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Pascucci al porticciolo

Vado a farmi una bella mangiata di pesce a Fiumicino.
Fino a non molti anni fa questo leitmotiv caratterizzava molti romani e non che identificavano la cittadina laziale alle porte di Roma con una delle mecche più gettonate del litorale cui dirigersi per soddisfare un così basico desiderio.
Da alcuni anni è possibile andare oltre tale primario appagamento.
Officia, infatti, da queste parti, Gianfranco Pascucci, uno chef bravissimo e riservato che conosce alla perfezione e ama profondamente ogni ingrediente legato al mare.
Non a sproposito in questo caso si può usare il termine di passione per definire lo spirito che lo anima e che si manifesta chiaro e indiscutibile nelle sue preparazioni.
Laddove, infatti, sarebbe comoda e rassicurante la semplice riproposizione di materia prima declinata in ricette consolidate dal tempo, qui si riesce in modo sistematico e convincente ad associare sempre un elemento, una cottura, finanche una semplice affumicatura a ingredienti primari, ça va sans dire, di eccellente qualità.
In tutti i piatti nulla è banale o scontato essendo il loro concepimento legato sempre a un guizzo estroso, mai fine a se stesso ma volto sempre a sottolineare sapientemente e nobilitare questo o quel protagonista.
Questo modus operandi è esaltato ovviamente dalla scelta del menù degustazione, grazie al quale, specialmente in quello a mano libera, è possibile avere una panoramica completa e soddisfacente delle potenzialità della cucina.
Ma anche scegliendo random dalla carta sarà possibile “pescare” dimostrazioni esaurienti delle abilità dello chef.
I gobbetti alla verza accompagnati da squisito intingolo vivacizzato dalla presenza all’aceto, una vongola nuda e cruda servita dopo una chirurgica ed etxebarriana affumicatura alla brace, sono piccoli esempi di attenzione ai particolari di cui questa cucina è capace.
Altrettanto evidente, anche in piatti più golosi, il certosino equilibrio in essi profuso, come negli spaghetti ai gamberi in cui una dose calibratissima di peperoncino nobilita significativamente la preparazione o i fegatini di triglia con lamponi che accompagnano una tempura di calamaro di nipponica levità.
E’ uno di quei locali che rappresentano una sicurezza costante nel tempo, in una sala, tra l’altro, piacevole, dove l’unico appunto possibile potrebbe essere, con un pizzico di superficialità, la mancanza di una vista mare, cui supplisce però ampiamente la degnissima rappresentanza di esso nel piatto.

Cracker di nero di seppia, acciughe mariunate, ristretto di frutti rossi, crema di uova di ricciola.
cracker nero di seppia, Pascucci al porticciolo, Chef G. Pascucci, Fiumicino
Crema di patate, spuma alle acciughe, polvere dicaffè, limone.
crema di patate, Pascucci al porticciolo, Chef G. Pascucci, Fiumicino
Gobbetti alla verza con piccola bisque all’aceto. Squisiti.
Gobbetti alla verza, Pascucci al porticciolo, Chef G. Pascucci, Fiumicino
Prosciutto di tonno, melone, cialda all’amaranto, aria al gazpacho, cetriolo, polvere di peperone di Senise. Fresco è dire poco.
prosciutto di tonno e melone, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Ostrica, sorbetto di mela e basilico. Anche se, forse, le ostriche andrebbero servite nature
Ostrica, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Vongole alla brace.
vongola alla brace, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Ottimo maccarello marinato prima, passato in salamandra poi, con maionese d’ostrica, forse superflua, cipolla essiccata e ultimi asparagi di stagione.
maccarello, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Gnocchi di carrube ripassati in burro e salvia, foie, calamari e alghe rosse. Per niente stucchevole. Un piatto di terra, di mare….
gnocchi di carrube, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Spaghetti con gamberi, telline, tartufo scorzone e peperoncino. Piatto dalla golosità molto ben temperata.
spaghetti con gamberi, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Pezzogna cotta in foglie di limone, cialda sbriciolata, olio alle mandorle
pezzogna cotta in foglie, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Gamberi rossi al sale, erbe bruciate. Basico e appagante gamberi rossi, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Tempura di calamaro, gelato di cipolla di Tropea, arancia e pepe.Tempura, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Fegatini di triglia, cialda sbriciolata, lamponi.
fegatini di triglia, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Sorbetto di pomodoro con frutti rossi, yogurth e menta
sorbetto di pomodoro, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Bignè allo zabaione, meringa, polvere di caffè.
bignè allo zabaione, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Dolce de leche, cioccolato e mango.
dolce de leche, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Petit fours.
petit fours, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Coerente accompagnamento.
champagne, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma
Interno
interno, Pascucci al porticciolo, Chef Gianfranco Pascucci, Fiumicino, Roma

Riuscire a reinventare luoghi ideati e progettati per tutt’altre destinazioni, spesso sproporzionati nelle dimensioni e disarticolati nella distribuzione delle superfici, è impresa che desta sempre fascino e ammirazione.
Farlo, poi, in un esempio di mastodontica archeologia industriale come l’ex mattatoio di Roma, nel cuore della città, al Testaccio, applicando felicemente anche canoni estetici oltre il perseguimento di una concreta funzionalità, è opera ancor più degna di considerazione.
Nel Campo boario che ne costituisce parte integrante, affianco alla Città dell’altra economia, ecco allora, da circa un anno e mezzo, La Stazione di Posta.
Definirlo semplicemente un gran bel locale moderno e versatile appare riduttivo più che superficiale.
Dai sanpietrini per terra, alle enormi vetrate che permettono alla luce di essere parte integrante dell’architettura e della definizione degli spazi, alle suppellettili vintage disseminate qua e là, fino alle separazioni solo apparenti tra le varie zone e all’enorme dehor che funge da vera e propria risorsa nella risorsa, tutto concorre alla sensazione di essere in un loft polifunzionale degno di una grande capitale europea.
C’è il cocktail bar aperto dal pomeriggio, l’opportunità a pranzo di pasti veloci, leggeri, a prova di spending review e il vero e proprio ristorante serale.
Qui, per completare coerentemente il rinnovamento intrapreso, si è deciso di puntare, da poco più di un anno, su Marco Martini.
Diversi anni di collaborazione con Antonello Colonna lo hanno forgiato a dovere, l’imprinting è chiaramente riconoscibile, anche se personalità e autonomia sembrano non difettare a questo giovane chef.
Lo stile di cucina adottato, certamente tradizionale, soprattutto nella scelta degli ingredienti utilizzati e nella ricerca di una rotonda golosità di fondo, lascia spazio, infatti, a una visione meno scontata e contaminata da particolari che lo rendono vivace e interessante.
La volontà di trovare una propria strada si vede, anche se ancora allo stato embrionale e, pur non essendo ancora coronata da piatti folgoranti, sembra il viatico migliore per un percorso che non sia la pura riproposizione di idee e concetti altrui.
Un semplice ma efficace plumcake alla panzanella, l’impeccabile animella sapientemente accostata al chinotto, gli ormai famosi ravioli di pollo alla cacciatora cotti al vapore, una riuscita rivisitazione di un dolce classico come la zuppa inglese, sono inequivocabili testimonianze di tale processo.
Si sta bene, ma, soprattutto, si intravedono incoraggianti segnali per il futuro.
Interessante la carta dei vini con un’ampia scelta vini biologici e la possibilità di accompagnare il pasto con cocktail appropriati.

Interno.
Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Rum, aperol, agrumi e zenzero.
Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Marshmallow di parmigiano con straccetti di manzo e rucola.
Marshmallow, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
“Uovo” con carbonara
uovo in carbonara, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Cozza in guscio di pasta fillo al nero di seppia con maionese al limone.
cozza, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Spuntatura in salsa barbecue con golosa crocchetta di uovo e patate con polvere di cipolla disidratata su formaggio Cheddar.
crocchetta e carne, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Ventresca di tonno su plumcake alla panzanella, crema di pomodoro, maionese, alghe disidratate.
ventesca di tonno, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Ravioli di pollo alla cacciatora cotti al vapore con ristretto di soia e brodo di patate arrosto
Raviolo di pollo, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Rigatoni mari e monti con chorizo in evidenza
rigatoni, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Piccione, scorzonera e caffè
Piccione, scorzonera, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Animelle al chinotto e carote, buono anche se la composizione del piatto è un po’ confusa
animelle, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Mousse alla ricotta con pera.
mousse, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Convincente versione della zuppa inglese.
zuppa inglese, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Bonsai dei desideri.
bonsai, Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma
Nobile espressione di Fiano.
Stazione di Posta, Chef Marco Martini, Roma

Settembrini è il nome di una galassia di locali che, da una decina d’anni, hanno reso vivace un quartiere romano di assopita eleganza, con una proposta molto articolata (dalle colazioni, al pranzo d’affari, al cocktail, alla cena più elegante, dallo street food alla ricercata gastronomia di prossimità con la collaborazione della Tradizione, storica bottega delle meraviglie di Vico Equense).
Il ristorante, governato a lungo da Luigi Nastri –oggi alla Gazzetta di Parigi di Nilssoniana memoria- è stato di recente affidato a Federico Delmonte a cui è stato chiesto di dedicarsi esclusivamente alla cura di questa parte della proposta, con l’evidente intento di darle un ulteriore slancio.
Diciamolo subito: la scelta è molto azzeccata, perché il giovane chef ha carattere da vendere. Nel suo curriculum nomi importanti (il Dorchester e Locatelli a Londra, esperienze da Genovese, Parini, Faccani), un’esperienza in proprio nella sua Fano (al Vicolo del Curato, bel locale non troppo capito nella cittadina) e la costante curiosità di chi ha una passione vera. Quello che ci voleva per raccogliere la sfida di dare un’identità a un ristorante un po’ bloccato dal suo stesso successo presso una clientela di famosi, sinonimo spesso, dalle nostre parti, di pigrizia e conformismo nel gusto.
La cucina che propone Delmonte ha il pregio di essere bella da vedere, molto leggera e solo apparentemente semplice, mentre ha sempre un plus di pensiero dietro, con la ricerca dell’ingrediente spiazzante, del contrasto di consistenze o temperature che non ti aspetti (anche se una certa indulgenza per preparazioni gelate negli antipasti andrebbe ripensata, nella logica di predisporre al meglio lo stomaco al prosieguo).
Piatto della serata, senza dubbio, la lingua con susina, melanzana e acqua tonica (foto in apertura) in cui l’ingrediente principale è cucinato con grande sapienza e gli ingredienti a contorno, con l’inseguirsi di toni, dolci, aspri, amari, affumicati, rendono la preparazione estremamente persistente. Nota di merito anche per le penne (Felicetti) con cozze, un concentrato di gusto che va dritto alla memoria e ricorda da vicino uno degli chef più stimati da Delmonte, Mauro Uliassi.
Dolci non sempre dello stesso livello (decisamente più interessante il “biancomangiare, carota, sedano e liquirizia” del “dolce carioca”) che dimostrano abbastanza chiaramente di non essere la prima passione dello chef; probabilmente l’area su cui concentrarsi di più per un ulteriore passo in avanti.
Un locale da tenere d’occhio, insomma, sia per il frequente rinnovamento dell’offerta (anche nei più agili menù del pranzo si lascerà molto spazio alle ispirazioni offerte dal mercato) sia, soprattutto, per il potenziale di crescita che questa cucina ci sembra avere.

Gli antipasti cominciano dai ravioli ripieni di olive accompagnati da aperol spritz ghiacciato.
ravioli ripieni e spritz ghiacciato, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Cappasanta, cocco, cipolla e lime. Contrasti e sfumature di gusto davvero ben gestiti, La mano è quello di uno chef di razza.
capasanta cocco cipolla lime, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Ricciola, prosciutto, melone e lavanda. Bella variazione sul tema del più scontato (e incongruo) degli antipasti all’italiana.
Ricciola prosciutto melone e lavanda, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Crostino con cipolla ed erba creola. Molto buono, ma ancora su temperature molto basse che non per tutti predispongono piacevolmente al seguito.
Crostino con cipolla ed erba creola, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Penne e cozze. Piacere quasi primordiale, grande concentrazione di sapori.
penne e cozze, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Baccalà, burrata, cardamomo e anguria. Il piatto meno riuscito, la dolcezza combinata di burrata e anguria domina e non riesce a esaltare un baccalà cucinato comunque in maniera ineccepibile.
baccalà, burrata e cardamomo, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Filetto di maiale…come una piadina. Una golosa piadina scomposta, da gustare con le mani per goderne appieno, con qualche rischio, la succulenza della carne, cucinata a dovere.
fieltto di maiale, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
I dessert, nessuno dei due folgoranti ma il bianco mangiare è sicuramente interessante (funziona bene l’abbinata sedano e liquirizia e il tortino alla carota nascosto nel bicchiere aggiunge una piacevole masticabilità)
dessert, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
dessert, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
Petits-fours finali, il macaron più buono che bello
petit fours, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
In carta si possono pescare belle bottiglie, da sempre, grazie alla sapiente selezione di Luca Boccoli. Ricarichi talvolta molto convenienti, anche se in passato la percentuale di veri e propri affari era più alta.
meursault, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma
etna rosso, vino, Ristorante Settembrini, Chef Delmonte, Roma

Il Pigneto è senz’altro uno dei quartieri più à la page e pieni di vita di Roma, uno dei veri e propri cuori pulsanti della movida cittadina.
Tutte le sere della settimana, una vivace e frenetica folla di ragazzi riempie le strade e i dedali di vie che ne caratterizzano la struttura urbanistica.
In questo pullulare febbrile di persone, la diversificazione e la molteplicità dei ritrovi è davvero spiazzante. Pub, cinema, bar, pizzerie, ristorantini etnici e non, rappresentano quasi senza soluzione di continuità il tessuto commerciale del quartiere.
In un’offerta così rilevante non poteva non mancare una proposta gastronomica di punta, “il ristorante” del quartiere che è il faro e il riferimento.
Così nel 2006, al centro di via del Pigneto, l’arteria pedonale che funge da asse viario intorno a cui si sviluppa tutta la zona, nasce Primo al Pigneto, un locale che fin dall’inizio si propone per l’inedita intenzione di offrire una qualità superiore alla media.
La tipologia di cucina è (scelta rassicurante) quella tradizionale, con ricette eseguite in modo professionale, scolastiche ma in alcuni casi senz’altro efficaci e soddisfacenti.
Talvolta, magari, questa semplificazione rischia di apparire eccessiva. Sintomatico in tal senso l’accompagnamento delle verdure che, identico, viene servito sia con l’agnello che con l’anatra.
Quando, poi, si cercano elementi di contrasto per vivacizzare un piatto non sempre si centra il bersaglio come nel caso della pur buona tartare di baccalà che sconta una frustrante monotonia complessiva.
L’impressione di fondo è quella di un buon locale che riesce a strappare qualche sorriso in più di quelli che meriterebbe alla luce di una concorrenza del tutto latitante.
Molto interessante e ricca la cantina dalla quale è possibile pescare diverse bottiglie, a ricarichi ragionevoli, con cui trascorrere la serata ancora più lietamente.

Crema di melanzane e arzilla.
crema di melanzana, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Uovo, asparagi e patate.
uovo e asparagi, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Tartare di baccalà, mele Smith e cipolle rosse.
tartare di baccalà, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Tagliolini al pesto di zucchine con gamberi e bottarga.
tagliolini, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Tortelli ripieni di prosciutto e piselli con crema di parmigiano.
tortelli di prosciutto, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Anatra laccata all’arancia con verdure. La temperatura, tiepida fuori e bollente dentro, lascia decisamente perplessi.
anatra laccata all'arancia, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Agnello in crosta di erbe e nocciole con….verdure.
agnello in crosta, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Mantecato di nocciola piemontese con mou di nocciola tostata.
mantecato di nocciola, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Tiramisù espresso.
tiramisù, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Una delle migliori espressioni di Fiano esistenti.
espressioni del fiano, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma
Interno.
interno, Primo al Pigneto, Chef Marco Gallotta, Roma

E’ noto come chi scrive di ristoranti, usurpi o meriti il pezzetto di fama che la vita gli ha riservato, viva sotto un fuoco amico di richieste di consigli da parte di conoscenti, zii acquisiti via internet ed ex fidanzati di biscugine dei propri compagni di liceo: un fenomeno inarginabile che il vero o presunto esperto affronta con l’entusiasmo con cui in genere va incontro ad un banchetto nuziale. Cercare di trovare per ogni area una risposta buona e pronta, per estorcere al richiedente quantomeno un gratificante “non ti si coglie mai impreparato” di rimando, è comunque un ottimo esercizio per astrarsi da tutte le perversioni gastronomiche e concentrarsi su ciò che un cliente non assiduo si aspetti da un grande ristorante.
Un bell’ambiente, per esempio, elegante ma non ingessato, intimo ma non claustrofobico; uno staff in grado di creare il giusto feeling con il cliente, defilato in caso di serata importante e complice con l’avventore alla ricerca dell’esperienza gastronomica; una cucina, infine, che fornisca solidi appigli, causando più capogiri che grattacapi a chi non ha la fortuna o la pazienza di sedersi frequentemente ad una tavola prestigiosa. Complice anche un rapporto qualità prezzo non proibitivo, in particolare in relazione al conto medio dei ristoranti della Capitale, la nostra risposta alla vexante quaestio è, nel caso di Roma: Pipero al Rex.

Il sodalizio avviato fra il mattatore di sala Alessandro Pipero, che a quarant’anni vanta già un incredibile palmarès di talent-scout, e Luciano Monosilio, talento di portata superiore al mero dato numerico, ha portato da subito successi ed allori nei locali dell’invero piuttosto anonimo Hotel Rex.
La carbonara (foto d’apertura) a peso, il Tavernello in carta a un euro, l’attività sui Social possono aver portato qualche cliente agli esordi ed aver costituito una sorta di operazione-simpatia, ma è proprio in una fase successiva all’apertura che il duo Pipero-Monosilio ha dimostrato le proprie capacità, sciogliendo ogni dubbio circa le intenzioni di dar vita ad un progetto credibile ad alto livello.
E se, in un primo momento, alla luce delle potenzialità dello chef, avevamo scelto di dare fiducia al locale concedendo qualcosa in termini di punteggio, ora possiamo affermare di aver visto bene da subito, dato che la valutazione di allora si è nel tempo consolidata ed è ora pienamente giustificata da piatti che, pur attingendo spesso alla tradizione più povera, vengono vestiti dell’abito della festa da una cucina precisa e attenta.

L’unico interrogativo che resta ora aperto riguarda gli ulteriori margini di miglioramento di una cucina che, pur compiendo quotidianamente autentici miracoli nell’insegnare le regole dell’alta società a piatti di così umili natali, rischia di precludersi traguardi ancora superiori crogiolandosi nei successi che questa linea ha permesso di conseguire. Non siamo però certi di augurarci che le cose cambino, poiché riteniamo che un locale con questa impostazione possa costituire per il neofita un’eccellente porta d’accesso per una ristorazione concettualmente più impegnativa e per il gourmet un’occasione per realizzare che un’ottima cena può (deve?) essere divertente, oltre che ghiotta.

Snack iniziali, notevoli per varietà e realizzazione: si inizia con lardo di patanegra e mosto cotto,
Snack iniziali, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
si prosegue con un’oliva ricostruita: sfera di oliva di Gaeta e caprino,
sfera di oliva, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
cialda di orecchie di maiale,
Cialda di orecchie di maiale, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
cialde soffiate di riso e alghe , miso e fiori
Cialde soffiate di riso, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
e neola con fegato di vitello e vino dolce.
fegato di vitello, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Ottimamente governato nei contrasti è lo sgombro marinato al lime, rafano, wasabi e cipolle bruciate.
Sgombro, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Di crippiana golosità (Monosilio ha del resto vissuto parte della propria formazione ad Alba) l’uovo con patata, nocciole e tè
patate nocciole e tè, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Davvero notevole è la presa di maiale arancia e aglio, soprattutto per il ruolo rivestito da quest’ultimo elemento, dominato con classe.
maiale arancia, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Giù il cappello per i rigatoni broccoli e salsiccia, cremosi ed amalgamati ma dai sapori nitidamente percettibili.
Rigatoni Broccoli e salsiccia, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Sella di agnello, alici e lamponi. Più convenzionale di ciò che promette.
Sella di agnello e lamponi, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Un’altra eccellente trovata: panino di tiramisù.
panino al tiramisù, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Chiusura ghiotta con il crumble, gelato alla nocciola, visciole sciroppate e cioccolato bianco.
gelato alla nocciola, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma
Notevolissimo il pane; su tutto la focaccia al limone.
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Qualche bottiglia portata per l’occasione. La carta prevede comunque ottime alternative.
vino, Pipero al Rex, Chef Luciano Monosilio, Roma