Passione Gourmet Giuseppe Malvetani Archivi - Pagina 2 di 5 - Passione Gourmet

Il Pagliaccio

Roma è una città che non puoi visitare una volta sola, devi tornarci per forza.
Per apprezzarne tutte le sfaccettature, anche quelle meno evidenti.
E perché ogni volta sa regalarti emozioni diverse ed inaspettate.

Con il Pagliaccio di Anthony Genovese è un po’ la stessa cosa.
Ogni visita qualcosa di nuovo, di diverso, a volte anche di inatteso.
Solo chi in questi dodici anni – tanti ne sono passati dall’apertura nel 2003 – ha avuto modo di sedersi più volte a questa tavola, può rendersi conto dell’evoluzione che c’è stata, tanto in cucina quanto in sala.

Per quanto riguarda la sala, che nel corso del tempo è stata più volte rinnovata negli arredi, quasi a seguire il percorso evolutivo dello chef, il timone è sempre più saldamente nelle mani di Gennaro Buono, il restaurant manager, e Matteo Zappile, chef sommelier. Servizio preciso e altamente professionale, a tratti forse un po’ ingessato ma sicuramente meno distaccato che in passato. Ed è un bene perché qualche anno fa, non ce ne voglia l’ottimo staff del Pagliaccio, era un po’ troppo freddo. Ora una maggior naturalezza, pur nel formalismo di circostanza, rende l’esperienza al tavolo decisamente più rilassata e rilassante.

Passando alla cucina, la sensazione, maturata nel corso delle nostre visite, è che Genovese, una volta stabilitosi in via dei Banchi Vecchi, abbia iniziato un graduale processo di rielaborazione di tutto quanto visto, assaggiato ed appreso nel lungo peregrinare professionale, nel corso dei tre lustri precedenti, tra Italia, Francia, Giappone, Thailandia ed Inghilterra.

Il Pagliaccio di oggi ci restituisce una cucina ormai ben delineata quanto ad impronta stilistica, ma sempre in divenire quanto a linguaggio espressivo. Una cucina sicuramente più “di testa” che “di pancia”. Cerebrale ed intransigente come il suo autore, di un rigore quasi giansenista che rimanda alle numerose esperienze asiatiche, ma dotata di una capacità di sedurre tutta italiana.
Forse meno spinta di quella dei primi anni ma comunque di non facile approccio per i gourmet meno smaliziati.
Se da un lato questo essere meno decisa, meno concepita per stupire rispetto a quella, quasi provocatoria, dei primi tempi, può essere considerato un passo in avanti, dall’altro il rischio è che alcuni piatti, pur tecnicamente ineccepibili, possano apparire carenti di carattere, risultando meno incisivi di altri, ed un piatto meno incisivo rischia di tradursi in un piatto meno emozionante.

Nel suo complesso quella del Pagliaccio resta una di quelle esperienze che difficilmente si dimenticano, in grado ogni volta di allargare gli orizzonti gustativi di ogni appassionato, anche del più smaliziato. Senza dubbio una delle migliori tavole capitoline.

L’amuse-bouche: Tacos con lenticchie, burrata ed erbe di campo e gocce di aceto balsamico tradizionale di Modena 20 anni.
amuse bouche, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Panino al vapore con burro al fieno, glassa di lime e camomilla: particolare il panino, piacevolmente rinfrescante la glassa di lime.
panino al vapore, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
burro al fieno e glassa di lime, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Uovo di quaglia caramellato, castagne all’arancia e gelato di birra: interessante per il contrasto di consistenze e temperature, gustoso anche se non in perfetto equilibrio.
uovo di quaglia caramellato, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Cannolo di foie gras con caramella alla violetta ed anguilla: un bel colpo in bocca, potente ed equilibrato.
cannolo di foie gras, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Pescatrice con crema di sesamo nero e acqua di spinaci: cottura perfetta, delicato e persistente. Il sapore minerale degli spinaci si sposa alla perfezione con la tendenza dolce del pesce.
pescatrice con crema, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Gambero rosso, limone e porro bruciato: un gambero eccellente, il limone presente ma non invasivo, la nota bruciata del porro, uno dei passaggi migliori. Grande equilibrio, intensità e persistenza gustativa, peccato non averne ancora.
gambero rosso, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Capesante, carote, zenzero e lime: la cottura è perfetta ma in questo caso il quid pluris è dato dal mix di carote, zenzero e lime. Acidità, speziatura e nota dolce perfettamente bilanciate. Un gran piatto.
capesante, carote, zenzero, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Tagliatelle con olio e peperoncino, alga fritta e pannocchie: un passaggio che, nella sua apparente semplicità, colpisce per equilibrio e piacevolezza.
tagliatelle con olio e peperoncino, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Dim alla piastra, verza e ossobuco: uno dei cavalli di battaglia dello chef che, ahinoi, non è stato uno dei passaggi che ci hanno più entusiasmato.
dim alla piastra, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Dal mare… dall’orto: triglia, 3 radicchi (trevigiano, chioggia e giallo variegato) composta di capperi e pelle di pollo croccante: un inconsueto incontro di mare e terra con la triglia cotta alla perfezione, tenera e succosa ed un pollo che invece arriva al limite della ridondanza.
triglia, tre radicchi, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Piccione, crema di kumquat e riso thai: gran piatto, punto.
piccione, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Snack di formaggio: crema di blu del lago, biscotti di fava di cacao ripieni di mousse di datteri, salsa di frutto della passione e mela annurca: in questo caso, sebbene nel complesso il piatto non dispiaccia, la sensazione è quella di due rette parallele che non si incontrano. L’equilibrio non è di casa, forse è semplicemente voluto così.
snack di formaggio, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Prima del dolce: granita di lychees, salsa di zenzero e chips di lampone. Fresco, acido e leggermente speziato. L’ideale preludio al dolce.
granita di lychees, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Barretta cremosa alla birra Kriek, crumble di ovomaltine e ciliegie: tecnicamente eccellente, non entusiasmante al palato.
barretta cremosa, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Un’ottima e varia piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Per accompagnare la cena abbiamo scelto:
Champagne Krug Grande Cuvée.
Champagne, Krug, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Gevrey-Chambertin Premier Cru – Craipillot 2002, Domaine Humbert Frères
gevrey chambertin, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma
Rosé Porto 2013 10° Anniversario Il Pagliaccio – Kopke
porto, Il Pagliaccio, Chef Anthony Genovese, Roma

L’Enoteca Pinchiorri è meravigliosamente unica. Per tanti motivi.
Per il fascino settecentesco del palazzo Jacometti Ciofi, nel cuore rinascimentale di Firenze.
Per la signorilità, lo charme di Giorgio Pinchiorri e per la sua monumentale cantina.
Per la raffinatezza e l’eleganza di Annie Féolde.
Perché, diciamolo, in Italia un altro posto così non c’è.
Per un appassionato gourmet poter cenare in questa cattedrale del buon gusto, nel senso più ampio del termine, è come per un violinista poter suonare uno Stradivari: un’emozione unica.

Una storia, quella dell’enoteca più famosa al mondo, legata a doppio filo a quella di Giorgio e Annie, compagni nella vita e nel lavoro fin dai primi anni ’70. Modenese d’adozione fiorentina lui, francese lei, potrebbero essere tranquillamente i personaggi principali di un romanzo tanto è bella la storia che li vede protagonisti sia sul piano professionale sia su quello più intimamente personale. L’Enoteca Pinchiorri è il frutto di questa unione, di anime e di passioni. Dell’uno per il vino, dell’altra per la cucina.

Varcando l’ingresso di via Ghibellina ci si ritrova in un ambiente quasi sospeso nel tempo, in cui ogni gesto, ogni parola, ogni aspetto è stato sapientemente studiato ed affinato nel corso degli ultimi 40 anni per mettere a proprio agio e soddisfare i clienti, facendo sentire ognuno di loro come fosse l’ospite d’onore.
Non capita spesso, neanche nei più grandi ristoranti. Tutto è misurato, sempre appagante, mai eccessivo.
A partire dal servizio, impeccabile, affidato ad un personale molto ben preparato, formale ma non ingessato, presente e allo stesso tempo discreto.
In un mondo in cui ormai gli chef sono assurti al ruolo di vere e proprie star, catalizzando su di sé le luci dei riflettori, sedere a questa tavola può far ben capire che cosa sia e quanto sia importante il servizio di sala. Qui l’arte dell’accoglienza non si recita, si vive.

In cucina, raro esempio di riuscita sintesi culinaria tra l’anima transalpina e la tradizione italiana, sotto l’illuminata supervisione della Féolde, i primi chef Italo Bassi e Riccardo Monco da oltre vent’anni sono la spina dorsale di una delle brigate più apprezzate dai clienti e più ambite dagli chef.
E se per tutto questo tempo il livello è riuscito a rimanere tanto alto, gran parte del merito è anche loro.

Descrivere la cucina dell’Enoteca Pinchiorri, paradossalmente, non è difficile: l’eccellenza nella semplicità.
Piatti (apparentemente) semplici, nel senso migliore del termine, eppure ricchi di dettagli, di sfumature. Spesso essenziali a vedersi eppure disarmanti quanto a ricchezza di gusto ed equilibrio.
Frutto di un rispetto assoluto delle materie prime, selezionate con maniacale attenzione e di una sensibilità ed una tecnica in grado di valorizzarle senza stravolgerle, lasciando i sapori sempre molto ben distinti e distinguibili con il risultato che i piatti, anche quelli più complessi, risultano facilmente intellegibili e riescono a fissarsi nella memoria gustativa del gourmet come raramente accade. Quante volte capita di alzarsi da una tavola, anche importante, con la convinzione di aver mangiato bene ma senza ricordare di preciso i piatti assaggiati? Qui non accade. E non è un caso.

La pasticceria è affidata allo chef Luca Lacalamita, un giovane pugliese dal curriculum impressionante, messo insieme tra Inghilterra, Spagna ed Italia alla corte di chef quali Cracco, Bottura, Gordon Ramsay e Ferran Adrià solo per citarne alcuni. Esperienza ed una gran bella mano, anche se in questa occasione il dessert non ci ha convinti fino in fondo.

Ma parlare dell’Enoteca Pinchiorri è anche e soprattutto parlare di vino. Perché l’ottimo lavoro svolto dalla Feolde per quanto attiene alla cucina è complementare a quello, quasi unico, svolto da Giorgio Pinchiorri per la cantina. Parlare dell’uno senza parlare dell’altro sarebbe come voler parlare dello Yin senza lo Yang. Difficile dire con certezza se sia la migliore, ma è sicuramente una delle più importanti cantine al mondo con le sue oltre centomila bottiglie distribuite tra le 4500 etichette di oltre mille produttori. Di molte etichette detiene l’esclusiva mondiale, di altre, importantissime e numerate, vanta la numero uno di ogni annata. Una collezione dal valore ormai quasi incalcolabile a disposizione degli avventori, di ognuno secondo i propri gusti e, va detto, le proprie tasche. I ricarichi sono certamente importanti, in alcuni casi forse anche eccessivi, ma d’altronde non sfuggiranno all’appassionato i faraonici costi di gestione di un siffatto patrimonio enologico.

Sedere all’Enoteca Pinchiorri è un’esperienza che va fatta. Magari una sola volta, se eccessivamente “impegnativa”, ma va fatta. Per l’ottima cucina, per l’infinita cantina, per il servizio eccellente, per la location suggestiva ma soprattutto per le emozioni che sa regalare, tenendo a mente, al momento del conto, la frase del grande Veronelli: “Si paga sempre troppo poco, per chi ti riempie di gioia”.

L’amuse-bouche: Biscotto di cipolla caramellata.
amuse bouche, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Rotolo d’orata, zucca fritta, salvia e riso soffiato su crema di zucca: un po’ appiattito sulle note dolci ma interessante per il contrasto di consistenze.
rotolo di orata, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Tonno pinna gialla al basilico, marmellata di pompelmo, finocchio e polvere di liquirizia: si fa apprezzare per l’eccellenza della materia prima che letteralmente si scioglie in bocca. Interessanti le note balsamiche legate a finocchio e liquirizia mentre la chiusura vira piacevolmente sui toni acidi ed amarognoli del pompelmo.
tonno, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Noci di capesante con asparagi al coriandolo, coralli marinati e maionese di crostacei: l’esempio ideale di come, partendo da ingredienti semplici e senza voler stupire a tutti i costi con tecniche futuristiche, si possa tirar fuori un gran bel piatto: perfetta la cottura delle capesante così come quella delle verdure, piacevolmente croccanti. Gustose ed in perfetta armonia col resto del piatto sia la salsa di asparagi che la maionese di crostacei.
Enoteca Capesante Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Uovo affogato in cenere, taleggio, crema di zucchine e pancetta: altra cottura da manuale, ottimo il bilanciamento di sapori, piacevole il gioco di consistenze. Pur nella sua delicatezza, presenta una notevole persistenza.
Uovo Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Fusilli al ferretto con scampi, pomodoro fresco, bottarga e briciole di pane: che piatto! Paradisiaco già all’olfatto. Un piatto apparentemente semplice che stupisce per intensità, complessità ed equilibrio. I sapori sono scanditi ad uno ad uno per poi tornare all’unisono meravigliosamente amalgamati. Le cotture millimetriche di pasta e scampo completano l’opera per un passaggio che si fa ricordare.
fusilli, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Coda di rospo farcita di sopressata e poi fritta, crema di patate al limone e pepe giamaicano: buona la cottura ma il piatto non entusiasma. Al palato i contrasti di consistenze e sapori che ci si aspetterebbero non trovano riscontro. Nonostante la buona tecnica resta uno dei passaggi che ci ha convinto di meno.
Coda, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Agnolotti con crema di ceci e nervetti di vitello: tralasciando l’ottima fattura della pasta e la sua millimetrica cottura, è un piatto che conquista per l’eccellente equilibrio gustativo. Il sapore intenso del ripieno è ben bilanciato dalla crema di ceci mentre i nervetti marinati nel vino rosso, oltre ad arricchire il gioco di consistenze, donano una piacevole nota acida.
agnolotti, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Maialino di razza “Mora Romagnola” con radicchio, asparagi e fagiolini marinati: un maialino così si può mangiare in pochi posti, forse solamente qui. Crosticina perfettamente croccante, carne tenerissima e succulenta, gusto pieno, intenso ed equilibrato. Le verdure, che pure completano degnamente il piatto, passano quasi inosservate.
maialino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Doppio petto di piccione con pesto ai peperoni, frittella di patate e salsa di fegatini. Altra carne, altro piccolo capolavoro. Per cottura, per sapore, per la salsa, per tutto insomma. A completare l’ottimo doppio petto una coscia ben croccante ed una frittella di patate che forse stona un po’ rispetto alla finezza del piatto.
piccione, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
In attesa del dessert un rinfrescante sorbetto agli agrumi.
dessert, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Tortina di mele con gelato al caramello salato: semplicemente un buon dessert.
cortina di mela, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Gradevole la piccola pasticceria: mikado di ananas, caramelle di acqua di rose e verbena, tartufo liquido di lime e menta…
piccola pasticceria, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
…ma è con il carrello dei cioccolati, uno dei più ricchi mai visti, che torna il sorriso pieno e si può chiudere in bellezza il pasto…
carrello di cioccolati, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Questa la selezione dei vini proposta in abbinamento. Ottimi vini ma, ad essere sinceri, per una media di 40 euro a calice, ci si potrebbe aspettare qualcosa di più.
Poggio alle Gazze 2012 – Tenuta dell’Ornellaia.
Enoteca Vino, Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Chassagne Montrachet en Virondot 2011 – Marc Colin.
Vino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Morey St. Denis 2011 – Domaine Dujac.
vino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Colonia 2006 – Fattoria di Felsina.
vino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Galatrona 2004 – Tenuta Petrolo.
Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze

Al mondo ci sono varie categorie di cuochi.
Quelli da seconda fila, che si arrangiano come possono.
Quelli da prima pagina, che riescono a raggiungere la vetta.
E poi ci sono i geni. Quelli che, a prescindere da stelle, forchette e cappelli, riescono a segnare in maniera indelebile i palati degli avventori con una cucina talmente introspettiva e personale da risultare unica.
Ecco, Salvatore Tassa è uno di questi. Uno di quelli che, come tutti i geni, vanno ben compresi per essere apprezzati fino in fondo.

Sedersi alla tavola del cuciniere è una di quelle esperienze che, a lungo andare, aprono la mente di un appassionato gourmet e che, non fosse altro che per questo, meritano il viaggio.
Come ben sa chi già è passato da queste parti, la sua, più che una cucina “di territorio”, è una cucina “di terra”: radici, cortecce, erbe aromatiche, bacche, foglie, resine, muschi, licheni e quanto d’altro hanno da offrire i boschi della Ciociaria sono gli elementi che danno vita ai piatti, anche a quelli apparentemente più tradizionali. Piatti quasi mai ruffiani, raramente addomesticati, difficilmente ignorabili, nel bene o nel male.

La nostra ultima visita, circa un anno fa, coincise con una serata particolare, dedicata alla caccia, in cui a dire il vero non tutto funzionò a dovere.
La voglia di verificare se si fosse trattato di un semplice passaggio a vuoto (di quelli che capitano anche ai migliori) o, piuttosto, di un più preoccupante campanello d’allarme, era tale che, in questa occasione, abbiamo deciso di testare contemporaneamente entrambi i menù in carta, “I Classici” e “Odissea” per un totale di ben 14 passaggi al netto degli snack iniziali.
Una maratona gastronomica che ci ha lasciati con una rinnovata certezza ed un piccolo dubbio.

La certezza è che Tassa è sempre Tassa, non si è perso. La sua cucina continua a sedurre e conquistare con la valorizzazione delle eccellenti materie prime, l’uso attento e ragionato di ogni singolo ingrediente e la maestria delle cotture (sia delle paste che delle carni). Poche diavolerie moderne, grande tecnica ed esperienza ai fuochi coadiuvate da una passione che trascende l’età.
Eppure, sebbene l’esperienza sia stata senz’altro gratificante, qualcosa, anche in questa occasione, non ha convinto appieno. Sarà perché, quando si vanno a trovare certi personaggi, ci si aspetta sempre il massimo e si è più attenti ad ogni dettaglio, ma alcuni passaggi non hanno proprio lasciato traccia. Vedi il cannolo di polenta e ricotta, il tagliolino mantecato (pure tecnicamente ineccepibile) o l’intero comparto dessert, storico punto debole del nostro cuciniere ciociaro.
In più una carta dei vini veramente troppo esigua, oltre che mal assortita, lascia spazio al pensiero che probabilmente sia necessario rivedere e riorganizzare in toto questo comparto.

Ma sono quisquilie. Anche dopo una così lunga e varia degustazione non si fa in tempo ad alzarsi che già verrebbe voglia di risedersi. E non è un caso. La tavola di questo appassionato ed eclettico artigiano della cucina resta una tappa imprescindibile per chiunque si voglia anche solo atteggiare a fine intenditore di cibo e affini. Sempreverde.

Numerosi gli assaggi di benvenuto proposti dalla cucina.
Gnocchetti di broccoli.
gnocchetti, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Sandwich del bosco al cacao e curry rosso
sandwich, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cialda di miso, ricotta e agrumi
Cialda di miso, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Mini bomba cacio e pepe
mini bomba cacio e pepe, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cocktail a base di crema di zucca e salsa di porcini essiccati
cocktail bar, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Triglia al gin con gocce di liquirizia, funghi Melissa e coriandoli: materia prima assoluta protagonista, sapore delicato ed equilibrato con la liquirizia che sposa elegantemente la nota iodata del pesce.
Triglia, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cipolla fondente: acidità, tendenza dolce, sapidità e nota amarognola. Un piatto senza tempo che non ha bisogno di tante parole, va semplicemente assaggiato. E riassaggiato.
Cipolla fondente, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Cannolo di polenta e ricotta, ketchup homemade, anelli di cipolla in tempura, riduzione di rapa rossa e olio al basilico. Ricotta ottima ma totalizzante. Non sono sufficienti il ketchup artigianale e la salsa di rapa rossa a portare in equilibrio un piatto che risulta ridondante e quasi “faticoso” da portare a termine.
Cannolo siciliano, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Humus: mollica di pane inzuppata in brodo di radici, funghi pioppini, ribes di bosco, cipolla di tropea scottata e foglia di broccolo croccante. Un passaggio che ben rappresenta l’attaccamento dello chef alla sua “terra”, nel vero senso della parola. Un piatto incredibilmente intenso nella sua semplicità in cui si alternano la nota acida con quella terrosa ed amaricante.
Humus, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Gambero rosso affumicato al pino, tartufo bianco, rapa bianca brasata con riduzione di dragoncello, concentrato di mosto d’uva. La nota fumé avvolge il tutto donando eleganza e piacevolezza, gradevole la nota distintiva legata al concentrato di mosto.
Gambero rosso affumicato, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Tagliolino mantecato all’olio d’oliva a crudo, pomodoro essiccato e parmigiano. Pregevole per fattura e cottura ma, nonostante questo, non conquista.
tagliolino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Ravioli di pomodoro bruciato, salsa di aglio e limone candito: un piatto equilibrato ed interessante anche se forse, in questa versione asciutta, non raggiunge le vette delle versioni in brodo assaggiate in passato.
Raviolo di pomodoro, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Fettuccine mantecate al pecorino con pomodorini alla brace e vaniglia del Madagascar: il piatto, sul cui equilibrio eravamo più scettici, si è rivelato un piccolo capolavoro di sapori. Giustamente dosato il pecorino, presente ma non prevaricante la nota bruciata dei pomodori, millimetricamente dosata e ben armonizzata la vaniglia.
fettuccine mantecate, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Manzo da oriente ad occidente: un eccellente manzo appena scottato speziato all’erbe orientali ed al ginepro e arancio. Poco da aggiungere, un gran bel passaggio.
manzo da oriente, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Agnello alle erbe cotto al fieno con riduzione di vino rosso, purea di patate affumicato alla pigna e quinoa: altro grande piatto per concezione ed equilibrio, valorizzato da una cottura pressoché perfetta.
agnello alle erbe, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Prima del dolce un pre-dessert rinfrescante per ristorare il palato…
Sorbetto al limone con scorza di limone candita alla melissa
predessert, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Pera profumata al fico, spuma di mandorla, quinoa aromatizzata alla crema di arancia e granita di pera. Dalla presentazione ci si aspetterebbero varie sfumature di sapori che poi nel piatto non si ritrovano. Delicato, anche troppo, quasi evanescente e poco accattivante.
pera, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Wafer con crema al caramello e gelato moka: un dessert non particolarmente originale, equilibrato nel rapporto dolce/amaro che, a differenza del precedente, è forse fin troppo “robusto” per un palato provato dalla lunga maratona gastronomica.
Wafer con crema al caramello, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
I vini proposti in abbinamento tra quelli, ahi noi davvero pochi, presenti in carta…
Cuvée Speciale – Montenisa Antinori
vino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Antinoo 2012 – Casale del Giglio
vino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto
Casale della Ioria – Tenuta della Ioria
vino, Colline Ciociare, Chef Salvatore Tassa, Acuto

Tirare una linea e ripartire non è mai facile.
Soprattutto se si decide di farlo non in un momento di crisi, ma quando si è sulla cresta dell’onda.
Occorre coraggio, determinazione, sicurezza in sé stessi ed un pizzico di sana incoscienza.
Tutti ingredienti che di certo non mancano ad Accursio Craparo.
Dopo quasi dieci anni (e una stella) trascorsi alla Gazza Ladra del Palazzo Failla e l’esperimento di gestione della Locanda del Colonnello, tavola low cost dello stesso hotel modicano, il talentuoso chef di Sciacca ha deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo per dare corpo al sogno di una vita: aprire un locale tutto suo in cui poter fare ricerca e sperimentazione senza dover rendere conto ad altri se non ai propri clienti.
Il risultato è un nuovo ristorante che porta il suo nome, Accursio.
L’ingresso è quasi nascosto, in una piccola via laterale, mentre in estate i tavoli esterni affacciano su Corso Umberto, via principale e cuore mondano di Modica Bassa. L’interno è arredato in modo ricercatamente semplice. I pavimenti, i tavoli, le sedie ed i mobili rimandano ad un contesto quasi domestico, d’osteria d’altri tempi. Un ambiente rassicurante anche per i meno avvezzi alla ristorazione gourmet.
Sfogliando il menù si scopre un’offerta decisamente varia, declinata attraverso numerosi menù degustazione ed una “carta” in cui ai grandi classici dello chef si alternano le sue creazioni più recenti.
Minimo comun denominatore è senza dubbio la Sicilia, tutta.
Craparo, saccense trapiantato a Modica, porta in tavola le diverse anime della cucina siciliana, fondendole in proposte rivisitate con buona tecnica e con la giusta dose di creatività.
Il palato, in occasione di questa visita, ci restituisce però sensazioni convincenti solo a tratti.
Se da un lato la concezione dei piatti ci racconta di uno chef che non ha certamente perso lo smalto, dall’altro, da quanto arrivato in tavola, traspare un motore ancora lontano dall’essere ben rodato sia in cucina che, in maniera ancor più evidente, in sala.
Una pasta arrivata fredda, l’altra leggermente passata di cottura, un vino di accompagnamento servito quando nel piatto non erano rimaste che le briciole, sono piccoli ma significativi inconvenienti sintomo che c’è ancora da lavorare per andare a regime.
La carta dei vini presenta un buon numero di etichette ma non è particolarmente vasta: tanta Sicilia, un po’ di Francia, pochi nomi noti e ricarichi nel complesso onesti. Va detto che l’aver visitato il locale a poche settimane dall’apertura con i vari, delicati meccanismi dell’alta ristorazione ancora da mettere a punto, può certamente aver falsato la nostra esperienza gastronomica. Anche perchè, come sopra accennato, le idee alla base dei piatti sono valide ed interessanti. Siamo certi che, tornando a visitare nuovamente il ristorante di Accursio Craparo, troveremo un’orchestra decisamente più accordata. Accadrà presto.

Il benvenuto dello chef: Zuppa pomodoro, formaggio ragusano e uovo. Gustoso anche se non l’amuse-bouche ideale, soprattutto se anticipa crudi di pesce.
zuppa di pomodoro, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Crudo di Pesce: ostrica e limone, ricci e anguria, scampi e lenticchie, gamberi e pistacchio, spigola e ricotta.
Interessante l’accostamento dei ricci con l’anguria, d’effetto l’Ostrica Tonic, gradevoli gli altri assaggi.
crudo di pesce, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
ostrica, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Triglia, tenerumi e caprino: battuta di triglia cruda, squame fritte, fiore di zucca e caprino su base di tenerumi. Interessante il gioco crudo/cotto e quello delle diverse consistenze, buono l’equilibrio complessivo.
triglia, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Spremuta di Sicilia: Linguine con acciuga, scorza di arancia candita, peperoncino, cipollotto e scaglie di pane tostato. Centrate nella cottura, ad un tempo delicate ed intense. Ben calibrate la presenza dell’arancia e la croccantezza data dal pane tostato. Peccato sia stato servito freddo.
linguine con acciughe, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Mezze maniche al pecorino, melanzane, peperoncino e mentuccia. Non male ma leggermente passate di cottura e comunque non all’altezza del resto.
mezze maniche al pecorino, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Filetto di maialino con rucola, albicocca e caffè: piatto delicato ed in buon equilibrio in cui l’amaro della rucola contrasta efficacemente la tendenza dolce. Un po’ sottotono la presentazione.
filetto di maialino, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Cipolla caramellata, fiore sicano, rapa rossa e more di gelso. Un bel gioco di sapori per il palato reso più interessante dal crumble di liquirizia e cannella.
cipolla caramellata, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Zuccotto di melanzane, cioccolato ed erbe. Sicuramente un dessert non convenzionale, complesso ed interessante.
zuccotto di melanzane, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Carruba, mandorla e caffè: bene la granella di mandorle caramellate e la crema cotta di carruba, meno il sorbetto al caffè, poco intenso, troppo “acquoso” anche per un sorbetto.
Carruba di mandorla, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
La selezione di vini proposta in abbinamento:
Murgo Brut 2010 – Scammacca del Murgo
muro brut, vino, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Bianco Pomice 2011 – Tenuta di Castellaro
vino, bianco pomice, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Susucaru 2013 – Frank Cornellisen
Cornellisen, vino, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia
Malvasia delle Lipari Passito 2011 – Fenech
malvasia delle lipari, Accursio, Chef Accursio Craparo, Modica, Sicilia

Ragusa Ibla è un concentrato d’arte: barocca nelle vie, culinaria in tavola.
Passeggiando tra gli edifici, i monumenti e le chiese di gusto tardo barocco che l’hanno portata ad essere inserita dall’Unesco nella sua World Heritage List, ci si può imbattere in alcuni dei ristoranti più apprezzati e premiati dell’Isola.
Fra questi, senza dubbio, la Locanda Don Serafino.
Ricavato negli antichi magazzini adiacenti la Chiesa dei Miracoli, il ristorante dei fratelli La Rosa si presenta ricco di charme sia che si opti per le sale interne, scavate nella roccia, sia che, nel periodo estivo, si scelga la bella terrazza esterna.
L’accoglienza è garbata pur nel suo formalismo. La brigata di sala accompagna l’esperienza gastronomica con un servizio forse un po’ affettato ma comunque curato e puntuale.
La cucina è da oltre dieci anni nelle capaci mani di Vincenzo Candiano.
Chef autoctono, riservato, schivo, ad un tempo umile e fiero, non vanta particolari esperienze negli atelier dell’haute cuisine internazionale ma ha un curriculum fatto di impegno e dedizione assoluta.
Impegno e dedizione che gli hanno consentito di crescere, anno dopo anno, fino a diventare uno dei cuochi più apprezzati della regione e, di pari passo, di portare in alto il nome e la reputazione del ristorante, premiato con la prima stella nel 2008 e con la seconda nel 2013.
Il susseguirsi delle proposte racconta di una cucina con i piedi ben piantati in Trinacria: protagonisti gli ingredienti, gli aromi ed i profumi dell’Isola ed in particolare dell’altopiano ibleo. Un protagonismo che viene abilmente mediato dalla buona tecnica con la quale lo chef dona ai piatti quella modernità che li rende efficacemente sospesi tra tradizione ed innovazione.
E’ una cucina convincente quella di Candiano. Poche le concessioni ad inutili leziosità stilistiche e, sebbene non si raggiunga forse in nessuno dei passaggi una vera e propria estasi palatale, diversi sono i piatti ben concepiti e ben eseguiti.
Accattivanti, ad esempio, nella loro diversità, sia gli spaghetti neri con ricci, ricotta e seppia, sia i tortelli di pollo ruspante e fegatini, mentre le crudità di mare ed il tonno alalunga sono i testimoni più emblematici della grande attenzione riservata alla qualità degli ingredienti.
Il dessert presta invece il fianco a qualche riserva, restando un filo al di sotto della media, pur non compromettendo il risultato di un’esperienza che resta in ogni caso soddisfacente.
Interessante la cantina affidata alla supervisione del sommelier Antonio Currò, suggestiva sia per il cospicuo numero di etichette (oltre mille), sia per la pittoresca location che le ospita (e che merita una visita). Ricarichi in linea con il livello del ristorante.
Chi conosce ed ama questa affascinante parte della Sicilia, i suoi paesaggi, i suoi colori ed i suoi profumi, potrà facilmente riscontrare nei piatti della Locanda il forte legame dello chef con la sua terra d’origine. Chi ancora non la conosce farebbe bene a mettere in programma una visita quanto prima. Ne gioveranno lo spirito ed il palato.

In estate le affascinanti sale con le pareti in pietra lasciano il posto alla bella terrazza.
Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
L’amuse-bouche è una sarda a beccafico con salsa di sedano: delicata ed equilibrata.
amuse bouche, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Crudità di mare: cannolicchio con uova di salmone e riccio di mare, sandwich di cernia, pancetta croccante e melone cantalupo, ricciola di fondale. Un inizio fresco e gradevole.
crudità di mare, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Tartare di asino con zabaione alla birra, crescioni e chips di carote e patate. Un buon passaggio.
tartare, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Passatina leggera di fagioli “cosaruciari”, cozze affumicate e capesante: gusto delle capesante non pervenuto, prevaricante la nota fumé delle cozze mentre la passatina, a dispetto del nome, tanto leggera non sembra.
passatine leggera, capesante, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Spaghetti freschi neri con ricci, ricotta e seppia: un piatto incentrato sui contrasti. Di colori, di consistenze e di sapori. Strutturato ed equilibrato con la nota dolce/iodata dei ricci che resta persistente sul palato.
spaghetti freschi neri con ricci e ricotta, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Tortelli di pollo ruspante biologico con sugo di fegatini al marsala e aria di limone: molto buona la pasta, tirata a dovere. Un piatto interessante con i fegatini protagonisti.
tortelli di pollo, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Tagliata di alalunga con soffice di melanzane alla brace, pesto di menta e semi di canapa con pomodori infornati: tonno tenero e saporito, interessante l’accostamento alla mousse di melanzana.
tagliata di alalunga, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Quaglia farcita dei sapori dell’altopiano ibleo: tenera, dal gusto equilibrato. Centrata la cottura, ben calibrata la panatura alle erbe, gustosa la ratatouille di contorno.
quaglia farcita, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Come predessert un Pesca Bellini: gioco di consistenze tra pesche fresche, mousse di pesche e gelo di pesche con biscotti alla lavanda.
Pesca Bellini, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Crème brûlée alla carruba e semifreddo al pistacchio con gelato al caffè e salsa di yogurt di bufala. Un buon dessert che però non si fa ricordare.
Crème bluee, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
La selezione di vini proposta in abbinamento:
Almerita Brut 2010 Tasca d’Almerita
tasca d'almerito, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Zahara 2013 Casa di Grazia
vino, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Grand Cru 2012 Tenuta Rapitalà
Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Amarone della Valpolicella 2004 Speri
amarone, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla
Cielo d’Alcamo 2012 Tenuta Rapitalà
vino, Locanda di Don Serafino, Chef Vincenzo Candiano, Ragusa Ibla