrastare la salsa d’aglio, smorzata dalla citronella. Ma anche su preparazioni soltanto assemblate, come il crostino con le acciughe o il pan de tomate, il livello resta alto. Poi c’è una serie di piatti decisamente più creativi, alcuni presi in prestito dall’ABaC, altri con alcuni tocchi asiatici -in voga un po’ ovunque, oggigiorno- ed altri più estemporanei che seguono gli arrivi giornalieri dal mercato.
La scelta del beverage è molto limitata, con una carta un po’ più strutturata sarebbe stato davvero un locale al top. Ma in un posto del genere, che ricalca la filosofia del tapas bar, una cerveza ghiacciata resta comunque la scelta ideale.
Quello che conta, qui, è la cucina, frizzante, leggera, golosa e assolutamente a buon mercato; in più, è sempre aperto, a pranzo e cena.
Pane tostato con acciughe del Cantabrico, pomodoro e crema di aglio nero. Tradizionale a metà, con un filetto di acciuga di commovente bontà.
Pane al pomodoro.
Cono di calamari all’andalusa, da intingere nella crema di aglio e citronella.
Una notevolissima patatas bravas con salsa d’aglio schiumosa e soffritto piccante.
Anche in piatti più strutturati il livello è alto: polpo, peperoncino pimenton de la vera, patata con olio di oliva (viene utilizzata la qualità Arbequina, tipica catalana) e fumo di faggio.
Il piatto più creativo è tutt’altro che scontato: capasanta arrosto, ricci di mare, purè di radici piccanti e soia verde.
Chiudiamo con il più tradizionale uovo con funghi, topinambur, Parmigiano e tartufo.
Molto goloso.
Bella sorpresa anche con l’unico dessert provato: crema di risolatte e cocco con gelato allo yogurt e limone.
Interni.
Ingresso.