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Il Grano di Pepe

Eravamo venuti due anni fa in questo ristorante, e ci aveva molto colpito la capacità di Rino Duca di esprimere con la propria cucina un pensiero preciso, la sua curiosità, la sua evidente voglia di crescita: avevamo intuito insomma fosse una cucina autoriale, con ottime possibilità evolutive.
Dobbiamo dire con franchezza che la maturazione è andata oltre ogni più rosea aspettativa.
La linea è stata demarcata con grande convinzione: Rino Duca ha trovato con precisione il settore in cui muoversi, e lo sta interpretando in maniera entusiasmante.

Memoria, ricordo, storie: i suoi sono piatti che parlano, che raccontano episodi, emozioni, sensazioni.
La Sicilia, le sue atmosfere, i suoi odori.
Le inevitabili contaminazioni emiliano-romagnole di un cuoco che ha mosso i suoi passi verso la pianura padana.
La ricerca delle radici e la necessità di raccontare sé stesso ai clienti attraverso i propri piatti.
Piatti come la Melanzana alla parmigiana o il Timballo del Gattopardo parlano di tutto questo, e ci hanno portato alla memoria la cucina di un altro grande interprete siciliano, Pino Cuttaia, che in egual modo riesce a concentrare in pochi ingredienti interi episodi di vita.

Chi c’è stato lo sa: la Sicilia è un luogo che ti rimane addosso. E quella di Rino Duca è una cucina assolutamente siciliana, quindi coerentemente aperta a mille contaminazioni.
Una cucina di forte impronta classica, ma assolutamente moderna per leggerezza e gusto estetico: il gusto vince sopra ogni cosa, ma le vie per raggiungerlo sono quelle del rispetto degli ingredienti, delle cotture al vapore, del corretto uso delle materie grasse.
La cucina siciliana popolare, quella domestica, di tutti i giorni, portata a un livello superiore: una missione difficilissima, ambiziosa ma incredibilmente stimolante.
Rino Duca, superati gli “anta”, dimostra che non è mai troppo tardi per inseguire un sogno e per mostrare il proprio talento al mondo. Il confine tra ottimo interprete e autore a noi sembra superato.
Ora viene il bello, ora viene il difficile.
Il locale completamente rinnovato, la carta vini ampliata (con un ovvio occhio di riguardo per Sicilia ed Emilia Romagna), un servizio sempre più attento e cordiale, completano un quadro felicissimo che lascia presagire buone vibrazioni per il futuro.
Segnatevi questa meta: Ravarino, il Grano di Pepe… poi fateci sapere.

Panelle (per ricordarmi da dove vengo).
Pane e panelle: un grande classico come biglietto da visita, piatto del popolo per il popolo, che richiama il mercato, le grida dei venditori, la grande cucina di strada siciliana.
pane e panelle, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
pane e panelle, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Ottimo il pane, in particolare lo sfincione.
sfincione, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
pane, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Cronaca di un’estate.
Un piatto che è racconto, la storia di un episodio tragico vissuto con gli occhi di un allora adolescente Rino Duca, ancora nella “sua” Palermo.
1983: l’assassinio del giudice Chinnici; il cartoccio sul piatto riproduce la prima pagina dell’Ora di quel fatidico 30 luglio, rintracciata con non poca fatica alla Biblioteca di Palermo e riprodotta con il nero di seppia su carta di riso. All’interno pesce grigliato (fantastiche le sarde) e a lato una macchia di nero di seppia a richiamare il sangue che ha macchiato la Sicilia in quel momento storico.
Il nero di seppia a richiamare anche l’inchiostro dei giornali in cui veniva avvolta la spesa nei mercati di Ballarò.
Cipollotto a fette, finocchietto selvatico e finocchio marino completano un piatto intenso visivamente, ma prima ancora buonissimo.
chinnici, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
chinnici, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Tartara di gamberi di Mazara con succo di pepe Timut, piccola catalana ed estrazione di teste.
Ingrediente, ingrediente, ingrediente. E la firma dell’autore sull’angolino, con il pepe timut ad allungare il piatto in bocca.
tartara di gamberi, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Involtini di sciabola alla palermitana e zuppa fredda di olive verdi.
La protagonista, sorprendentemente, è l’oliva. Ottimo piatto di forte impostazione tradizionale.
involtini di sciabola, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
involtini di sciabola, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Melanzana alla parmigiana.
Melanzane cotte al vapore. Sopra, un velo di provola delle Madonie affumicata (all’alloro) e una grattata di parmigiano reggiano, quasi a sottolineare una ambiguità identitaria.
Un capolavoro, perché riesce a reinterpretare un classico domestico senza far rimpiangere il piatto della “mamma”. Il gusto, ma anche la leggerezza. E la valorizzazione di un grandissimo formaggio siciliano. Solo un cuoco con un grande palato può portare in tavola un piatto così.
parmigiana, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
parmigiana, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Zuppa di pesce.
zuppa di pesce, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
zuppa di pesce, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Palermo – Marsiglia andata e ritorno.
La zuppa è di pesci di scoglio e pesce azzurro (alici, sarde e sgombro), a rinsaldare quel legame con le barche di Porticciolo (piccolo borgo di pescatori vicino Palermo) e le zuppe per il cous cous alla trapanese. La salsa all’aglio, a ricordare la rouille provenzale. Il caciocavallo allo zafferano, immagine di Palermo. Il pane.
Un filo sottile tra la soupe de poisson de roche di Marsiglia e la zuppa di pesce della costa occidentale siciliana: il mare a dividere e a racchiudere un mondo intero.
Pausa rinfrescante: acqua, ghiaccio, anice. Nel più puro spirito palermitano.
Anice, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
anice, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Riso alla mandorla, polvere di capperi e gambero crudo.
Per quanto interessante, forse il piatto meno riuscito in termini di concentrazione dei sapori. Ma effettivamente concentrare troppo il gusto della mandorla potrebbe risultare molto pericoloso.
Riso alla mandorla, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Spaghetti Cavalieri al nero di seppia ed essenza di mandarino.
Un grande classico ormai di questo ristorante, immancabile.
spaghetti al nero di seppia, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Il timballo dei Gattopardo.
Altro grandissimo piatto, che riporta agli interminabili pranzi delle famiglie siciliane, alla immancabile pasta al forno, all’abbondanza e alla gioia.
I fantastici anelletti (formato di pasta da riscoprire), la carne, i piselli, l’uovo e a ricoprire una fonduta di piacentinu ennese. Piatto totale e totalizzante. Un ritratto del Sud in pochi centimetri quadrati.
il timballo del gattopardo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Tonno al ricordo di Palermo.
Anche questo un classico, in carta da sempre. Buonissimo.
Tonno, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Predessert: come una Weiss.
Gioca ancora sui ricordi d’infanzia questo riuscitissimo predessert: la classica insalata di agrumi, olio e sale che ogni mamma siciliana prepara al proprio figlio.
Succo di arancia, olio, sale, pepe, spuma di limone al sale e una grattata di limone verdello sopra.
Ma il pensiero di chi vi scrive non può che andare a uno dei tanto chioschi del centro di Catania…
Predessert, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Cannolo della tradizione e sorbetto alla pesca.
Perfetto, anche nella scelta intelligente di usare una buonissima ricotta locale (quella della Azienda Caretti di San Giovanni in Persiceto) invece di fare viaggiare un prodotto così delicato e deperibile.
Cannolo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Cassata.
Basta l’immagine.
Cassata, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
Una grande espressione della nuova Sicilia.
vino, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
vino, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena
vino, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino, Modena

Articolo co-firmato da Andrea Grignaffini
Uscita contemporanea su lucianopignataro.it

Con questa recensione inauguriamo un nuovo simbolo, lo SFONDO PLATINO, che assegneremo a quei cuochi che si sono particolarmente distinti per aver creato uno stile molto personale e quindi unico, che certamente avranno un posto di prim’ordine nella storia della cultura culinaria mondiale.
Un riconoscimento a quanto fatto e in molti casi a quanto continuano a partorire per l’alta gastronomia.

Un’opera di trasposizione. Così potremmo definire, in poche parole, la cucina di Massimo Bottura: un testo dove si intersecano tecniche, ingredienti, culture, sensibilità e conoscenze in grado di generare, nel piatto, un unicum culturale totalmente personale. E il suo è un unicum autentico, giacché non sussiste alcun punto di riferimento, né storico né attuale, che possa avvicinare lo chef modenese a chiunque altro.

Ovviamente non stiamo parlando solo di cucina, ma di un’attività intellettuale di grande profondità e spessore, da indagare mediante lo spettro multidisciplinare di solito riservato all’opera artistica. E difatti, proprio come un grande artista, Bottura continua a reinventare, anzi a trasporre, portando su piani avanguardistici la tradizione tutta, non solo, ma anche e soprattutto italiana.

Sa inebriare aggiungendo stimoli, spunti di riflessione e verità sempre rispettando la tradizione senza mai violentarla. E poi inventa. Come i percorsi in cui, ad esempio, raggiunge il risultato inebriante del profumo della pizza usando ingredienti completamente altri e fornendo, tra le altre cose, anche spunti di riflessione sulla cucina come possibilità di trasposizione dell’opera d’arte. Prendiamo per esempio la sua pernice “à la royale”: essa rispetta la ricetta, ma lo fa attraverso un percorso attorno al globo che mai nessuno, all’infuori di lui, poteva concepire e realizzare.

Tecnicamente, si tratta di una royale alla francese perfetta, con una salsa dalla consistenza morbida e sugosa, complice il goloso ripieno di foie gras; ecco, questo dice il palato. Eppure, non tutto è quello che sembra. Il foie gras è sostituito dalla testina del maiale, mentre la salsa è realizzata con caffè e fave di cacao che le permettono di raggiungere l’eleganza di una salsa civet attraverso un mole messicano. Il risultato? Fenomenale, spiazzante, inebriante, ma sopratutto buono, buonissimo. Così come dovrebbe essere la cucina stessa, che è sì l’opera di un prestigiatore, un illusionista e un artista, ma anche l’opera di un genio che inanella piatti ed espressioni tendenti alla perfezione, ma con un approccio apparentemente istintivo e ricco, al contempo, di controllo e padronanza. Del resto, è come se operasse nell’arte pittorica: Massimo Bottura padroneggia le tecniche e la cultura figurativa del mondo intero rievocando in ogni piatto tutta la conoscenza del mondo per poi disperderla, annientarla e ricostruirla su altri paradigmi, con altri ingredienti, attraverso altre forme. Se ne deduce un livello di complessità poderoso: e difatti ogni piatto, per qualsiasi altro chef costituirebbe, più o meno, un intero menù degustazione mentre qui è opera nonché l’espediente per una riflessione, veicolo di una sensazione gustativa e di un trasporto papillare unico, contenitore di frammenti esistenziali che, uniti tra loro, sublimano in una cucina che è un’opera unica.

Del resto, se la scorsa decade del nostro millennio è stata cadenzata incessantemente dalla destrutturazione Adrianesca, questa decade è certamente il periodo della Trasposizione Botturiana; un momento cui tutto sembra fedele a se stesso, alla tradizione, senza non solo i confini italiani ma di tutto il mondo, ma che in realtà è frutto di uno stravolgimento e una concentrazione culturale assolutamente straordinaria. E unica. E possibile, peraltro, solo tra le mani di un genio superiore e in un unico luogo del mondo, la sua Osteria Francescana, appunto, che fa riflettere, fa pensare e fornisce stimoli culturali continui. Ma sa anche far gioire le nostre papille che trovano qui la possibilità di esperire una persistenza e una lunghezza gustativa senza pari, e senza ancoraggi, per giunta. È facile comprendere come qui si viene, in effetti, in pellegrinaggio, e a giudicare dal fully booked costante non siamo gli unici a pensarla così. Certo, molti proveranno invidia, tenteranno lo sgambetto oppure, per troppa audacia, si sentiranno autorizzati a provare di tutto pur di demolirlo. Ebbene, sarà un’impresa davvero ardua. Perché qui siamo di fronte all’unico luogo dell’ecumene dove l’arte diventa commestibile, e chi ha la fortuna di vivere in questo tempo non deve farsi scappare questa possibilità.

Quindi correte, mettetevi in coda al telefono o sul web al primo di ogni mese, giorno in cui vengono aperte le prenotazioni per l’intero mese fino a tre mesi di distanza. A Marzo, il primo di marzo, per esempio, quando apriranno le prenotazioni per il mese di Giugno.

Una chiusura importante del cerchio, con gli occhi del mondo puntati addosso, è da riferirsi allo straordinario gruppo che segue, come un punto di riferimento unico, il proprio condottiero. Qui la sala, capitanata da Beppe Palmieri, e la cucina è composta da una squadra di uomini e donne che, vuoi per selezione naturale vuoi per ambizione personale, giacché è difficile stare dietro alla velocità del capo, ha incredibili doti e capacità non comuni.

Quindi Chapeau, Hoed, Quabea, Barret, Sombreiro, Maozì, Hat, Chapo… insomma, in tutte le lingue del mondo!

Aula in carpione, Borlengo e coniglio, Baccalà mantecato… i benvenuti della cucina.

Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Ceviche in pannocchia tostata.
ceviche in pannocchia, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Il primo abbinamento… un fantastico Sake allo Yuzu.

sake allo yuzu, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Miseria e Nobiltà: Ostrica in panure di erbe con brodo di prosciutto (e non solo, anche croste di parmigiano e tanto altro). Un inizio fenomenale.

miseria e nobiltà, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Il secondo abbinamento: Vermouth bianco e tonica…

vermuth bianco, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Lenticchie quasi meglio del caviale: Salsa di rapa rossa, lenticchie cotte nel brodo di anguilla e colorate al nero… una creme fraiche alla base di sapidità, acetica e concentrazione ittica fenomenale!520

Abruzzo: gelatina acida allo zafferano (anche qui il ricordo di un carpione, acetico) che copre della testina di Maiale, dello sgombro ed una crema di aneto, ruta e altre erbe.

abruzzo, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Accompagnato da un sidro micidiale…

sidro, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Chitarra con ricciola bruciata e passata di pomodori verdi affumicati: gel di pomodoro verde grigliato, spaghetti cotti in un brodo di pomodoro rosso filtrato e chiarificato.

chitarra, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

E il curioso cocktail in abbinamento…

cocktail, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Si parte con l’accompagnamento enoico.

prum, vino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Uno spaghetto a Okkaido: vongole e ricci di mare, una panure d’erbe e un riscontro di affumicato che pare bacon, ma è ottenuto dal brodo di riduzione delle vongole. I ricci arrivati direttamente da Okkaido hanno completato l’opera.
spaghetto, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Zuppa di pesce: con a fianco il concentrato di brodo… un piatto da ola carpiata.

zuppa di pesce, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Polenta e riso come una pizza: farina di polenta abbrustolita, crema di pomodoro nascosta e riso mantecato al latte di bufala. Al naso e in bocca un pizza, fragrante, appena sfornata.
Polenta e riso Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

La birra abbinata… what else?

clandestino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Autunno a New York: zucca, frutti rossi, zucchina…

zucca, frutti rossi, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

…completato da un brodo di funghi, tartufo e altre mille diavolerie: da picchiare la testa contro il muro.

brodo Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Un grande Whisky ad accompagnare.

whisky, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

“These little piggies went to the market”: il giro del mondo con il maiale. America del sud, Africa, Asia, Nord America ed Europa. Differenti tagli del maiale abbinati a spezie di ogni singolo continente… un profumo inebriante ed un divertente, ma centratissimo, giro culturale.
maiale, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

E un idromiele, che con il maiale è perfetto!

idromiele, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

L’amaro di questo fantastico Barolo chinato…

barolo, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

…per il piatto dei piatti: a volte pernice, a volte germano… anche bollito, in salsa civet o mole.
pernice, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Accompagnato da crostino di pane, burro e tartufo.

crostino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

E il terzo servizio: brodo di funghi e tartufi, una royale (o chawanmushi, che dir si voglia) al vapore sul fondo, dischi di verdure a completare.

brodo di funghi, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Caesar salad in bloom.caesar salad, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Un tortello di zucca che vuole diventare un cannolo alla siciliana.

tortello di zucca, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

In abbinamento al piatto un ottimo Vermouth rosso.

vermouth, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Yellow is bellow: la reinterpretazione della torta mimosa.

yellow, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Osteria Francescana e Massimo Bottura.
Non sempre è facile distaccare sé stessi dalle proprie creature e trovare una collocazione importante anche fuori dal proprio naturale habitat. Perché alla volte è la creatura stessa che piano piano ti divora e prende possesso di te, tanto che tu senza di lei non esisti più per il mondo lì fuori.
Con i ristoranti capita spesso.
Siamo stati abituati per anni a pensare al cuoco in cucina, quello che parla solo ed esclusivamente attraverso i suoi piatti, nel suo ristorante, e non può ambire a generare cultura, figuriamoci ad influire sul sociale.
Forse dobbiamo cominciare a modificare i nostri paradigmi.
La sensazione è che quanto accade all’Osteria Francescana non sia più l’unica cosa importante.
E’ solo una parte di un complesso mosaico, in cui un pezzo perde di senso senza l’altro. Proprio come nella vita di ognuno di noi, dove è impossibile trattare gli avvenimenti a compartimenti stagni.
A seguito di un lungo percorso, che non è mai stato agevole se non negli ultimi anni, per Bottura è arrivata la possibilità di affermarsi sempre di più come entità singola, o comunque come portavoce di un gruppo. E forse la novità è proprio che “il sistema Italia”, probabilmente complice l’evento Expo, questa volta sta lasciando le chiavi in mano a una persona.
L’Osteria Francescana diventa quindi la casa in cui rifugiarsi e trovare serenità e tranquillità, ma non è più l’unico luogo in cui dare forma al pensiero dell’uomo. Come per l’artista, non è un solo museo il veicolo per la sua espressione.
E’ il mondo il palcoscenico attuale.
Un mondo fuori via Stella, fatto di azioni, di frasi, di pensieri, che stanno rendendo Massimo Bottura sempre più simile a un artista o un leader. E in cui le immagini di Lara Gilmore, sua moglie, e di tutta la sua famiglia “allargata”, assumono un ruolo centrale nell’espressione del pensiero. Come è normale che sia per ogni essere umano che decida di condividere un percorso di vita con alcune persone.
Questo rende tutto terribilmente più complicato, ma incredibilmente affascinante. Pensiamo di poter dire con assoluta leggerezza che non c’era mai stato in Italia un cuoco che partendo dalla sua cucina fosse riuscito a fare ciò che avviene alla Francescana.
Il cuoco diventa un punto di riferimento per la comunità e la cucina assume sempre più la forma di un gesto sociale.
Con questo non vogliamo dire che l’Osteria Francescana abbia perso senso o cambiato il suo modo di porsi.
Tutt’altro.
E’ tappa imprescindibile per visualizzare il disegno completo.
Chi non ama o semplicemente non vuole porsi domande, può venire in via Stella e godere di una delle cucine più potenti del panorama mondiale.
Immediata, eppure così profonda, una matrioska di sapori e sovrapposizioni a disposizione di ogni cliente: il più pigro godrà della mirabile impostazione classica, una superficie consolatoria al limite del gourmand, il più ardito cercherà gli strati più profondi di queste preparazioni incredibilmente strutturate e minuziosamente costruite. Non c’è nessuno spazio per la improvvisazione in queste creazioni, vere e proprio installazioni in cui si percepisce l’estenuante lavoro di progettazione.
Anche per questo non vedrete all’Osteria Francescana variazioni stagionali del menù creativo: non ce ne sarebbe la possibilità e, forse, nemmeno il senso.
Sostenibilità, recupero, promozione del territorio: sono tutti spunti su cui ragionare e che non trovano casa in un punto preciso.
Torniamo quindi a fatica a ricollocare la nostra attenzione su quello che succede tra queste mura, ma la nostra mission ce lo impone.
Torniamo a parlare di una grande sala, fatta di ragazzi giovani, preparati ed entusiasti.
Guidati da un “cameriere” (al secolo Giuseppe Palmieri) che, come tutte le personalità sotto i riflettori, divide il pubblico, tra chi lo ammira e chi invece ne ha scarsa considerazione. Noi crediamo che andrebbero riconosciuti i meriti della crescita di questo luogo a chi questo luogo l’ha visto crescere e l’ha cullato amorevolmente. Crediamo che non esista un grande ristorante senza un grande direttore di sala.
Forse è vero che l’abbinamento vino avrebbe bisogno di qualche bottiglia di maggiore valore (non prettamente economico), o di maggiore varietà nel tempo, ma è anche vero che questo ristorante gira come un orologio svizzero ed il merito è anche di chi questa sala la vive quotidianamente.
Torniamo a parlare di piatti, di ingredienti, di cibo.
Torniamo dunque a parlare di questo nuovo menù Sensazioni, la prosecuzione logica del cammino iniziato con “Vieni in Italia con me”. Una prosecuzione nel segno della pulizia, gustativa e visiva, del neoclassico, della riscoperta di antiche ricette regionali portate al massimo livello possibile.
Ci sono delle riproposizioni, come la Ceasar Salad o l’Ostrica in Pineta, ulteriormente perfezionate e migliorate.
E poi ci sono le novità, con una vetta assoluta raggiunta nei ravioli di anguilla e alzavola, omaggio al Delta del Po e alla cucina rinascimentale della corte Estense.
Cucinare come si cucinava 500 anni fa, ma con la sensibilità e le conoscenze attuali.
C’è bisogno di tornare molto indietro per poter continuare ad andare avanti.
Senza dimenticare quello che succede oltre il muro, mai, come oggi, così parte dell’insieme.

Aulla in carpione.
Baccalà, pomodoro e cappero.
Macaron al pomodoro con farcia di coniglio.
Aulla, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
baccalà pomodoro, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
macaron, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ostrica in pineta.
Ostrica leggermente affumicata panata alle erbe, acqua di ostrica. Un piatto del 2014 riproposto in maniera ancora più convincente, con tutto il gusto dell’ostrica maggiormente sotto i riflettori.
ostrica pineta, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Distillato di Genziana di Boroni.
distillato genziana, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Moeche e Polenta in due versioni
Tortino di granchio con polenta croccante e gel di limone.
Brodo di mais affumicato e crema di granchio.
La prima novità è di quelle che fanno sobbalzare dalla sedia. L’idea di fondo è quella delle moeche con la polenta, quindi ancora alto Adriatico nel cuore e nell’anima. Ma quanto disposto sulla tavola non è altro che il mezzo attraverso cui permettere alla mente di viaggiare intorno al mondo.
Ci sono due modi diversi di intendere la cucina, a stretto confronto.
Un tortino “borghese”, intenso, morbido, gourmand, a ricordare vagamente la “crab cake” di Boston; l’immagine visiva che diventa racconto, con il granchio che si libera del suo carapace, proprio come avviene in fase di muta.
E poi il genio che si libera in un brodo di rara intensità, degno delle migliori tavole di Kyoto.
Ancora polenta, ancora moeche, ma in una energia travolgente e sconvolgente.
Dal Delta del Po al resto del mondo, andata e ritorno.
mosche, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Pecorino 2013 Tiberio.
vino, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Melanzana, calamari, pomodori, olive e capperi.
Brodo di olive, capperi e pomodoro; tempura di melanzane; calamari. Continua la grande attenzione per le tecniche giapponesi. La tempura è lievissima e riesce perfettamente a imprigionare tutto il gusto della melanzana. Ma è ancora una volta protagonista il brodo, un concentrato di italianità dalla persistenza infinita.
melanzane calamari, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ravioli Delta del Po.
Raviolo di anguilla, fondo di alzavola e melograno. Un urlo assordante. Questo piatto rasenta davvero la perfezione, sia dal punto di vista concettuale che da quello gustativo.
Un viaggio a ritroso nel tempo, alla corte Estense, alle idee di Cristoforo di Messisbugo, per ritrovare nel passato tutta l’energia da trasferire al presente. Questo è davvero il Delta del Po.
Se solo uno degli ospiti stranieri che frequentano queste mura, ignaro di cosa sia il Delta, andasse su Google a cercarne la storia e la realtà, il gesto sociale del cuoco sarebbe portato a compimento.
Cibo veicolo di cultura e conoscenza.
Raviolo Delta del Po, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento a questi ultimi due piatti: Malvasia 2010 Damijan.
Malvasia, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Astice in doppia salsa spumosa al riesling.
Astice cotto a bassa temperatura, funghi, tartufi, salsa alla bisque e salsa al riesling. Piatto che ammicca fortemente alla classicità francese (nella salsa al riesling, una piccola dose di panna rimanda ad alcune grandi tavole d’Oltralpe), riempie la bocca pur mantenendosi leggero e fresco grazie a una spiccata acidità delle salse. Una sottile nota piccante caratterizza la salsa alla bisque, di rara intensità. Forse difficile trovargli una collocazione concettuale all’interno di questo menù, ma è un piatto che riprenderemmo alla carta a occhi chiusi.
Astice in dubbia salsa, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Astice in doppia salsa, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Farewell Timorasso 2011 – Massa.
Farawelll timorrasso, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Intervallo: rinfreschiamo l’ugola. Gocce di limone concentrato, Mosto d’uva parzialmente fermentato Filari Corti Carussin, Pecorino Tiberio e gazzosa Lurisa. Break on through to the other side!
Intervallo, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
rinfrescante, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Cesar Salad.
Quasi un classico ormai, ulteriormente migliorato nelle proporzioni. 22 tipi di condimenti nascosti nel cuore dell’insalata. Sempre geniale.
Caesar salad, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Birra Beltaine castagne e ginepro.
Birra Beltaine, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Birra Beltaine, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Lo spaghetto che vuole diventare una lasagna.
L’evoluzione 2015 del piatto “La parte croccante della lasagna”. Gli spaghetti vengono cotti, frullati, uniti in impasti diversi con pomodoro, spinaci/bietole e parmigiano. Se ne ricava quindi una pasta che, una volta essicata, permette di ottenere il velo tricolore. Prima del servizio, viene passato al grill per donargli quel sentore di bruciato tipico, appunto, della crosta della lasagna. Alla base un ragù di coda, guancia e lingua di vitello e una crema leggera di parmigiano.
Questo è il piatto da palcoscenico, da esportazione. Lo sa, e non fa nulla per nasconderlo: bandiera italiana a far bella mostra di sé, morbidezza, gusto, contrasti. La lasagna è pronta a fare il giro del mondo.
la parte croccante della lasagna, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Ribolla 2010 Damijan
Ribolla damijan, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Inverno
Zucca, castagna, tartufo nero, erbe aromatiche, foie gras e brodo di funghi. Non è una novità quella di rappresentare in pochi cm^2 una stagione. Ma non tutti ci riescono così.
inverno, zucca, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Oh deer!
Cervo e foie gras.Infusione di marasche, petali di rosa e pepe rosa.
Rafano grattugiato.
Impronte: rosa, erbe aromatiche, erbe bruciate, frutti rossi, limone e polvere d’oro.
Un piatto davvero pop nella sua componente visiva. Si parte da una base fortemente classica (la carne con la salsa) per muoversi a passo di funk. O dall’idea mitteleuropea che vede associare la selvaggina a qualcosa di dolce (spesso marmellata) per arrivare a questa infusione dolce ma sferzante nella sua acidità. Con il pepe che esce piano piano.
E poi le finte impronte, dalla realtà (i frutti rossi, il bosco) fino al sogno (i limoni e l’oro, acidità e pulizia).
Questo è avere una visione nitida di quello che si vuole fare.
cervo e foie gras, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
cervo e foie gras, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Passo Nero 2011 – Arianna Occhipinti.
passo nero, occhipinti, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Tortellini tradizionali in crema di Parmigiano Reggiano.
Una nostra richiesta esplicita, per appagare il bambino che è in noi. C’è voglia di futuro…
Tortellini tradizionali, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
…magari direttamente dalla pentola.
tortellini direttamente dalla padella, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Trebbiano 2011 Tiberio Fonte Canale
trebbiano, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Predessert – Rosso: radicchio, rapa rossa, alkermes, concentrato di melograno, yogurt e aceto di mele. Il predessert che voleva essere un dessert. E potrebbe tranquillamente anche esserlo.
Pre dessert, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Una passeggiata nel bosco.
Topinambur, nocciole, erbe, gelato ai frutti di bosco. Prima di tutto una bellissima presentazione. Poi tutte le essenze, le concentrazioni, che hanno fatto grande questa tavola.
una passeggiata nel bosco, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ravioli di cioccolato e lenticchie, salsa al panettone, lenticchie e oro.
La ricchezza (oro) nel recupero (panettone), la rottura tra dolce salato (dove finisce uno e inizia l’altro?), lo studio della forma e dei colori (sembra un quadro di Klimt): tutto è costruzione maniacale, tutto è studio esasperato nel minimo dettaglio.
Raviolo di cioccolato e lenticchie, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Pane e oro.
Ecco il piatto pensato per l’Expo 2015.
Tre semplici ingredienti: latte, pane vecchio, zucchero.
E poi l’oro, a rappresentare la nobiltà che si può ritrovare anche negli ingredienti più semplici. Il ricordo del bambino e di una Italia che forse non c’è più (il pane inzuppato nel latte e zucchero) diventa il presente e, attraverso il gesto del recupero, si trasforma in un atto etico e in un simbolo di sostenibilità. Si trasforma, quindi, in futuro.
Spuma di pane tostato, cialda di zucchero e polvere d’oro, caramello salato, gelato di latte e zucchero.
Nutrire il pianeta, energia per la vita. Ci sembra un dessert sufficientemente significativo.
Pane e oro, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Piccola pasticceria
Piccola Pasticceria, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena

In un momento non particolarmente felice dal punto di vista economico, a Modena esiste e resiste un ristorante che piacevolmente sorprende per affluenza, servizio e qualità espressa. Si chiama L’Erba del Re ed è diretto dallo chef Luca Marchini.
Nella zona della chiesa della Pomposa, luogo di ritrovo per i giovani modenesi, sotto i caratteristici portici, una porta di vetro satinato introduce ad una sala sobria, elegante e raffinata. Lo chef accoglie i clienti, li accompagna quasi a volerli mettere a proprio agio, e li affida al maestro di sala che coadiuvato dai numerosi collaboratori accende la “giostra” che impeccabilmente li ammalia e li coccola. La moquette scura attutisce i passi che compongono la circolare coreografia del servizio di sala. La sommellier Silvia Brunello studia attentamente i vini da abbinare ai piatti scelti. Luca Marchini passa tra i tavoli, intrattiene, racconta la sua filosofia di cucina, ascolta i commenti interessato. Siamo al cospetto di un ristorante con la R maiuscola, sotto tutti i punti di vista.
I maestri dello chef aretino trapiantato a Modena, Bottura, Barbieri e Jean Luis Nomicos, hanno trasmesso all’allora allievo il concetto più alto della ristorazione. Pulizia, delicatezza, ragionamento ed estro sono nelle corde di questo dottore in economia sedotto dalla cucina, ormai maturo e professionalmente sensibile. I piatti si presentano in realtà piuttosto elaborati, spaziando dal moderno al classico senza inciampi imprevisti, andando a cercare di toccare corde profonde, pur senza riuscirci sempre, nell’intento di stimolare appetiti dimenticati.
Il risultato è di certo molto interessante, con il beneficio del dubbio che scaturisce in certi passaggi in cui il piatto, una volta raggiunto l’equilibrio tra sapori e consistenze, invece di fermarsi, proseguiva aggiungendo altri elementi, forse superflui. É questo il caso della triglia fritta in farina di semola, gelato al cren, crumble di capperi e melone di lamponi, in cui nulla si può definire fuori posto, come allo stesso modo null’altro si può credere indispensabile alla riuscita del piatto stesso.
Tutt’altra storia invece per quanto riguarda gli scampi marinati con cipolle bruciate, centrifuga di salicornia e fondo di maialino da latte, che insieme si armonizzano creando un particolare gioco tra grassezza, nota vegetale e sentori iodati. Ma, come già accennato, Marchini sa trattare anche la tradizione come pochi altri colleghi. I tortellini in brodo di cappone sono un trionfo di essenza emiliana messa a bagno in un brodo ristretto di incomparabile bontà.
L’acqua nei bicchieri non viene mai a mancare, i vini in abbinamento vengono versati con puntualità svizzera, dal modo di porsi dello chef si intravede una certa somiglianza con ciò che ci circonda. Un ristorante ed una cucina fatti a sua immagine. Pacato, distinto, a tratti conturbante. Accoglie le critiche e rilancia con qualche provocazione. Intavola argomenti che fanno discutere. Chiacchiera con i clienti nella stessa maniera con cui tratta la materia prima, delicatamente e con grande rispetto.
Una cena all’Erba del Re è un’esperienza più profonda di quanto si possa credere. Passeggiando per la sorridente Modena andando verso la macchina, il dubbio di non aver capito appieno ogni singolo passaggio creerà diverse domande alle quali sarà molto difficile dare una risposta. Pare di essere stati al cospetto di un’arte non definitivamente compiuta, che per questo fa riflettere, ma non delude. Forse è proprio questo l’obiettivo primo di Luca Marchini, dell’Erba del Re, e chissà, del suo modo di concepire e di proporre la cucina.

Dettaglio della sala.
sala, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Il benvenuto dello chef: Hamburger di nero di seppia con maionese di pesce e grissini fritti.
hamburger di nero di seppia con maionese, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Il pane fatto in casa.
pane fatto in casa, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Scampi marinati con cipolla bruciata, centrifuga di salicornia e fondo di maialino da latte.scampi marinati, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Merluzzo nero, scarola alla birra, caramello ai lamponi, quinoa soffiata ed emulsione di pesce. Primo piatto un po’ confuso. Tutti gli elementi sono buoni se presi singolarmente ma nel complesso non raggiungono quella coesione in grado di definire il piatto.
merluzzo nero, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Triglia fritta con farina di semola, gelato al cren, crumble di capperi e melone di lamponi.
Triglia fritta, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Cervo affumicato, mandorle al pepe, fichi essiccati. Buon passaggio.
Cervo affumicato, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Pane, pasta e molluschi. L’Emilia che incontra la Francia, in un piatto equilibrato e molto goloso. Ottimo.
pane pasta e molluschi, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Tortellini in brodo di cappone. Straordinari.
Tortellini in brodo di cappone, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Piccione grigliato, salsa di mais e peperone rosso. Il piccione prima di essere cotto viene lasciato in ammollo in una leggera marinatura che serve ad intenerire le sue fibre. Risultato sorprendente.
piccione grigliato, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Castagne, melograno, zucca e mandarini. Omaggio all’inverno in un dessert che grazie all’affumicatura delle castagne sprigiona un romantico senso nostalgico.
Castagne melograno zucca, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, L'Erba del Re, Chef Luca Marchini, Modena

Palermo, Emilia, Sicilia, Ravarino.
Storie italiane che si intrecciano a formare una matassa di cui si fa fatica a trovare il filo.
Storie di uomini, passioni, felicità, paure e ripide salite.
Perché fare impresa, soprattutto all’inizio, è una sfida contro tutto e tutti.
I tavoli vuoti fanno tremare le gambe, le insicurezze smorzano gli entusiasmi.
E allora oggi, quando la ruota comincia a girare più forte e tutti si stanno accorgendo di te, tutto assume un sapore ancora più dolce.
Quel sapore che ha il successo quando è misto a sudore e fatica.
Questa potrebbe essere a lunghi tratti la storia di Rino Duca. Ma in fin dei conti potrebbe essere la storia di molti di noi, con le nostre peculiarità e le nostre note di colore.
Quello che non cambia è la fatica, l’ambizione e la voglia di affermarsi attraverso il lavoro.
Storie, di provincia italiana.
Di questo parlano i piatti di Rino: di un uomo che viaggia, legge, osserva, curiosa dietro l’angolo e poi rielabora.
Mediterraneo nei sapori e nei colori.
Ci ha ricordato un altro uomo della provincia italiana, quel Peppe Bonsignore, Oste in Licata, che come Duca ha tanto da raccogliere nel suo futuro.
Cucine immediate, forti, precise nel gusto come una lama affilata: la Sicilia più autentica e diretta.
Il curioso lo ritrovi nei richiami a cuochi e cucine magari solo annusate: Uliassi, per esempio, ma anche il recente stage da Crippa ha lasciato il segno, nella pulizia, nelle erbe, nella costruzione del piatto.
Non stiamo parlando di fuoriclasse, ma di grandi lavoratori italiani, che sanno fare dei piatti belli, buoni e appaganti. Che sanno regalare un paio di ore di grandissima piacevolezza, al giusto prezzo.
Non è poco. No, non lo è, è tantissimo.
L’Emilia si arricchisce di un altro felice interprete, che sa mischiare con leggerezza Sud e Nord, che riesce a portare nel piatto il sorriso e l’allegria che pervade quella che è una semplice Osteria di Paese, o almeno la sua versione targata duemila.

Amuse-bouche: foie gras, fragole e nocciole.
Amuse Bouche, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Gambero di Mazara, margherita e agrumi.
Gambero di mazara, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Seppia e asparagi: salsa di prezzemolo, salsa di aglio, salsa di fegato di seppia e nero di seppia.
Seppia e asparagi, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Scampo alla catalana: scampo crudo con verdure, salicornia. Il piatto viene strofinato con foglie di verbena che caratterizzano molto il profilo aromatico.
Scampo alla catalana, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Insalata sporca di terra: ricotta, alici marinate, semi girasole, terra di…liquirizia, capperi, carbone vegetale, cacao e polvere di pomodoro. Tanto Bottura, tanto Crippa, almeno nell’idea iniziale. Ma lo sviluppo è personale e davvero convincente.
insalata sporca di terra, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Polpo, patata affumicata, pesto di alghe, olive nere, polveri di capperi. Un piatto che ricostruisce passo dopo passo le sensazioni che può dare un grande tè verde giapponese, tra noti di affumicatura e sensazioni erbacee e marine. Notevole.
polpo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Bastoncino di gallinella, maionese senza uovo al nero e crema di cavolfiore: l’unico piatto che ci ha convinto poco. Buono, molto gourmand, ma lontano dalla freschezza e leggerezza degli altri piatti.
Bastoncino di gallinella, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Panelle!
panelle, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Dentice, salsa di pomodoro crudo, basilico greco e polvere di pomodoro.
Dentice, salsa, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Spaghetti “Verrigni” al ragù di nero di seppia all’essenza di mandarino: un piatto di Pasta con la P maiuscola, quello che ti riempie la bocca e ti scatena una tempesta di endorfine.
Spaghetti, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Tonno al ricordo di Palermo: impanato al pomodoro, con erbe, sale estratto dai capperi, insalate di arance e finocchi. Servito solo scottato, continua la cottura al tavolo in quanto servito su piatto rovente. Ottimo.
Tonno al ricordo di Palermo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Tonno al ricordo di Palermo, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Pane ca’meusa: Sicilia!!
Pane cà meusa, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Spuma di yogurt, salvia ananas, pepe di Sichuan e meringa.
Spuma di yogurt, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Fragola, aceto balsamico, crumble, rucola selvatica, fiori di genzianella, erbe di campo e ricotta.
Fragola, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Cannolo con mandorle tostate, cacao e cannella.
Cannolo, mandorle, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Malvasia di Candia Vej 2011 – Podere Pradarolo: metodo classico non dosato, lunga macerazione (60 giorni). Sapido, floreale, erbaceo con note anche amarotiche. Veramente un buon amico.
Vej, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Zibibbo di Barraco.
Zibibbo di barraco, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino
Lambrusco di Sorbara – Cantina della Volta.
Lambrusco di sorbara, Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino

Il Grano di Pepe, Chef Rino Duca, Ravarino