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Le Calandre

Forse corriamo il rischio di ripeterci, ma diventa una esigenza quando ci si trova di fronte a messaggi di questa potenza comunicativa: andare in profondità, capire, amare la cucina di Massimiliano Alajmo richiede attenzione, curiosità, forse anche fatica.
Non fraintendeteci: si può tranquillamente venire alle Calandre e godere in completa leggerezza e serenità di una delle migliori tavole d’Italia.
Ma per coglierne davvero l’essenza, afferrarne le sfumature ed elaborare un proprio giudizio, bisogna andare oltre la superficie dei piatti e studiare la natura degli ingredienti.
Un po’ la differenza che passa tra sentire parlare una persona o ascoltarla davvero.

Massimiliano Alajmo si dimostra nuovamente in grandissimo fervore creativo: sembra incredibile che quest’uomo sia da quasi 20 anni sulla breccia dell’onda. La freschezza, la verve, l’energia ci parlano di un giovanotto che ha ancora tantissime cose da dire, di una creatività che è ancora ben lungi dall’aver scollinato nella sua parabola evolutiva.
Le novità tecniche si susseguono anno dopo anno: il lavoro sulla leggerezza, arrivato a gestire ogni salsa senza l’utilizzo di grassi animali o lattosio pur mantenendone le caratteristiche organolettiche, è qualcosa di unico, un patrimonio che da solo potrebbe consentire ad Alajmo di sedere tra i più grandi cuochi della storia.
Ma c’è anche molto altro: lo studio sull’ingrediente, la ricerca maniacale volta a far esprimere la materia alla sua massima potenzialità.
Cotture a pressione, lunghe lavorazioni, estrazioni aromatiche: questa cucina è una scuola vera e non è un caso che abbia sfornato e continui a sfornare grandi talenti.
Senza dimenticare il fatto che alla Calandre il menù creativo viene completamente cambiato ogni stagione (ovvero quattro volte l’anno!), caso non così frequente tra i grandi ristoranti del nostro Paese.

Il menù “Max – Autunno 2015” è un inno a questa stagione: godete del suono armonico che riesce a regalare ogni composizione, ma non privatevi del piacere di cogliere qualche dettaglio, qualche suono diverso, qualche timbro insolito che rendono un pasto alle Calandre così complesso e così emozionante.

Appetizer:
Pane carasau con crema alla bottarga.
Rapa ripiena di crema di mandorle, petali di dalia.
Gondola di mais, baccalà, schia, polpo.
Appetizer, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Cavolfiori all’olio con polvere di semi di lino e crema di arancia e curcuma.
Il cavolfiore viene prima bollito e poi passato in padella, la salsa è di arancia (la sensazione cremosa è data dall’utilizzo di frutta secca, nessun grasso aggiunto), semi di lino, olio di curcuma (con curcuma fresca).
Un inizio spettacolare.
Cavolfiori all'olio, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Nudo e crudo.
Pesca, ombrina, riso soffiato.
Spaghetto freddo, gambero, salsa di pistacchio e profumo mandarino: lo spaghetto freddo con pistacchio non è certo una novità, ma l’essenza di mandarino stravolge ogni cosa; il mandarino si lega al grasso del pistacchio, dando alla preparazione complessità e lunghezza. Standing ovation.
Astice, crema di mandorla, gelatina di acqua di pomodoro.
Battuta di Fassona, crostacei, salsa al curry.
Nudo e crudo, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Ravioli di acqua di mare con latte di dotto e passata di ceci neri.
Il latte di dotto è solo un gioco di parole perché in realtà non c’è traccia di lattosio in questo piatto: quella che rimane è la sensazione lattica, ottenuta lavorando a lungo il dotto.
I ravioli ripieni di acqua di mare sono una esplosione di gusto, salsa ai ricci, brodo di dotto latte e purè di ceci neri completano un assoluto capolavoro.
Ravioli di acqua di mare, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Risotto di funghi, tartufo bianco, scampi e crema di pinoli.
Uno dei piatti dell’anno.
Gioco di sensazioni termiche, tattili e gustative: liscio, ruvido, morbido, croccante, dolce, terroso, salato. Il tutto senza perdere l’obiettivo iniziale: fare da spalla al tartufo bianco.
Piatto da 20/20.
risotto, funghi, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Pasta al forno.
Ricotta, pomodoro, pesto, pasta ripiena di carne: l’Italia al potere.
Pasta di sola farina di grano duro e acqua: un procedimento molto lungo di lavorazione crea una cavità e porta la superficie ad essere estremamente croccante.
Un piatto eccellente che si discosta moltissimo dal registro del menù, una parentesi di rassicurazione e conforto per spezzare il ritmo.
Pasta al forno, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Brodo oro.
Un brodo concentratissimo di guancette, con zafferano, liquirizia e incenso.
Quasi masticabile, concentratissimo e complesso.
brodo oro, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
brodo oro, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Uovo al tonno e tartufo bianco.
Sorbetto di tonno (senza latticini), uovo sodo e bottarga.
Come migliorare un cicchetto senza tempo.
uova al tonno, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Astice tostato con puré filato di patate e zuppetta di scorfano.
Classicità in movimento.
Astice tostato, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Piccione con more selvatiche, incenso e pâté di fegatini.
Il piccione, in casa Alajmo, non si sbaglia mai. Meraviglioso.
Piccione, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Piattino a latere per scarpetta (d’obbligo).
Piattino per scarpetta, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Sorbetto cocalandre.
sorbetto, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Tartufo sgelato.
Gelato di tartufo, cioccolato bianco, riduzione di caffè, mela in tre consistenze, pan biscotto e uvetta al Pedro Ximénez.
tartufo, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Madame è sempre Madame…
vino, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
sala, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano

Grande cucina classica italiana, arricchita dalla conoscenza delle tecniche di scuola francese; in bilico tra tradizione e modernità con in più un occhio al territorio, quello un po’ piemontese e un po’ ligure della provincia di Alessandria.
Questo è oggi l’identikit de la Fermata a Spinetta Marengo, poco fuori Alessandria.
Qui, nella suggestiva cornice della Cascina Bolla, trasformata in un elegante resort, dal 2006 si è trasferito il talentuoso Riccardo Aiachini, dopo aver lasciato il ristorante di proprietà nel centro di Alessandria.
Cuoco di talento e uomo umile e schivo, Aiachini si formò giovanissimo alla grande scuola del San Domenico di Imola. Furono anni fondamentali quelli, dove, sotto la guida di Valerio Marcattili, il giovane Riccardo imparò il rigore e la tecnica necessari per fare cucina d’eccellenza.
Da allora sono passati un po’ di anni, nei quali Aiachini ha scritto la sua storia sempre lontano dai riflettori. Una storia fatta di grande passione e duro lavoro. Cucina vera la sua, assolutamente impermeabile alle mode culinarie di volta in volta imperanti.
Cucina alta ma di sostanza. Esemplare per comprendere le capacità dello chef un piatto tutt’altro che facile come i Tagliolini con fegati e cuore di faraona che ci hanno sorpreso per eleganza e intensità di gusto. Altra grande interpretazione del quinto quarto le animelle di agnello che purtroppo non riusciamo a mostrarvi in foto ma che vi assicuriamo essere divine…
E poi il richiamo al territorio con la piemontesità quasi ostentata della gran parte dei prodotti, ad iniziare da quella cipolla di Castellazzo che Aiachini classicamente presenta cotta nel sale e ripiena di olio e parmigiano, ai funghi, ai tartufi, fino alle splendido girello di fassone al sale.
Da segnalare, inoltre, che i menu degustazione non sono mai vincolanti per l’intero tavolo e che in sala il servizio, tutto al femminile, orchestrato dalla brava Tiziana, è efficiente e garbato.
La carta dei vini, ampia e ben costruita, non presenta ricarichi eccessivi e consente a tutte le tasche di bere bene.
Insomma, si sarà capito, vi consigliamo di fare una capatina alle porte di Alessandria: la cucina di Riccardo Aiachini, ora nel pieno della maturità, non vi deluderà.
Ad Majora.

Girello di fassone al sale, salsa rossa piccante, carciofi liguri sott’olio.
Girello di fassone, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Bacio di dama con acciughe, capperi e patè di fegati di coniglio.
bacio di dama cona acciughe, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Terrina di vitello, fichi freschi, tartufo nero.
terrina di vitello e fichi freschi, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Impeccabile Tonno di coniglio con giardiniera di verdure, ottimo l’apporto in termini di componente grassa dato dalla crema di Robioletta di Roccaverano.
tonno di coniglio, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Zuppetta di ovuli e tartufo nero. Lo scorzone, utilizzato a mo’ di tartufo bianco, non entusasma.
zuppa di ovoli, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Cipolla di Castellazzo cotta al sale e ripiena.
cipolla, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Il colpo del fuoriclasse: Tagliolini con fegati e cuore di faraona su passata di cipolla di Breme.
tagliolini ai funghi, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Scorrono via senza lasciare ricordi le Lattughine ripiene di carne e borragine in brodo di coniglio e maggiorana.
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Agnolotti alessandrini ripieni di fassone stufato.
agnolotti alessandrini, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Ricciola scottata, purè di cavolfiore, pomodori confit ed olive taggiasche per ricordare che il mare della Liguria non è poi così lontano.
Ricciola, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Piccola panna bruciata e spuma di limoni d’Amalfi.
piccola, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria
Composta di ciliegie di Garbagna con gelato di ricotta di pecora.
Composte di ciliegie, La Fermata, Chef Riccardo Aiachini, Alessandria

Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno

Onore a chi, come Vitantonio Lombardo, dopo lungo peregrinare alla corte di chef importanti, è tornato nella sua terra d’origine, per renderle onore e darle lustro.
Ci vuole coraggio per fare impresa al Sud, ci vuole ancor più coraggio per farla a Caggiano, 800 metri sul livello del mare, lontana dalle direttrici turistiche, quasi 3.000 anime che mai si sono sedute a questi tavoli.
Ospitato in un antico palazzo, il ristorante è curato e, all’occorrenza, offre ristoro alle stanche membra con alcune camere al piano superiore.
Il servizio è cordiale e professionale, la carta dei vini punta, ovviamente, sulle eccellenze regionali e della vicina Basilicata.
La cucina di Lombardo è intrisa di queste terre, della loro cultura contadina, crocevia tra il mare e i monti.
I suoi piatti non sono gridati, vengono serviti quasi sommessamente, ma esprimono concretezza, vicinanza ai sapori forti.
C’è sempre un elemento che emerge, quasi a segnare l’incedere della degustazione, a dettarne i tempi, come le chips di salame nel risotto.
È una mano riconoscibile, che non si lancia in voli pindarici, ma affonda le radici in prodotti del territorio come l’agnello dei pascoli lucani o il vitello dei Monti Alburni, la trota del Tanagro o i fagioli di Sarconi, valorizzandoli.
Contrasti non spiazzanti, spesso confinati alle sole consistenze, rassicurano i palati meno allenati.
Alcune portate non incidono come altre, in particolare le lagane in due consistenze, con ceci neri e bianchi, in cui la frittura di parte della pasta non regala la croccantezza sperata ed appesantisce ulteriormente la sensazione palatale.
Decisamente di categoria superiore è la “pizza in black”, di cui lo chef dovrebbe andare fiero. Golosità e tecnica si fondono in un mirabile equilibrio. Un viaggio, alternativo, intorno al tartufo nero dove tutto è intriso del profumato tubero: pasta di pizza con carbone vegetale, densa salsa al porto, ricotta.
I dolci, che svelano discrete capacità creative, concludono degnamente un percorso interessante proposto a prezzi corretti con menu guidati, di libera formazione, da 35 a 55 euro.

Pralina di ricotta, salsa di zucca, sale alla vaniglia.
pralina di ricotta e crema di zucca, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Pizza in black: impasto al carbone vegetale, ricotta al tartufo, salsa al porto e tartufo, tartufo e caviale di tartufo. Preparazione degna di tavole importanti.
pizza in black, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Lagane e ceci bianchi e neri in due consistenze, pancetta croccante. Non perfettamente riuscito, sebbene il richiamo alla tradizione (la frittura dei ritagli della pasta fatta in casa) sia evidente.
lagane e ceci bianchi e neri, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Riso vialone nano, con cime di rapa, aria di mandarino e chips di salame. Ben mantecato, con la leggera acidità del mandarino in contrasto con la sapidità del salame.
riso con cime di rapa, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Filetto di maiale cotto al rosa, spinaci saltati al burro, emulsione di caciocavallo podolico, polvere di liquirizia. A dispetto degli ingredienti la preparazione risulta delicata, attenuata nelle sue sfumature, ma non lascia evidenti tracce.
filetto di maiale, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Formaggi: latte vaccino, pecorino di Savoia, caciocavallo con caglio di capretto, mostarda di peperone, infusione al miele, mostarda di zucca.
formaggi, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Pizza di ricotta: pasta frolla, spuma di ricotta al rhum, gelato di amarene.
pizza di ricotta, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Semifreddo alla liquirizia, passata di mele annurche, croccante di nocciole di Giffoni. Un grande classico della Locanda, ben eseguito.
semifreddo alla liquirizia, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Come un tiramisù. Un interessante rivisitazione del celebre dolce con i savoiardi, mascarpone e caffè.
come un tiramisù, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Cioccolata e arance. Divagazione sul tema con l’onnipresente tortino dal cuore caldo e un gelato di arance.
cioccolata e arance, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Monte crusko. Semifreddo ai peperoni di Senise con variazione di cioccolato. Un dessert coraggioso, ben fatto, con particolare retrogusto di nota vegetale.
monte crusko, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Piccola pasticceria e frutta disidratata.
piccola pasticceria e frutta disidrata, Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno
Un vicolo di Caggiano.
Locanda Severino, Chef Lombardo, Caggiano, Salerno

La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo

Sicuramente non lascia indifferenti il rigore di quella facciata alta, ritta, squadrata, smaccatamente in stile razionalista. L’Anno Domini 1931 in bella vista, littorio anche nel carattere, è lì pronto a ricordarci in che periodo – e soprattutto per volere di chi – questa struttura fu costruita, sulla sommità della più alta collina di Treiso, piccolo comune a qualche minuto da Alba ma visibile fino da Monforte, a chilometri di distanza.
Edificio nato in realtà come un asilo, nei primissimi anni sessanta è stato “riconvertito” a ristorante e ora, precisamente dal 1997, ospita uno tra i ristoranti più interessanti, anche se forse tra i meno “chiacchierati”, di Langa: La Ciau del Tornavento.

Una volta giunti di fronte all’imponente ingresso, i pensieri relativi a quanta storia hanno vissuto queste pareti senz’altro svaniranno non appena varcate le pesanti porte, che vi condurranno a un’ampia, alta e luminosissima sala. Vi accorgerete che, quasi a voler contrastare la militaresca facciata, per gran parte in virili mattoni e metallo, la parete sul lato opposto è completamente vetrata, affacciata interamente sulla balconata, a sua volta a picco sulle colline del Barbaresco.
E’ qui che va in scena la cucina di Maurilio Garola, che continuerà nell’opera di benessere, cullandovi tra classici piemontesi misti a qualche incursione oltralpe e a una buona dose di componenti marittime, il tutto ben miscelato e calibrato, con la costante della massima qualità dei prodotti e soprattutto di una particolare attenzione all’home made. Complici anche gli spazi, che senza dubbio permettono organizzazione e gestione degli stessi più serene, si cerca di produrre quanto possibile in autonomia: non un’enorme brigata ma grandi cucine, ben disposte e divise, permettono di ricavare comode aree non solo per la preparazione – ovviamente – di tutte le portate, ma anche di pane, grissini, focacce, pasticceria, sorbetti e della pasta, sia essa lunga, corta o ripiena, preparata giornalmente.
Non ultimo l’ampio giardino degli aromi (un must di questi tempi), dove vengono coltivate dallo staff tutte quante le erbe necessarie al fabbisogno della cucina.
Grandi spazi, chiaramente, non solo “dietro le quinte”, ma anche soprattutto dedicati alla clientela: a pieno regime in sala si arrivano a registrare oltre cento coperti, un numero indubbiamente ambizioso, con il risultato che la linea di cucina, raccontata da una carta molto ampia, dona l’impressione di essere rivolta più a una prudenziale “marcia senza danni” che non a una vera e propria ricerca di emozione, caratterizzata sì dall’assenza di particolari acuti ma indubbiamente assestata su un’ottima media.
Una Signora cucina di conforto potremmo definirla, attenta a far star bene prima che a stupire, caratterizzata soprattutto da finezza e leggerezza, anche nelle preparazioni più tradizionali.

Concedeteci per questa volta due parole in più del solito sulla maestosa, anzi, mastodontica cantina, anch’essa poco nominata ma tra le prime a livello nazionale, costruita negli anni da quella che è una vera passione prima che un’attività commerciale: oltre 60.000 bottiglie, conservate in diversi spazi debitamente climatizzati ed umidificati (anche se potrà sembrare normale, non sempre è così scontato) si palesano al tavolo attraverso due imponenti carte, una rivolta ai bianchi ed un’altra ai rossi. Piemonte realmente imbarazzante per varietà e profondità, ma anche tanto, tantissimo su resto d’Italia e Francia, con alcune chicche da appassionato che convivono accanto ad una vera e propria artiglieria attaccabile solo a colpi di Visa Infinite. Prezzi anch’essi, di conseguenza, per tutti i gusti, dal particolarmente conveniente all’assolutamente inavvicinabile.

L’ampia (e colma) sala
sala, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Dopo una lunga consultazione…
dom perigoni, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Le pergole torte, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
moccagatta, barbaresco, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
L’ottimo pane…
pane, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…e l’altrettanto ottima focaccia alle cipolle
focaccia di cipolle, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso, Cuneo
Il benvenuto
benvenuto, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
La prima portata “ufficiale”: Baccalà, verdure autunnali, gocce di bagna cauda. Piatto piacevole e interessante, dove svetta la qualità dei singoli tasselli con i quali è costruito.
primo piatto, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Un assaggio di un classico di Garola: Gambero di Sanremo impanato nella tonda gentile e grissini.
gambero di sanremo impanato, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Calamari gratinati, crema di piselli, scorza di limone caramellato. Due piatti più o meno maltrattati ovunque, i calamari gratinati (con tanto di piselli) e i ciuffi degli stessi fritti (con tanto di limone), riuniti in un piatto invece interessante, di indubbi gusto e finezza. Resta il solo dubbio della stagionalità degli ingredienti, tra l’altro sull’unico piatto fuori carta.
calamari gratinati, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Fondente di patate, uova di quaglia poché, schiuma di lait brusc, tartufo nero. Un buon piatto, anche se quasi “masticabile” grazie alle sue densità.
fondente di patate e uova, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Tortelli liquidi di cardi di Nizza Monferrato e acciuga al burro d’alpe (nel nostro caso arricchiti da tartufo bianco). Serviti intelligentemente solo con il cucchiaio, in modo da non rompere il tortello anzi portarlo alla bocca intero, per evitare spargimenti del liquido ripieno. Cardo che attenua lievemente il tartufo, ma gode della sua aromaticità sul finale, guadagnando in persistenza.
tortelli liquidi, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Capretto alle due cotture, arrosto e bistecchina impanata…
capretto alle due cotture, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…con piccoli fritti in accompagnamento.
fritti, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Selezione “a stagionatura crescente” dall’ampio e ricco carrello dei formaggi.
formaggi, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
I sorbetti di frutta fresca.
sorbetti, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
La pasticceria servita come predessert.
pre dessert, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
“Un po’ di dolcezza che la vita è già abbastanza amara…” Gelato di panna cotta, salsa di cioccolato, sorbetto al caffè, sale e pepe. Il dolce con il nome più lungo al mondo si rivela un semplice e piacevole dessert, dalla dolcezza (dichiaratamente) altrettanto da guinness. Piccolo problema soltanto con il sorbetto al caffè, a base acquosa, che in bocca bisticcia con la cremosità del gelato, a base lattica.
dessert, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Cilindro croccante di mousse di marrons glacés, passata di caki, gelato di castagne.
dessert, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Un lato della cantina…
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…l’altro lato…
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…e quando pensavamo di aver visto tutto, scopriremo che il “caveau” in realtà è sul fondo…
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
(parte dell’artiglieria pesante, come tale giustamente nella classica cassa in metallo)
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…per poi ricevere il colpo di grazia con “…ma queste che vedete sono solo circa 35 mila delle bottiglie che abbiamo, le altre sono in una stanza qui affianco, non accessibile…”

All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo

Capita, a volte, che un gourmet si innamori di un ristorante e di un cuoco. E quando ciò avviene può accadere che si ritrovi alla sua tavola con una cadenza tale che la gente normale definirebbe “pura follia”. Due, tre volte a settimana. Per mesi, o addirittura anni.
I delicati meccanismi che muovono e determinano, oltre all’anima, anche l’agire di un gourmet sono veramente misteriosi. Se non fosse così, non si spiegherebbe perché, con manifesta facilità, nella sua agenda ci siano elencati locali che egli considera d’eccellenza assoluta, ma che non frequenta per periodi incredibilmente lunghi.
Cosa accade nella sua mente? Non è certamente pigrizia, questa è una delle molte lacune di cui un vero spirito gourmet, curioso e perennemente errante, non può essere certo sospettato. Più semplicemente è una sorta di tirannia dell’autoconvinzione che lì, in quel luogo, in quella cucina, si sta benissimo. Una sublimazione della sicurezza, che già da sola sembra appagare gli istinti primari.
Confessiamo che, a volte, questa spiegazione non basta più. E quando capita di andare in un ristorante come L’Enoteca di Canale dopo tanto tempo, è giusto fare ammenda.
In Italia, infatti, ci sono luoghi che meritano di essere visitati quasi ogni mese, per la loro capacità di emozionare e soprattutto di rinnovare ogni volta quelle sensazioni.
Nel cuore di questa terra gastronomicamente benedetta che è la Langa&Co., il rischio di annoiarsi o distrarsi non c’è proprio. L’imbarazzo della scelta è il primo ostacolo da superare, poi solo gioia e appagamento.
Promettiamo di tenere in futuro sempre presente che all’Enoteca di Canale c’è un grande cuoco, ma anche un grande uomo, che non ama le luci della ribalta.
Davide Palluda interpreta la sua professione e il suo ruolo più come artigiano che come navigato showman. Il che si traduce in una formula semplicemente perfetta per il gourmet: accontentare e assecondare, non sorprendere e stupire.
Palluda è sempre sereno, giustamente convinto dei suoi mezzi, ma privo di quella pressante necessità di vedersi assegnare di continuo riconoscimenti, coccarde, o stelline.
Forse è questa la ragione della nostra latitanza colpevole? Forse. Ma non ci eravamo affatto scordati che Davide Palluda è uno dei più fulgidi esempi di una mirabile cucina fatta di pulizia, nettezza e linearità. Una cucina “sabauda”, che nacque da quella profonda contaminazione che a fine settecento inondò il Piemonte e vide concentrarsi sui prodotti di questa terra stupefacente le tecniche, le preparazioni e le elaborazioni francesi (o meglio parigine).
C’è quindi un luogo straordinario a Canale, in cui la vera forza dirompente sono mirabili preparazioni che solo apparentemente si palesano ai più come tradizionali.
Nascondono, in realtà, una cura maniacale al dettaglio, una perizia tecnica assoluta, una profondità e una purezza gustativa che sono in grado di farti letteralmente sobbalzare sulla sedia.
Certamente golose, ma anche raffinate, minimali, delimitate dalla perfezione. Mai un ingrediente di troppo, mai un sapore scomposto.
Estro e precisione, che hanno intagliato il nostro percorso gustativo a ogni passaggio, culminando con una straordinaria e moderna finanziera, con una pernice da caccia di didascalica finezza e con un piatto di agnolotti che ci è apparso semplicemente divino.
Oggi, in questo bellissimo castello, sede luminosa dell’Enoteca Regionale del Roero e vetrina privilegiata di quei vini straordinariamente longevi, è possibile assistere a un concerto di emozioni a cui è decisamente impossibile rinunciare se si ama la grande cucina.
Il teatro è Canale, a dirigere c’è Davide Palluda, le repliche della sua cucina-spettacolo ogni giorno tranne la domenica. Non comprate un solo biglietto

L’ingresso
All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il lungo benvenuto…
benvenuto, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
in cui svetta questa concentratissima zucca ricostruita (passata al forno) con seirass
zucca, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
benvenuto, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
benvebuto, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
L’ottima focaccia alle olive…
focaccia di olive, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
ed il primo colpo d’ala, Topinambour, tartufo e cioccolato bianco. La dimostrazione che le note dolci, se ben equilibrate, con senso del gusto e senso della proporzione, non sono affatto un minus
topinambour, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il nostro primo compagno di avventure…
champagne, ruinant, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Un passo falso, merluzzo affumicato, crema di scarola e canditi. Qui il dolce e l’affumicato non danno via d’uscita.
merluzzo affumicato,All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Spalla di vitello marinata al miele, crema d’uovo e acciughe, briciole di focaccia, tartufo. Altro colpo da maestro
spalla di vitello marinata al miele, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il Roero può riservare sorprese su vini longevi? Bien sur
Roero, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Variazione di ovoli reali: crudi, cotti e in blinis. Un tocco di classe le nocciole e la loro essenza
variazione di ovoli reali, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
L’imperiale finanziera, qui in una versione da grande saucier
finanziera, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
finanziera, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
I ravioli di faraona con salsa al Marsala e suo fondo, tartufo. Un piatto da fondoscala.
ravioli di faraona, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Eh sì, confermiano:il roero può dare molte sorprese sui vini longevi
vino, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Costata di Vitello, radicchio e il tocco geniale della salsa di pinoli
costata di vitello, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Rapa e pernice da caccia a tutto tondo
rapa e pernice, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Un sorbetto di uva del Roero
sorbetto di uva al roero, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
ed un dolce al caffè d’orzo
dolce caffè d'orzo, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il commiato della cucina
commiato della cucina, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo