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Guido da Costigliole

Guido e Costigliole sono stati per quarant’anni un binomio indissolubile e, ancor oggi, ogni volta che si passa in paese l’emozione sale ripensando a quel tempio che tante gioie ha regalato.
Un luogo mitico, creato con lungimiranza e in controtendenza alle mode del momento da Guido e Lidia, che gettò le basi per il rinnovamento della ristorazione nelle Langhe: era il 1961 e da allora Guido da Costigliole divenne un punto di riferimento per i buongustai di tutto il mondo.
Da Guido si poteva solo cenare e solo su prenotazione, vi era un unico menù degustazione, una carta dei vini formidabile, una grande cucina, ma soprattutto una splendida famiglia al lavoro, gli Alciati: ambasciatori insuperabili della grande cucina italiana e maestri nell’arte dell’accoglienza.
Dal 2002 il ristorante si è trasferito nella nuova sede di Santo Stefano Belbo nelle cantine del Relais San Maurizio, un ex monastero Cistercense del diciottesimo secolo sapientemente ristrutturato e adibito ad albergo di charme.
Purtroppo, dopo Guido, anche Lidia ci ha lasciati, e la sua eredità è stata raccolta da Luca Zecchin in cucina, mentre in sala il figlio Andrea, valente sommelier e grande appassionato d’arte, si occupa della cantina con Monica Magnini che dirige la sala.
Oggi, a fianco ai grandi classici della casa, hanno fatto capolino diversi piatti di concezione moderna, molti dei quali dedicati al pesce.
Certo, qualcosa dell’atmosfera di un tempo si è persa nel passaggio di consegne generazionale: ci si sente più clienti e meno ospiti rispetto a una volta, i coperti sono molti ed il servizio, seppur cortese ed efficente, non può più essere sartoriale come prima.
Dalla cucina qualche alto e basso: fenomenali come sempre gli agnolotti ai tre arrosti, sia nella versione al sugo d’arrosto sia quelli semplicemente serviti nel tovagliolo, molto buoni anche i “capunet” foglie di cavolo verza ripieni, e goloso l’uovo fritto con salsa al tartufo.
Poco saporito invece il risotto con le spugnole e poco convincente il brasato cotto a bassa temperatura, eccessivamente sfibrato, quasi “bollito”, con una salsa di scarsa incisività e troppo pepata.
Splendida la carta dei vini, che conta oltre 2.500 etichette, con in evidenza il Piemonte e la Francia, ma in cui è ben rappresentato anche il resto del mondo; il tutto proposto a prezzi più che ragionevoli.
Nonostante tutto, una tappa imprescindibile per chi voglia provare alcuni classici di Langa ai massimi livelli e rendere omaggio a una famiglia che molto ha dato e molto ancora darà al mondo enogastronomico nazionale.

Sala e mise en place.


Merluzzo, tartufo e funghi.

Vitello tonnato.

Terrina di coniglio marinato.

Tagliatelle al tartufo nero.

Ravioli al nero di seppia.

Lonza del coniglio grigio di Carmagnola.

Panna cotta.

Le viole sono nell’aria.