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The Quarantine’s Club – Gin & Tonic

“Il tempo è ciò che facciamo di esso”

In questo periodo, come non mai, ci permettiamo di aggiungere. Chi per un motivo chi per un altro, ognuno è costretto a ridisegnare la propria organizzazione tanto degli spazi quanto dei tempi. Ci si ingegna al massimo per fare in modo che sia un tempo di qualità e anche noi, nel nostro piccolo, ma buono, vogliamo contribuire a dare il nostro apporto, mettendo a disposizione del nostro affezionato pubblico le nostre passioni, i nostri amati hobby, il nostro spirito critico, quanto più verticale possibile.

Abbiamo scritto spirito e verticale: spirito perché con simpatia rivolgeremo in questa rubrica l’attenzione agli “spirits”, e come questi si declinano e possono prendere vita in assoluto e anche in relativo attraverso sapienti e semplici miscelazioni. Verticale perché a noi piacer essere critici, nel senso più nobile del termine, e scendere in profondità con le analisi, non fare i generalisti. Racconteremo a nostro modo, ovvero quello che già conoscete, la mixology che si può creare a casa, ad arte, con poche attenzioni, anche con l’ausilio di esperti bartender e qualche distillato, per conoscerlo più in profondità.

Ci teniamo però a dirlo forte e chiaro: la mixology casalinga non sostituisce il nostro cocktail bar preferito, né la sua qualità, né tantomeno la sua atmosfera. Chiamiamola miscelazione feriale, quella dei giorni di lavoro. Quella festiva ritornerà, e più di prima, saremo ancora più contenti e, speriamo, ancora più consapevoli nel degustare il nostro drink preferito. È una quarantena questa, imposta o volontaria che sia, la rispettiamo e sta a noi renderla il più leggera e piacevole possibile.

Alessandro Pellegri e Luca Turner

Gin & Tonic

Inauguriamo questa nuova rubrica, non a caso, con il re dei cocktail casalinghi: il Gin & Tonic.

Il Gin & Tonic (attenzione “Gin-and-tonic”, e non “Gin-tonic”) è, come lo stesso nome suggerisce, Gin ed Acqua Tonica, ghiaccio e qualche “accessorio”. Ma nonostante la sua estrema semplicità, è doveroso tenere a mente alcune accortezze.

In primis, il ghiaccio. Quante volte avete detto o sentito dire “…ah, questo drink è tutto ghiaccio, mi hanno fregato?
In realtà, la quantità di ghiaccio nei cocktail on the rocks (rocks uguale ghiaccio) è fondamentale: più ce n’è, prima il drink si raffredderà e meno si annacquerà, in quanto il raffreddamento operato dal ghiaccio alla bevanda sarà più veloce. Una volta che la bevanda è in temperatura, il ghiaccio si scioglierà meno in fretta.

Che sia in cubetti oppure in un pezzo unico è irrilevante (alcune differenze in realtà ci sono, ma non è il caso di scendere così in dettaglio) quel che conta è il volume di ghiaccio inserito nella bevanda, pertanto la scelta è soggettiva. L’unica accortezza che ci sentiamo di consigliare è di realizzare il ghiaccio non con acqua di rubinetto, ma con acqua oligominerale a basso residuo fisso.

Noi per praticità realizziamo il ghiaccio per il Gin & Tonic in bicchieri di plastica da 20cl, in modo da avere un unico blocco, la soluzione preferibile per il mantenimento della temperatura. Ma soprattutto, abbiate cura di estrarre dal freezer il ghiaccio qualche secondo prima dell’utilizzo: ciò garantirà la massima resa di raffreddamento (e quindi la minima diluizione).

Quanto al bicchiere, anche in questo caso spazio a quel che avete a disposizione: un baloon da vino rosso, come potete vedere qui sopra, è quanto l’ultima moda della mixology suggerisce, in quanto ampio (e scenografico) a sufficienza per contenere il drink e una gran quantità di ghiaccio. In realtà, trattandosi di un (quasi) long drink fresco e dissetante, anche un tumbler alto va più che bene. Insomma, usate quel che vi fa più comodo, senza farvi problemi, purché sia sufficientemente ampio.

Veniamo agli ingredienti. Per nostra fortuna – soprattutto in questo periodo – anche la GDO si è accorta di quanto il trend della mixology fosse in ascesa. Se fino a qualche anno fa “acqua tonica” al supermercato fosse un sinonimo di Schweppes-in-bottiglia-da-litro, ora è possibile averne una buona scelta in ogni punto vendita sufficientemente grande. Lo stesso vale per i distillati, in questo caso particolare per il gin: la GDO offre spunti a sufficienza per divertirvi.

Non ci sentiamo di consigliarvi un gin o un’acqua tonica in particolare. Il mercato ne è pieno, aguzzate la vista, leggete e preferite in rapporto al prezzo ciò che più vi aggrada. Sbizzarritevi con l’aromaticità del gin, e in tal caso vi consigliamo di utilizzare una tonica dal profilo più neutro, oppure al contrario utilizzare un gin dal naso più composto, e quindi divertirvi con qualche tonica aromatizzata.

La parola d’ordine, mai come in questo caso, è “provare”: fate tentativi, e per gradi troverete ciò che è più nelle vostre corde.

Un consiglio che ci sentiamo di darvi, almeno all’inizio, è di evitare di tentare la strada di improbabili decori e aromatizzazioni al cetriolo/rosmarino/tè/pepe/origano e piantine varie, perlomeno fino a che non avrete ben individuato cosa più vi piace, sia come gin sia come tonica. Diversamente, il rischio di perdere la bussola è alquanto elevato: difficilmente creerete un drink sgradevole, ma è meglio mantenere le briglie salde.

Fondamentale, il rapporto tra Gin e Acqua tonica. Non esiste una regola scritta, ma molto dipende dalla situazione e dal momento della giornata in cui preparate il cocktail. Per un aperitivo o per un drink rinfrescante in terrazza, potere comodamente tenere un rapporto di 1 a 4 (1 parte di Gin e 4 di Tonica) o spingervi fino a 1 a 5 per un drink poco alcolico e beverino. Se invece, come noi, apprezzate che la componente del Gin sia ben presente (d’altronde, non si chiama Tonic & Gin…) potete arrivare a tenere un rapporto di 1 a 3 senza rischiare eccessi alcolici.

Quindi ora, mano al calice, al gin, alla tonica e al bicchiere, ci siamo:

In questa occasione vogliamo prepararci un cocktail sufficientemente alcolico ma comunque molto fresco e piacevole, dalle marcate e ricorrenti note di agrume. Abbiamo quindi scelto un Tanqueray Flor de Sevilla (22.99€ da Esselunga), caratterizzato appunto dalle botaniche agrumate, e una Tonica Fentimans Indian Tonic (2.19€ sempre da Esselunga), dal profilo fresco e neutro. Inoltre, ha una caratteristica squisitamente pratica: la bottiglia da 275 ml permette di realizzare 2 Gin & Tonic, ognuno con 45 ml di gin (un jigger pieno, o una tazzina da caffè scarsa), mantenendo l’esatto rapporto di 1:3.

Inserite in primis il ghiaccio nel bicchiere, poi il gin e, infine, la quantità di tonica desiderata, che dovrà essere ben fredda per scongiurare al massimo la sopracitata diluizione. Mescolate il tutto con un bar spoon o con il manico di un cucchiaio da cucina.

In questo caso, per ampliare le note di agrume e spingerle verso il citrico, abbiamo aggiunto al cocktail un’ampia scorza di profumatissimo limone femminello. Ci raccomandiamo di utilizzarne una varietà di buona qualità e che lo stesso sia – è chiaramente specificato – non trattato. Nel dubbio evitate, sarebbe un peccato vanificare un ottimo gin o un’ottima tonica: mai come in questo caso, poi, con un drink composto da due ingredienti, “less is more”.

Ora, non vi resta che provare, ma soprattutto farci sapere come sono andati i vostri esperimenti con i nostri consigli!

Il food pairing nell’alta cucina, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Eccoci giunti all’ultima puntata di Gente di Spirito, rubrica che ci ha accompagnato a spasso per lo stivale alla ricerca di sommelier o bartender che inseriscono dei cocktail nel percorso di abbinamento al calice del loro ristorante.

Chiusura con il botto: siamo a Milano, in una delle strutture più lussuose della città. Il primo e finora unico Mandarin Oriental aperto in Italia, a due passi dalla Scala e dal cuore del centro cittadino. Siamo andati a trovare Teo Rizzolo, Head Mixologist del Mandarin Bar & Bistrot e di Seta, il prestigioso ristorante dello Chef Antonio Guida, che non necessita di ulteriori presentazioni.

Classe 1982, si diploma al Carlo Porta di Milano nel 2000. Inizia a muoversi in svariati ristoranti ed hotels di Milano, per poi approdare nel 2007 al bancone del Nottingham Forest di Dario Comini, dove resta fino al 2013. Lascia il Nottingham per partecipare all’apertura del 1930, all’inizio del 2013. Poi due anni al Bamboo Bar dell’Armani Hotel, come head bartender. Ora da quasi due anni è head mixologist all’interno del Mandarin Bar & Bistrot, al Mandarin Oriental Milano.

Raccontaci come hai iniziato ad abbinare dei cocktail ai piatti nel tuo ristorante.

Il nostro lavoro vive grazie a un costante flusso creativo. L’idea di abbinare i cocktail ai piatti dello Chef Antonio Guida nasce sicuramente dalla mia curiosità verso il lavoro di uno Chef così talentuoso, e sicuramente dal mio desiderio di imparare il più possibile dal suo processo creativo. Se aggiungiamo anche la spinta ad uscire dagli schemi per regalare esperienze sempre nuove ai nostri ospiti, ecco che la risposta è semplice e arriva quasi in automatico.

Come reagiscono i clienti alla proposta, durante il pranzo o la cena, di uno o più cocktail abbinati?

Ultimamente stiamo riscontrando un interesse sempre maggiore degli ospiti nei confronti della miscelazione, degli ingredienti, della storia e del lavoro che c’è dietro a ogni singolo cocktail. Per questo la maggior parte delle volte sono intrigati dalla possibilità di abbinare un piatto a un cocktail, curiosi della genesi e delle motivazioni dietro gli abbinamenti, ma soprattutto entusiasti del risultato finale.

Qual è secondo te la parte più intrigante ed il rovescio della medaglia del Food Pairing con i cocktail?

La parte più intrigante del pairing con i coktail è sicuramente la commistione tra cucina e mixology, e la sorpresa nello scoprire la riuscita di abbinamenti inediti, dopo aver superato il momento più impegnativo, che è quello di far funzionare insieme le diverse temperature, quelle più calde del piatto insieme alle più fredde del drink.
Quanto al minus, ritengo che se il pairing è percepito ancora come un “esperimento” che tarda a decollare del tutto, è anche a causa del pensiero comune che vuole che i cocktail debbano per forza essere tutti molto alcolici, e che quindi una cena con cocktail abbinati “…no, non la reggo!”. L’inverno scorso con lo chef Guida abbiamo organizzato una cena dove a una serie di suoi piatti abbinavo dei cocktail a base di cognac, e sono usciti tutti felici e sulle proprie gambe. Gli scettici che pensano “cocktail = gradazione eccessiva” dovrebbero provare un’esperienza del genere: perché è vero che esiste Sua Maestà il Martini Cocktail, ma la forza dello Spritz – ma ce ne sono molti altri – è che è beverino ed è nato proprio per chi vuol stare leggero (o chi vuol seguire una moda, ma questo è un altro discorso…)

Opposite Cuban Manhattan

La base di partenza di questo cocktail è quella di un classico Cuban Manhattan, rivisto in chiave opposite inserendo nella ricetta degli ingredienti gustativamente “opposti” rispetto a quelli del cocktail classico. Il maraschino si pone a metà strada a fare da trait d’union, come una sorta di attrazione tra i due opposti.

Ricetta – powered by Bonaventura Maschio:

20 ml di Botran Reserva Blanca
20 ml di Botran Reserva 15 anni
10 ml di vermouth dolce all’uso di Torino
10 ml di vermouth secco francese
1 dash di angostura
1 dash di bitter al cioccolato
1 dash di maraschino

Procedimento:

Versare tutti gli ingredienti in un mixing glass precedentemente raffreddato. Aggiungere ghiaccio a cubetti e raffreddare per 30 secondi. Versare in una coppa da cocktail ghiacciata e finire con il profumo di una scorza d’arancia strizzata in superficie.

Questo drink è servito in abbinamento con il piatto “Ostriche con patate, peperoni friggitelli e salsa allo Champagne” dello chef Antonio Guida.

Il food pairing nell’alta cucina, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Anche in Italia, dove la cultura del vino è fortemente radicata, la miscelazione sta vivendo un periodo aureo ed è sempre più facile trovare ottimi ristoranti in cui si possa pasteggiare con l’accompagnamento di drink creati su misura. Ed è con questa nostra rubrica Gente di Spirito che vogliamo raccontarvi dei migliori sommelier che decidono di inserire in carta drink creati su misura per essere abbinati alle portate del menu.
Vi abbiamo lasciato a Torino con Laurentiu Bostiog, barman di Magorabin, dopo aver incontrato Alfredo Buonanno e Lucio d’Orsi, per arrivare fino a Treviso, da Regis Ramos Freitas di Undicesimo Vineria.  Oggi invece siamo a Roma, città che ospita il The Corner, un un elegante e raffinato hotel all’interno del quale troviamo il Marco Martini Restaurant: un luogo dove istinto, tecnica e originalità firmano un menu in grado di guidare il pubblico tra tradizione popolare e la drink culture. Qui tramite la fusione di bar e cucina Daniele Gentili Marco Martini hanno creato un percorso gustativo che raccoglie cocktail classici e signature drink, rivisitati in chiave territoriale con un pizzico di fusion, secondo lo stile del ristorante. E se il ristorante propone il food pairing con i drink, nel cocktail bar tutta la lista è ispirata ai piatti di Marco Martini, e ogni drink è accompagnato da un garnish elaborato direttamente dallo chef.

Daniele Gentili è il bar Manager del Marco Martini Cocktail bar. Passione e spiccato estro, eleganza e compiutezza nei movimenti da vero gentleman londinese, il tutto unito ad una grande professionalità, cordialità e simpatia romana. Oltre venti gli anni trascorsi nel mondo della hospitality hanno permesso a Daniele di imparare i segreti di questo mestiere, e l’hanno reso uno tra i più influenti mixologist italiani. Daniele vanta un ricco bagaglio di esperienze maturate in Italia e all’estero, passando da Città del Capo ai migliori locali della capitale, come il Micca Club, per poi approdare a Londra, dove ha seguito il progetto del The Hide Bar ed il Gastrovino and Bar8.

Raccontaci come hai iniziato ad abbinare dei cocktail ai piatti nel tuo ristorante.

L’abbinamento cocktail e piatti nasce dalla cooperazione con lo chef. Marco Martini già diversi anni fa aveva iniziato ad abbinare i cocktail ai suoi piatti, spinto dall’amore verso il mondo del bartending. Il nostro obiettivo è quello di creare ottimi drink senza mai andare a snaturarne la portata.

Come reagiscono i clienti alla proposta, durante il pranzo o la cena, di uno o più cocktail abbinati?

La maggior parte dei clienti che si lasciano intrigare da “Sinergia”, il nostro menu interamente dedicato al food pairing con i drink, nel quale ogni piatto dello chef è abbinato ad uno dei miei cocktail, sono stranieri già avvezzi a questo approccio. I clienti italiani in percentuale sono ancora un po’ diffidenti rispetto a questo tipo di esperienza, ma la curiosità e la voglia di sperimentare sta portando anche la clientela italiana ad aprirsi a questa novità.

Qual è secondo te la parte più intrigante ed il rovescio della medaglia del Food Pairing con i cocktail?

È sempre intrigante sperimentare il pairing con i cocktail, purché si rispettino anche le regole e le tecniche utilizzate in cucina.

Lenghelo

Questo cocktail è ispirato al folletto – e ai sapori – della tradizione dei Castelli Romani. A chi non è capitato di avventurarsi nell’estenuante ricerca delle chiavi che giuravi di aver visto un istante prima in casa? Tutta colpa di Lenghelo, il folletto vispo e monello che abita le case dei Castelli Romani, divertendosi a fare qualche innocuo scherzo ai suoi abitanti. Questo drink di Daniele Gentili porta il suo nome, ed è un omaggio alla tradizione delle cittadine dei Colli Albani.

Ricetta – powered by Bonaventura Maschio:

Ingredienti:
50 ml Knob Creek Bourbon
10 ml Prime Arance
15 ml Sciroppo d’acero e Stout
15 ml Succo di pera
30 ml Lime
15 gocce di Bitter Vaniglia e Sancho Pepper
un pizzico di Polvere di Carbone Vegetale
Falso di Spuma di romanella e pesca

Preparazione Falsa spuma di romanella:
25 ml vino rosso romanella
270 ml succo di pesca
30 ml lime
15 ml zucchero 2:1
2gr xantan gum

Frullare tutti gli ingredienti, mettere in un sifone da spuma e caricare con una bomboletta Cream. Agitare energicamente, lasciar riposare 30 minuti e la spuma sarà pronta.

Procedimento:

Unire tutti gli ingredienti (ad eccezione della spuma) in shaker, agitare energicamente. Filtrare in un bicchiere old fashion, colmo di ghiaccio. Completare il drink. Terminare con il falso di Spuma di Romanella, un crumble di ciambellina al vino e le chips di pop corn di maiale.

Questo drink è servito in abbinamento con il piatto Ajo e Ojo di maredello chef Marco Martini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il food pairing nell’alta cucina, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Esiste un altro mondo possibile rispetto al vino, ossia quello più variegato dei cocktail. E così la creatività degli chef si trasferisce in sala e al bancone, con miscelati sempre più calibrati e meno alcolici che si abbinano ai piatti dei menu degustazione. Ed è con questa nostra rubrica Gente di Spirito che vi raccontiamo dei migliori sommelier che decidono di inserire dei cocktail nel loro percorso di abbinamento al calice.

Siamo passati in Campania, da Alfredo Buonanno e Lucio d’Orsi, per arrivare fino a Treviso, da Regis Ramos Freitas di Undicesimo Vineria. Ora ci spostiamo nella grande fortezza dalle mura ferrigne, a Torino, una città col suo carattere, la sua sobrietà, la sua serietà. In questa quarta puntata di Gente di Spirito abbiamo fatto due chiacchiere con il giovane ma esperto Laurentiu Bostiog, il primo barman del ristorante di Marcello Trentini, il Magorabin, uno chef oggi maturo e compiuto, che propone una cucina stimolante e moderna.

Classe 1998, Laurentiu Bostiog nasce a Suceavea, in Romania e, dopo essersi trasferito in Italia, comincia i suoi studi presso l’Alberghiero “Immaginazione Lavoro Piazza dei Mestieri” di Torino. Il suo percorso professionale inizia però a Firenze, più precisamente a “Villa la Massa“ come barman presso l’American Bar, all’interno di questo gioiello architettonico dell’epoca medicea. Dopo qualche anno la sua carriera continua nella città di Torino, in numerosi cocktail bar (per citarne uno: il Drink Easy di Federico Genta). Tre sono gli anni di collaborazione con Magorabin, e Laurentiu è il primo barman del ristorante. Un ragazzo preparato e pieno di idee e se mixiamo l’esperienza, il pensiero, la cultura dello chef a questo tripudio di giovane vitalità, ecco arrivare a tavola preparazioni decisamente tecniche, eleganti ed appaganti.

 

Raccontaci come hai iniziato ad abbinare dei cocktail ai piatti nel tuo ristorante.

Sin da subito, quando ho iniziato ad abbinare i cocktail ai piatti, mi sono sentito parte di un progetto di rivoluzione nel mondo degli abbinamenti, in cui il food pairing tra cucina d’autore e cocktail costruiti ad hoc è da considerarsi una disciplina davvero interessante, che può offrire al commensale un’esperienza certamente più completa, fatta di armonie inaspettate. 

Come reagiscono i clienti alla proposta, durante il pranzo o la cena, di uno o più cocktail abbinati?

Non è così comune abbinare un cocktail ad un piatto, specialmente se ci si trova a Torino, città ricca di storia e tradizione. Spesso mi capita di proporre ai clienti l’allontanamento dal solito percorso di abbinamento con il vino al calice e i più impavidi, con qualche rimostranza, decidono di affidarsi a me e ai miei cocktail e, una volta conclusa la cena, sono tutti davvero entusiasti.

Qual è secondo te la parte più intrigante ed il rovescio della medaglia del Food Pairing con i cocktail?

È bello attraverso la mixology poter uscire dai soliti schemi, e si può dire che anche in Italia, dove la cultura del vino è radicata, la miscelazione sta vivendo un periodo aureo. I rischi? Spingersi troppo oltre, andare fuori tema e perdere gli equilibri. L’unico imperativo di base deve quindi essere: altissima precisione.


The SaffrOnTurin

Il cocktail nasce dalla volontà di abbinare per contrapposizione l’acidità della mela cotogna con la rotondità del fondo Bruno, ma anche per accostare la parte amaricante del Rinomato con la mineralità e la sapidità del Parmigiano Reggiano utilizzato in mantecatura.

Ricetta – powered by Bonaventura Maschio:

Ingredienti:

4,5 cl Acquavite Etichetta nere millesimo 2007 Bonaventura Maschio
2 cl  Rinomato Bianco
1,5 cl Sciroppo di zafferano fatto in casa
3,5 cl Succo di Mela Cotogna
1 cl Succo di lime
4 drop Bitter Orange & Honey

Procedimento:  miscelare tutti gli ingredienti in Boston Shaker, poi double strained in Tumbler Basso. Guarnire con un twist di arancia e pistilli di zafferano.

Questo drink è servito in abbinamento con il piatto: “Risotto Torino-Milano” dello chef Marcello Trentini.

 

 

Il food pairing nell’alta cucina, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Continuiamo con le nostre monografie di Gente di Spirito, la serie di articoli che dona voce ai sommelier che inseriscono dei cocktail nel loro percorso di abbinamento al calice.

Siamo partiti dalla Campania, da Alfredo Buonanno di Kresios, passando da Regis Ramos Freitas di Undicesimo Vineria, a Treviso. Torniamo ora in Campania, nel cuore della costiera sorrentina, dove si trovano un elegante hotel, una tavola recentemente stellata e un esclusivissimo cocktail bar. Siamo a Sorrento e parliamo di un’unica struttura: l’Hotel Majestic Palace, il suo ristorante Don Geppi e il nuovissimo cocktail bar aperto da qualche mese, Dry Martini (il primo ed unico aperto sul suolo italico).
In questa terza puntata di Gente di Spirito abbiamo fatto due chiacchiere con il General Manager di questa prestigiosa struttura, il vulcanico Lucio D’Orsi, maître, sommelier, barman ma soprattutto grandissimo appassionato di cucina, vini e spirits.

Classe 1979, D’Orsi inizia il suo percorso presso l’alberghiero di Castellammare di Stabia, dove partecipa fin da piccolo a diversi concorsi di miscelazione e bartendering, ottenendo diversi riconoscimenti. Continua i suoi studi in Svizzera, lavorando e studiando in diverse strutture del Cantone Francese.
Tornato in Italia, inizia a lavorare per la catena IHG come primo Barman e poi come Bar Manager. Diventa dopo pochi anni Food & Beverage Manager, dopo aver fatto esperienza anche come Primo Maître. La sua passione e determinazione lo portano a diventare formatore, consulente ed esperto in start up, nonché punto di riferimento nell’ambito del Food & Beverage.
Dal 2010 inizia il suo percorso professionale al Majestic Palace Hotel, dov’è attualmente il General Manager e dove la sua passione per la ristorazione portano all’apertura nel 2014 del Don Geppi Restaurant (stella Michelin dal 2015) e all’apertura, il 30 maggio 2018, del primo Dry Martini by Javier de las Muelas d’Italia.

Raccontaci come hai iniziato ad abbinare dei cocktail ai piatti nel tuo ristorante.

La mia “storica” passione per la miscelazione mi ha portato negli anni ad ampliare gli orizzonti anche verso il food pairing, abbinando ai piatti differenti tipologie di cocktails e viceversa. Le prime proposte al Don Geppi sono state pensate in abbinamento a tutta la linea dei nostri dessert, poi pian piano siamo passati ai piatti salati. E’ già da molto tempo che al Don Geppi serviamo cocktail (tanto che molti amici sommelier ci chiedevano consigli in merito…) e negli ultimi mesi il Dry Martini ha fatto il resto. Infatti da giugno, data in cui è entrato in servizio il nuovo cocktail bar, le richieste di pairing da Don Geppi sono aumentante a dismisura…

Come reagiscono i clienti alla proposta, durante il pranzo o la cena, di uno o più cocktail abbinati?

Quando un cliente decide di affidarsi a me per il percorso di abbinamento al calice, sono solito chiedergli se vuole che vengano inseriti anche dei cocktails nel percorso. Forse un po’ per questo nostro essere precursori nel servizio dei cocktail al tavolo, o certamente come già detto anche grazie al blasone del nostro cocktail bar, quasi la totalità dei clienti sono alquanto incuriositi ed accettano di buon grado la mia proposta. 

Qual è secondo te la parte più intrigante ed il rovescio della medaglia del Food Pairing con i cocktail?

La parte più stimolante è indubbiamente la ricerca dell’equilibrio perfetto tra il drink ed il piatto abbinato: considerando l’elevato numero di ingredienti presenti in ciascun cocktail, le possibilità sono innumerevoli rispetto al vino, ma di contro sono molte le possibilità di sbagliare… insomma, è senza dubbio una sfida affascinante. Il rovescio della medaglia è quello arcinoto: il timore di alcuni clienti di bere spririts anche durante il pasto, rischiando quindi di portare il tasso alcolemico ben oltre il consentito.

Da Vinci

Questo cocktail viene abbinato al piatto per le sue innumerevoli caratteristiche: la prima è la presenza delle bollicine, che permettono di riequilibrare il palato dopo aver mangiato una frittura. In seconda battuta l’amaro che, con le sue sfumature, va ad esaltare le erbette presenti all’interno delle alici. Infine importante la presenza del lampone, che con le sua acidità, pungenza e dolcezza iniziale fa da legante a tutti gli ingredienti del cocktail, che trovano nella sapidità del piatto il massimo equilibrio per il palato.

Ricetta – powered by Bonaventura Maschio:

1 cl di Galliano
1,5 cl di Sciroppo di lamponi
2,5 cl di Vermouth rosso
2 cl di Amaro Pratum
10 cl di Ca’ Bertaldo Brut

Procedimento:

Inserire tutti gli ingredienti -eccetto Ca’ Bertaldo Brut- in uno shaker, quindi agitare e versare il tutto in double strain in una bottiglina da sake. Versare Ca’ Bertaldo Brut in un calice da vino con ghiaccio cristallino, una foglia di basilico e mezza fetta di pompelmo rosa. Al momento del servizio al tavolo, versare il contenuto della bottiglina direttamente nel bicchiere.

Questo drink è servito in abbinamento con il piatto “Alici in porchetta con maionese alla curcuma e lische croccanti” dello chef Mario Affinita.