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Trattoria Epiro

La trattoria Epiro, sin dalla sua apertura uno dei più validi esempi di nouvelle vague bistrottiera romana, ha da poco acquisito una nuova veste, decisamente più glamour.
Il piccolo spazio dedicato allo street food all’ingresso è stato ora sostituito da una sala analoga a quella già presente all’interno, col risultato finale di un locale dall’estetica più uniforme e senz’altro più accattivante.
Permane invece piacevolmente immutato il dehors, assolutamente consigliabile nella bella stagione per trascorrere un paio d’ore godendo della frescura serale.
Il locale è pieno, e di questo ci compiacciamo, si deve prendere atto però che all’indubbio lavoro di ammodernamento architettonico non è seguita un’altrettanto significativa evoluzione gastronomica.
Il format adottato, che ha previsto fin dall’apertura un’offerta agile, pienamente nell’air du temps con piatti di facilissima lettura, preparati con discernimento e professionale accuratezza, rimane senz’altro la chiave di acceso alla cucina della Trattoria Epiro.
Non sembri una romantica proiezione dei nostri desiderata, ma in passato era sembrato intravedersi, all’interno di questo percorso tracciato, l’aspirazione a rappresentare qualcosa di più di un semplice bistrot di quartiere dove passare una piacevole serata.
I piatti assaggiati invece hanno dato l’impressione di essere formulati per badare ben più alla sostanza che alla voglia di fornire il benché minimo brivido emotivo. L’infuso di karkadè con zenzero e curcuma, di valenza più cromatica che gustativa, ne rappresenta un valido esempio: il baccalà è cotto perfettamente, ma resta al palato protagonista pressoché unico del piatto.
Allo stesso modo la salsa verde e l’agretto di pomodoro che appaiono come mero corredo privo di carattere alla buona ombrina cotta al vapore o i primi davvero golosi, che demandano alla soddisfazione degli istinti primari la loro ragion d’essere.
Piacevolmente invariata resta invece la carta dei vini, selezionata con passione e competenza dal bravo Francesco Romanazzi, cultore del biodinamico ma non solo, che permette scelte di assoluto interesse, come lo Chenin della nostra cena, davvero una sorpresa che ci ha accompagnato degnamente per tutto il pasto.
Parlando di numeri, confermiamo comunque la valutazione precedentemente espressa, auspicando per il futuro un po’ di verve nello stile gastronomico del ristorante.

Mise en place.
mise en place, Trattoria Epiro, Roma
Amuse bouche: formaggio di capra, misticanza e cialda di mais.
amuse bouche, Trattoria Epiro, Roma
Sashimi di palamita con ostrica, aceto di mele, cetriolo, spugna al prezzemolo.
sashimi, Trattoria Epiro, Roma
Baccalà bruciato con germogli, infuso di karkadè (fiore di ibisco), zenzero, curcuma e shiso.
baccalà bruciato, Trattoria Epiro, Roma
Gnocchi di patate, mandorle di mare, zucchine e fiori di zucca.
gnocchi, Trattoria Epiro, Roma
Tuffoli con palamita, pomodoro arrosto, cipolla rossa e olive taggiasche.
tuffoli,Trattoria Epiro, Roma
Ombrina al vapore con seppie e totani, salsa verde, shiso e agretto di pomodoro.
ombrina, Trattoria Epiro, Roma
Pomodoro, vaniglia e shiso.
pomodoro, Trattoria Epiro, Roma
Tartelletta al limone, gelato al basilico e frutta secca.
dessert, Trattoria Epiro, Roma
Semifreddo al caffè con mandorle e liquirizia.
semifreddo, Trattoria Epiro, Roma
Cheese cake al frutto della passione.
Cheese cake, Trattoria Epiro, Roma
Pane.
pane, Trattoria Epiro, Roma
Bottoncini di pane al latte con alghe.
bottoncino, Trattoria Epiro, Roma
Un grande Chenin, ricco, dalle spalle potenti e dalla grande persistenza.
vino, Trattoria Epiro, Roma
Giardino.
Trattoria Epiro, Roma

Una sinergia riuscita e ben equilibrata può rappresentare quella risorsa capace di fornire il necessario e decisivo slancio per l’affermazione di un’impresa.
Non sfugge al campo di applicazione di questo principio la ristorazione, dove diverse volte è capitato di vedere all’opera chef molto bravi, ma non esattamente a loro agio col compito di sovrintendere agli onerosi compiti dell’amministrazione e, viceversa, padroni di casa abili nel governare, ma non esattamente accorti nello scovare cuochi all’altezza della situazione.
Altra cosa importante poi, e valida anche per ristoranti avviati come Chinappi, è la capacità di comprendere per tempo quando è giunto il momento di fare il punto della situazione, e decidere come proseguire, se continuare cioè nel solco di un’offerta rassicurante, in questo caso basata sulla riproposizione di materia prima di altissima qualità in arrivo più volte la settimana dal mercato del pesce di Formia, casa madre da circa sessant’anni della famiglia Chinappi, o adoperarsi per rendere la proposta gastronomica più moderna e stimolante, in una parola più completa.

Stefano Chinappi, giunto al fatale bivio, a dieci anni dall’apertura della succursale romana del locale di famiglia, ha chiaramente preferito la soluzione più audace, cooptando, dal maggio di quest’anno, uno chef giovane e di razza come Federico Delmonte già passato come una (troppo?) breve meteora da Settembrini.
Passaggio che comunque ci aveva già ampiamente fatto intravedere rilevanti potenzialità quanto a personalità, chiarezza di idee e volontà di realizzare una cucina elegante e leggera, senz’altro in levare e non in aggiungere.
La matrice di questa sua nuova esperienza resta fortemente tradizionale, il che non potrebbe essere diversamente vista la pluridecennale storia di ristorazione alle spalle del patron, ma al tempo stesso già contaminata dall’indiscutibile e ricorrente presenza di quel tocco d’autore tale da permetterci di esprimere, a poche settimane dall’insediamento dello chef, una valutazione che rispecchia l’attuale situazione sottendendone i possibili sviluppi.
Il menù asseconda in tutto e per tutto la qualità del pescato, sottolineando di esso le caratteristiche con cotture da manuale e riusciti e solo apparentemente semplici accostamenti; ancor di più è nella loro quantità limitata -e assolutamente funzionale al completamento del piatto- che si vede la mano di uno chef che non ama certo sommare ingredienti.
Ne rappresentano un valido esempio il distillato di bitter, che felicemente accompagna la seppia e le proprie interiora o la genziana che, presente in un intingolo davvero squisito, avvolge la triglia con le sue note amarognole in modo assolutamente originale.
Non mancano piatti solo a prima vista più naif, come fusilli alle cozze o passatelli al sugo di triglia eseguiti in modo impeccabile, vedi in primis la cottura della pasta davvero al dente, anzi al chiodo come espressamente indicato nel menù, serviti rigorosamente prima dei dolci probabilmente per glucidica prossimità.
Con piacere poi notiamo e apprezziamo l’abbandono di quegli azzardi stilistici come le escursioni termiche dovute all’utilizzo di gelati a inizio pasto, in passato tanto care allo chef.
Detto che la carta dei vini trova nell’assortimento degli Champagne, autentica passione del patron, un valido motivo di interesse, non possiamo che compiacerci della presenza a Roma di un locale che si è prefissato di coniugare sostanza e stile.

Capasanta, cocco, cipolla e lime.
capasanta, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Scampi, anice e fiori di finocchio selvatico.
scampi, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Gambero rosso, rosa, cassis e more.
gambero rosso, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Seppia sporca, bitter, spinaci all’aceto di dragoncello.
seppia, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Murici, tartufo nero estivo, liquirizia e pane croccante.
murici, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Polpo alla formiana con olio al prezzemolo, patate, limone, pomodorini e polvere di capperi.
polpo, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Triglia al vapore, genziana e caviale.
triglia, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Fragaglia fritta, cipollotto fresco e aceto di mele.
fragaglia, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Fusilli alle cozze.
fusilli alle cozze, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Passatelli al sugo di triglia.
passatelli, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Schiaffoni al nero di seppia con calamaretti, pangrattato e menta.
schiaffoni, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Colori: gelato di mandorla, cardamomo, sedano e carota.
gelato, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Cioccolato. E’ presente in tre consistenze e aromatizzato con betulla, pino mugo e pino silvestre con miele di pino: leggero e gustoso grazie alla concentrazione di cacao e allo scarso impiego di zucchero.
cioccolato, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Cremino all’olio extravergine e sale.
cremino, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Un signor Pinot noir.
Pinot Noir, vino, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Un grande champagne dalla Cote des blancs.
champagne, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Dalla Vallée de l’Ardre un bel pinot Meunier in purezza.
champagne, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma
Mise en place.
mise en place, Chinappi, Chef Federico Belmonte, Roma

Trasformare una piccola bottega di quartiere in un luogo di culto a livello mondiale è impresa a dir poco velleitaria.
Se si parla di pizza al taglio, poi, la cosa può avere dell’incredibile.
Eppure, che ci si creda o meno, le pizze, o meglio, i lievitati di Gabriele Bonci hanno qualcosa di unico e personalissimo.

Il “Michelangelo della pizza” non ha certo bisogno di presentazioni, così come qualsiasi commento al suo lavoro ultradecennale sull’evoluzione della pizza al taglio sarebbe superfluo.
Ma un concetto si può certo esprimere: il locale cult di via della Meloria, dopo i lavori di ristrutturazione, è in grado di sfornare un prodotto ancor migliore di come lo ricordavamo.
Che sia l’irraggiungibile alveolatura, o magari la perfetta ripartizione tra la base croccante e la soffice consistenza della pasta, o forse quei due, massimo tre, ingredienti di estrema ricercatezza -come si legge dal sito web, verdure e ortaggi in arrivo dagli orti di proprietà e da piccoli fornitori che difendono un’agricoltura 100% naturale- con i quali vengono farcite o condite le pizze, poco importa, perché questo è un prodotto, sebbene imitatissimo, che è diventato un unicum, anche fuori dal nostro Paese.

Non è un caso se tutto l’anno avventori di ogni genere, dagli habitué locali ai turisti italiani o stranieri, vengono in pellegrinaggio in questo quartiere, a due passi dai Musei Vaticani, per assaggiare quella che è probabilmente la migliore pizza al taglio del Pianeta, sicuramente un benchmark di questo genere.
Tra le tante leccornie della Città Eterna, in questo piccolo luogo si è assistito ad uno sdoganamento del cibo da strada verso concetti più raffinati e complessi, a cominciare dalla ricerca delle farine, allo studio degli impasti e della lievitazione perfetta alla ricerca della leggerezza, per finire con l’utilizzo di ingredienti rappresentativi delle stagioni ed identificativi del territorio.
Dalle pizze in teglia, nel tempo, si è passati al pane e ad altri prodotti da forno di eccezionale qualità, ai supplì ed altri sfizi; da un piccolo forno si è arrivati ad una piccola azienda con molti addetti, in cucina e al bancone, per fornire un servizio migliore e valorizzare maggiormente, in termini di cortesia e tempistiche, l’esperienza del cliente. Ma dietro questa macchina, oltre alla passione, alla fatica ed alla caparbietà di una persona, c’è soprattutto un fine palato. Gli abbinamenti tra gli ingredienti sono armoniosi e centrati e spesso si lascia spazio all’improvvisazione che, mai come in questo caso, è sinonimo di creatività.

Come sempre il prezzo, che per la qualità resta a nostro avviso contenuto, varia dal tipo di pizza e dal peso, e la selezione di birre, tutte artigianali, è stata ampliata.
L’unico limite resta quello del piccolo spazio, sebbene ci sia qualche tavolino e qualche panchina dove poter -e lo consigliamo, anziché l’asporto- gustare in loco i tranci appena sfornati.
Ma non si può chiedere di più; si parla pur sempre di cibo da strada.
Un eccezionale cibo da strada.

Scorci dalla cucina.
Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Dove i fornelli sono sempre accesi e le padelle fumanti.
Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Pane in vista.
Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
pane, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
I supplì. Ce ne sono di tanti tipi, tradizionali e creativi.
supplì, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Alcune teglie appena sfornate, in esposizione.
pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Ed i nostri diversi assaggi:
Peperoni e pinoli.
pizza, peperoni, pinoli, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
L’irresistibile pizza con cicoria ripassata. Territorio puro.
pizza, cicoria, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Un’elegante bufala, zucchine e rosa marina (sardine al peperoncino).
pizza, bufala, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Focaccia farcita con mortadella e peperoni.
focaccia, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
La pizza cult: alle patate.
pizza, patate, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Zucchine, ricotta, limone e pepe nero.
zucchine, pizza, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma
Per chiudere, spazio alla creatività, dicevamo: pizza lasagna. Praticamente la sensazione è una lasagna. Ma senza carne. Geniale.
pizza lasagna, Bonci - Pizzarium, Gabriele Bonci, Roma

Il panorama della ristorazione etnica romana, alquanto statico in sé, riesce sporadicamente a regalare qualche piccolo sussulto degno di attenzione. Il segmento che riguarda la ristorazione giapponese, cui non neghiamo essere piuttosto sensibili, sembra essere in una fase di particolare fermento.
Una delle testimonianze più interessanti risiede dall’estate del 2015 nel piazzale del Verano, dove Atsufumi Kikuchi, già al timone di altri indirizzi romani, ha aperto il proprio locale.
La sala principale, molto lineare, forse un po’ troppo, al punto da apparire quasi algida, presenta il classico bancone con sedute dove è possibile osservare in tempo reale le varie preparazioni mentre si chiacchiera con i propri commensali.
Il menù non è legato solo a sashimi e sushi, presente anche in contaminazioni varie come i california roll, ma contempla anche tempura, carpacci e insalate proposte in grande varietà.
Il raggiungimento dell’offerta presente a Londra o Parigi, dove anche i grandi maestri giapponesi decidono di aprire i loro piccoli atelier in cui proporre la loro liturgica e ultraspecializzata abilità, sembra ancora decisamente di là da venire nella capitale, ma il livello del sushi di questo locale è buono, e con un rapporto qualità prezzo interessante permette di passare piacevoli serate a prezzi alquanto ragionevoli.

Mise en place.
Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Alghe marinate al sesamo.
alghe, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Omakase Hana: salmone, ricciola, spigola, gambero cotto, capasanta, gambero crudo, tonno.
Oqmakase Hana, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Tempura moriawase.
Tempura, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Accompagnamento della tempura: soia, mirin e brodo di pesce.
Soia, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Insalata Kiko: lattuga, cetriolini, erba cipollina, salmone, capasanta, tonno, ricciola, uova di pesce volante e salsa Kiko (invero un po’ troppo grassa).
Insalata Kiko, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Daifuku.
Daifuku, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Sakè Kikusui.
Sakè, Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma
Particolare.
Kiko Sushi Bar, Chef Atsukumi Kikuchi, Roma

L’orizzonte gastronomico della Roma metropolitana sembra proprio aver scelto Fiumicino, nota ai più solo per l’hub internazionale che vi risiede, come culla d’elezione per indirizzi di interesse che qui si stanno concentrando in quantità sempre più importante.
Uno di questi ha aperto i battenti nell’ottobre dello scorso anno in quel di Maccarese, frazione nell’entroterra della piccola cittadina alle porte della capitale.
Qui, nel piccolo e silenzioso borgo situato alle spalle del castello di San Giorgio, due ragazzi autoctoni, Antonio Viola e Valerio Volpi, hanno rilevato un’insegna storica del luogo per coronare il loro sogno di realizzare sul suolo natio un’autonoma officina dove elaborare quanto appreso nel corso delle proprie esperienze lavorative.

Minimo comun denominatore per entrambi è stato Giulio Terrinoni (soprattutto per Andrea Viola, considerato il suo tempo trascorso all’Acquolina) che, quanto a consumata conoscenza del mestiere, applicazione e costanza nell’esercitarlo, ha senz’altro rappresentato per entrambi un valido punto di riferimento.
In una tranquilla saletta, piena di vecchie e fascinose foto della Maccarese d’antan, i due sodali mettono in essere una cucina semplice e gustosa, davvero ben eseguita, con materie prime che, grazie a un sapiente uso di frutta e ortaggi, rigorosamente a kilometro zero, vengono valorizzate in modo convincente.
Ne rappresenta un riuscito esempio il carpaccio di gambero con insalata di frutta e verdura che vede coniugate molto felicemente le caratteristiche del crostaceo con diverse e variegate note vegetali-fruttate.

Oltre a una indiscutibile conoscenza della tecnica si intravede anche una certa attenzione alla forma che, se in un piatto come il “bagnasciuga” riesce a raggiungere una certa compiutezza nell’esecuzione, nel totano con salsa e cipollotto in agrodolce appare decisamente più naif, con le decorative sfoglie di riso e al nero di seppia che, contenitori del cefalopode, vagheggiano la possibilità di essere altrettanto rilevanti del contenuto.
Niente, comunque, capace di sminuire la solidità di una tavola che, seppur di recente apertura (principale motivo per cui propendiamo per una valutazione approssimata per difetto) già appare tranquillamente come uno di quegli indirizzi meritevoli del tam tam enogastronomico e di un’eventuale deviazione, trovandosi nella capitale.
Il tutto completato da un servizio garbato ed efficiente e con l’opportunità di attingere da una carta dei vini, solo apparentemente sparuta, dove può capitare di pescare chicche di valore assoluto, come il Greco di Tufo di Ester Centrella, capaci di reggere degnamente tutto il pasto e non esattamente semplici da reperire altrove.

Sala e mise en place.
mise en place, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Amuse bouche: gelato di pane, salsa alle alici e lamponi.
amuse bouche, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Bagnasciuga: pane abbruscato al nero di seppia con cannolicchio, cozza, vongola e tellina, crumble di pomodori, aria di prezzemolo, acqua di cottura delle telline con alghe e olio affumicato. Molto buono e coreografico.
bagnasciuga, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Pane con farina integrale con cereali, farina di farro e focaccia.
pane, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Carpaccio di gambero gobbetto con insalata di frutta e verdura, gelato alla ciliegia, gel di champagne e uova di gobbetti con olio al lampone. Fresca e originale presentazione di un battuto che vibra piacevolmente con le diverse note vegetali-fruttate.
carpaccio di gambero, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Sfoglia di riso, totano, salsa, sfoglia al nero, cipollotto agrodolce.
sfoglia di riso, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Anatra laccata alla birra, purè affumicato, foie al marsala e spinaci.
Squisito.
anatra laccata, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Risotto ai pomodori. Cotto nel succo di pomodoro rosso e verde con pomodoro giallo cotto alla brace, pomodoro vesuvio affumicato, del piennolo confit, datterino cotto al forno, il tutto in cialda di pomodoro con granella di cipolla.
Rivisitazione di un piatto basic della cultura gastronomica nazionale.
risotto ai pomodori, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Spuma di parmigiano 36 mesi in accompagnamento.
spuma di parmigiano, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Linguine di farro con seppioline al nero, foie, pomodoro infornato e olio al basilico.
linguine di farro, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Tagliolini al caffè, cacio, pepe e fegatini di pollo alla cacciatora.
tagliolini di caffè, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Baccalà black & white: cotto a bassa temperatura col nero di seppia, emulsione di baccalà, salsa di rucola, caramello di cipolla, gelatina di limone, gelato alle erbe su letto di pan brioche.
baccalà black&white, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Variazione d’agnello: petto arrosto in demi-glace, costoletta alle erbe, spuma di topinambur, hamburger, salsa di fragola e rucola.
variazione d'agnello, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Predessert: spugna di pistacchio, letto di lamponi, gelatina di lime e bergamotto.
predessert, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Macedonia e gelatina di piselli su letto di sorbetto al limone.
Ottima la macedonia, ottima la gelatina ma fuori luogo sia per acidità che per la spropositata escursione termica il sorbetto al limone.
macedonia, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Gelato di zenzero, carota e curcuma e finocchio, biscotto di arachidi e cioccolato, frutta e verdura miste.
Una giusta chiusura per un pasto estivo.
gelato, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Petit fours.
petit fours, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Cioccolato fondente con fragola e prosecco, cioccolato bianco e pesca.
cioccolato fondente, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Un grande vino, pescato da una piccola ed ultra selezionata carta.
vino, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
La vecchia Maccarese.
San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma
Il castello di Maccarese.
castello, San Giorgio, Chef Andrea Viola, Valerio Volpi, Maccarese, Roma