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Farmacia dei Sani

Al sicuro, fuori dai binari della tradizione

In un Salento in continua ascesa ma che resta, dal punto di vista della cucina gourmet, una lontana provincia dell’impero, la Farmacia dei Sani rappresenta da qualche anno un porto sicuro per chi voglia uscire dai binari della cucina tradizionale in senso stretto.

Il ristorante è gestito da tre fratelli. Fabio si occupa degli aspetti manageriali ed è l’anima social dell’azienda; Roberto è impegnato nel servizio in sala mentre Valentina, assai più giovane degli altri due, ha gradualmente assunto il comando della cucina in seguito alla scomparsa della madre Ada, che della Farmacia era l’anima. Se il locale è cresciuto da tutti i punti di vista (salvo, e ci rammarica ricordarlo perché lo abbiamo segnalato spesso, a livello di cantina) è però sotto l’aspetto culinario che abbiamo riscontrato, dalle nostre prime visite, i progressi più evidenti. Valentina Rizzo, che ha iniziato il proprio percorso senza avere una formazione specifica alle spalle, ha infatti sensibilità e intelligenza gastronomica e sta iniziando a mostrarle sul serio.

Vocazione bistronomica e sensibilità

La sua tecnica, anche grazie ai mesi in cui ha affiancato Paolo Lopriore nelle cucine del Portico, si è affinata e i piatti si sono alleggeriti del tratto grossolano che in passato vanificava alcune buone idee. Qualcosa manca ancora, a nostro avviso, sotto il profilo della concentrazione, in particolare nella partita degli antipasti, dove lo spunto viene ancora troppo spesso affidato alla sapidità e non all’esplosività delle preparazioni. L’indivia brasata con lavanda, cozze e alga nori, è un passaggio che racconta bene la direzione, che definiremmo bistronomica, intrapresa dalla cucina. In esso, però, la scarsa intensità gustativa del protagonista vegetale finisce per rendere debole l’insieme. Già alcuni passaggi si sono però sistemati anche sotto questo aspetto: gli spaghetti con colatura di alici, pistacchi e limone, piatto da anni in carta, hanno finalmente trovato la finezza che da tempo auspicavamo. 

Il lettore potrebbe avere l’impressione che le parole d’elogio sopra espresse non trovino conferma nei fatti dal momento che, dopo aver descritto un locale in forte crescita, ci troviamo a confermare la valutazione di due anni fa. Ci teniamo invece a riaffermare come i progressi siano assolutamente rilevanti. In ossequio alla nostra scala di riferimento, però, a costo di essere eccessivamente severi ci riprendiamo il mezzo punto con cuiavevamo incoraggiato la crescita della Farmacia e, in particolare, di Valentina in un momento di maggiore incertezza rispetto ad oggi. Detto questo, chiariamo che la seconda parte del percorso da noi provato è pienamente in linea con una votazione superiore che, con un’ulteriore crescita degli antipasti, resta un obiettivo conseguibile in tempi assai stretti.

Segnaliamo, infine, che il successo col quale il pubblico da anni premia la Farmacia ha permesso alla famiglia Rizzo di rilevare i locali vicini – quelli, per inciso, che ospitavano la farmacia propriamente detta – per aprire la Farmacia dei Contenti, cocktail bar che, oltre a fornire i drink ordinabili dalla carta del ristorante, può rappresentare una gradevole apertura, o conclusione, di serata. 

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Nell’Alto Salento, il bistrot di mare che mancava

Pescheria e cucina. Vista mare. Recita così il claim di Dentromare, novità ittico-gastronomica nel panorama della ristorazione delle marine brindisine, fino a oggi orfane di un indirizzo in cui mangiare del buon pesce con “lu rusciu de lu mare” come sottofondo. Pescheria, asporto e bistrot per un pranzo,  cena o aperitivo, con i crudi di mare, al calar del sole.

Dentromare è un concept multifunzione e “multiemozione”, dove la materia prima di mare, ma non solo, è regina indiscussa. I colori e i profumi del banco del pesce sono il viatico per un’esperienza a tavola che coniuga la bellezza e il mood del moderno bistrot coi sapori e gli odori di un’autentica trattoria di pesce. A guidare la brigata di cucina c’è Michele Panzarini, cuoco “contadino” e al tempo stesso frequentatore di cucine stellate per anni. Già sous chef di Sebastiano Lombardi nelle esperienze al Pellicano di Porto d’Ercole e allo Chalet d’Adrien in Svizzera, Michele è pugliese autentico, che voluto fortemente il ritorno nella terra natìa, desideroso di ritrovare quella cucina pugliese vera, fatta di mare e di terra, di tecnica e di cuore.

Sull’onda della nuova cucina italiana

La catalana in versione pugliese è un combinato composto di colori vivi e gusto: dolcezze e acidità in un piatto icona dove più varietà di pomodori pugliesi esaltano il gambero crudo di Gallipoli. Mare e terra continuano a combinarsi nelle strascinate con crema di zucchine, pomodoro confit, zucchine alla poverella, mazzancolle, ricotta salata e menta, così come nella personale interpretazione dello chef del piatto simbolo di Bari, riso patate e cozze. In questa circostanza lo troviamo in versione risotto, con una patata croccante e cozze quasi crude (o quasi cotte?). I puristi potrebbero storcere il naso, ma più di qualcuno potrebbe anche esclamare “è una cosa mondiale”!

E poi i dolci: Michele Panzarini nasce pasticcere e cura direttamente anche la parte golosa del menu. La ricotta, pere e cioccolato scomposta è decisamente buona, con un apprezzabile equilibrio dolce-amaro arrotondato dal burro della frolla.

L’occasione è ghiotta, la location dir poco suggestiva: che sia al calar del sole o con la luna piena, non trascurate l’idea di un’esperienza gastronomica dentro mare.

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La trattoria di campagna di Floriano Pellegrino

Dopo aver ufficialmente affidato alle cure di Isabella Potì il neostellato Bros, Floriano Pellegrino ha recentemente inaugurato nella natìa Scorrano, una trentina di km a sud del capoluogo leccese, la propria trattoria di campagna. 

Roots è solo la seconda tappa di un ambizioso e ben più articolato progetto pensato sul medio-lungo periodo e orientato alla valorizzazione e alla riscoperta del patrimonio gustativo salentino e, coerentemente con l’ispirazione bucolica, il locale ha così trovato asilo in un bel rustico non troppo distante dal piccolo centro abitato. È questo il teatro di una brigata di cuochi e osti impegnati tanto della preparazione dei piatti che nel servizio al tavolo e l’obiettivo, invero, non ci sembra utopistico: complice il menu unico dove campeggiano tante preparazioni che non richiedono cotture espresse, l’idea di cuocere paste, pane e carni al forno a legna lascia alla cucina un buon margine di manovra, anche nel gestire le delicate tempistiche della sala.

Come abbiamo già accennato, la proposta gastronomica vede un menu unico e si articola, in ossequio alla prassi dell’entroterra salentino, in una lunga sfilata di antipasti di stampo prevalentemente vegetale cui segue il canovaccio del primo-secondo-dolce.  La sequenza di assaggi comprende passaggi notevoli, con gli ottimi fagioli con l’occhio, che spiccano per qualità del prodotto, e gli eterei mostaccioli finali che si distinguono per finezza esecutiva. Tolti i due passaggi citati le altre preparazioni ci sono sembrate gradevoli, centrate e gustose, fatta eccezione dei pomodori e dell’anguria offerta a fine pasto che, pur nel cuore della stagione, si sono rivelati un poco scarichi, sottotono nel sapore, mentre gli spaghettoni al pomodoro con fagiolini ripassati nel forno a legna regalano autentici scampoli di gioia grazie alla crosticina sui bordi del padellino in ghisa. 

…su una tavola che ancora non esprime tutto il suo potenziale

Eppure, in un luogo come questo ci saremmo aspettati almeno una sequenza da ko soprattutto alla luce delle doti culinarie – e manageriali – che da sempre riconosciamo a Floriano Pellegrino e anche considerato il costo, ragionevole anche se sostenuto, dell’esperienza.

Siamo convinti che la perfetta quadra si troverà col tempo. Il locale è, infatti, aperto da circa due mesi: un tempo troppo breve per lanciarsi in previsioni a lungo termine ma comunque sufficiente per fare un primo punto della situazione. A lasciar qualche dubbio c’è, oltre la cucina, anche la gestione del servizio in sala.

Ci sentiamo comunque di premiare il locale con un arrotondamento verso l’alto della nostra valutazione.

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Un vero ristorante di famiglia

Con il suo patrimonio di prodotti della terra e del mare e le influenze culinarie stratificatesi nel corso dei secoli, il Salento può contare su un potenziale culinario non comune, e questa non è certo una novità. Il movimento sviluppatosi intorno alla gastronomia è, invece, notizia di questi ultimi anni e può vantare, fra i suoi molti meriti, quello di aver contribuito a superare, almeno in parte, la sterile celebrazione degli ottimi prodotti di un territorio che non ha, da questo punto di vista, nulla da invidiare ad altri più celebrati spicchi di Meridione. Accanto alle – invero sempre poche – novità gourmet, ciò che riscontriamo è un sostanziale ampliamento della base, riconducibile a locali che, non paghi di omaggiare il Salento attraverso l’eterna riproposizione dei piatti tradizionali, hanno iniziato a comprendere come la cultura del territorio sia, per citare Gustav Mahler, la custodia del fuoco e non l’adorazione delle ceneri. Ed è nelle campagne intorno a Vernole, a pochi chilometri da Lecce come dalle marine adriatiche, che troviamo una bella e numerosa famiglia impegnata nel più nobile fra i due compiti. Claudio Tramis, ristoratore di lungo corso e infaticabile selezionatore di prodotti, si è da qualche anno installato nel rustico e affascinante complesso di Masseria Copertini insieme alla madre, cuoca, alle due figlie Martina e Giulia, rispettivamente in pasticceria e in sala e a Matteo Romano, che della giovane Giulia è il cucinante compagno.

Un ricambio generazionale dalle premesse assai incoraggianti

Da un paio di anni seguiamo l’evoluzione di Lilith e abbiamo avvertito, nel corso del tempo, sempre più palpabile l’influenza della generazione più giovane, che sembra oggi aver trovato un primo punto di equilibrio stabile. Se Matteo si è diplomato qualche anno fa presso l’ALMA, Giulia ha conseguito una laurea in Scienze Gastronomiche a Pollenzo, prima di rientrare alla base. La cucina che propongono è fresca, frizzante, ben eseguita e la formazione accademica si percepisce – eccome! – in preparazioni che superano le aspettative della lettura in carta. La Coscia di pollo farcita con capocollo e salvia ne è un eloquente biglietto da visita. Un minimo ma percettibile scarto dalla tradizione e una realizzazione competente convivono in un piatto che non cessa, tuttavia, di aderire perfettamente a un’insegna che recita “cucina tipica”. In carta, le chiocciole fioccano come nespole (cit.), ma la ricerca non si ferma all’apparenza di un simbolo da esibire nel menu, finendo per illuminare angoli insoliti della proposta. Troviamo allora in tavola dall’acqua al vino prodotti locali particolarissimi.

Un futuro tutto da decidere

Nel corso delle nostre visite, abbiamo avuto modo di apprezzare tanto le qualità di base quanto un processo di crescita non limitato alla sola componente culinaria. La valutazione, in tal senso, potrebbe spingersi già ora persino verso il “conto pieno” nella nostra scala di giudizio per le trattorie, ma abbiamo la sensazione che ci siano tempo e ulteriori margini di crescita per poter rivalutare con calma, forse persino con un passaggio nel campionato più competitivo. Per tali ragioni scegliamo, per il momento, la strada della prudenza.

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Il Salento e la dignità propria della sua cucina marinara

Bagnato com’è su tre sponde, il Salento è generalmente visto da lontano come territorio di mare e, in particolare, chi non lo conosce a fondo, ritiene che la dimensione culturale di questo lembo d’Italia sia più legata all’acqua che alla terra. Benché tale visione si riveli, a un’analisi appena più approfondita, assai superficiale e condizionata dal battage a uso e consumo del turismo, nondimeno il ‘tacco’ può effettivamente contare su una tradizione marinara che è ben più ricca rispetto ai soli, truci, racconti di incursioni saracene e testimoniata da tradizioni, architettura e, ovviamente, usi culinari propri. Troviamo così, oltre a ricette marinare rintracciabili lungo tutte le coste italiane, preparazioni come la Scapece gallipolina, una conserva di pesce povero fritto e condito con aceto, zafferano e pane, tradizionalmente servita direttamente da tinozze in castagno dette calette, a raccontarci di una storia ricca di peculiarità.

Un ristorante come punto di arrivo di un piccolo romanzo familiare

Le premesse sovraesposte, unite alle opportunità economiche e imprenditoriali offerte dall’esplosione che il turismo salentino ha avuto negli ultimi quindici anni, porterebbero a pensare che sia relativamente semplice rintracciare una grande tavola marinara lungo le coste leccesi, ma così non è. Quando si tratta di cucina ittica, infatti, a fare la differenza non è solo la qualità del pescato, che nella zona non è un’impresa trovare in tutte le sfumature intermedie fra il buono e l’indimenticabile, ma anche la capacità di non mortificare tale materia prima con preparazioni eccessivamente invadenti. La famiglia Coppola, da generazioni impegnata nella filiera ittica, dapprima nella pesca e, in tempi più recenti, nel commercio, ha da qualche anno ampliato i propri orizzonti imprenditoriali aprendo, a poche decine di metri dai moli di Tricase Porto, la Taverna del Porto. Il  locale sarebbe anche una pizzeria ma, malgrado i nostri informatori neppure troppo segreti ci riportino di una strepitosa Pizza con i ricci, i forni non verranno riaccesi prima del termine della ristrutturazione del piano superiore. Al piano inferiore, invece, rielaborato nello stile di una taverna greca, è già tornata protagonista dopo i lavori invernali la cucina di Giovanni Ingletti.

Una cucina semplice, con molti pregi e ancora qualche ingenuità

L’offerta gastronomica della Taverna è studiata con intelligenza, con un nucleo fisso di una ventina di proposte, declinabili secondo i capricci del mare, e qualche alternativa proposta a voce e legata alle materie di più saltuaria reperibilità. Crostacei e molluschi la fanno da padroni, in carta così come nelle ordinazioni, e l’instancabile lavoro svolto al bancone davanti ai nostri occhi dall’addetto all’accoglienza ne è l’evidenza. Fra i piatti provati, una menzione di merito va alle Linguine Cavalieri con aglio, olio, peperoncino e mare, con gamberi appena toccati dal calore della cui dolcezza e consistenza serberemo a lungo il ricordo.  Di fronte a una tale conoscenza della materia, stona ancor di più il dilettantesco dettaglio degli intestini dei crostacei in bella evidenza nel crudo presentatoci. Il servizio è svolto con piglio e simpatia, mentre la carta dei vini per il momento è un po’ esigua e sulla difensiva, ma abbiamo l’impressione che anche sotto questo profilo ne potremo vedere, nei prossimi anni, delle belle.

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