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Hotel Arts

L’hotel Arts è molto più di un semplice hotel.
Costruito tra il 1988 e il 1992 all’entrata del Port Olímpic di Barcellona, nel complesso sviluppato per i Giochi olimpici del 1992, questo 5 stelle lusso di proprietà del gruppo Ritz-Carlton è diventato una vera e propria icona della città catalana.
Con i suoi 45 piani per 154 metri di altezza, svetta sullo skyline di Barcellona e caratterizza in maniera inequivocabile la zona del Porto Olimpico.
Progettato dallo Studio Skidmore, Owings and Merrill, ma in particolare dall’architetto Bruce Graham, che ha scelto giustamente il vetro come materiale principe, avvolgendo poi il grattacielo in una struttura metallica bianca.

483 stanze con vista sulla città o sul mare, tra cui 56 executive suites, una Arts suite, una Mediterranean Suite, 26 Appartamenti che occupano gli ultimi 9 piani, una Royal Suite e una Presidential Suite.
Sono ovviamente da scegliere le camere con vista sul mare, il vero valore aggiunto di questo splendido albergo.
In camera: televisione e stereo Bang & Olufsen, ampio bagno con vasca e doccia, angolo relax, utilizzo gratuito della macchina del caffè Nespresso.
Disponibile anche il servizio “Club Level”, con un concierge e una club lounge dedicata con una offerta culinaria durante tutta la giornata.

Sono presenti 5 diversi ristoranti, tra cui spiccano il ristorante “Enoteca” , affidato allo chef Paco Perez del ristorante Miramar di Llança, e il ristorante Arola, dell’ononimo chef.
Fiore all’occhiello la SPA al 43° piano, tutt’altro che ampia, ma con una vista unica sul mare e tutta la città di Barcellona.
Giardino, piscina all’aperto, palestra con attrezzi Technogym aperta 24h/24h, Casinò… non manca davvero niente a questo albergo.
Il grande pesce in acciaio color bronzo (Peix d’Or), opera di Frank O. Gehry, è un altro degli elementi emblematici del contesto dell’edificio: meraviglioso in particolare al tramonto, quando la luce crea dei bellissimi riflessi sulla superficie della scultura.

Se dovessimo indicare un difetto strutturale, segnaleremmo la mancanza di una vera e propria spaziosa hall di ingresso (l’entrata al primo piano è solo un passaggio per l’ascensore).
Ma il difetto maggiore è il costo degli extra: in una struttura con camere a queste fasce di prezzo, è veramente inspiegabile far pagare il wi-fi (25 euro al giorno!) o una bottiglia d’acqua in camera 14 euro.
Dettagli che non intaccano comunque il livello generale, davvero di altissimo profilo.

L’ingresso al piano terra.
ingresso, Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Il lungo corridoio dove si trova la conciergerie.
lungo corridoio, Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Gli spazi comuni sono ricchi di fiori.
spazio, Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
…e opere d’arte.
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
La camera.
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Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
La tv e lo stereo sono Bang & Olufsen.
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Macchina e caffè Nespresso a disposizione gratis.
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I costosissimi extra.
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
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Bagno con doccia e vasca.
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Kit di cortesia.
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Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Controlli dal comodino di fianco al letto.
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Il pezzo forte della camera: la vista.
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Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
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La SPA all’ultimo piano: piccola ma con una vista unica.
L’idromassaggio.
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Zona relax.
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Sauna.
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La vista dalla terrazza della SPA.
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La piscina vista dall’alto.
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Ottima la colazione, sia per la parte dolce che per quella salata.
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Uova alla Benedict.
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Crepe.
Crepe, Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Cioccolata e churros.
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Pasticceria.
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Cappuccino a regola d’arte.
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Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona
Hotel Arts Barcelona, The Ritz-Carlton, Barcellona

Se Scorsese avesse deciso di girare il suo Wolf of Wall Street in Europa, senz’altro le riprese sarebbero avvenute nella città di Londra, più precisamente nel quartiere di Canary Wharf. Ex area portuale per il commercio marittimo con le Canarie (da qui il nome), questa zona londinese da una ventina d’anni è protagonista di una radicale riqualificazione, e da area di stoccaggio merci è divenuta sede praticamente di tutte le società finanziarie e bancarie possibili immaginabili.

Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

Four Seasons non ha certo bisogno di grosse presentazioni. Nata in Canada, è quasi certamente la catena di soli hotel extra-luxury più organizzata e nota al mondo, con poco meno di cento sedi omogeneamente sparse per il globo, che si contraddistinguono appunto per il massimo lusso e per servizi tailor made oltre l’immaginabile. Estremamente rinomata è l’assistenza clienti online, dalla rapidità ed efficacia sbalorditive, nonché il suo servizio di concierge, in grado entrambe di soddisfare le esigenze più disparate: per le nostre richieste (prenotazioni di ristoranti e delucidazioni varie) non abbiamo atteso mai più di 12 ore per una risposta risolutiva.
L’accesso in stanza è possibile dalle ore 16, ma siamo arrivati al check-in poco dopo le 9, già con l’idea di lasciare i bagagli in deposito e partire per la città. Invece senza una piega -anzi, con un sorriso- e dopo un rapido controllo, in cinque minuti ci è stata messa a disposizione la nostra camera, senza sovrapprezzo né disagi. Chapeau.

Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

La città di Londra ospita due sedi Four Seasons, quella di Park Lane e la seconda, più recente, di Canary Wharf. Questa struttura, dalla chiara impronta business, nasce espressamente per servire tutta la clientela di passaggio qui per lavoro, ma che non vuole rinunciare a spazi e servizi di alto profilo. Non pensate a un hotel business tradizionale però, ma più semplicemente ad un Four Seasons epurato da statue, marmi e bassorilievi. La struttura è recentissima, costruita nel 1999, in una posizione di assoluta comodità, affacciata sul Tamigi, con una parte delle camere con vista sui grattacieli del quartiere, e le restanti con una splendida vista su tutta la città, con delle ampie vetrate con tanto di seduta.
Le camere come la nostra, nominate “Deluxe room”, sono identiche alle altre nella planimetria, ma sono poste ai piani più alti dell’edificio e rivolte verso il fiume e la città, per una vista a 180° davvero magnifica.

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Chiaramente, non solo business: grazie alla fermata della DLR a due passi, che collega Canary Wharf all’aeroporto di London City in soli dieci minuti, e la fermata della Jubilee Line a qualche minuto a piedi, che in meno di un quarto d’ora vi accompagna ai piedi del Big Ben, questo hotel è da tenere in seria considerazione anche come appoggio per vacanze di piacere. Le camere, vista anche la media cittadina, sono decisamente grandi, comodissime anche se si viaggia in più di due, con un’ampia e accogliente zona living ed un bagno davvero spazioso, con vasca e doccia separati.

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Ulteriore segno che questa struttura non si rivolge esclusivamente alla clientela business è l’attenzione dedicata ai più piccoli. Senza alcuna richiesta specifica, ma semplicemente grazie all’accredito, troverete in camera tutta una serie di attenzioni a loro dedicata, oltre al lettino ed al seggiolone.

Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

La piscina e la palestra non si trovano all’interno dell’hotel, ma è attiva una convenzione con il Virgin Active adiacente: per tutta la durata del soggiorno tutti gli ospiti hanno libero accesso a tutti i servizi della struttura, posta a 10 metri dall’hotel (la palestra e la piscina sono le strutture visibili sotto le finestre).

L’offerta ristorativa è molteplice, ma semplice e non particolarmente di grido. Punta di diamante è il Quadrato Restaurant, specializzato in cucina italiana, oltre al bar lounge, ben fornito per un cocktail, per un veloce pranzo o un afternoon tea. Date le smisurate alternative che la città offre per colazione, pranzo e cena ci siamo rivolti altrove, ricorrendo al room service soltanto in una sera, ove la stanchezza ha avuto la meglio. La nostra scelta è ricaduta sul classico per antonomasia, il Club Sandwich (18£), e su un Bacon Cheese Burger (18£). Buono il rapporto qualità/prezzo per il servizio, disponibile per tutto il giorno con la carta completa, e con una selezione della carta fruibile 24 ore su 24, in stanza in quindici minuti (in realtà ce ne vorranno una decina in più).

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Molto buono il Club Sandwich, eseguito in versione classica con l’uovo, servito con patate fritte. Meno convincente il Cheese burger, richiesto con cottura rare e servito poco oltre il medium, con verdure grossolane e leggermente fredde. Anch’esso con patate in accompagnamento. Il tutto è corredato da salse e “petit fours”.

Per quanto riguarda il minibar, nella norma (seppur non entusiasmanti) le bevande. Un poco più sfiziosa e variegata la proposta degli snack, dolci e salati.

frigobar, Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

I prezzi per una stanza non sono certo a buon mercato (si parte dalle 200£ a notte, a salire), anche se inferiori alla maggioranza dei Four Seasons europei. Tenete controllate le tariffe, altalenanti in funzione del periodo e riuscirete a concedervi, ad un prezzo assolutamente corretto (soprattutto se paragonato al livello di servizio), un long-weekend di assoluto piacere, che ricorderete senz’altro per parecchio tempo.

Four Seasons Canary Wharf, Londra, Hotel

Bisogna risalire alla fine del secolo scorso, anno 1889 per la precisione, per indicare la prima data di inaugurazione di questa perla dell’hotellerie mondiale, costruito dalla “Monte-Carlo Hotel Company Ltd” su un terreno che era appartenuto al Papa Leone XIII.
Nel pieno cuore del Principato, a due passi dalla piazza del Casino, questa costruzione in stile Belle Epoque non fatica a diventare un punto di riferimento assoluto della clientela internazionale.
Nel 1980, Nabil Boustany, imprenditore libanese innamorato del Principato, decide di acquistare la proprietà per riportarla a nuovo splendore. Nel settembre 2003 il Metropole Palace, questo il nome di allora, chiude le sue porte per una importante ristrutturazione.
I lavori sono affidati a Jacques Garcia, grande architetto e interior designer (sua, tra le altre, la ristrutturazione del celebre Hotel Costes di Parigi), affiancato da Jacques Messin (paesaggista) e dall’architetto di interni Didier Gomez.
L’Hotel viene rivisto in molti aspetti.
Il Bar, situato tra la lobby e il ristorante, diventa, secondo il pensiero di Garcia, un vero e proprio spazio di vita, il fulcro vitale di tutto l’albergo, dove bere qualcosa, leggere o semplicemente conversare con degli amici. Un luogo davvero di grande fascino.
L’intervento di ristrutturazione è rispettoso del carattere storico dell’hotel, ma sa dare nuova linfa vitale al Metropole. Due piani vengono completamente rifatti, creando ex novo un settore di camere di lusso.
Viene ovviamente mantenuto lo splendido ingresso, vera immagine distintiva di questo hotel: un lungo corridoio aperto bordato di cipressi.

Metropole, Montecarlo

150 camere,10 suite e 45 junior suite: nel luglio 2004 il nuovo Metropole Montecarlo apre le sue porte.
Albergo che non cessa però di rinnovarsi: è datata aprile 2006 l’apertura della Métrolole ESPA Monte-Carlo; nel 2013, poi, viene rivista da Karl Lagerfeld la zona della piscina (di acqua di mare riscaldata), creando il nuovo spazio Odissey.
Ma è la gastronomia la vera punta di diamante dell’Hotel: per ridisegnare la propria offerta, la proprietà si è affidata a Joël Robuchon, personaggio che non ha bisogno di presentazioni.
E Robuchon si è affidato a Christophe Cussac, executive chef di eccezionale bravura.

L’Executive Chef, Christophe Cussac
christophe cussac, Metropole, Montecarlo
Un ristorante giapponese, Yoshi, una carta più informale per lo spazio Odissey, la Lobby Bar e poi il ristorante principale, sullo stile degli Atelier Robuchon sparsi per il mondo.
La table du chef al ristorante Joël Robuchon
yoshi, ristorante giapponese, Metropole, Montecarlo
Dettagli sostanziali, che hanno portato questo albergo, sotto la guida del suo Direttore Jean-Claude Messant, vero fuoriclasse, a diventare un riferimento dell’hotellerie mondiale.
Il marchio di fabbrica di Messant? Luxe décontracté.
Quindi ricerca assoluta della perfezione, ma in un clima rilassato, di grande convivialità.
L’obiettivo era quello di dare una anima e una immagine riconosciuta a quello che era solo un bellissimo palazzo del centro del Principato: una scommessa vinta.
Miglior albergo del mondo 2010 per Leading Hotels of the World, Migliore decorazione floreale d’hotel in Europa nel 2013 dal Prix Villégiature….i riconoscimenti di pubblico e critica sono arrivati in abbondanza.
Il recente passaggio di Messant al Royal Mansour di Marrakech e l’arrivo a Monaco di Pierre Ferchaud (17 anni alla guida del Bristol di Parigi) apre un nuovo capitolo per il palazzo Monegasco: vedremo quali novità porterà il nuovo direttore generale e se saprà confermare il livello di questa perla dell’ospitalità mondiale.

La nostra esperienza

La sensazione di trovarsi in un grande albergo si ha dal primo momento in cui se ne varca la soglia: tutto molto scenografico ma, allo stesso tempo, molto a misura d’uomo, quasi un servizio sartoriale.
Percorrere il viale d’accesso con l’auto ha un indiscutibile fascino.
Il Valet Parking è assolutamente solerte, anche se il parcheggio in garage sarà pagato a caro prezzo (39 euro al giorno, ma siamo pur sempre nel centro del Principato).
Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
La lobby bar è davvero il cuore del piano terra dell’Hotel: molto frequentata anche da ospiti esterni, risulta il luogo più piacevole dove rilassarsi, magari con un bel cocktail davanti agli occhi.
lobby bar, Metropole, Montecarlo
lobby bar, Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
La camera del nostro soggiorno è stata la Deluxe: camera di dimensioni in linea con lo standard della sua categoria (circa 25 m2), vista infelice sul palazzo adiacente al Metropole, non esattamente in ottime condizioni.
Comodissimo il letto, materasso di grande qualità. Ampio lo spazio negli armadi per i vestiti.
soggiorno deluxe, Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
camera, Metropole, Montecarlo
Bagno in marmo dotato sia di vasca che di doccia idromassaggio. Kit da bagno Hermes.
Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo
Velocissimo il wi-fi, anche nel resto della struttura. Nel complesso una ottima sistemazione, non di particolare fascino ma estremamente confortevole.
Lo spazio Odissey si trova al primo piano: molto bella la piscina di acqua di mare riscaldata, servizio di gran livello (almeno 4 persone sempre presenti), ottimo anche il bar. La zona sconta la vista sul lato dell’hotel non felicissima (vedi palazzo di cui sopra).
L’ingresso allo spazio Odissey
Metropole, Montecarlo
La piscina riscaldata… con la vista infelice
Metropole, Montecarlo
La colazione è di altissimo livello, forse la cosa che più ci ha convinto dell’intera proposta.

La mise en place della colazione al piano terra
colazione, Metropole, Montecarlo
Il Buffet
buffet, Metropole, Montecarlo
Si può optare tra il buffet collocato nel ristorante Robuchon al piano terra, e la scelta alla carta nello spazio Odissey. Noi abbiamo preferito la prima proposta.
Il buffet è molto ampio, sia per il salato che per il dolce. Fantastico, ad esempio, il salmone. Ma anche tutta la pasticceria.
Superlative le uova alla Benedict scelte alla carta, da grande cuoco. (peccato per il sovrapprezzo esagerato di 26 euro).
uova alla benedict, Metropole, Montecarlo
Vi facciamo sognare con le foto della suite presidenziale situata all’ultimo piano dell’albergo, con una terrazza di 100 m2 che offre un panorama sul mare, sul Casinò di Monte Carlo, la sua piazza e i giardini del Carré d’Or. L’arredo è firmato Jacques Garcia. Il salone comprende una biblioteca con oltre cento opere letterarie. Sogno dorato, da 10 mila euro a notte.
suite presidenziale, Metropole, Montecarlo
suite presidenziale, Metropole, Montecarlo
Metropole, Montecarlo

Cosa vedere
Montecarlo è città strana, dai mille contrasti. Più interessante di quanto possa sembrare a prima occhiata.
Forse la cosa migliore è informarsi sulla mostra d’arte del momento o camminare senza una meta, tra le vetrine del lusso più sfrenato e la costa del bel Mediterraneo. Per poi rifugiarsi in albergo, poltrendo a bordo piscina.

La piazza del Casinò.
Montecarlo
Il Louis XV, altra meta gastronomica del Principato.
luigi XV Montecarlo
Vi segnaliamo però una curiosità: una fedele ricostruzione di un giardino giapponese, a pochi metri da concessionarie d’auto di lusso e dai grattacieli di Montecarlo. Stridente quanto affascinante.
giardino giapponese, montecarlo,
giardino giapponese montecarlo, Metropole, Montecarlo
giardino giapponese montecarlo, Metropole, Montecarlo
giardino giapponese, montecarlo
giardino giapponese, montecarlo
Metropole, Montecarlo

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Cromatica e sontuosa. Come la villa moresca che si erge tra le colline e il lago. Una struttura impressionante che l’imprenditore lombardo Cristoforo Benigno Crespi fece costruire nel 1879 per riprodurre sulle sponde delle placide acque del lago d’Orta il suo ricordo da mille e una notte di Baghdad. Non ci sarebbe luogo migliore per una cucina così vivace e concettualmente avulsa dalle tradizioni di questo territorio, capace di regalare grandi materie prime saggiamente integrate in uno stile personalissimo tra Nord e Sud, con prevalenti contaminazioni mediterranee. Si respira l’aria del Vesuvio. Un’esperienza singolare che Antonino Cannavacciuolo ti permette di fare stando seduto ad una tavola distante 860 km dal vulcano.
La sua cucina è sempre stata brillante, bella e soprattuto buona. Nei suoi “viaggi gastronomici” non ci sono mai stati passaggi a vuoto o passi falsi; nessun sapore evanescente, ne’ gustativamente complesso. Un perfetto e lineare esempio di grande cucina fatta da straordinari prodotti, mirabile tecnica, grandi idee e, merce davvero rara, grandissima personalità.
Una cucina che abbiamo trovato nel pieno della maturità espressiva, probabilmente ancora più interessante del passato e nella quale il cuocone partenopeo non stenta a cimentarsi con sperimentazioni che sovvertono i luoghi più comuni delle usanze alimentari italiane. È il caso dello sfrenato connubio tra latticini e pesce: ultimamente le nuove creazioni del Villa Crespi sono prevalentemente incentrate su questa singolare unione, che alla lunga rischia di perdere qualcosa in termini di leggerezza finale dell’esperienza. Non è una cucina grassa per carità, ma a tratti molto, molto gourmand. L’elemento lipidico è probabilmente l’unico inconveniente che potrebbe ostacolare il percorso netto della vostra esperienza culinaria a Villa Crespi. Ma sinceramente ci sembra un peccato veniale e nulla più.
Sicuramente poca roba a confronto della goduriosa piacevolezza complessiva che si prova seduti a questa tavola, in cui, come detto, primeggia, su tutto, la costante presenza di una mano leggiadra nel trattare e lavorare una straordinaria materia prima e nel servirla al massimo del suo valore gustativo ed espressivo. Un pregio che in pochi hanno e che da sempre contraddistingue la cucina di Cannavacciuolo.
Dunque nessun appunto sulla qualità dei piatti, né sulla vena creativa dello chef per cui temevamo il peggio a seguito della sua parentesi televisiva – è pronto a bissare il successo della prima serie della versione italiana del noto format “Cucine da Incubo” – considerato che il tutto, fortunatamente, viene registrato nel periodo di chiusura del ristorante.
Insomma, il Villa Crespi è in uno stato di forma smagliante, ed è una delle tavole italiane che oggi, per il mix di raffinatezza e opulenza che offre, si avvicina di più ai “trois etoiles” di Francia. Qui si vive un’esperienza unica, con un gran mangiare ma anche un gran bere, grazie ad una carta dei vini costruita negli anni fino a raggiungere un considerevole livello in termini di profondità e di varietà, prezzata in maniera certamente consona al blasone del locale, ma senza registrare cifre folli.
Una piacevolezza complessiva che passa anche attraverso un servizio di sala di livello assoluto, uno tra i migliori di casa nostra, supportato dalle figure chiave del maître Paolo Ciaramitaro e del sommelier Matteo Pastrello.
Due uomini d’esperienza, due fuoriclasse della sala, che in un cadre di rara eleganza coordinano un servizio che riesce a sostenere con compostezza numeri impressionanti.

I primi stuzzichini (di una lunga serie) serviti con l’aperitivo…
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Quelli ufficiali: rocher di yogurt, basilico e noci e sandwich di pane di segale e mousse di Parmigiano.
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Mini friselle con pomodoro confit e cracker al rosmarino.
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Cialde di kamut con San Daniele e burrata; zeppole alle alghe; focacce all’olio e tarallini.
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Macarons con foie gras.
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Il cestino del pane e il fantastico burro.
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Si parte con l’immancabile ostrica, crema di rapanello e caviale. La variante di un classico di apertura del Villa Crespi.
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Polpo arrostito, pomodoro alla vaniglia, anguria e arachidi. Fresco e ricco di contrasti e temperature.
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Testina di vitello, tartare di gamberi, maionese di foglie di sedano (di grandissima persistenza). Abbinamento che abbiamo compreso solo a metà (due protagonisti dai gusti diametralmente opposti) preferendo mangiare separatamente la crocchetta e il crostaceo.
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Tonno … “vitellato”: il piatto della serata. Un cubo di tonno crudo di qualità pazzesca, appena bagnato da un fondo leggero di vitello, pollo e manzo aromatizzato da note agrumate. Eleganza e finezza estetica e gustativa. Nessun sapore evanescente, tutto degnamente concentrato e persistente a cominciare da quelli che sono considerati i dettagli di un piatto: una salsa tartara da manuale, un brodo di vitello con una tenue sapidità da sembrare un infuso.
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Linguine di Gragnano con calamaretti spillo, salsa al pane di segale. È il vero signature dish di Cannavacciuolo, in carta dal 2005. Pasta che viene cotta appena tre minuti e poi viene “risottata” per il tempo rimanente. Risultato: cottura e amalgama perfette.
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“Pasta e fiori”, crema fresca di capra, crudo di seppie, colatura di insalata di pomodoro, con i fiori che sono nell’impasto e si intravedono tra la sottilissima sfoglia del raviolo. Un piatto di una delicatezza disarmante, da bis.
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Triglia, melanzana, guazzetto di provola affumicata. Un altro colpo d’ala della serata. Quando la tradizione incontra l’innovazione (anche in questo caso, gustativa). Un terra-mare con un tocco mediterraneo marchiato a fuoco.
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Ricciola, grano arso, stracciatella e conchigliacei. Il piatto che ci ha convinto di meno. Non tanto sul versante gustativo quanto su quello della leggerezza finale. La burrata ha un suo peso. Ancora qualità eccelsa del pescato. Piatto dal gusto assolutamente francese, ma con ingredienti italianissimi.
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Filetto di vitella giovane alla piemontese, ostriche e alghe. Piatto coraggioso. La tecnica prevale, perfetta la consistenza della panatura e carne di qualità  eccelsa. La salsa d’ostriche è l’elemento acido contrastante. Le alghe fritte sembrano all’apparenza ridondanti, ma sostituiscono in qualche modo, in un’interpretazione marina, il classico contorno fritto.
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Suprema di piccione, fegato grasso al grué di cacao, salsa al Banyuls. Niente da dire. Tra i migliori esempi di variazione sul tema delle tavole italiane.
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L’assortito carrello dei formaggi…
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…e la nostra selezione.
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Semplice ma d’impatto il sorbetto al mango, concentratissimo.
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Che precede la Zuppetta fredda di nocciole, sorbetto al limone, cioccolato soffiato, cremoso al mascarpone. Un dessert che sembra sbagliato in partenza. Troppa stucchevolezza penserete. Ma aspettate ad assaggiare il sorbetto a limone e vedrete che succede. Altro plauso, l’ennesimo.
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Mondo di passione. Di concezione più scontata, ma comunque di impatto notevole. Ci sono diverse consistenze, ma mancano le temperature a differenza del precedente dessert.
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Una delle sale interne.
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Esterno
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Ps: noterete la mancanza di foto e cenni alla piccola pasticceria. Non avendo potuto immortalare il momento, per cui ce ne scusiamo, in primis, con lo chef, vi diciamo soltanto che oltre alla grande varietà e fragranza dei vari manicaretti serviti, le sfogliatelle valgono da sole il viaggio.