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New York New York – Parte Prima

New York.
Chi non vorrebbe, una volta nella vita, svegliarsi nella città delle mille luci e sentirsi al centro del mondo?
Quanta energia, quanta autostima ti pervade in quei momenti, forse anche troppa.
Difficile restare indifferenti al cospetto di tanta esagerazione, di tanta offerta, di tanta frenesia.
Ci abbiamo anche vissuto per qualche tempo, ma ogni volta che ci rimettiamo piede, ci sentiamo piacevolmente prigionieri di un’aurea ricca di strati e substrati, una cipolla di situazioni, etnie, opportunità.
Ecco, New York per noi rappresenta questo, e la scena gastronomica ha la stessa potenza, trasmette la stessa energia, un sacco pieno che contiene e mescola strade, luci, gente, cibo. Tanto cibo. Senza restrizioni, filtri, problemi di sorta. Perché quando ci si trova di passaggio in questo ombelico urbano, nessuno si farà mai problemi di cosa il proprio organismo possa ingerire. Se sia giusto o sbagliato, morale o meno.
Qui si prova tutto, per un viaggio andata e ritorno dal pianeta del “junk food”, ovvero del cibo spazzatura nella più ampia accezione, fino ad approdare in lussuose tavole coccolati dalle mani di cuochi sopraffini.
Perché se è vero che a New York il meglio lo riservano hamburger, hotdog, bagel, pastrami, cheesecake o pancakes (sebbene questi siano imprescindibili), è altrettanto vero che in queste strade, che sia un attico o uno scantinato, possiamo trovare tra i migliori sushi al mondo, una grandissima pizza, un magnifico piatto di spaghetti.
Perché New York è un vero e proprio crocevia di mondi che coinvolge anche e soprattutto il cibo, un luogo senza confini tra culture gastronomiche.
Quella che segue è una piccola lista stilata dopo aver filtrato e ripassato al setaccio consigli di amici, gente e guide locali, guide internazionali, esperienze pregresse e istinto.
Un piccolo assaggio di quello che vi aspetta se deciderete di addentrarvi nella variegata e poliedrica offerta gastronomica -rigorosamente di qualità- di questa città.

new york

Cominciamo con un buon consiglio per una mattinata alternativa. Avete voglia di una colazione dei campioni? Mai provato un nutriente bagel? Il migliore dell’Upper East Side, secondo i newyorkesi è quello di Tal Bagels.

Tal Bagels, New York

In verità una piccola catena (ma di qualità) che serve un ciambellone caldo e croccante con un companatico per tutti i gusti. Aperto dalle 5:30 alle 20.30, ne trovate ben quattro dislocati tra nord e sud in Manhattan.
Tal Bagels, New York

Tal Bagels, New York

Le cream cheese sono fatte rigorosamente in casa.
Tal Bagels, New York
Così come le affumicature del salmone e dello storione.
storione, Tal Bagels, New York
Ecco la nostra scelta: salmone e cream cheese all’erba cipollina. Abbastanza classico. Buonissimo.
Tal Bagels, New York
L’insegna di uno degli shop, nel nostro caso al civico 977 della 1st Avenue, a due passi da Gramercy Park.
Tal Bagels, New York
Scendendo un po’ più a sud, in pieno East Village trovate Crift Dogs.
crif dogs, New York
In questo scantinato fanno dei rinomati hot dogs che sono ormai un must della città.
crif dogs, New York
Non temete di impregnarvi in questo piccolo e affollatissimo “junky spot”,
crif dogs, New York
perché i sistemi di areazione funzionano abbastanza bene. Vi bastano pochi dollari per assaporare questa bomba di gusto: “tsunami”: wurstel fatto in casa, avvolto nel bacon con salsa teryaki, ananas e cipollotto.
crif dogs, New York
Se invece volete restare sul classico, agitate le bottigliette del ketchup perché il New Yorker va condito come si deve.
crif dogs, New York, hot dog
Un prodotto notevole.
crif dogs, New York, hot dog
Sempre nel cuore dell’East Village, nel riqualificato quartiere di Alphabet City, direttamente da Bangkok, c’è la splendida cucina Thai di Somtum Der.
somtum der, thai, New York
somtum der, thai, New York
Con una trentina di dollari si può provare un grandissimo il Moo Ping Kati Sod: costine di maiale marinate e grigliate nel latte di cocco.
Moo Ping, somtum der, thai, New York
O un meraviglioso Pad Thai, come lo Chef’s Signature Wok-fried Seafood Suki, con vermicelli di riso saltati con frutti di mare, verdure e la salsa segreta della casa “suki”. Un paio di assaggi e vi ritrovate in Thailandia.
pad thai, somtum der, thai, New York
Restando in tema, un’altra grandissima cucina asiatica fortemente radicata a New York è quella giapponese. In un piccolo ristorante del Lower East Side Ivan Orkin, che presto vedremo nella quarta serie di Chef’s Table in onda su Netflix, ha pensato di rivisitare uno dei piatti simboli del Sol Levante (in verità importato dalla Cina): il ramen.
ivan Ramen, New york
Interessantissima la storia di questo dinamico ristoratore americano. Dopo essersi recato in Giappone negli anni ottanta per insegnare inglese, si è innamorato profondamente della cultura locale ed in particolare della gastronomia nipponica, tanto da far ritorno a New York dieci anni dopo per studiare le basi della cucina al Culinary Institute of America. Dopo alcune esperienze in città fece nuovamente ritorno a Tokyo per approfondire maggiormente le radici della cultura gastronomica e, proprio a Tokyo, nel quartiere di Setagaya, ha osato aprire il suo primo ramen shop nel 2007, riscuotendo un grandissimo successo grazie ad un imperdibile ed originale prodotto della tradizione rivisitato da un “gaijin”, ossia uno straniero. Nel 2012 ritornò a New York e un anno dopo aprì le succursali casalinghe del suo apprezzato e fortunato progetto.
ivan Ramen, New york
C’è grande attenzione per il prodotto, ancor prima della trasformazione. Il crudo del giorno viene servito con salsa ponzu aromatizzata allo scalogno, shiso fermentato e wakame.
crudo, ivan Ramen, New york
Ma lasciate spazio per le ciotole con il ramen in brodo. Il “Vegetarian Ramen” presenta un brodo fatto con salsa di soia, brodo vegetale, funghi enoki, pomodoro arrosto, koji tofu e noodles di farina di segale.
Vegetarian Ramen, ivan Ramen, New york
Il ramen imperdibile è il Tokyo Shio, con corroborante brodo di pollo e dashi, pancia di maiale, uovo morbido, enoki e noodles di farina di segale, al prezzo di 16 dollari.
Ramen, ivan Ramen, New york

Continua.

Dopo aver assaggiato lo street food di Bangkok, ci siamo addentrati in alcuni tra i più famosi luoghi nei dintorni della capitale. Come in città, anche nelle campagne, per le spiagge e in altre zone della Thailandia, tutto orbita intorno al cibo.
Questa cucina di strada è il frutto del melting pot di culture straniere che si sono incontrate e amalgamate nel corso degli anni. E’ una cucina-crocevia di sapori; influenze cinesi, arabe, birmane, malesi, cambogiane, vietnamite e indiane hanno dato vita ad un originalissimo ibrido culinario.
Thai Street Food, Thai, Bangkok,
Le abitudini dei thailandesi sono caratterizzate dalle preparazioni di singole pietanze, le cui gestualità sono sinonimo di cultura e tradizione.
Thai Street Food, Thailandia, Bangkok,
Ad un’ora di macchina a sud-ovest di Bangkok c’è la cittadina di Samut Songkhram.
Ci troviamo nella provincia di Ratchaburi. Siamo vicinissimi al mare e la comunità agricola locale anima l’intera zona allestendo bancarelle con prodotti freschissimi.
Ci imbattiamo subito in un chioschetto ambulante gestito da una simpatica vecchietta che delizia i passanti con zuppa di cocco e Pad Thai. I cucinieri di strada sono molto attenti ad allestire le vetrine delle loro cucine mobili.
zucca di cocco e pad thai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Qui c’è l’imperdibile Meaklong Railway Market.
E’ chiamato “Talad Rom Hoop” ed è uno dei mercati più famosi al mondo, grazie alla peculiarità logistica dello stesso. La merce è prevalentemente ittica (a detta della gente locale è una delle migliori per freschezza).
E’ un mercato che si anima a ridosso di una ferrovia. I commercianti allestiscono le proprie bancarelle di cibo, frutta, verdura e dolciumi lungo le rotaie di un treno che percorre 66 km fino a Bangkok.
Meaklong railway market, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
La particolarità? Ogni volta che il treno parte, va in scena uno dei momenti più incredibili ai quali si possa assistere. In una manciata di secondi i banchi con i prodotti e le tende vengono spostati di qualche centimetro per consentire il passaggio del treno. Alcuni hanno perfino calcolato al millimetro l’altezza del convoglio, lasciando la propria merce lì dov’è posizionata.
Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Tra le tante specialità alimentari, troviamo mitili,
mitili, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
il “Gapi”, imprescindibile ingrediente della cucina thai. E’ la famosa pasta di gamberetti, l’essenza di questa cucina. Viene fatta pestando i gamberi con il sale. Il pesto viene poi lasciato ad essiccare al sole. Infine l’intero composto viene riposto all’interno di un vaso di terracotta.
Gapi, pasta di gamberetti, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
I curiosi “Pinayin” o “Chinese Century Eggs”. Sono uova che vengono ricoperte con una miscela di argilla , cenere , sale e calce. Dopo un paio di settimane vengono estratte da questo involucro ed il risultato è questo sorprendente colore rosa acceso. Al suo interno il colore è scuro per via del processo di fermentazione che trasforma l’albume in una gelatina marroncina. Il tuorlo acquisisce un colorito verde scuro ed un sapore più salato rispetto ad un uovo normale.
chinese century egg, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Pesce gatto? Sicuramente pesce alla brace.
pesce alla brace, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Immancabile peperoncino. Altra colonna portante della cucina thai.
peperoncino, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Razze, ancora letali.
razze, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Sono diverse le varietà di gamberetti. Si notano per le diverse sfumature di arancione.
varietà di gamberetti, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Il famosissimo “granchio blu, o reale”, qui acquistabile ad un prezzo a dir poco irrisorio.
granchio blu reale, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Mercanti all’opera: assistiamo al taglio della razza, ormai non più letale.
taglio della razza, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Ancora, verdure locali rigorosamente porzionate.
verdure locali, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
E ancora pesce locale.
pesce locale, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Coloratissimi dolciumi thai.
dolciumi thai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Il nostro viaggio prosegue alla volta di Damnoen Saduak.
Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Ad una ventina di chilometri a nord di Samut Songkhram, c’è lo splendido Floating Market, un vero e proprio mercato galleggiante in cui sfilano, tra gli stretti canali, le “sampan”, le barche dei mercanti locali – donne in maggioranza – dagli inconfondibili cappelli a paralume.
A differenza degli emuli mercati fluviali limitrofi alla capitale, appositamente creati a scopi turistici, questo è un mercato autentico. Molti anni fa, frutta, verdura, carne e pesce giungevano nella zona urbana attraverso i canali. Le lunghe distanze da percorrere costringevano i mercanti a partire con il carico dalle proprie abitazioni in campagna già alle prime luci dell’alba, di modo tale da raggiungere in prima mattinata i centri abitati e vendere la merce prima di altri ai clienti.
floating market, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Una elegante mercantessa con la sua postazione mobile di pad thai.
floating market, pad thai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Ingredienti pronti per essere assemblati e spadellati.
prodotti pad thai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Sampan che si sfiorano nelle trafficate arterie fluviali.
sampan, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Barchetta “river-food” con totani, granchi e carapaci pronti per essere cotti nel piccolo braciere.
river food, braciere, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Una tenera vecchietta alle prese con la preparazione delle banane fritte.
banane fritte, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Le banane vengono immerse in questa pastella fatta con acqua, uova, sale, miele e farina di cocco.
pastella, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Ecco il risultato dopo la frittura. Vengono fatte scolare e diventano croccanti.
banane croccanti, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Se ne possono acquistare una dozzina con una manciata di centesimi.
banane fritte, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Close-up.
banane fritte, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Ma non facciamo neanche in tempo a gustarle che la nostra guida ci consiglia caldamente un’altra sampan dove trovare un altro tipo di banane fritte. Queste sono intere e davvero speciali.
banane fritte, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Molto più cariche di sapore rispetto alle precedenti, grazie ad un’ottima crema all’interno.
banane fritte con crema ,Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Avendo scrutato una certa nostra soddisfazione, la guida ci fa assaggiare un’altra specialità del luogo.
gelato al cocco, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Ecco l’uomo del cocco che prepara meticolosamente il suo gelato, totalmente vegetale.
gelato al cocco, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
E’ un gelato buonissimo, né troppo duro né eccessivamente cremoso, fatto con latte di cocco e servito dentro la noce dello stesso frutto.
gelato al cocco, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Prima di proseguire l’escursione verso una delle zone più antiche della Thailandia, facciamo tappa al Rose Garden. Ed è in questo affascinante resort di 70 acri che sorge lungo le rive del fiume Tachin che ci prendiamo una piccola concessione “fuori tema”. Qui niente street food ma un po’ di relax ad una tavola tradizionale.
rose garden, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Assaggiamo, ovviamente, il pad thai con l’intento di comprenderne le differenze rispetto alla versione da strada. Ci accorgeremo, in verità, che la differenza è impercettibile. La materia prima delle bancarelle è buona quanto quella di gran parte dei ristoranti.
pad thai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Il nostro viaggio si conclude nel sito archeologico di Ayutthaya.
Ayutthaya, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
È un luogo le cui rovine sono la testimonianza di un impero che ebbe un dominio assoluto per ben 400 anni sul sud est asiatico, per poi arrendersi nella metà del 1700 all’assedio e conseguente massacro del popolo birmano.
Soltanto in questo luogo è possibile trovare uno snack dolce davvero particolare: il “roti sai mai”, una prelibatezza reperibile in un piccolo chioschetto, in mezzo alla strada.
roti sai mai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
È un dolce con influenze islamiche che venne introdotto dai portoghesi quando arrivarono da queste parti introducendo le uova.
Si tratta di un pancake di uova e riso da riempire con uno zucchero filato dalla singolare consistenza, simile alla capigliatura di una bambola. Il costo? Circa 30 bath per un pacco di pancakes (ancora caldi).
dolce, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
roti sai mai, Thai Street Food, Thailandia, Bangkok
Arrivederci Thailandia. Arrivederci Bangkok.
Thai Street Food, Thailandia, Bangkok

La cucina thai è una continua scoperta.
Già lo street food di questi luoghi ha un fascino incredibile: difficile distogliere l’attenzione dall’operato dei mille cucinieri ambulanti che ogni giorno, in ogni angolo di Bangkok, tramandano la secolare tradizione gastronomica locale nella quotidianità cittadina dei giorni nostri.
Mangiare, poi, in un ristorante thailandese da queste parti ha comunque il suo fascino e, soprattutto, contribuisce a cambiare la percezione che si ha, in occidente, di questo cibo e dell’intera cultura gastronomica locale, profonda e vasta come poche altre.
E’ davvero difficile trovare alle nostre latitudini un ristorante etnico di cucina thai capace di reggere il confronto e competere con gli standard qualitativi dei migliori ristoranti tradizionali di Bangkok.
A partire, in primis, dalla qualità della materia prima –difficilmente reperibile oltre i confini asiatici– che, anche quando si tratta di primizie, ha un prezzo irrisorio rispetto a quanto siamo abituati a pagare in Italia o in Europa.
Ian Kittichai, al secolo Pongtawat Chalermkittichai, è un celebre chef/ristoratore thailandese di fama internazionale, una star televisiva che partecipa a famosi format dedicati al cibo dal 2001.
E’ il proprietario di una costellazione di ristoranti dislocati tra Bangkok, Mumbai, New York e Barcellona e nel 2011 ha aperto il suo quartier generale proprio a Bangkok, pensando ad elaborare un menù incentrato sulle reminiscenze della propria giovinezza, con una personale reinterpretazione dei più famosi piatti della cultura gastronomica locale.
Il ristorante Issaya, che in thailandese antico significa “stagione della pioggia”, è ubicato nel Siamese Club, un tempo circolo ricreativo di una scuola, fascinosa ed amena villa coloniale dallo stile indo-portoghese risalente agli anni venti. Una location nascosta, come per quasi tutti i ristoranti ospitati fuori dai grandi alberghi di Bangkok, in un giardino tropicale tra la sopraelevata e le baraccopoli cittadine, in verità, in pieno centro città.
Kittichai ha una bellissima storia da raccontare e lo fa direttamente con i suoi piatti.
Prima della consacrazione nell’empireo dei ristoranti “di lusso” della capitale e dell’acclamato ingresso nella lista degli Asia’s 50 Best Restaurants 2014 (sezione asiatica della più famosa lista mondiale della San Pellegrino), ha superato una dura gavetta, partendo dall’affascinante cultura del cibo da strada che ha apprezzato nella sua interezza anche dopo il diploma presso la culinary school sotto l’insegnamento della madre. Successivamente, i trascorsi in Australia e nelle cucine del Four Seasons a Bangkok come executive chef gli hanno permesso di fare un importante salto di qualità e distinguersi da numerosi cuochi connazionali.
Tanta qualità che emerge integralmente dai piatti assaggiati, in cui il tocco tecnico (occidentale) e creativo, frutto delle citate esperienze internazionali, è finalizzato a perfezionare ed ingentilire le ricette della tradizione locale. Spazio, pertanto, a lente cotture, spadellate rapide e tutto ciò cui siamo abituati e che è diametralmente opposto alle abitudini dei thailandesi i quali, normalmente, per necessità di sterilizzare il cibo per strada, cucinano a temperature elevatissime e prolungate alcuni ingredienti sfibrandone la consistenza.
Il risultato è un ricordo limpido di una esperienza originale tra sapori e profumi autentici che fanno venir voglia di tornare.
Il tutto con il surplus di un ambiente molto rilassante impreziosito da un servizio efficientissimo e di estrema gentilezza.

Nonostante la lista del beverage presenti una accurata selezione di bollicine, vini bianchi e rossi da tutto il Mondo (Italia inclusa), i ricarichi non sono certo d’aiuto. E’ quasi d’obbligo, pertanto, accontentarsi di cocktail a base di frutta fresca, molto molto buoni, che si riveleranno i futuri compagni di viaggio anche in altre tavole.
Partenza soft ma, considerata l’elevata umidità della serata, rinfrescante: succo ghiacciato di anguria e limone.
beverage, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Passando poi all’ottimo “Issaya Mocktail” a base di tè freddo ai fiori di sambuco, essenza di cetriolo e granatina.
cocktail, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Vista la frequentazione internazionale, l’impostazione del ristorante è occidentale. C’è la possibilità di scegliere due menu degustazione al conveniente prezzo di 1500 e 1800 bath (circa 35 e 42 euro) al quale vanno aggiunti, come in tutte le tavole della Thailandia, il 10% per il servizio e il 7% di IVA.
La prima nostra scelta ricade su uno dei cavalli di battaglia del locale: “Yum Hua Plee”, ovvero insalata di fiori di banana e cuore di palma con cipollotti croccanti e arachidi saltati con marmellata di chili. Piatto profumatissimo, fresco, con differenti consistenze e tonalità agrodolci.
Yum Haua Plee, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Complessivamente elegante la “Dtomklong Talay”, una zuppa al lemongrass aromatizzata al tamarindo con pescato del giorno, scalogno grigliato e peperoncini fritti.
Dtomklong Talay, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
I “Goong Pad Char” sono degli ottimi tiger prawns (mazzancolle) in salsa leggermente piccante al basilico sacro (profumatissimo basilico locale) che ha, tra gli altri, un retrogusto di liquirizia che si sposa alla grande con la freschissima materia prima ittica.
gong pad Char, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Curato anche sotto l’aspetto scenico il “Kradook Moo Aob Sauce”. Goduriose costine di maialino glassate con una salsa al chili fatta in casa, che si materializzano fumanti su una piccola griglia. Piacevole il grado di piccantezza. La carne è davvero succulenta.
Kradook Moo, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Come il “Mussamun Gae”: stinco di agnello disossato al Mussamun curry con cetrioli. La riuscita dei piatti di carne è superiore al resto.
mussamun gae, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Sticky rice di accompagnamento.
sticky rice, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Si rivelerà banale soltanto nella presentazione la “Kanom dokmali”,
pregevolissima panna cotta ai fiori di gelsomino, il cui profumo resta persistente dalla prima all’ultima cucchiaiata. Viene accompagnato da un gelato al gelsomino e frutta di stagione.
panna cotta, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Uno dei tavoli.
tavolo, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Rilassanti salette.
salette, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Scongiurando monsoni..
Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok
Il colorato bancone del bar.
bancone, Issaya Siamese Club, Chef Ian Kittichai, Bangkok

La cucina thai è tutto fuorché semplice. Prevede un complesso gioco di ingredienti volti a creare una sorta di armonia gustativa. È tutto, fuorché piaciona. Un’egemonia di risvolti estremamente piccanti che infiammano il palato, pronunciate note acide, sapori fondamentalmente mascolini.
È una cucina che, con il predominante uso di erbe aromatiche, ortaggi e graminacee, si rivela piena di risorse ed è capace di riservare grandi sorprese. Così una cucchiaiata di tom yan può diventare sensuale e un assaggio di tom kha elegante.
I thailandesi vivono di cibo, ma non cercano la semplicità.
Il paradosso è che David Thompson, anima del Nahm nonché uno dei massimi conoscitori di questa cultura, è australiano di origine e thailandese solo di adozione; ciononostante, persegue come pochi lo stesso obiettivo dei thailandesi, praticando la medesima filosofia.
Thompson è il primo chef ad aver innalzato la cucina thai a ranghi più elevati, facendola conoscere al pubblico occidentale; prima di aprire a Bangkok, il suo Nahm, a Londra, è stato il primo e l’ultimo ristorante stellato di thai food, una cucina che in Europa non era mai stata interpretata a certi livelli. E, probabilmente, è stato anche un bene che, a causa della difficoltosa reperibilità di un certo tipo di materia prima e per gli elevati costi della stessa, si sia prospettata la necessità di trasferire l’intera brigata a Bangkok, lontano dalle mode gastronomiche londinesi, evitando così qualsiasi tentativo di snaturamento.
La mission del Nahm è quella di inseguire e replicare pedissequamente la tradizione. In che modo? Mediante la reintroduzione di ingredienti locali ormai in disuso, il reperimento della massima qualità degli stessi e l’elaborazione di ricette di una volta, senza colpi di scena, con grandi risultati. Secondo Thompson il pasto tradizionale thailandese deve rappresentare un esercizio di equilibri in cui interagiscono, con un certo dinamismo, sensazioni alternanti di piccantezza, asprezza, acidità, dolcezza e sapidità. Tutto quello che abbiamo assaggiato a questa tavola, a cominciare dai canapé, il curry, le zuppe, insalate, le fritture ed anche i dolci, è stato contraddistinto da un evidente equilibrio finale.
Questa è una cucina materica, effervescente, coraggiosa, spesso spiazzante per i suoi risvolti eccessivamente piccanti (tra l’altro l’aspetto più apprezzato in patria), li dove l’eleganza rischia di lasciare il posto al gusto personale.
E’ comunque una cucina che ci ha convinto per la sua schiettezza.
E non c’è da meravigliarsi della grande affluenza di pubblico da tutto il mondo (principalmente occidentale, ma soltanto perché l’offerta, economicamente, è leggermente fuori dalla portata del ceto medio cittadino) e dell’entusiasmo della critica, è evidente che non siamo davanti ad un esempio di moda passeggera.
Il costo dell’esperienza, inoltre, è davvero favorevole, anche se si considera il solerte servizio e la location che fa da cornice al cibo: una sala ben divisa, elegante e minimalista – quella sì, di impronta occidentale – al primo piano del sobrio Metropolitan Hotel, uno dei tanti alberghi di lusso nel cuore di Sathorn.
C’è un convenientissimo set menu per l’intero tavolo che offre la possibilità di assaggiare tutti i canapé e un piatto per ogni sezione del menu, suddiviso in zuppe, insalate, contorni, curry, carne o pesce e dessert. Il tutto a 2000 bath (circa 47 euro).

Decisamente meno conveniente la scelta di accompagnare il pasto con vino o champagne, attingendo da una lista che subisce, per forza di cose, un ricarico eccessivo. In compenso c’è una grande scelta di cocktail e miscelati, abbordabili ed entusiasmanti.
Cocktail, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Buonissimo drink.
Drink, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Le portate presentano un quantitativo variabile a seconda del numero di commensali e, come da tradizione thailandese, arriveranno tutte insieme, in tre momenti diversi (antipasti, piatti principali e dessert) per poi essere condivise da tutto il tavolo.
Fantastici canapé: ananas con maiale marinato nello zucchero di palma e tamarindo. Un assaggio da leccarsi le dita.
Ananas e maiale marinato, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Pesce persico essiccato (tipico della zona orientale) con zenzero, chili e green mango in foglia di betel, un arbusto locale. E’ questo il piatto che rappresenta maggiormente il concetto di equilibrio di cui parliamo. La forte spinta sapida iniziale del pesce viene sovrastata dalla piccantezza del chili che diventa pian piano piacevole con l’acidità dello zenzero, poi il risvolto delicato del mango prima e la pulizia finale della foglia di betel a rinfrescare il palato.
Persico essiccato, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Intenso anche quest’altro boccone: granchio, arachidi, aglio fermentato su cialda di riso.
Granchio e arachidi, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Così come il wafer con gamberi, cocco e zenzero candito. La cucina thai ha subito diverse influenze dai limitrofi territori dell’Asia. Questo è uno snack importato dal Vietnam, col wafer cucinato in un mini wok. La consistenza dello stesso è sottilissima.
Wafer, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
La giostra degli antipastini termina con le cozze grigliate e cetrioli, piatto che potremmo descrivere nel complesso con l’ossimoro “rustico-elegante”.
Cozze grigliate, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Immancabile sticky rice. Da notare la mise en place nei ristoranti locali.
Il cibo thai, tradizionalmente, veniva mangiato con le bacchette. Forchetta e cucchiaio vennero introdotte solo verso la fine dell’ottocento dal re Chulalongkorn, di ritorno da un tour in Europa. Oltre al cucchiaio di ceramica per le zuppe, non ritroverete altre posate.
Sticky rice, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
La profumatissima ed elegante insalata di ricciola al sale, peperoncini, lime e menta dalla quale emergono tutte le aromaticità degli ingredienti. Materia prima da urlo.
Insalata di ricciola, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Zuppa d’anatra arrosto con basilico thai e cocco verde. Ancora un sapore forte e grasso che viene ripulito dai vegetali.
Zuppa d'antra, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Altra zuppa, versione marina: granchio, funghi, curcuma e uova, completamente diversa dalla precedente preparazione.
Zuppa di granchio e funghi, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
La portata principale: manzo (tipologia wagyu) saltato con cipolla bruciata, salsa all’ostrica e basilico thai.
Wagyu saltato con cipolla, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Il signature dish di Thompson, davvero troppo piccante ma dal gusto intenso: faraona al curry con shampoo ginger (tipologia di zenzero ancora più profumato) e basilico sacro. Eccellente il volatile.
Faraona al curry, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Il piatto più complesso che ci ha entusiasmato di meno è stato lo sgombro brasato (un po’ stopposo), uovo di quaglia fritto e verdure,

Sgombro brasato, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
accompagnato dall’incandescente salsa al tamarindo, gamberi tritati, maiale e chili che non abbiamo avuto il piacere di assaporare a fondo vista l’ustione di primo grado al palato provocata da quei piccoli peperoncini verdi.
Gamberi tritati, maiale e chili, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Prima dei dessert un assaggio hardcore che ripulirà e rinfrescherà il più infiammato dei palati: classico boccone thai da noi apprezzatissimo, green mango con un mix di zucchero, chili tritato e sale. Un sorbetto che definire coraggioso è un eufemismo.
Green mango, chili e sale, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Dessert tradizionali come tutto il resto: splendidi i lychees sciroppati e thai cup cakes. Tipiche tortine che vengono mangiate durate l’intera giornata fatte con farina di riso, farina di cocco e Jasmine rice. L’aglio tostato nella zuppetta è formidabile.
Dessert tradizionali, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Ma non è da meno il Guanàbana in crema di cocco con biscotti al sesamo.
Guanàbana, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Originalissimi anche i petit fours..
Piccola pasticceria, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Dettagli.
Dettagli, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Piscina dell’hotel.
Piscina dell'hotel, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Tavoli.
Dettagli, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand
Insegna
Insegna, Metropolitan Hotel, Chef David Thompson, Bangkok, Thailand

Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

“Siamo andati sulla Luna e siamo tornati indietro, nulla esclude che si possa ripartire per Marte”

No, oggi non parlerò di piatti, di contrasti, di temperature, di armonie, almeno non all’inizio. Ma di un interessante dialogo immaginario (ed anche reale) con uno dei più grandi chef che l’Italia può vantare: Davide Scabin. Un dialogo che non ha un inizio ben preciso, che probabilmente è nato in maniera inconsapevole, che è frutto di riflessioni, di costrutti, di pensieri elaborati a distanza. Ma che convergono, o per lo meno tentano di farlo.

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