Passione Gourmet lago di Como Archivi - Pagina 2 di 3 - Passione Gourmet

Collina

Un’eccellente cucina di lago, con vista sulle colline bergamasche

Cuoco molto preparato, Mario Cornali è anche una persona intelligente e di buona cultura: una personalità poliedrica, che aggiunge all’amore per la cucina la passione per le arti: pittura, scultura e, soprattutto, scrittura, così, tra una chiacchiera e l’altra, scopriamo, tra l’altro che, dopo aver pubblicato un libro di aforismi, ha da poco dato alle stampe un libro sulla complessità dell’atto creativo.

E, d’altra parte, un atto creativo non da poco è stato quello di trasformare una bella e panoramica location per banchetti in un ristorante di tono. Oggi, grazie al suo impegno appassionato, il Collina non è solo un ristorante in cui si mangia molto bene, bello, elegante e arredato con grande gusto, ma anche uno spazio multiforme che ospita concerti ed eventi e, al cui interno, sono esposte opere di artisti locali.

Gli ambienti sono raffinati: le due sale sono entrambe dotate di ampie pareti a vetro dalle quali l’affaccio sui colli che circondano Bergamo è impareggiabile. La cucina, chiaramente, è pensata ed elaborata in una forma quasi concettuale, ma si esprime al meglio delle sue capacità col pesce di lago, di cui Cornali è oggi certamente uno dei massimi interpreti.

Una cucina ricca di fantasia, capace di rispettare ed esaltare il prodotto

Materia prima impeccabile, grazie a rapporti ormai consolidati con i migliori pescatori del Lago di Como – che è più vicino di quanto potrebbe sembrare – ed esecuzioni sempre molto felici tratteggiano il profilo di una cucina in continua evoluzione, moderna, leggera, ricca di contaminazioni e contrasti e dove il pesce di lago è declinato a 360°, con esiti a volte sorprendenti come nel caso del Lachburger, perfetta riproposizione di panino con hamburger – di lavarello, trota e luccio – in cui centrale si rivela il contrappunto dato dalle salse: un’eccellente salsa barbecue maison e una golosa crema di missoltini. Molto interessanti anche il crudo di salmerino, a cui gli agrumi regalano la giusta vivacità e toni acidi perfettamente calibrati, e il pescato del giorno proposto con menta, lime e carbone di olive.

…di lago e non

Ma una menzione la merita anche Montagna: succulento controfiletto di cervo splendidamente accompagnato da gelato al fieno, cristallo di grappa e crema di mirtilli, così come i dessert, tra cui segnaliamo Essentia, ovvero una mousse al cioccolato con sfoglia di cacao, spugna alla liquirizia, crema inglese alla mirra e cedro candito.

La cucina del Collina – a nostro giudizio alquanto sottovalutata – oggi regala molti stimoli interessanti e lo fa, tra l’altro, rifuggendo da qualsiasi forma di banalità. È, quindi, una tappa irrinunciabile per i gourmet della zona. Provare per credere!

La Galleria Fotografica:

 

Il Lago di Como e il resto del Mondo

Una visita da Materia porta inevitabilmente a riflettere sul tema del “territorio” e sui vieti luoghi comuni che spesso si ripetono in proposito quando si parla di cucina contemporanea.
La cucina di Davide Caranchini, il giovane chef alla console di questa impresa giovane ed entusiasta, di sicuro non prescinde dalla memoria e dagli ingredienti dei luoghi che la ospitano, ma si estende, con bravura, all’intero “territorio” mentale dello chef; una geografia fatta delle sue esperienze internazionali, della sua evidente passione per l’Oriente (Corea e Giappone in primis), della sua curiosità nell’esplorazione di visioni alternative della tradizione.
Nessuna con-fusion, perché se c’è una cosa che appare chiarissima sin dagli amuse-bouche è la consapevolezza, la sorprendente maturità di ogni scelta, anche la più ardita, che più che dalla voglia di stupire nasce da ricerca e passione.
Il locale è molto semplice, funzionale più che elegante; il servizio di sala, giovanissimo, è evidentemente felice di far parte di un progetto così innovativo e interessante, fuori dalle rotte più battute.
Al momento della scelta, oltre a una carta piena di piatti, potrete optare per uno dei 3 menu: classico (per i meno temerari), vegetariano o mano libera, declinato in una versione più corta e una estesa.

Originalità e grande tecnica

Avendo deciso per il mano libera, abbiamo avuto come presentazione, prima ancora degli stuzzichini iniziali, un rinfrancante dashi, in cui il missoltino prende il posto del tonno, affiancando mela, alga kombu e olio al cedro: un biglietto da visita coerente col percorso successivo.
Percorso nel quale si spazia tra Lago di Como e resto del mondo, in un succedersi di idee spesso molto originali e affiancate da una tecnica limpida. La cosa incoraggiante è che i piatti meglio riusciti sono i più recenti, in particolare la splendida Animella con giardiniera di verdura, salsa di rosa canina timo e limone e anche quello meno perfetto – il suo classico Cavolo rosso con midollo affumicato, latte di mandorle amare e caviale, in cui forse l’acidità è sin troppo spinta per poter valorizzare al meglio le nobili uova – è comunque originale e stimolante.
Caranchini sa fare piatti golosi, come il Tortello di scalogno ed erbe amare, panna e karkadè, che strizzano l’occhio al passato, ma non sono mai vuote riproposizioni di piste già battute. E, allo stesso tempo, sa prendere il classico e rovesciarlo dall’interno, come nel dessert conclusivo – verza patate e orzo – che fa di questa classica preparazione territoriale un dolce modernissimo, in cui l’orzo è presente in forma di kombucha, a ribadire una passione smodata per le fermentazioni.
La carta dei vini non manca di bottiglie interessanti e ben prezzate, ma, probabilmente, con una proposta così varia l’abbinamento al calice è la soluzione migliore.
Una tappa da non perdere tra le nuove cucine italiane, capace di colpire al cuore e al cervello (ci ha impressionato sentire l’entusiasmo di un gourmet transalpino seduto al tavolo vicino, visibilmente sorpreso dal livello complessivo della proposta), che continueremo a seguire, certi che saprà continuare a divertirci.

La galleria fotografica:

In una Como ormai orfana di Lopriore e più in generale avara di buone tavole, The Market Place ci ha sorpreso positivamente.
Il ristorante nasce grazie all’impegno e alla volontà dello chef Davide Maci, desideroso di realizzare un proprio progetto in patria dopo una lunga e proficua esperienza all’estero, in particolare a Londra allo Sketch Restaurant di Pierre Gagnaire e a Versailles, al Trianon palace di Gordon Ramsay.
Chef cosmopolita, Maci che ha trasmesso questa caratteristica anche nella struttura e negli arredi del locale, impreziositi dall’originale uso delle cassette di legno alle pareti che evocano i mercati di una volta.
D’altra parte già il nome è indicativo dell’impostazione e del tipo di cucina che troverete: cucina del mercato. Mai troppo complicata, fatta di cotture brevi, rispettose di una materia prima necessariamente freschissima. Cucina del mercato e quindi anche stagionalità degli ingredienti e delle preparazioni.
E maniacale cura per ogni aspetto, nulla è lasciato al caso: tutto è fatto in casa, dai buoni pani a tutte le paste fresche (lo chef ha scelto di non servire pasta secca).
La cucina si fa apprezzare anche per la capacità di dosare perfettamente le componenti aromatiche dei piatti, in modo da riuscire ad ottenere sempre un risultato di grande equilibrio al palato.
A pranzo Business Lunch con 3 portate acqua e caffè a 25 euro, altrimenti, oltre alla carta, due i menu proposti: uno “classico” con preparazioni di stampo più tradizionale, e uno definito “gourmet”, con piatti un po’ più strutturati. Peraltro, in abbinamento al menu Gourmet, vengono proposti anche una serie di cocktail davvero interessanti e ben eseguiti.

Per inciso, lo chef ha aperto a breve distanza dal ristorante il Fresco Cocktail Shop, locale dove è possibile bere cocktail realizzati con ingredienti insoliti ed innovativi, che sta riscuotendo un meritato successo.

Noi abbiamo ordinato dalla Carta, e il risultato è stato davvero soddisfacente.
Due piatti che sintetizzino la filosofia del locale?
La Cipolla fondente su crumble al cacao, schiuma al parmigiano e nocciole, una sorta di versione rustica e meno elaborata della cipolla di oldaniana memoria. Servita in abbinamento con un consommè di manzo con funghi shitake e timo. Piatto da “mercato”, ma tutt’altro che semplice, perfettamente riuscito in primis nella fusione degli elementi aromatici che, tutti, fanno la loro parte senza prevaricazioni di sorta.
Citazione d’obbligo anche per gli Gnocchi di patate, crema di cavolfiore, cime di rapa, burro al caffè. Ingredienti semplici e tanta cura. Gnocchi di impareggiabile morbidezza, cima di rapa appena scottata, crema eseguita alla perfezione e importante carica aromatica data dal gusto importante del cavolfiore che boccone dopo boccone lascia il posto all’aroma del caffè. Chapeau.
E con piacere poi si scopre che neanche i dessert deludono.
Una cucina leggera, essenziale, moderna. Oggi, a Como, un indirizzo da non perdere.

Cipolla fondente, su crumble al cacao , schiuma al parmigiano e nocciole, accompagnata da consommé di manzo con funghi shitake e timo.
Cipolla Fondente, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
consommé, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Uovo poché, spinaci, porri, tartufo, schiuma di parmigiano.
Uovo poché, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Tagliolini aglio e olio, carpaccio di gamberi, acetosella. Molto buoni, nel loro genere delicati, fantastica la consistenza del tagliolino.
tagliolini, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Gnocchi di patate, crema di cavolfiore, cime di rapa, burro al caffè.
gnocchi di patate, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Galletto, crema e chips di mais, scalogni affumicati. Cottura perfetta.
galletto, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Risotto alla mela e dragoncello, animelle di vitello. Chiari e scuri. Buona componente aromatica, buone le animelle perfettamente cotte e spurgate. Manca a nostro giudizio un pò di cremosità per essere un risotto.
Risotto alla mela, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Un assaggio di ottimo purè di patate.
purè, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Tartelletta alle pere, mousse di cioccolato al latte, glassa al caramello, gelato al cocco.
Cartelletta alle pere, The Market Place, Chef Davide Maci, Como
Lemon tart, meringa all’Italiana, pasta brise, crema e gelatina al limone, foglie di melissa.
Lemon tart, The Market Place, Chef Davide Maci, Como

520

La storia di Ettore Bocchia è stata a lungo, e forse lo è ancor oggi, legata al manifesto della Cucina Molecolare Italiana che nel 2003 scrisse assieme a Davide Cassi, docente del dipartimento di Fisica dell’Università di Parma e massimo esponente di questa disciplina in Italia e tra i maggiori al mondo. Un tema, e il suo termine correlato, che oggi è visto con grande diffidenza e sospetto. Perché come tutte le notizie del nostro tempo, veloci e mai approfondite, vivono degli slogan e dei messaggi coniati dai media, che oggigiorno hanno la grande responsabilità di tutte le false e tendenziose pseudo-notizie del globo. E’ l’era dell’accesso, come amava definirla Rifkin, in cui nulla si approfondisce e tutto rimane latentemente in bilico tra verità e scoop, tra fandonie, mistificazioni e fraintendimenti.
Per wikipedia la Gastronomia Molecolare “è una disciplina che studia le trasformazioni che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione, ed ha quindi fra i suoi obiettivi quello di trasformare la cucina da una disciplina empirica ad una vera e propria scienza”. Apparentemente nulla di nuovo. Ma se approfondiamo con più attenzione il trattato del duo Bocchia-Cassi scopriamo altresì che questa disciplina non fa altro che tentare di sintetizzare, organizzare e rendere appunto evidenti scientificamente secoli di pratica empirica tra fuochi prima e fornelli dopo. Per evitare errori, per non demandare al caso la riuscita di una cottura, di una preparazione, di un’elaborazione della materia edibile.
Niente di esoterico, o di fantascientifico e, soprattutto, di malsano. E’ semplicemente il progresso, il tentativo di una comprensione profonda degli accadimenti, per catalogarli, definirli, circoscriverli e renderli replicabili.
Questo per chiedervi (e per chiederci), quale sia in sostanza il risultato finale a cui giunge un cuoco che, dopo aver nel tempo conosciuto ed approfondito maniacalmente le basi dell’alta cucina classica, applica gli studi effettuati al suo lavoro quotidiano.
Il risultato è straordinario e l’emblema di questo percorso è il “rombo assoluto” cotto nello zucchero. Punto primo: selezione di una materia prima straordinaria. Punto secondo: studio scientifico approfondito per comprendere temperature e tecniche per la migliore cottura. Punto terzo: studio degli abbinamenti migliori per contornare la preparazione. Risultato? S-T-R-A-T-O-S-F-E-R-I-C-O. Una cottura mai vista, che ha preservando freschezza, textura e sinuosità delle carni. Ma lo zucchero in cottura? Una preparazione dolce? Niente affatto, amici miei: ecco uno dei primi miti sfatati, come tanti altri del resto.
Come è arrivato sino a qui Ettore Bocchia? Per comprenderlo fino in fondo mancano forse una serie di passaggi intermedi molto importanti. Quelli che, dal 2003 ad oggi l’hanno portato in giro per l’Italia, e non solo, alla ricerca delle migliori materie prime del pianeta, che ha selezionato e introdotto nel ristorante posizionandolo conseguentemente tra i primi per qualità della materia prima proposta. Quelli che, dopo la maturità, l’hanno convinto a disperdere le tecniche, a non evidenziarle nel piatto, ma a renderle perfettamente e millimetricamente funzionali alla riuscita di una preparazione eccelsa. E’ la maturità la chiave di Ettore Bocchia, meno infervorato ed estremo di un tempo, convinto che il primo pensiero di un cuoco sia la felicità del commensale. Ecco quindi che tutto ciò si evidenzia nella rivisitazione delle ricette dell’alta cucina internazionale (a titolo di esempio l’Aragosta alla Thermidor) con sapienza, rispetto e una grande dose di tecnica.
Siete convinti? Avete sempre la possibilità di andare a scoprirlo da soli, in uno dei migliori ristoranti di alta cucina internazionale d’Italia, con una vista mozzafiato su uno dei laghi più incantevoli al mondo, incastonato in una villa da sogno. Occhio che tutto questo ha un prezzo, e non aspettatevi che sia a buon mercato, ma ne vale la pena. E poi cos’è il buon prezzo oggi se non una impagabile esperienza? Garantito.

Foto di Bob Noto

Ostriche e caviale su cremoso di finocchi, spuma di limone naturale.
520
I capelli d’angelo con crema di caprino, capesante di fondale crude, caviale e capperi.
520
Il rombo assoluto cotto nello zucchero con spuma di patate e verdure al vapore.
520
I tortellini di pasta fresca ripieni di pavone con brodetto di volatile e funghi misti.
520
Ne carne ne pesce: le cosce di rana croccanti alla milanese, le lumache glassate con purea di vegetali in crema acida di patate.
520
Le 3 versioni del tonno rosso: la tartare con uovo di quaglia e sesamo, la ventresca caramellata alla soia, il ristretto di katsu o buschi con funghi enoki e coriandolo.
520
520
520
Il petto di piccione al vapore farcito con fegato grasso in crosta di tartufo. La coscia croccante, zucca fondente e insalata di spinaci in germoglio.
520
La pesca melba con gelato all’azoto liquido.
520
Ed i nostri compagni di viaggio…
520
520

Recensione ristorante.

A Lecco, non sul lago ma nella parte alta, sulla strada che porta in Valsassina trovate il piccolo (appena 30 coperti) ristorante della famiglia Ferrari che da diversi anni rappresenta in zona un punto di riferimento per la buona cucina di pesce (di mare). Nasce nel 1984 e negli ultimi tempi si è evoluto grazie soprattutto al bravo e giovane Fabrizio che ha preso in mano le redini della cucina, subentrando alla madre Daria.
Evidente il contributo in termini di creatività che Fabrizio – forte di importanti esperienze all’estero, l’ultima delle quali niente di meno che dal buon Redzepi al Noma – sta apportando alla cucina, soprattutto – come si racconterà – in materia di antipasti. Il tutto senza però, allo stato, modificare del tutto la “filosofia di famiglia” volta ad una cucina di stampo nettamente tradizionale.
(altro…)