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Friday Five #17

(In foto di apertura: Zazà Ramen – Milano)

Diciassettesimo appuntamento con il Friday Five! Continuate a mandarci le vostre segnalazioni: brevi, incisive, precise, nel puro stile Friday Five!
Scrivete all’indirizzo fridayfive@passionegourmet.it, vi invieremo le specifiche per la compilazione e il vostro pezzo sarà pubblicato nel Friday Five!

Zazà Ramen

L’atmosfera è piacevole, il personale garbato. Il menù, stagionale, permette di scegliere tra diversi tipi di ramen a base di carne, tofu o pesce, la pasta da “allegare”, fatta a mano dallo chef con farina “00” o integrale con farina macinata a pietra e il brodo di accompagnamento: ambrato e saporito (shoyu), chiaro e delicato (shio), o dolce e aromatico (miso). Per avere un’idea del piatto finale sono d’aiuto le riproduzioni dei ramen in plastica lucida appese in vetrina come nei locali giapponesi doc. Oltre alla zuppa di tagliatelle, si possono gustare altri piatti tipici: gli onighiri con le umeboshi, il tonno o il salmone, l’insalata di polpo, il gelato al kinako (soia tostata), ecc. Un bicchierino di umeshu (liquore di prugne) prima di alzarsi dona quel pizzico di gaudio finale in più.
(Miryam De Rubeis)

Via Solferino, 48, Milano
Tel: +39.02.36799000
www.zazaramen.it

Osteria dell’orologio

L’Osteria dell’Orologio è ubicata a Fiumicino, nel famoso edificio progettato dall’architetto Valadier: circa 30 coperti abbastanza ravvicinati (il locale e’ “raccolto” e i tavoli fuori non sono operativi, piove). “Benvenuti” e’ la prima parola che udiamo all’arrivo: l’inizio e’ incoraggiante. Menù degustazione crudi e cotti la nostra scelta, 10 portate (6 o 7 “assaggini sfiziosi” come antipasto, un primo, un secondo ed il dolce) una dopo l’altra si susseguono e, proporzionalmente, la nostra soddisfazione cresce. I piatti, ben presentati, si basano sul pescato locale di ottima qualità ma valorizzato dalla evidente creatività dello chef Marco Claroni, che, possiamo dirlo, ci conquista: ci eravamo stati un paio di mesi fa, il livello è sempre stato buono, ma la pulizia dei sapori piacevolmente combinati del nuovo Menu denota un deciso cambio di marcia. Due suggerimenti (sottovoce) ed un must. Primo suggerimento: lasciate l’”Orologio” a casa, andate rilassati; il servizio e’ cordiale e professionale ma sui tempi ci sono margini di miglioramento. Secondo suggerimento: salvo curiosità particolari, date “carta bianca” allo chef. La formula e’ ben studiata, il percorso divertente (45/50€ in degustazione, circa 60€ à la carte). La carta dei vini permette di scegliere a prezzi ragionevoli (noi abbiamo abbinato un pas dose’ pugliese con un interessante rapporto qualità/prezzo). Il must: è indispensabile la prenotazione.
(Marcello Stasi)

Via Torre Clementina, 114 Fiumicino (Roma)
Tel: +39.06.6505251

www.osteriadellorologio.net

Ristorante San Martino

Al confine tra le provincie di Venezia e Treviso, lungo la strada dell’omonimo radicchio, Michela e Raffaele Ros ricevono gli ospiti nel ristorante di proprietà da 4 generazioni, trasformato in uno spazio moderno. L’ispirazione dal territorio dello Chef Ros, articolata in base alla stagionalità, rivede il melange di tradizioni locali senza alterarne il carattere ruvido. Contestualmente con un labor limae sapiente addomestica il lato ribelle della cusina veneta e con mano fine costruisce un percorso pertinente attraverso due menù creativi, uno di pesce, l’altro della tradizione. La carta mai banale permette anche agli intolleranti al glutine di non dover sacrificare gusto o varietà di piatti. Una nota particolare merita la carta dei vini costruita sapientemente da Michela. Miglior carta dei vini 2013 in Veneto per A.I.S.. Ampia, profonda e diversificata premia con vini italiani e stranieri di riguardo, una selezione di vecchie annate, e una scelta di vini naturali.
(Emma De Danieli)

Piazza Cappelletto, 1 – Rio San Martino – Scorzè (Ve)
Tel. +39.041.5840648
www.ristorantesanmartino.info

Il Buonumore

Amelio Fantoni, vecchia volpe della ristorazione viareggina, conduce da qualche anno questa baracchina nella pineta di ponente a Viareggio, dopo aver chiuso il suo raffinato ristorante Il Rungantino. L’operazione é vincente, ed anticipa di qualche anno il modello della bistronomie francese in stile viareggino.
La mano rimane quella del grande chef, che però, grazie anche all’aiuto della figlia Simona, si é evoluta verso una cucina più semplice, sana e leggera.
Il menu é basato sul pescato locale, con predilezione verso pesci poveri che vengono sempre nobilitati da una attenta sfilettatura. Da segnalare l’ottimo crudo, le zuppe, la frittura (leggerissima) e i dolci.
Da fuori il posto non invita, ma dentro é accogliente e il menù fisso consente di mantenere il prezzo competitivo.
(Giampaolo Cimino)

Viale Capponi 1 (angolo Via Marcopolo) Viareggio (LU)
Tel.: +39.339.6920936
www.ilbuonumore.it

Alice

Hanno fatto un bel balzo in avanti, Viviana Varese e il suo Alice: dal claustrofobico buchetto di via Adige alle panoramiche vetrate in cima al nuovo quartier generale milanese di Eataly.
Praticamente la miglior location, oggi, dove aprire un ristorante in Italia.
Infatti è sempre pieno e per trovar posto bisogna prenotare con svariati giorni di anticipo.
Il servizio, pur se molto rafforzato rispetto al vecchio locale, sembra arrancare di fronte a tanto successo: i tempi di attesa, così, si prolungano oltre il dovuto.
Ma il vero problema è la cucina, anch’essa apparentemente traumatizzata dal cambio d’indirizzo. Non che prima il tasso di finezza toccasse vette elevate, ma almeno era compensato da una certa qual verve golosa che, specie negli ultimi tempi, sembrava aver trovato il suo equilibrio.
Ora svanito, a giudicare dalla nostra cena. Scialbi i maccheroncini al ferro con gamberi rossi, ostrica (non pervenuta), clorofilla di spinaci e olio al lime: scivolano via nel più totale anonimato e si terminano a fatica. Pesantissimo il risotto ai peperoni arrostiti, burrata (troppa), sgombro, olive e capperi, un piatto così disarmonico e mal assemblato da risultare francamente imbarazzante. Elegante alla vista, ma sbiadito all’assaggio il merluzzo al verde con crescione, patate confit e olio al prezzemolo. Tanto ambizioso quanto poco incisivo il babà alle fragole, gelato di mandorla, granita di basilico e limone di Amalfi, che si segnala soprattutto per una certa confusione dei sapori, assai poco definiti. Alla fine, all’altezza si sono dimostrati solo il misto di pesce crudo – forse, non a caso, l’unico piatto non cucinato fra quelli provati – e in parte pane, amuse-bouche e piccola pasticceria. Un po’ poco.
(Emanuele Barbaresi)

piazza XXV Aprile 10 – Milano
Tel: +39.02.49497340
www.aliceristorante.it

alice ristorante, Friday Five
(Carpaccio di crostacei, caviale, granatina di mela e pomodoro verde – San Martino – Scorzè – Venezia)

A Pinerolo il tam tam gourmet ti spinge verso il coté più avanguardistico della cucina di Christian Milone, ossia nella minuscola Gastronavicella, più che per la più convenzionale Trattoria Zappatori. Perché decidere di spingersi fin qui, verso una meta proverbialmente lontana da tutto e tutti, caratteristica che accomuna Pinerolo alla sua dirimpettaia Cuneo, è già di per sé un’impresa. Se poi il lungo viaggio lo si affronta per una trattoria, allora la faccenda entra nell’alveo dell’epica cavalleresca. Il locale vive però anche di questo dualismo fra la trattoria da un lato, con i piatti tradizionali solo lievemente contaminati dall’estro dello chef, e dall’altro i due tavoli fronte giardino zen in cui, su prenotazione, si può assaporare il percorso spericolato di cui parleremo in un prossimo appuntamento.

In realtà è un vero peccato “vivere” così l’idea di un pranzo alla Zappatori perché Christian Milone, proprio in quanto chef dotato di grande talento, sa esprimersi tanto in creazioni spericolate quanto in attente letture delle ricette tradizionali. Nella trattoria si può infatti godere di un festival dei sapori piemontesi, che vengono portati all’ennesima potenza e vengono affiancati da una selezione di piatti fra i più significativi del lungo e tortuoso percorso creativo che ha caratterizzato la crescita del cuoco pinerolese.

Vi potete quindi sedere a questo desco, in cui troverete la stessa carta dei vini e un companatico di pari cura e dignità della più blasonata Gastronavicella, e bagnarvi fino alle ginocchia nell’innovazione più spinta alternando qualche piatto della tradizione o, perché no, rinfrancarvi con una serata a base di vitello tonnato, Plin e Bunet… tra i migliori, più squisiti e filologicamente corretti mai assaggiati.

Un plauso quindi alla trattoria Zappatori, di cui paradossalmente spesso ci si dimentica per colpa delle indiscusse capacità del cuoco.
Bravi!

La sala…
sala, Trattoria Zappatori, Chef Christian Milone, Pinerolo, Torino
Vitello tonnato in porzione assaggio…
Vitello Tonnato, Trattoria Zappatori, Chef Christian Milone, Pinerolo, Torino
Gli ottimi plin
ottimi plin, Trattoria Zappatori, Chef Christian Milone, Pinerolo, Torino
Olio locale
Besuc, Trattoria Zappatori, Chef Christian Milone, Pinerolo, Torino
Lingua al verde, con una licenza rivisitativa
lingua verde, Trattoria Zappatori, Chef Christian Milone, Pinerolo, Torino
Bonet…
bonet, Trattoria Zappatori, Chef Christian Milone, Pinerolo, Torino

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Le grandi qualità imprenditoriali di Oscar Farinetti sono evidenti. E’ stato il primo ad aver compreso come sfruttare commercialmente su larga scala, e al meglio, l’enorme potenziale del patrimonio enogastronomico italiano rendendolo accessibile e, soprattutto familiare, a tante persone dentro e fuori dei confini nazionali.
Il risultato è un piccolo impero fondato con coraggioso spirito mercantile, che rappresenta, pur non essendo tutto dello stesso livello qualitativo, una solida realtà e una prestigiosa vetrina per il nostro paese.
Tra le diverse succursali, quella capitolina, aperta da poco più di un anno, è davvero di dimensioni considerevoli.
Oltre ai tipici ristorantini dall’approccio molto easy, ciascuno dedicato a una specifica branca dell’universo gastronomico, e alla miriade di articoli dislocati ai vari livelli dell’edificio, è presente al terzo e ultimo piano il fiore all’occhiello della struttura.
Si tratta del ristorante di punta, pomposamente chiamato Italia, vero e proprio sunto di tutto quanto presente ai piani inferiori.
La bella sala ampia, molto accogliente, con luminosa vetrata a giorno e ormai “regolare” cucina a vista, funge da scenario ideale per tre opere originali di Modigliani, a testimonianza del mai troppo celebrato nostrano estro artistico.
Il menù è rigorosamente suddiviso in venti pietanze, cinque per ogni portata, ciascuna campione, ciclicamente, di un piatto regionale.
Il nostro paese è così interamente rappresentato da ricette eseguite, più che interpretate, con cura professionale anche se, a dirla tutta, lo spirito del progetto necessiterebbe di una versatilità che sembra piuttosto latitante.
Il proposito, infatti, è quello di essere rappresentativi a 360°, col risultato che la cucina di alcune regioni è riprodotta più felicemente, quella di altre meno.
Nel primo caso possiamo senz’altro annoverare un cervo marinato con rapa rossa, mela e rafano assai convincente e gustoso, oltre agli agnolotti del plin al sugo d’arrosto ineccepibili per fattura ed esecuzione.
Maggiori perplessità hanno destato il risotto alla marinara, penalizzato da cottura e mantecatura perfettibili, mentre un po’ greve e dominante è apparso l’accompagnamento di peperoni arrosto e cipolla per quanto riguarda un’orata peraltro ben cotta.
Si resta confusi perché sembrano quasi esserci due mani distinte in cucina, che rendono l’offerta non uniforme e piuttosto oscillante.
I dolci non vanno oltre la diligente attuazione di elementi base della pasticceria senza particolari guizzi né errori manifesti.
La cantina è fedelmente legata al nostro territorio con escursione in Francia attraverso una discreta varietà di champagne.
E’ presente anche, e sembra doveroso segnalarlo, una lista internazionale di vini biologici che permette di scegliere bottiglie interessanti dai ricarichi abbastanza ragionevoli.

Mise en place
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Amuse-bouche: tartare di pezzogna con pesca e cipolla rossa.
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Cialde con semi di papavero.
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Pani.
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Arrosto di cervo marinato, marmellata di rapa rossa, mela e rafano.
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Goloso il “Bacalà” alla vicentina con soffice di patate.
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Crudo di seppia con scarola alla romana.
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Risotto alla marinara, abbastanza deludente.
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Onesto minestrone su pesto di guanciale croccante, patate e pan grattato.
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Agnolotti del plin al sugo d’arrosto di manzo, maiale e coniglio, forse in quantità un po’ troppo generosa.
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Convincenti scampi alla busara su polenta bianca.
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Orata con peperoni arrosto e cipolla bruciata.
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Molto buono il pollo alla birra e zafferano su salsa di asparagi.
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La grolla: cremoso al cioccolato, crumble di caffè, nocciole, gelatina di grappa e granita al Genepy.
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Fragole con cotto di fichi, gelatina di aceto di lampone e gelato alla crema.
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Soufflè al cioccolato, gelato al pampepato e marmellata di albicocche
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Petit fours
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Dall’interessante e apposita lista di produttori “triple A” ecco l’elegante Anjou blanc di Ferme de la Sansonniere.
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L’italianissimo friulano di Le Vigne di Zamò.
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Sala
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Particolare del terzo piano.
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Eataly…
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