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Taian

Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan

Non tutte le ciambelle riescono col buco.
Ad Osaka, tra una miriade di rinomati ristoranti, abbiamo puntato il dito sul Taian, nel quartiere di Chuo-ku, a pochi isolati da una delle aree più frenetiche del mondo, Dotonbori, regno incontrastato del kitsch nipponico, puntellato da migliaia di locali a buon mercato con enormi insegne lampeggianti.
Breve digressione: Osaka è la seconda città del Giappone per numero di abitanti, e contende alla capitale la palma di città più food-oriented del Paese.
Regno dei cibi di strada è culla di alcune delle preparazioni più celebri del Sol Levante: il takoyaki, gustose polpettine di polpo fritte racchiuse in una croccante pastella; lo shabu-shabu, fettine di carne di manzo da immergere in una pentola posta al centro della tavola sopra un fornello acceso in cui cuoce un brodo di verdure; lo hakozushi, o sushi in scatola, così chiamato perchè il sushi non si presenta nella sua forma caratteristica, originaria di Tokyo, ma i sottili filetti di pesce e riso vengono disposti in una scatola di legno quadrata e pressati a mano mediante un coperchio; ed infine la celebre okonomiyaki, che letteralmente significa “cotto alla griglia come più ti piace”, in quanto non ne esiste una vera e propria ricetta e in cui l’ingrediente base non è il riso ma la farina (che lo fa assomigliare vagamente ad una pizza).
Ovviamente al Taian nulla di tutto ciò, siamo distantissimi dal cibo di strada.
È un ristorante che offre una cucina assimilabile a quella kaiseki, senza però le classiche sequenze stagionali made in Kyoto.
L’indubbia elevata qualità degli ingredienti è andata quasi sempre, nel corso della cena, di pari passo con la profondità dei sapori, la finezza dei condimenti, la persistenza gustativa.
Alcune portate, però, si sono perse nei meandri della ricerca estetica, tassello fondamentale su cui poggia le basi tutta la cucina giapponese, ma non hanno raggiunto né il palato, né il cuore, né la mente.
Di contro c’è da sottolineare l’ineffabile sforzo che la padrona di casa ha fatto per mettere noi, unici gaijin, a proprio agio, articolando con notevole difficoltà poche parole in lingua inglese.
Seduti al bancone, abbiamo goduto della vista di una piccola brace dove chef Hitoshi Takahata abilmente grigliava preziosi ingredienti.
Non abbiamo, però, compreso il perché servire la wagyu (memorabile) nello stesso piatto dell’anguilla, consigliando di mangiarle alternate. La sensazione grassa al palato si è acuita sino a saturare inesorabilmente le papille.
Gelatine, come sovente accade a queste latitudini, a terminare il pasto.
Fortunatamente la piccola delusione di una cena al di sotto delle più rosee aspettative è stata mitigata da un conto “umano” che conferma ancora una volta che il Giappone, escludendo alcune ovvie eccezioni di Tokyo e Kyoto, non è poi così caro.

Mise en place.
mise en place, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Zuppa di mais e zenzero in gelatina, granchio e wasabi, tonburi e verdura dal vago sapore di fagiolini, uova di pesce, patate bianche e prugna salata.
zuppa di mais, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Zuppa di abalone e radici di loto con cetrioli, in brodo leggermente affumicato. Molto elegante.
zuppa di abalone, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Sashimi: hako e ricci di mare (perfetti) da accompagnare, a piacimento, con soia, sesamo e funghi essiccati. Perfetto.
sashimi, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Close up dell’hako.
hako, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Close up dei ricci di mare.
ricci di mare, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Indivia con pasta di soia, daikon e noci. Contrasto amaro-dolce non propriamente gradevole.
indivia con pasta di soia, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Composta dolce di biku (?), in cui intingere l’indivia.
composta, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Wagyu di Matsusaka. Eccezionale.
wagyu, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Anago, anguilla di mare.
anago, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Pike conger fritto con sale e limone.
pike conger, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Melanzana, peperoncino verde, pomodoro, ed altre verdure estive in gelatina dal sentore affumicato.
melanzana, peperoncino verde, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Riso in bianco e ayu grigliato. Classico a tutte le latitudini.
riso bianco e ayu, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Sottaceti, davvero salati.
sottaceti, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Zuppa di miso.
zuppa di miso, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Anguria e uva in gelatina.
anguria e uva in gelatina, Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan
Bancone.
Taian, Chef Hitoshi Takahata, Osaka, Japan

Una volta saliti sull’Olimpo ed aver adorato gli Dei, è molto più difficile guardare con animo disincantato gli uomini.
Un viaggio in Giappone sconvolge per sempre l’approccio di un gourmet alla cucina nipponica.
Tornare nel Bel Paese ed avere nostalgia di quegli odori e sapori è traumatico, e lo è ancor di più quando, presi da un incontrollabile desiderio di sushi, ci si ritrova a fare i conti con la triste, italica realtà.
Abbiamo avuto la fortuna (sì, ci vuole anche fortuna a trovar posto su questi sgabelli) di sederci ai banchi di alcuni dei sushi bar migliori di Tokyo, e quindi del mondo, e la nostra idea di quali livelli sublimi possa raggiungere una polpetta di riso e aceto con il pesce adesso è molto più nitida.
Masahiro Yoshitake è uno dei master più acclamati della capitale e come molti suoi colleghi è nascosto in un minuscolo, anonimo appartamento di Ginza.
L’insegna solo in caratteri giapponesi ci induce più volte all’errore su quale possa essere l’edificio giusto. Peraltro il fatto che sia al terzo piano rende il tutto molto più difficile.
In più, essere giunti con 15 minuti di anticipo rispetto all’orario di prenotazione ci ha costretto, seppur gentilmente invitati, a sostare in piedi sul pianerottolo all’ingresso, minuscolo anch’esso.
Sei posti sei al bancone. Stop. Un paio di turni, non di più.
La danza di Yoshitake che cadenza, ritmandoli, i suoi movimenti è quasi ipnotica. Di fianco a lui un paio di apprendisti ai quali è concesso solo lavare e deliscare il prodotto o tutt’al più servire il tè. Il taglio e la manipolazione sono di sua esclusiva competenza.
Sebbene parli solo l’idioma autoctono, Yoshitake, anche con un semplice sorriso, riesce a far sentire a suo agio noi gaijin, gli unici, invero, quella sera.
L’omakase si svolge piacevolmente ed è leggermente più diluito nel tempo rispetto ad altre esperienze. Circa 1 ora e mezza ci hanno consentito di goderci appieno la cena senza subire la pressione da “rush” finale.
A questo bar abbiamo degustato alcuni dei bocconi più prelibati della nostra esistenza, un o-toro fantascientifico ed il fegato di abalone da lacrime hanno segnato il nostro percorso indelebilmente.
Il riso da Yoshitake è abbastanza acido, preparato con l’aceto rosso secondo i dettami “Edomae”, tiepido il giusto, ed il pesce è quanto di meglio Tsukiji possa offrire.
Il wasabi, quello vero, grattugiato al momento, è essenziale per un’ottima riuscita del prodotto finale: un attimo, attraversa il palato, si inerpica nelle narici e svanisce, lasciando l’eredità di un leggero aroma piccante vegetale che acuisce le caratteristiche del riso e pervade dolcemente le papille.
Lo chef compra in prima persona quasi tutta la materia prima e non si avvale di distributori. I suoi ricci provengono esclusivamente da Karatsu, il polpo ed il sea bream da Akashi, Hyogoken and Hagi.
Difficile descrivere le sensazioni provate, in un crescendo di odori e sapori: dal polpo carnoso, tenace e saporito, alle molteplici varianti del tonno, dal calamaro traslucido ai gamberi imperiali leggermente fumè di intensità e persistenza chilometriche.
Questa volta la Michelin ha visto giusto, le 3 stelle ed il conto… stellare, sono strameritati.

Mise en place… nipponica.
mise en place, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Si prepara il wasabi.
wasabi, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Uni pudding: mais, ricci e wasabi.
mais ricci, wasabi, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Tako: Polpo e sale.
polpo e sale, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Master at work.
master at work, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Red snapper.
red snapper, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Abalone (che spettacolo)…
abalone, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
…e il suo fegato, salsa celestiale.
fegato, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
…dove intingere il riso tiepido.
Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Bonito affumicato sui carboni con rafano, porro, zenzero e soia.
bonito affumicato, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Gamberi, alga di mare, cetrioli, melanzane ed aceto.
gamberi alga di mare, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Ika: Calamaro.
calamaro, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Snapper.
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Ay fish.
Ay fish, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Chu toro.
chu toro, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
O-toro, il migliore mangiato nella nostra vita. Grasso, carnoso, saporito. Boccondivino.
o-toro, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Kohada: gizzard shad.
kohada, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Chub mackarel.
chub, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Baby scallop: capasanta.
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Uni: ricci di mare.
ricci di mare, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Kuruma ebi: Imperial prawn leggermente affumicato..prima….
gamberi, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
..e dopo.
Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Unagi: anguilla.
anguilla, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Tamago: frittata dolce.
tamago, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Tè Matcha.
tè matcha, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Brodo di verdure e pesce.
brodo di verdure, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan
Ingresso.
ingresso, Sushi Yoshitake, Matsuhiro Yoshitake, Tokyo, Japan

Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo

Se ci fosse ancora bisogno di prove a testimonianza dell’infinita varietà di tipologie della cucina giapponese, tutte interessanti e spesso didatticamente notevoli, ecco quella, significativa, fornita da questo piccolo ristorante del residenziale quartiere di Aoyama.
Le informazioni che lo riguardano sono tutte accomunate dalla generica accezione di “cucina giapponese” e, oltre all’essere tre volte blasonato dalla Michelin, di questo locale poco altro si sapeva.
Ebbene, ci siamo trovati di fronte a una grande cucina tradizionale giapponese, che oseremmo definire casalinga per come i sapori sono presentati con semplicità quasi rustica.
Niente chirurgica efficacia dei maestri di sushi o ieratica progressione della liturgia di una tradizionale cena kaiseki, tanto per intenderci, ma una rassegna genuina e quasi terragna di sapori e ingredienti tipici giapponesi tale da dare la sensazione all’avventore straniero, qui seduto, di essere un autoctono a tutti gli effetti.
Le presentazioni, infatti, sono semplici, essenziali, spogliate da ogni raffinatezza e orpello formale, col chiaro intento di essere rivolte esclusivamente all’esaltazione del gusto, saporite come solo le grandi cucine territoriali sanno essere.
Una salsa al sesamo, un brodo di castagne concentratissimo, il tofu e la zuppa di miso eccezionali, le verdure da coltivazione biologica: sono tutti elementi che compongono un puzzle di notevole intensità gustativa.
Il locale, situato nel piano sottostradale di un edificio molto difficile da individuare, è di spazi ridotti, quasi angusti, come spesso accade nei grandi ristoranti giapponesi ed è caratterizzato da un arredamento minimale.
Una sala principale con quattro-cinque tavoli, una più intima per chi voglia mangiare separatamente e, soprattutto, un servizio commovente per gentilezza, disponibilità, cortesia e tutto quanto possa far sentire a proprio agio un cliente che, nella cultura dei giapponesi, è considerato a tutti gli effetti un ospite.
Dai sorrisi ai convenevoli, fino all’utilizzo di libri e immagini con gli ingredienti dei piatti per supplire all’atavica e strutturale carenza di qualsiasi idioma europeo, tutto viene utilizzato senza parsimonia e con riverente dedizione lasciando stupiti e quasi imbarazzati.
Per un costo, poi, davvero abbordabile, che permette di poter indirizzare qui anche l’ipotetico amico in viaggio in Giappone e a digiuno di nozioni e di specifico interesse per la cultura gastronomica di questo paese, certi che godrà di un’esperienza a tutto tondo soddisfacente.

Mise en place
mise en place, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Crostaceo con salsa giapponese cotto al forno, insalata con salsa di sesamo bianco e con salsa di uva. Ogni elemento preso singolarmente è davvero buono. Magari la combinazione del tutto è un po’ pasticciata.
crostaceo, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Sashimi di striped jack fish, zenzero e wasabi, foglia di pepe. Wasabi grattato al momento. Buonissimo.
sashimi, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Pacific saury, luccio sauro del pacifico (un pesce azzurro), rapa, rafano, salsa di soia. Sapidità spiccate, rustiche.
pacific saucy, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Castagne, panna e latte. Un po’ abbondante. Concentrazione elevatissima. Niente zucchero aggiunto.
castagna panna e latte, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Bighand thornyhead, salsa di soia, dashi, e tofu. La piacevolezza di una grande zuppa di pesce non speziata.
Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo, zuppa
Abalone fritto, pera, sesamo e bieta.
abalone, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Zuppa di miso e riso con patate, foglie di rape, mirin. Veramente ottima.
zuppa di miso, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Fichi, sciroppo di zucchero e fagioli, riso al latte. Che ve lo dico a fare.
fichi, sciroppo di zucchero e fagioli, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Tisana defaticante all’angelica, menta, ginger.
tisana defaticante, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Interno
interno, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Sala privata con tatami
sala privata con tatami, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo
Cucina
cucina, Esaki, chef Shintaro Esaki, Aoyama, Tokyo

Sushi Mizutani, Hachiro Mizutani, Tokyo

Un ristorante giapponese in cui vietano di fare le foto?
Sembra un ossimoro, ma abbiamo sperimentato anche questo nel nostro viaggio.
Impossibile ottenere una deroga da Sensei Hachiro Mizutani.
Eppure il grande Sushi Master dovrebbe essere rodato alle pubbliche relazioni, avendo un palmarès di tutto rispetto (27imo ristorante per l’Asia best 50’s e 3 stelle Michelin).
Allievo prediletto del grande Jiro, oggi leggenda vuole che nominare il Maestro in sua presenza provochi irritazioni cutanee in lui e di riflesso nei suoi avventori.
Quando si parla di grandi interpreti del sushi, quello di Mizutani è un nome obbligato.
Tanti giovani stanno salendo alla ribalta della scena di Tokyo, su tutti Saito e il suo imprenotabile sushi bar (è l’unico della nostra lista in cui non siamo riusciti a ottenere un posto), ma mostri sacri come Jiro Ono e Hachiro Mizutani continuano a restare al top e a dividere la clientela giapponese e internazionale.
Per alcuni Jiro è inarrivabile e, nonostante il particolare trattamento a cui si è sottoposti nel suo ristorante (si cena in non più di 30 minuti), continuano a ritenerlo l’unico vero Maestro di sushi giapponese.
Un’altra fazione vede invece in Mizutani il suo faro: certamente su questo giudizio incide molto il diverso concetto di ristorazione praticato da Hachiro-san. Da Mizutani i tempi sono molto più dilatati a anche lo chef è molto più disponibile a scambiare battute con i suoi clienti (soprattutto con i connazionali): insomma, un ristorante un po’ più classico, dove rilassarsi e passare una bella serata.
Soffermandoci sul solo sushi, è abbastanza chiaro quale abbia incontrato maggiormente la nostra preferenza in questo viaggio (basta vedere le differenze di voto).
Ma di una cosa siamo assolutamente certi dopo queste diverse esperienze: le differenze tra una casa e l’altra possono essere abissali e non solo per la qualità degli ingredienti utilizzati.
Mizutani propone una idea di sushi estremamente tradizionale, probabilmente più in linea con la tradizione millenaria espressa dalla cultura e dalla cucina giapponese, con al suo centro la filosofia Kaiseki, che impone armonia, contrasti lievi, sapori tenui e molto delicati.
Parliamo del riso: quello di Sensei Mizutani è quasi scotto, compatto, farinoso, poco acidificato e di temperatura più fredda rispetto ad altri. Un abisso rispetto a quello di Jiro per esempio, molto più acido e sgranato. Ma anche enormemente diverso da quello di Kyubei, solo per citare l’esempio del suo vicino di palazzo.
Questa caratteristica a qualcuno potrebbe anche piacere, potendo rappresentare un veicolo più neutro ed adeguato alla materia prima che lo sovrasta.
Per noi non è così: abbiamo trovato molto più efficace il riso acido, compatto ma sgranato, capace di emozionare nel suo connubio mistico con il pesce.
Da Mizutani i sapori sono molto più dosati e, a nostro parere, anche l’esperienza ne risente in maniera significativa. Anche l’uso del wasabi è molto più leggero.
Quella che rimane grandissima è la qualità degli ingredienti (abbiamo mangiato qui il migliore otoro – tonno molto grasso – del viaggio). Così come le movenze ipnotizzanti di un grandissimo Maestro, che taglia il pesce e prepara i pezzi sempre e solo in prima persona: questo è sempre uno spettacolo nello spettacolo nei grandi locali sushi giapponesi che qualsiasi catena non potrà mai uguagliare.
Curioso scoprire che in Giappone hanno i nostri stessi problemi: i giovani si abituano al gusto dei fast food di sushi e non conoscono più la vera arte del sushi Master. Il sushi autentico non sanno nemmeno cosa sia e anche questo mestiere va scomparendo per i grandi sacrifici che richiede.
I danni dell’omologazione del gusto evidentemente non hanno confini.
Un buon maestro di sushi osserva le abitudini alimentari dei suoi clienti , rendendo i pezzi più teneri per chi mangia con le dita, più compatti per quelli che usano le bacchette in modo che un pezzo non si sminuzzi una volta immerso nella salsa di soia. Un buon maestro di sushi è completamente dedito al suo cliente e non delegherà mai il suo lavoro a un apprendista.
Mizutani fa parte di questa categoria, quella dei grandissimi.
Se avete una sola cartuccia da sparare, probabilmente è meglio che spostiate la mira nei sotterranei della metropolitana di Ginza, ma se avete voglia di farvi una idea più chiara di quanto variabile possa essere il sushi a Tokyo, questo è l’indirizzo che fa per voi.

Difficile, come per la gran parte dei ristoranti in giappone, trovare l’entrata.
Anche qui in un piano di un anonimo palazzo del centro di Ginza
Eccovi l’insegna, non scordatela!
Sushi Mizutani, Hachiro Mizutani, Tokyo
L’ingresso con, sullo sfondo, i trofei…
Sushi Mizutani, Hachiro Mizutani, Tokyo
Una foto si, ma solo sua…
Sushi Mizutani, Hachiro Mizutani, Tokyo

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Da Kanda non si viene per caso, situato fuori dalle rotte turistiche e lungo una piccola stradina in un contesto prettamente residenziale. Indispensabile è l’utilizzo di un taxi, senza il quale il rischio di perdersi è altissimo.
La Michelin da alcuni anni pone questo minuscolo ristorante (crediamo non più di 10 mq.) al vertice assoluto della capitale, in compagnia di altre 13 perle, e senza esitazione procediamo al laborioso meccanismo di prenotazione, facendo leva sull’affidabile concierge del nostro albergo alcuni mesi prima della visita programmata.
Ad accogliervi sarà Kanda-san in persona che, invero, con nostra grande sorpresa, affronta, seppur con qualche esitazione, una piacevole conversazione in inglese.
L’ambiente intimo, così raccolto, dà la possibilità di interagire anche con gli altri ospiti, meravigliati della nostra presenza al bancone.
Si stappano bottiglie importanti di fianco a noi, la carta dei vini è finalmente degna di questo nome, così come i suoi ricarichi.
A differenza di molti suoi colleghi, anche più illustri, lo chef vanta numerosi viaggi all’estero e amicizie europee (ci dirà che ha stretto rapporti con Alfonso Iaccarino e che Pinchiorri, quando è a Tokyo, è sovente gradito ospite per deliziarsi con la sua “milanese”), anche se la cultura occidentale non ha permeato la sua cucina, rimasta rigidamente osservante dei dettami della cultura gastronomica giapponese.
La dicitura “kaiseki”, come abbiamo visto in altre recensioni, identifica l’espressione culinaria più raffinata di questo Paese, una fusione di cibo e natura, gusto ed estetica. Kyoto senza alcun dubbio rappresenta la culla di questo rito gastronomico che si officia quotidianamente nelle splendide ryokan, locande tradizionali espressioni massime dell’ospitalità nipponica. E a Tokyo, patria del sushi, è certamente più raro imbattersi nella vera cucina kaiseki, anche se le eccezioni non mancano.
Kanda, ça va sans dire, è una di queste.
Certo, il diktat non scritto che impone il solo utilizzo di verdure e pesce qui non è seguito alla lettera, ma ciò che più conta è il rispetto della estrema qualità e stagionalità delle materie prime.
L’impronta di Kanda-san è fine, leggera, quasi impercettibile, le preparazioni che giungono al nostro tavolo hanno, però, un minimo comune denominatore: la persistenza. A volte giunge inaspettata, altre invece no, come quando viene servito l’ennesimo brodo, caldo o freddo che sia, sempre perfetto, soave ma così intenso.
Kanda-san segue il mantra della estrema freschezza degli ingredienti e così, quale manifesto del suo pensiero, ci vengono portati in visione due guizzanti Ayu che di lì a qualche minuto faranno la loro comparsa nel piatto perfettamente grigliati e affumicati.
La sequenza delle portate alterna caldi e freddi, affumicati, dolci e salati, in un turbinio di sensazioni. Il palato non è mai seduto, sempre stimolato, fatto vibrare.
Che meraviglia quei capellini di soia in brodo freddo, ghiacciato, acidulato. Straordinario l’abalone con funghi ed alghe.
Purtroppo la chiusura dolce è sottotono. La tradizione vuole che si termini con la frutta, fortunatamente di livello eccelso, o più raramente con il gelato.
Non temete, però, la spesa, seppur elevata, è ampiamente ricompensata dalla gioia di sedervi ad uno dei sette posti al bancone e godere di un kaiseki d’autore.

Fico con gelatina di sesamo. Esplosione di dolcezza e note tostate.
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Abalone, funghi, alghe. Materia prima pura e accostamento di sapori fantastico.
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Fat fish con…
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…a latere, wasabi e marmellata salata di prugna.
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Polpetta di pesce, mais e funghi in brodo, di raffinatissima persistenza.
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Oshizushi. Abbastanza raro trovarlo sulle tavole giapponesi. È sushi pressato con un blocco di legno, in questa versione con horse mackarel, foglie di sansho e spremuta di lime. Compatto e concentrato. Le foglie di sansho altro non sono che le foglie della pianta del meglio noto pepe di Sichuan.
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Ayu mostrati vivi e vegeti nella loro dimora..
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…e cotti alla brace e leggermente affumicati, pochi secondi dopo. È l’emblema di ciò che la freschezza degli ingredienti rappresenta per i giapponesi.
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Servito nel modo caratteristico, “in piedi”. L’Ayu è un pesce di fiume molto pregiato e particolarmente dolce. Viene mangiato intero.
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Bonito con peperoncini verdi…
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…soia e mostarda.
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Verdura il cui succo, violaceo, è naturale. Turgida e “carnosa”.
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La versione giapponese della “milanese” con insalatina condita in modo fantastico, acidula e fresca. Materia prima, neanche a dirlo, stratosferica.
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Brodo con pesce (particolarmente grasso), polpetta di pesce e sesamo, funghi e verdure. Meraviglioso. Leggermente acidulato, di una persistenza e freschezza inaudite.
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Spaghettini di soia in brodo, freddi, quasi gelati, con erba cipollina. Si gioca con i contrasti di temperature. Il palato viene resettato, ma la profondità di gusto è allineata alle portate precedenti.
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…si risale di temperatura con il tè nero.
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Gelatina di anguria.
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Gelato al tè e caffè.
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Ingresso esterno.
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Ingresso interno.
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