Passione Gourmet Giampiero Prozzo Archivi - Pagina 3 di 4 - Passione Gourmet

In Cantiere

Cucina solida in forma moderna, in un contesto di rimandi infinito, tra allusioni e gioco, filosofia e marketing. In Cantiere intanto è una buona idea. Allora sulla strada che alla sinistra prolunga il casello dell’autostrada Avellino Ovest della A16, tra concessionari e vetrine di arredi, ecco, anticipata dai tavolini esterni, la sala, ampia e spoglia, di questa trattoria pizzeria. Un cantiere appunto, grezzo ed informale ma preciso nei dettagli. Dunque l’ingresso, con la piccola attesa dove dei cuscini rendono accoglienti i pallet di legno ed i chiodi diventano appendiabiti, o quei cavi ben in vista a sostenere lampadine nude o poco più e un bidone dietro la porta per lavarsi le mani con la verità della ruggine addosso. Poi intonaco grezzo, quadrati di tavole di ponte in abete piallato con sedie spaiate intorno, rete elettrosaldata a infilare bottiglie. Infine, unico decoro plausibile, piccozze, martelli, pale, caschi e quanto occorre ad animare pareti.
In un angolo un bel forno a legna rivestito, questo sì, con esagoni in gres a dare un senso di compiutezza a qualcosa. Se poi le pizze che cominciano a girare per i tavoli hanno la faccia giusta per meritare l’assaggio, si potrà iniziare proprio da lì, con una peperoni, salsiccia pezzente e fiordilatte per esempio. Qui, è stato fatto -come ormai spesso avviene- un bel lavoro sugli impasti e sui lieviti arrivando addirittura a prometterci una futura pizza che doppi le attuali 48 ore di lievitazione minima. La ricchezza dei condimenti proposti per una volta non serve a mascherare la pochezza della pasta, invero morbida e digeribile.

La carta dei vini raccoglie circa 140 etichette, raccontandoci di una passione che va aldilà del commercio. Le birre, una quindicina, completano l’offerta.
Dal menù, la voce “in cantiere” invece raccoglie l’infilo di antipasti, variabili con le stagioni e l’estro dello chef, che nel packaging informale delle merende propone un riassunto delle intenzioni gastronomiche della brigata di cucina irrobustita dalla consulenza di Mirko Balzano.
Subito il legno del tagliere nascosto dagli affettati e dai formaggi da cui si intuisce la cura della selezione dei fornitori, e una frittura mista -debitamente presentata nel colafritto di alluminio- della quale si serberà ricordo grazie agli anelli di cipolla di Montoro e di quelle croccanti ostie di patate con la buccia a marcare la circonferenza. Non delude le aspettative l’abbinamento dell’uovo che arriva a tavola nel tipico imballo di cartone con patata e tartufo irpino e il trittico di buatta, barattolo e boccacciello, contenitori pronti ad esalare i profumi familiari del baccalà con la scarola, della parmigiana -per una volta di zucca- e dei fagioli con la cotica del maiale.

Lo spazio -esiguo- che rimane è per un primo, problematico ed ambizioso per un estremo abbinamento mare-terra: linguine con le vongole alle prese con cipollotto, salsiccia piccante e pecorino. Materia da utilizzare con maggiore cautela: la sapidità è da controllare e gli equilibri da definire.

Si chiude con un gelato di buona fattura e un conto di indubbia onestà.

Affettati, vari e di qualità: prosciutto cotto a legna, ciauscolo, mortadella Re Norcino, salsiccia di fegato. Formaggi con i pecorini di Moliterno e di Capocastello.
salumi, In Cantiere, Mercogliano (AV)
Calici Zalto a corredo di qualche bottiglia piu importante. Bellissimi.
vino, In Cantiere, Mercogliano (AV)
Frittura. Anelli di cipolla di Montoro, frittatina di pasta, crocchè di patate, arancino di riso.
frittura, In Cantiere, Mercogliano (AV)
Uovo, patata, tartufo. In un guscio vero. Un classico incontro in una veste casual.
uovo, patata, tartufo, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Tris della tradizione: parmigiana di zucca, fagioli e cotica di maiale, baccalà con scarola.
Tris della tradizione, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
La “buatta” con il baccala’ con la scarola. Un originale apri e gusta.
la butta con baccalà, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Ancora una buona pizza napoletana fuori del capoluogo. Impasto ben lievitato, cornicione alto e alveolato, centro elastico e sottile. Qui una versione robusta: Fiordilatte, salsiccia pezzente e peperoni.
Pizza, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Particolare della pizza.
Pizza, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Linguina con cipollotto, salsiccia piccante, pecorino e frutti di mare. Complesso ma da ridefinire con una calibratura piu attenta della nota salina.
Linguina, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Gelato artigianale. Pistacchio di Bronte, nocciola di Giffoni. Il lusso della semplicità.
Gelato, In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Il lavabo della toilette. Un riutilizzo in tema di un bidone.
In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Le birre alla spina. Tubazioni a vista per quseta piccola officina con una scelta di 15 etichette.
In Cantiere, Mercogliano, Avellino
L’ingresso del locale. Le sedute sono ricavate da pallet in legno.
In Cantiere, Mercogliano, Avellino
Scorcio del locale. Ponteggi, attrezzi, reti metalliche e tavole in legno per ricreare l’ambiente di un cantiere edile in attività.
In Cantiere, Mercogliano, Avellino
La cantina con le etichette in vista a riempire la rete elettrosaldata alla parete.
In Cantiere, Mercogliano, Avellino

Gennaro Esposito, a dispetto del nome così popolare e comune, è una persona che ha saputo da sempre distinguersi. Forse aveva deciso tutto sin da ragazzo, da studente dell’alberghiero della costiera prima, e da sguattero di modeste cucine poi, perseguendo con caparbietà il sogno, aprendo già nel 1991 il suo ristorante, qui a Seiano, sulla spiaggia precipitata dalla roccia dopo Vico Equense.
Quando tutti gli davano del matto, per l’investimento oneroso di anni giovanili e di denari prestati, lui ha continuato per la sua strada: la fatica e il talento nel capitalizzare gli incontri con Vissani e Ducasse, che il destino gli aveva messo davanti, fino ad ottenere una prima e una seconda stella da cucirsi al petto.
Intanto, prima di molti altri, aveva compreso di dover essere anche un buon comunicatore, oltre che un grande imprenditore, e così ora la sua annuale Festa a Vico raccoglie 250 chef italiani sulla spiaggia di Seiano, e la sua firma sigla i menù sui tavoli di Ibiza e Capri.

Una cucina riconoscibile, fedele negli ormai tanti anni a quell’idea che lo ha subito identificato: magnificare l’oro della costiera, gli orti e il mare, riproponendo memorie antiche con una tecnica contemporanea. Niente di particolarmente originale si dirà, ma Gennarino, come lo chiamano in molti a dispetto della sua stazza rassicurante, lo ha fatto prima e lo fa meglio degli altri.
Si comincia salendo le scale della torre, approdando nelle sue viscere animate dal suono di uno stereo che rende giustizia al contributo di ogni nota, poi ci si accomoda in veranda dove i mattoni divengono trasparenti, per celebrare la liturgia dell’anticipo del pranzo e del mare, l’elemento che percorre le vene del menù.

Nella sala, luminosa come ci si aspetta, tovaglie bianche con anzitutto i pani, da sempre una eccellenza di questa tavola. Sono grissini, brioche, taralli e babà rustici che già innalzano le aspettative unitamente ad una carta dei vini di volume e di interesse.
La materia prima, animale e vegetale, che anima ogni portata, è strepitosa, grazie ad una ricerca di piccoli fornitori che lo chef ha continuamente affinato e che costituisce la vera armatura dei piatti, generalmente molto puliti e caratterizzati da cotture veloci.
L’inizio è una discesa nei fondali che circondano il ristorante: gamberi, anemoni, gallinella, palamita, seppia, pesce bandiera, triglia, sgombro che si interfacciano con finezze come il gazpacho di vongole, l’olio di cottura disidratato, marinature al mandarino, crunch di mela verde o una maionese ottenuta con la pelle del pesce.

Il cuore della degustazione è senz’altro rappresentato dai primi piatti, mondo dove lo chef dimostra un grande mestiere: apre con un risotto di grandissima fattura, con un’intensa quanto piacevole nota piccante del peperoncino fresco strofinato sul fondo del piatto, intermezza con uno spaghetto dove i piccoli filetti di bandiera fritti nell’uovo contengono la colatura di alici, conclude con una pasta fresca ripiena di un popolare polpo “affogato”, che deflagra con l’agrodolce del pomodoro. Scorfano e dentice protagonisti dei piatti finali, dove quest’ultimo si fa preferire per l’intuizione della cottura a vapore -rigorosa e salutare- doppiata dalla successiva aggiunta dell’olio bruciato, a donare spunto e carattere.
Dessert di precisa fattura e bell’impiatto, dove forse ci si auspicavano contrasti piu’ incisivi e acidità piu pronunciate. Servizio all’altezza del cadre.

L’ingresso. Un muro, una scritta, una scala. Il mare di fronte.
Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
La torre del VIII secolo. Saracena, appunto.
Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equenpse, Napoli
L’interno della torre con la macina in pietra e il bar.
Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equenpse, Napoli
L’impianto stereofonico della torre. Anche qui l’inseguimento della perfezione.
Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Vellutata di zucca, porcini e polvere di peperoni. Si comincia così sui divani della veranda sul mare, prolungamento di vetro della torre.
Vellutata di zucca, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Panino con hamburgher di pollo, lattuga e cipolla rossa caramellata.
panino con hamburger di pollo, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Crostino con acciuga, erbe e frutto della passione. Acido, amaro, salato. Tutto in pochi centimetri.
Crostino di acciuga, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Vellutata di ceci, baccalà, polvere di mais e crumble di finocchietto selvatico. Una raffinata versione di un classico.
Vellutata di ceci, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
A chiudere l’aperitivo un piccolo gioiello: cialda di parmigiano con calamaro scottato.
aperitivo, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Dalla torre al ristorante passando per la terrazza sul mare.
Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
L’ingresso della sala ristorante. Essenziale, elegante.
Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
I pani, i grissini (superbi), taralli, babà rustico e brioche. Da sempre altissimo livello.
pane, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Cocktail: gambero al vapore, gallinella marinata, anemoni in maionese e mandarino. La materia prima non si discute.
cocktail, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Palamita affumicata, nduja e crema di tarallo di Agerola. Piatto giocato tutto sugli accenti del fumo e del piccante. Il tarallo, solitamente utilizzato per il croccante, qui accompagna in una consistenza che viceversa esalta le carni sode del pesce.
Palamita, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Millefoglie di seppia e pesce bandiera in gazpacho di vongole, carote e prezzemolo con maionese di pelle di sgombro. Qui si ritrova il maestro Esposito, quello divenuto famoso per piatti come questo.
Millefoglie di Seppia, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Triglia con caprino in brodo di cottura, cavolo rosso e gnocchetti di bietola in agrodolce. Manipolazioni e tanti ingredienti ma lasciando sapori netti e accordati.
Triglia, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Stoccafisso in salsa tonnata, puntarelle, insalata di sedano, patate e mela verde. Dell’intero percorso l’unico piatto poco convincente.
Stoccafisso, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Risotto con cipolla ramata di Montoro, sauro affumicato ed alga croccante. Limone candito e peperoncino fresco. Il più grande interprete del risotto sotto la linea del Garigliano. Semplicemente perfetto.
risotto cipolla, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Spaghettini con colatura di alici, pesto di noci e pesce bandiera dorato. Il piatto che raccoglie tre icone del territorio. Semplice e molto buono.
Spaghetti con colatura di alici, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Colatura di alici. Obbligatoriamente artigianale. L’assaggio assoluto.
Colatura di alici, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Bottoni di polpo affogato, ricotta, aglio, prezzemolo e pomodoro agrodolce. Originale l’idea della farcia con una tipica esecuzione partenopea del polpo.
Bottoni di Polpo, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Scorfano gratinato, scampi e purea di fagioli di Controne. Materia prima, materia prima, materia prima.
Scorfano gratinato, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Scampi, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Dentice al vapore, insalatina e olio bruciato, zenzero, carote ed estratto di ortiche.
Dentice al vapore, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Gelato alla nocciola, crumble di fava di cacao. Esercizio di buona pasticceria.
Gelato alla nocciola, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Crostatina d’orzo, ricciolo di cioccolato bianco, mascarpone al limone e sorbetto di more.
Crostatina d'orzo, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Cremoso all’olio di oliva, gelatina di mandarino, nocciole.
Cremoso all'olio, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli
Piccola pasticceria (macaron, madeleine,marshmallow) nell’eleganza della bolla di vetro.
piccola pasticceria, Torre del Saracino, Chef Gennaro Esposito, Vico Equense, Napoli

La geografia della pizza napoletana, prima ricalcata precisamente sulla linea dei confini metropolitani, modifica ed amplia ormai continuamente il suo perimetro. Se prima per un residente del centro città l’ipotesi di una trasferta pur breve sarebbe apparsa quantomeno bizzarra, oggi la ricerca sull’impasto, specificatamente sulle farine e sui lieviti, e la cura nella scelta dei prodotti di complemento, fondamenti di una buona pizza, vengono condotti in tutta la provincia e spesso fuori di essa da pizzaioli giovani e motivati, talvolta figli d’arte eredi di tradizionali pizzerie senza troppe pretese. Questo è il caso di Le Parùle già La Gardenia che con il suo ingresso sormontato dall’enorme scritta luminosa, argina il lato mare della Benedetto Cozzolino, la strada che cinge un tratto di Vesuvio da Ercolano a Torre del Greco.

Qui, da un anno, Giuseppe Pignalosa, proprietario e pizzaiolo, ha voluto scommettere e rilanciare e dopo aver pennellato le pareti con colori vivaci, sostituito tavoli e sedute, costruito un bellissimo forno di tessere oro, si è messo a studiare le alchimie tra acqua, farine e lieviti. Poi a completare il prezioso orto di famiglia si sono scelti, uno ad uno, i prodotti piu’ interessanti ed ora, ad esempio, la pizza Margherita si presenta con un impasto ad alta idratazione con lievito di birra, farina doppio zero con percentuale di zero, un disco di formato medio, fiordilatte Cioffi di Agerola e pomodori San Marzano Agrigenus. Alta digeribilità, cornicione alto, alveolato e ben cotto, spessore della parte centrale sottile come previsto dal disciplinare, pomodoro senza acqua in eccesso grazie alla evaporazione per l’alta temperatura del forno. Su queste basi poi si vanno costruendo le variazioni e le prove d’autore con l’orto (il dialetto parùle appunto) protagonista: cosi’ la scarola corredata di alici e olive nere in una veloce cottura con la sua integrale croccantezza restituita dalle nocciole di Giffoni, la zucca la cui crema accoglie i porcini e la pancetta o ancora la rucola selvatica, amara di suo e incattivita dal fulmine della grattugia di limone che contrappunta la dolcezza della bresaola della Valtellina riproponendo al palato tutto il campionario di sfumature grasse, acide, dolci e sapide.

Nuovo ingresso in carta, poi, l’ ovo conciato. Progetto ambizioso che vuole l’utilizzo del Conciato Romano, lo straordinario formaggio delle anfore di Manuel Lombardi, in abbinamento con l’uovo. Dentro la pancia di una pizza fritta. Una sorpresa celata dunque che colora il piatto al primo affondo di coltello. Piacevole la intensità del tuorlo liquido, meno quella delle parti di albume che non riesce a cuocere interamente data la brevità della frittura. Si potrebbe tentare un minore spessore della pasta che lo racchiude portandolo al limite che garantisca la tenuta in cottura o forse optare per la sua eliminazione in fase di farcitura. Allungo finale del Conciato con una persistenza davvero notevole che la rende ideale a chiusura del pranzo. Birre artigianali, qualche bottiglia di vino senza pretese, grande entusiasmo e molta voglia di crescere.
Da tenere in lista.

La facciata di ingresso con la scritta fuori scala. Decisamente più a vocazione turistica che gourmet.
Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La sala. Boiserie bianca, pareti verdi e azzurre, sedie in legno. Le fotografie in cornice e gli oggetti sospesi al soffitto animano un ambiente altrimenti freddo anche a causa dell’illuminazione con le plafoniere a soffitto.
sala, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
l piennolo di pomodorini del Vesuvio in compagnia dei peperoncini sospesi ad una scala a soffitto. Un cambio di prospettiva della tradizione.
Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Il menù. Circa 30 scelte di pizze, 12 primi, 8 secondi oltre dolci, birre, vini. Tanta roba. Forse troppa.
menù, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La pizza sulla pala, prima di entrare in forno.
pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La margherita nel piatto. Cornicione alto e alveolato, basilico a foglia intera, fiordilatte di Agerola, pomodoro San Marzano, olio evo. Ineccepibile.
margherita, pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La margherita a tavola. Si notano le pezzature bruciate in alcuni punti del cornicione.
margherita, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La margherita. Particolare. Intorno e sopra al cornicione si formano le escrescenze che caratterizzano la irregolarità tipica del tondo della pizza all’uscita dal forno.
pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Zucca e porcini. Una crema di zucca di media densità con fiordilatte, funghi porcini, pancetta e il croccante delle nocciole. Tema stagionale, equilibrio, grandi profumi. La pizza del giorno.
zucca e porcini, pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Stracciatella. A metà tra pizza e focaccia. Stracciata di bufala, bresaola, rucola e buccia di limone aggiunti a crudo sul disco di pasta appena uscito dal forno.
stracciatella, pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Scarulella. Un classico ripieno qui in versione aperta: scarola, alici di Cetara, fiordilatte, olive di Gaeta e nocciole di Giffoni.
Scarulella, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Scarulella, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Fritta con ovo conciato. Forma allungata, spessore pronunciato, frittura asciutta, doratura accentuata. Al taglio, il tuorlo liquido comincia a sgorgare. Sul finale il sopravvento del conciato romano.
pizza fritta, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
pizza fritta, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli

C’è una parola, una sola, che descrive l’esperienza di un pranzo da Angelo Sabatelli in Puglia, nella Monopoli delle cento contrade a ridosso degli scogli a mollo nell’adriatico.
Stupore.
Puntuale, ogni volta che ci torni.

Intanto la masseria, un ricordo di tutto quello che non è più: pietre vissute che resistono alle offese della zona industriale a ridosso del casello, fatta di lamiere e grandi insegne che forse sono messe lì apposta, come ad esaltare la meraviglia che poi, dietro di esse, si cela.

Poi per la cucina, che finalmente valorizza un territorio -di terra e di mare- generoso ed incompreso.

Infine per lo chef-patron, il suo sorriso incorniciato dalla barba, quel camice con la pinzetta infilata nel taschino quasi a voler estrarre con precisione le parole che sceglie per descrivere la sua storia, la famiglia, gli incontri ed i paesaggi, gli odori e i colori dei suoi piatti.

Venire qui sarà mettere in preventivo del tempo in più per quel viaggio nel viaggio, che a forchette ferme sarà ascoltare le sue esperienze intorno al mondo, a raccoglierle ordinatamente, resistendo alla tentazione di scrivere un romanzo e non più una recensione.
Sotto le volte e sopra le chianche che pavimentano la sala sarà subito manifesta la sua idea di accoglienza: un servizio efficace con tempi precisi, gentile e premuroso senza eccessivi formalismi governato dalla moglie con bel mestiere.
Una carta con tre degustazioni o una libera scelta, ampia quanto basta tra memorie di casa e suggestioni orientali, strepitose pagine di bollicine, poi vini bianchi e rossi tra territorio e penisola tutta. E stranieri a parte.
Pani di bella fattura con grissini e taralli. Prima di cominciare l’unico appunto possibile sarà per le luci, diffuse, disperse, forse suggestive ma periferiche rispetto alle sedute.

Subito una lunga serie di appetizer, quasi a sfogliare il block-notes dello chef. Idee, schizzi, intuizioni, sogni: quel datterino ad esempio, del quale vorresti cassette intere. Le chips di patate dolci, l’affumicatura della panna e il peperone crusco. E il fumo che torna nuovamente nella crema di melanzana con olive nere. E poi due piccoli capolavori con la zuppetta di pomodoro con fiori di begonia, pepe e caviale di salmone e l’allievo crudo, crema di mandorle e limone candito ammantati dal velo di seppia maculato di “liquirizia di mare” dove alghe, nero di seppia e riccio sono cristalli di purezza.
E’ l’inizio di un bel percorso, prima con antipasti di grande finezza come il piccolo filetto di sgombro ricco di suggestioni, l’interpretazione della melanzana nel suo caldo/freddo e i gamberi con una fantastica polvere di olio, poi con la certezza della pasta declinata nelle orecchiette, nei capellini ed in un risotto di grande fattura.
Dopo saranno pesce e carne: l’orata, dove le olive sono in salsa, la cicoria in olio e la curcuma in polvere, poi la pancia del maiale, con le rape in una ristretta salsa barbecue con caffè e senape e il vincotto sulla pelle.

Dopo tanto mestiere, qualche incertezza sui dessert, dove probabilmente si è ancora alla ricerca della giusta ispirazione, tra tentazioni dolci e derive salate. Qualche elemento si ripete ma solo a sottolineare una identità forte, una necessità proprio di chi ha vissuto a lungo altrove. Le olive innazitutto, icone del territorio pugliese, del suo paesaggio e dei suoi profumi. Il caffè poi, inteso come spezia con quella nota tostata, ed ancora i sentori arrostiti ed affumicati, a dare forza dove è richiesto un allungo di sapore. Una vera alchimia tra il territorio, questo del vicino oriente d’Italia, con gamberi rossi, ricci, olive, lampascioni, orecchiette e melanzane e gli echi di quello estremo, asiatico, con la curcuma, soya, daikon. Cucina a km zero comunque, non in senso geografico, ma intesa come elaborata con gli ingredienti che ti sono familiari, che appartengono alla tua storia

Ecco, Angelo Sabatelli è questa cosa qua. E avrà ancora molto da dire.

Angelo Sabatelli a parole.
Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Il lavoro in cucina visto dalla sala.
Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Particolare della mise en place.
Mise en place, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
I grissini.
grissini, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Datterino, pane e pomodoro. Ricostruzione precisa. Un esercizio di stile già visto, ma qui portato alla perfezione assoluta. Polpa speziata di consistenza quasi liquida, piacevolissima. Sapore intenso.
Datterino, pane, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Chips di patata dolce con crema affumicata e peperone crusco. Elegante presentazione, raffinata esecuzione.
Chips, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Olive nere. Varietà mele. Fritte. Dolci. La Puglia e la sua materia prima.
Olive Nere, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Catalogna con maionese e latte di soya.
Catalogna, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Crema di melanzana affumicata con olive nere. Il bicchiere della terra.
Melanzana, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Zuppetta di pomodoro con caviale di salmone, fiori di begonia e pepe nero.
zappetta di Pomodoro, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Velo di seppia con “liquirizia di mare” (alghe, ricci e nero di seppia in polvere) a celare allievo crudo, crema di mandorle e limone candito. Piccolo grande piatto.
Velo di seppia, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Gamberi rossi con yuzu, polvere di olio ed erbe.
Gamberi rossi, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Sgombro marinato con salsa di limone arrosto, pomodoro arrosto, daikon e caviale affumicato.
Sgombro marinato, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Bianco e nero di melanzana arrosto. La voluttuosa polpa di melanzana glassata in una riduzione di olive nere impaginata tra i fogli di ricotta ghiacciata. Bella l’idea, perfetta la esecuzione.
bianco e nero di Melanzana, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Capellini spezzati, fagioli, cozze, farina di ceci e polpettine di seppia. Quasi una zuppa con una scelta di pasta adeguata.
Capellini, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Risotto con caciocavallo podolico, albicocche, polvere di caffè e di sedano. Mutevole al palato grazie alla dinamica degli ingredienti. Finale in progressione dell’amaro del caffè. Sabatelli con i risotti è a suo agio.
Risotto caciocavallo, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Orecchiette al ragout +30. Il numero è riferito alle ore di cottura. Le orecchiette sono opera di una delle ultime artigiane del territorio. La fonduta di canestrato compatta il tortino. La cucina di casa portata alla perfezione.
Orecchiette al ragù, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Orata con salsa di olive alla calce, olio di cicoria e curcuma. Una tradizionale concia delle olive con l’ausilio di calce viva per una salsa di straordinaria efficacia.
Orata, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Pancetta di maiale su salsa barbecue e caffè, rape e semi di senape. La sua pelle e il vincotto.
Pancetta di maiale, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Cialda di cipolla arrosto con fegatini di piccione, fieno greco e polvere di olive nere. La versione minimal del fegato alla veneziana.
Cialda di cipolla, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Fragole al sambuco, panna e polvere di the verde.
Fragole, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Biscotto alle mandorle.
Biscotto alle mandorle, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Bonbon di cioccolato fondente, lampascioni canditi e liquore di carciofo. Golosità, territorio e memoria in un piccolo gioiello per fine pasto.
Bon Bon di cioccolato, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari
Gelatine finali.
Gelatine finali, Angelo Sabatelli, Monopoli, Bari

Capri, l’isola e la sua magia, sembrano già cominciare all’interno dell’aliscafo che in 40 minuti -disegnando una linea retta di schiuma nel golfo- unisce Napoli al suo piccolo porto affollato di yacht.
Mille idiomi si mescolano tra le poltrone, mille valigie si affollano nel pozzetto di poppa, duemila occhi si spalancano alla meraviglia della roccia che si avvicina dagli oblò. Poi basteranno pochi passi sull’asfalto, che si inerpica alla destra del molo, che una struttura elegante nel suo bianco apparirà come poggiata sulla verticale di pietra. A piombo sui granelli della spiaggia.

Qui, al JK Place, il lusso delle 5 stelle è nella perfezione dei dettagli. Prima una terrazza dove il legno induce ad una eleganza semplice, con i divani bianchi dinanzi allo schermo gigante del mare, poi con la ricercatezza degli interni, sofisticati, ricchi, con le boiserie e i gessi ad incorniciare i colori dei pastelli.

Giù, nelle cucine al piano interrato, opera da tre stagioni Edoardo Estatico da Napoli. La cosa sorprendente è il peso delle sue 30 candeline a ricordarci che talvolta gli anni non vanno semplicemente contati. Serio, misurato, studioso. Dopo qualche piatto e qualche scambio di parole sarà naturale sospettare che i capelli sulla sua testa abbiano cominciato a diradarsi come per allinearsi alla profonda maturità che esprime. La sua grande scuola sembra essere stata quella di famiglia, con le donne della casa, nonna e mamma, inconsapevoli ispiratrici della passione di una vita poi divenuta mestiere. Oltre, la gavetta, la fatica, i grandi incontri professionali, l’applicazione, il gioco. I piatti si raccontano in questa cornice. Pur avendo perso totalmente l’approssimazione della cucina casalinga e i suoi eccessi, non ne rinnega i legami, i grandi insegnamenti, le basi.
Profumi innanzitutto. Abbinamenti poi. Una memoria attenta, tra il popolare e l’alta scuola, la ragione e il sentimento, l’accademia e l’avanguardia.

Così si comprende appieno il lungo menu degustazione, che spazia dalla classica perfezione della royale di foie gras, di scuola francese, al divertissement del babà caprese, sfrontato ed indigeno. Dai dovuti abbinamenti mediterranei della spigola con le mandorle, gli spinaci e le olive nere alle sofisticate alchimie della pesca, bergamotto e noci macadamia che firmano gli scampi.
Dessert non all’altezza del viaggio, forse da ingentilire e rendere più eleganti.
Di contorno, intanto una menzione ai pani, di grande fattura e infinita scelta, poi una completa carta delle acque e le attenzioni, nell’attesa, con il burro e l’olio. Bella la scelta dei vini, con le obbligatorie etichette classiche importanti, ma anche con una attenzione al territorio con cantine più nascoste, penalizzate solo da ricarichi eccessivi. Servizio purtroppo non ambizioso come il contesto.

L’ingresso. Quello di una villa, classico ed austero.
JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Una sala interna. Decori, stucchi, colori. Il discreto lusso mediterraneo.
sala, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
La carta. C’è il light lunch da bordo piscina, un piccolo menù tradizionale ed anche la pizza. Poi la carta della cena con 3 degustazioni e una ampia proposta gourmet. Ancora carta delle acque e una bella scelta di bottiglie.
carta, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
L’aperitivo. In terrazza sembra d’obbligo. E allora Bellini sia…
aperitivo, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Si comincia a riempire la tavola: burro di Agerola. Voluttuoso, delicatamente acidulo. Base rinforzata con semi di papavero. Accompagnamento di provolone del monaco essiccato. Monti Lattari. Nomen omen.
burro, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Taralli, grissini, focaccine, pani. Integrale, al carbone vegetale o con peperoni, salumi, zafferano ed anche cipolla. Qui si rende inequivocabile l’idea che la ristorazione la si vuole fare bene. Straordinaria varietà, ottima qualità. Tentazioni da controllare.
taralli, grissini, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Cozza cotta al vapore, parmigiano e nero di seppia per ricostruire la valva, centrifugato di pomodoro ed olio evo a crudo. Tecnica, invenzione e gusto. Sapori netti, restituiti integri al palato dopo tanta elaborazione.
cozza, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Alice arrosto, indivia, senape. Sotto, una fetta di pane tostato. Ovvero l’interpretazione internazionale di un classico inizio.
alice arrosto, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Rapa, caprino, arancia e gelatina di Campari. O dell’interazione degli elementi. Intermezzo papillare da potersi giocare ad ogni momento del pranzo. A compendio la scala di consisitenze.
rapa, caprino, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Bon-bon di gambero rosso, pesca bianca, bergamotto e noce macadamia. Intanto grande materia prima. Anche qui la costruzione del piatto è pura dinamica degli equilibri: prologo dolce amplificato dagli zuccheri della frutta, chiusura pulita con l’amaro dell’agrume e della noce che caratterizzano la bisque.
bon-bon di gambero rosso, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Royale di fegato grasso di anatra, scampi e ciliegia. L’epopea dell’alta cucina. Un omaggio alla cucina francese con un piatto che non consente rivisitazioni ma una perfetta esecuzione. Vale sul curriculum di uno chef. Impiattamento accademico di grande eleganza con la chips di crostacei ad anello.
Royal di foie gras, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Babà Caprese. La memoria come spunto per la creazione. Una versione rustica del dolce napoletano in bagna di centrifugato di pomodoro a rimpiazzare il rhum. Aria di basilico, olio e fondo di crema di mozzarella a ricostruire la caprese.
babà, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Battuta di vitellone con pistacchi, capperi e zabaione all’arancia. Deviazione sulla carne, sebbene cruda, che però non sembra aggiungere valore al percorso.
battuta di vitellone, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
“Ruote” ai ricci di mare, friggitelli e nocciola di Giffoni. Equilibri matematici. Qui ad accompagnare la deriva dolce del riccio ed a contrastarne la arrendevolezza intervengono i peperoncini verdi e la nocciola, in salsa e crudi. Pasta di Benedetto Cavalieri nel suo formato “cult”.
ruote di ricci di mare, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Geometrie di ravioli ripieni alla parmigiana di melenzane. Ancora gioco e memoria, ancora un piatto di disegno contemporaneo ma con echi di ricordi familiari. Le differenti farciture dei quattro ravioli (provola, basilico, pomodoro e parmigiano in crema) ricompongono il piatto tradizionalmente inteso con la protagonista -la melanzana- lasciata come guarnizione a completare. Sfoglia di pasta sottile per la sola funzione di contenere.
ravioli, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Spigola, crema di mandorle bianche pugliesi, spinaci e olive “ammaccate”. Come una onda del Mediterraneo. Servita sulla terrazza poi, la brezza marina che veicola i profumi è un valore aggiunto che completa ed accompagna il piatto come un calice di buon vino. Un piatto che molti stranieri passati da qui porteranno nell’album dei ricordi.
spigola, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Dentice in crosta di pane al carbone vegetale, scapece di zucchine e fior di zucca. L’idea è di ricostruire il pacchero nel quale annidare il pesce, quasi uno scoglio della sue tane in mare. Scioglie il boccone, altrimenti secco, la fluidità e la spinta della zucchina marinata nell’aceto.
dentice in crosta, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Crema catalana, salsa di passion fruit e siringa ai lamponi. Forse, tra tanta natura, stona l’uso della fialetta in plastica.
crema catalana, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Cucciolone di pastiera. Il famoso gelato è qui reinventato con un classico della pasticceria campana. Il risultato è divertente, pratico e molto gradevole.
pastiera, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri
Carota interrata. Mousse allo yogurt, terra di cacao, spugna alla carota, salsa arancia e zafferano. Dolce molto pretenzioso, l’aspetto troppo disegnato, con la riproposizione della carota appena estirpata dalla terra, intimorisce. Da rivedere lo spessore della glassa e il formato troppo generoso.
carota, JKitchen, JK Place, Chef Edoardo Estatico, Capri