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Cracco

Carlo Cracco, Dinner Club e la Galleria

Carlo Cracco, si sa, è cuoco poliedrico e mediatico ma il suo ultimo contributo televisivo, Dinner Club, distribuito e prodotto da Amazon Prime, ci ha sorpreso molto. Un format vincente, che affronta i giacimenti gastronomici del nostro paese con un piglio internazionale adeguato, senza scadere nella macchietta italica. Con una buona dose di ironia, divertimento e con partner davvero perfetti, ogni puntata veicola la nostra cultura e la nostra storia attraverso la scoperta del cibo e delle risorse di cui l’Italia è così ricca. Carlo, da padrone di casa, lo fa con piglio inedito e molto meno impostato di ciò che è avvenuto nelle sue partecipazioni televisive sino ad ora, tanto che la maturità e l’efficacia raggiunta va di pari passo con ciò che avviene, oggi, in Galleria Vittorio Emanuele.

Avanguardia italiana in Galleria

Che Carlo Cracco fosse un cuoco di razza, che esprimesse una cucina molto personale e unica, che fosse stato uno dei protagonisti di spicco dell’avanguardia culinaria italiana, era evidente sin dalla nostra ultima visita. Al suo fianco oggi c’è Luca Sacchi, cresciuto al suo fianco, vero e proprio partner in crime del cuoco vicentino: è questa sinergia ad aver proiettato la cucina del ristorante Cracco verso una dimensione che ci ha davvero entusiasmato. Maturità, precisione, personalità sono le cifre stilistiche espresse con una decisione e determinazione tali che si affiancano a freschezza e vivacità, tipiche dell’ardore giovanile. Questo, a nostro avviso, è il risultato di una maggiore serenità di approccio al progetto di alta cucina che i due hanno intrapreso qualche tempo fa, ma che a causa della partenza difficile, prodigata da un cambio di sede e di struttura non da poco, e dal periodo pandemico, ha subito degli innegabili rallentamenti.

Ma oggi il ristorante Cracco marcia decisamente ad una velocità altissima, coniugando lo stile e la sapienza del maestro vicentino con l’estro di Luca Sacchi, pasticcere prestato alla cucina, che trasporta tecniche, impiattamenti e visioni dell’arte della pasticceria nel mondo salato, con una padronanza ed efficacia davvero uniche. Ne sono un nitido esempio il bombolone alle alghe e ricci di mare e il think green: tecnicamente e concettualmente due dessert, proiettati nel mondo salato. L’uso sapiente, peraltro, del sale, tenue, e la veicolazione di ingredienti in forma naturale, traccia la rotta verso l’esplorazione dell’insapore, del neutro, come combinazione in perfetto equilibrio di acido-dolce-sapido e amaro.

Una vera avanguardia, questa, che trova il suo paradigma nei due piatti citati ma anche nello spaghettone zenzero e pomodoro, in cui l’equilibrio tra le componenti è tutto, e tale da trasformare il piatto da fantastico quale è a tragicamente inespressivo. Ma non è così. Qui, in Galleria Vittorio Emanuele, si assiste alla rinascita di un grande interprete sia in termini di cucina e che di stile personale.

I piatti alla carta, poi, sono molto più confortevoli e in buona parte indirizzati a un mercato, e dei clienti, che cercano meno stimoli e più rassicurazioni, ma se venite in galleria vi consigliamo il menù degustazione, oggetto della nostra visita.

Evviva Cracco, evviva Luca Sacchi, evviva il gruppo di giovani ragazzi, con particolare menzione per il sommelier Gianluca Sanso, che vi faranno vivere intense emozioni, palatali e non solo.

La Galleria Fotografica:

Cracco: lo stile tutto italiano, in galleria

Di boiserie e carta da parati di pregio è già stato scritto e altri ancora ne scriveranno: ebbene, siamo tornati da Cracco per vedere, a un anno dall’apertura in Galleria, a Milano, come questa realtà sia entrata in così poco tempo nel tessuto gastronomico della città meneghina. Il servizio, curato da Alessandro Troccoli, prosegue nella sua puntuale e discreta precisione dove l’atmosfera, quasi onirica e deliziosamente ancién degli ambienti, mostra un servizio di alto livello. Di pari passo anche la cantina, che nella mastodontica, enciclopedica carta dei vini regala una prospettiva fortemente d’Oltralpe con autentiche rarità sia nel prezzo (nella maggioranza dei casi, estremo), sia nella ricercatezza di bottiglie pressoché introvabili. D’altronde, vista l’ubicazione del ristorante, è facilmente intuibile come ciò avvenga e sia possibile.

Nel caso del menù autunnale, notevole la tentazione dell’appendice del tartufo bianco con cui impreziosire,  all’uopo, una ricca selezione di piatti. Quanto a noi, però, ci siamo lasciati condurre, nelle dodici portate, da un ensemble di cracchiana matrice: dal grande classico, intramontabile per golosità, l’insalata russa, che troneggia all’inizio della nostra degustazione come monito e, allo stesso tempo, come monolite della capacità tecnica che questo cuoco ha acquisito e dimostrato negli anni.

Due identità in un unico, solenne contesto

Di fatto, il menù racconta le due facce dell’anima che quest’insegna ha assunto: la prima, sicuramente quella che maggiormente apprezziamo, è la voglia di non accontentarsi. Ciò che ha fatto di Carlo Cracco uno dei pilastri della cucina italiana contemporanea d’autore è stato infatti quel suo modo di provocare con elementi apparentemente semplici, dischiudendone esiti inaspettati: tra questi, i must declinati in nuove versioni come il gambero viola di Santa Margherita, crema di semi di girasole e consommé di Culatello oppure il mais arrosto, polenta abbrustolita e baccalà all’olio d’aringa. Nel primo, la sintesi di un’immaginaria linea gustativa che collega mare e Pianura Padana tra due eccellenze; nel secondo, le origini vicentine del cuoco naturalizzato milanese riemergono con forte vigore regional-patriottico, elaborando un grande piatto con due ingredienti tipici della tradizione contadina veneta: il mais e il baccalà.

L’altra linea su cui la cucina di Cracco oggi sembra orientarsi, anche in virtù della clientela internazionale che bazzica questi deschi, è dettata da un forte classicismo: ne è un esempio il riso mantecato, lumache al vino bianco e aglio nero oppure il germano con mele e ginepro e passando per tutto il capitolo della pasticceria, dove la tortjonata (versione lodigiana della sbrisolona) accompagnata con zabaione al rhum è quasi monastica nella sua apparente semplicità, comunque essendo terribilmente buona.

Cracco in Galleria è, dunque, l’esempio di quanto il genio creativo gastronomico italiano abbia ancora da offrire anche quando si trova in uno degli scorci più affascinanti, e più solenni, della nazione. E proprio all’interno della scuderia della ristorazione gastronomica italiana (e non solo) Cracco ne rappresenta una tale, sapiente manifestazione che sembra naturale, allora, aspettarsi ancora più spinta da un grande talento come il suo. Un plauso, va detto, a Luca Sacchi, instancabile braccio destro e anima condivisa di questa grande cucina italiana contemporanea.

La Galleria Fotografica:

All’apertura di Cracco in Galleria a fine Febbraio ha fatto seguito, come prevedibile, un continuo vociferare sul locale e, in misura ancor maggiore, sulla pizza proposta.  Pur non essendo il primo esperimento mai proposto da uno chef di alta cucina – e sicuramente non l’ultimo – l’approccio di un cuoco di tale notorietà attrae sempre molto interesse. Ecco perchè abbiamo deciso anche noi, dopo che il clamore si è sopito, di fare un’esperienza a tutto tondo nell’universo Cracco.

Un’osservazione doverosa che ci sentiamo di fare, prima ancora di analizzare l’esperienza in sé, riguarda i piatti presenti nella carta del Café-Bistrot. Sebbene il nome Carlo Cracco venga in automatico associato all’alta cucina e a una ristorazione di lusso, in questa maxi-operazione lo chef ha dovuto far fronte ad alcune problematiche, considerato il posizionamento del locale. La zona Duomo era e continuerà a essere uno spot insostituibile nella visita alla città meneghina e, come tutte le attrazioni turistiche delle grandi città, pullula di una ristorazione che rinuncia alla proposta di una buona cucina a costo di soddisfare le esigenze della clientela, in genere poco educata.

È da leggere in questo senso, quindi, l’inserimento di alcuni comfort food, veri e propri classici della cucina italiana e internazionale reinterpretati per l’occasione, e della pizza, indubbiamente uno dei piatti più popolari e apprezzati nell’intero globo. Però qui riletti e integrati dal tocco del grande chef che li propone in un contesto lussuoso e scintillante. Basta girare l’angolo, a pochi metri di distanza, per imbattersi in prodotti mediocri serviti allo stesso prezzo, se non a un costo superiore. E di questo a Carlo Cracco va dato atto. Seppur con le dovute limitazioni e i normali rodaggi di una macchina così complessa, in galleria c’è un luogo di qualità che tenta di differenziarsi dalla piatta proposta del circondario.

Bistrot di cucina classica e creativa, ma anche pizzeria

Varcando la soglia d’ingresso del Café-Bistrot al piano terreno, si rimane ammaliati dal fascino del vintage: bancone ottocentesco in marmo, mosaici e parenti dipinte a mano sono il biglietto da visita migliore che si potesse desiderare. Con un’accoglienza a dire il vero non propriamente tempestiva ci si accomoda al tavolo. Il menu si suddivide in due categorie: Snack e Cucina. La prima è composta da antipasti non cucinati, come le selezioni di salumi e formaggi o la caprese, la famigerata pizza – nelle versioni margherita e con verdure di stagione – le insalate, con caesar salad e nizzarda su tutte, e infine toast, Croque Madame o Club Sandwich. La sezione Cucina propone invece classici della cucina italiana e meneghina, come risotto al salto, vitello tonnato e cotoletta alla milanese, reinterpretati con l’estro del fine dining, e piatti di stampo creativo.

La Pizza Margherita si rivela golosissima all’assaggio. L’impasto croccante e un topping saporito, nel quale la salsa di pomodoro gioca un ruolo da protagonista con la sua intensità gustativa assieme ai pomodori secchi, hanno superato le aspettative più rosee, non essendo il locale una pizzeria. Anzi, la pizza di Cracco ci è proprio piaciuta tanto. E’ certo una sua lettura, non vuole e non deve essere in competizione con i grandi lievitati partenopei, ma è costruita con attenzione, materia prima di qualità, senso del gusto e delle proporzioni. Continuando con la nostra degustazione, il Vitello tonnato, sedano e capperi pecca per la scarsa quantità di salsa e lo spesso taglio della carne che hanno messo in luce la lieve secchezza della stessa, mentre l’interessante Tartare di manzo, senape in grani, tuorlo d’uovo marinato, amaranto croccante e ravanelli ha peccato in una lievissima ossidazione della carne e nella delicatezza degli altri ingredienti, i quali non reggevano l’impatto gustativo della prima. Dettagli, s’intende, che non pregiudicano comunque il buon risultato di questi due piatti. Il secondo Polpo, fagioli neri, cialda di paprika e limone, yogurt e polvere di olive ci ha invece sorpreso per l’equilibrio: l’acidità dello yogurt a far da contraltare alla carnosità del polpo, alla cremosità dei fagioli neri e alla croccantezza della cialda.

Il capitolo dolce, a cura del pastry chef e allievo di Luigi Biasetto Marco Pedron, è un altro segnale di Cracco che qui si vuole fare sul serio. Oltre a curare anche i settori panificazione e cioccolateria del ristorante, si occupa anche dei lievitati e dei dolci degli eventi da Carlo e Camilla in Segheria e del Garage Italia. Al bistrot la scelta spazia fra una selezione di semplici proposte fisse in carta, che annoverano alcuni evergreen della pasticceria italiana ben noti anche oltreconfine, come la panna cotta e il gelato, e un’ampia gamma di pasticceria da banco, dove fra cioccolatini e pasticceria mignon spiccano le torte monoporzione. Di quest’ultime abbiamo particolarmente apprezzato la signature Lussuriosa, con cioccolato bianco, mascarpone e agrumi, dai sapori freschi ed esotici, ed un classico della pasticceria italiana come il Tiramisù, proposto in una golosa versione in cui il cioccolato aveva la meglio sul caffè.

Lo scontrino medio è in linea con le altre attività ristorative della Galleria Vittorio Emanuele II, con la differenza che qui si viene soprattutto per il notevole livello della proposta.

La galleria fotografica del Cafè-Bistrot:

La galleria fotografica con alcuni piatti del ristorante al primo piano:

E, se non volete farvi mancare un’esplorazione più profonda e incisiva del Cracco-Pensiero, ecco a voi una breve carrellata di piatti alla carta degustati presso il Ristorante Cracco, ubicato al primo piano, con il contributo del sous chef Luca Sacchi. Uno dei ristoranti dei più belli e importanti di Milano.

Carlo Cracco nel salotto di Milano

Carlo Cracco è prima di tutto un temerario. Solo un pazzo, un visionario con una buona dose di coraggio, lascerebbe, nel momento di maggior splendore e remunerazione, una carriera televisiva che ormai l’ha proiettato nello star system dello stivale, e forse oltre, per investire pesantemente in un luogo tanto bello quanto difficile.

Ma il mondo è pieno di visionari e pazzi che hanno avuto ragione. E noi siamo i primi sostenitori di Carlo Cracco e del suo progetto. Perché predisporre un luogo così ricco di fascino, così importante, così autorevole significa scommettere sul proprio futuro tutto quanto. Un giro di roulette, in cui solo la grande e instancabile vena creativa di uno tra i migliori cuochi dello stivale può far gridare al moderato rischio, invece che alla pazzia più folle ed estrema.

Solo alcuni scatti, che non rendono giustizia alcuna al luogo, perché vederlo dal vivo è tutta un’altra storia:

Uno dei ristoranti, dicevamo, tra i più belli d’Italia, e forse d’Europa. Un progetto complicato, con una stupenda sala eventi all’ultimo piano, il ristorante gastronomico al secondo piano, il bistrot e la caffetteria al piano terra. finemente ed elegantemente ristrutturato, tutto pensato nonché studiato nei minimi dettagli. Un investimento importante e impegnativo per dare lustro a Milano, con il progetto di alta ristorazione più importante, a nostra memoria, che sia mai stato concepito.

La cucina? La grande impronta di Cracco è evidente, l’avanguardia è ancora qui…

Fiumi di parole sono già corsi. E c’era da aspettarselo. Anche Cracco se l’aspettava, l’ha messo in conto. Lo chef interpreta la sua personale versione di una pizza? Bum! Parte lo sparo alzo zero. La cotoletta al Bistrot, dopo due giorni dall’apertura, era meno che perfetta? Ri-bum!

Noi, che non siamo mai passati per buonisti, siamo certi che il rodaggio, appena iniziato, di una macchina così complessa e complicata non può che essere ancora all’inizio. Inciampi, qualche svista, piccole cadute sono possibili quando c’è da far girare un locale così ricco di offerta e pieno di potenzialità.

Ecco perché ripartiamo dalla valutazione del Cracco di via Hugo, non perché non si meriti di più. Già oggi il nostro pranzo è stato ben al di sopra di questa valutazione. Ma preferiamo essere parchi, morigerati, preferiamo dare la possibilità a Carlo Cracco e al suo instancabile braccio destro Luca Sacchi, ormai in simbiosi totale con il suo maestro, di potersi fregiare di ulteriori traguardi in un prossimo futuro non troppo lontano. Saremo lì, presenti, costantemente. Anche perché il posto, e la cucina che esprime, sono degni di tante, tantissime visite.

Siamo convinti che Carlo Cracco e Luca Sacchi siano solo all’inizio di una trance agonistica positiva, che proietterà la loro cucina ben oltre le alte vette raggiunte già nel nostro pranzo con la crema cotta ai ricci di mare, moscato e rose cristallizate o il crudo di dentice, capesante, lime e caffè, con il lieve ma centrato tocco di burro di cacao grattugiato o la battuta di cervo, caviale, tartufo nero e lenticchie tostate e infine l’uovo, ingrediente feticcio di Cracco, sublimato in un irriverente sbeffeggio francofono al tartufo nero.

Completano il progetto una equipe di sala giovanissima, ancora in rodaggio, ma che, giustamente, ha dalla loro la freschezza e la voglia di emergere.

Non mancate una visita, vi divertirete e potrete vedere una maestosa macchina da guerra in costante e continua crescita, ne siamo certi.

La galleria fotografica:

Carlo Cracco si è montato la testa, Carlo Cracco non sa cucinare, Carlo Cracco è antipatico. E al ristorante di Carlo Cracco non si mangia poi così bene.
E’ il destino di chi diventa famoso, sembra quasi il pegno da pagare quello che contrappone la fama e la notorietà al chiacchiericcio e alla delazione sotto varie forme e sfumature.
Bene, noi possiamo tranquillamente affermare, dopo molteplici visite, che non è affatto così.

Carlo Cracco è e rimane un grande cuoco. E sopratutto, la cosa più importante (e anche l’unica che di fatto ci riguarda), al suo ristorante si mangia molto bene. Carlo ha una dote in particolare, tra le tante: sapersi scegliere i collaboratori. E dopo la dipartita del fuoriclasse Matteo Baronetto la sfida si prospettava molto ardua. Luca Sacchi, ex capo pasticcere, viene messo alla guida delle cucine. Quanto vociferare a questo annuncio alcuni anni or sono. Ma Luca Sacchi ha dimostrato quanto Carlo Cracco abbia l’occhio lungo, perché questo ragazzo ha talento e stoffa da vendere.

Nel solco cracchiano, che imprime una cucina fatta di morbidezze, di rotondità e di nuances sucrè-salè, in cui l’incursione delle acidità è sottile quanto secondaria, Luca ha contaminato le preparazioni con tecniche di pasticceria e tanta originalità spostando, crediamo volutamente, il gusto verso un più internazionale sentore agrodolce.
Il tutto pare studiato attentamente a tavolino, dopo il successo mediatico del Carlo nazionale. Orde di stranieri, del nuovo mondo ma non solo, potrebbero colonizzare via Victor Hugo, in attesa che questo prezioso scrigno si trasferisca l’anno prossimo nella vicina Galleria Vittorio Emanuele II.

Ecco allora uscire dalle cucine un sentimento volto all’accoglienza di ospiti stranieri, oltre che italiani, decisamente adeguato al momento storico che il ristorante sta attraversando. Aggiungendo qua e là un pizzico di provocazione, con una spezia o con un contrappunto. Molto meno azzardo di un tempo, quando alla corte era presente l’enfant prodige Baronetto. Molta la precisione gustativa, molta la tecnica, come sempre del resto. E, forse voluta, molta meno attenzione all’impiatto. Che, seguendo illustri predecessori (pensiamo a Massimiliano Alajmo) potrebbe circostanziarsi in un distacco progressivo dalla forma per arrivare dritti alla sostanza e alla centralità gustativa. Più jazz, più apparente improvvisazione, più fascino dello “sporco” e dell’imperfetto. O per lo meno speriamo sia così.
Seguendo una scia che trascina di fatto il profilo gustativo ancor più in alto: pensate a quanto di saggio e concentrato -è ovviamente un’iperbole- c’è nei ” Brutti ma buoni”. Quel ma vuol dire e significare molto.

Ecco quindi arrivare in questo palcoscenico vere e proprie opere prime come i fusilli al plancton con polvere e crudo di funghi porcini, piatto sensazionale. Oppure ancor di più un germano cotto nella terracotta al lentisco, che dona una nota balsamica a questo ottimo volatile della macelleria Zivieri, accompagnato da castagne al rhum -qui il tocco fine del pasticcere- e da una eterea purea di topinambur, intensa e aromatica. E che dire del colpo di genio di Cracco con granita di nocino, caviale, panna, crema di mandorle e scalogno? Come definire se non geniale un cuoco che ha inventato questo abbinamento riuscendo a tenerlo in equilibrio?
Ma, durante la lunga cena, troverete innumerevoli altri spunti interessanti.

Crediamo solo che sia il momento, per ora, di tenere il freno a mano tirato nel giudizio. Solo per avere il giusto margine alla prossima visita, sperando -ma non ne abbiamo dubbi- nella continuità, in qualche impiatto più consistente e meno rude e in qualche ulteriore sottolineatura. Certi che già ora, qui, in via Hugo, vale la pena di venire per trovare una cucina tra le più originali dello stivale, per idee e per esecuzione.
Qualche difetto? La sala, non all’altezza della cucina. E quelle sfumature descritte più in alto, che possono avere una spiegazione logica e coerente ma che a noi non hanno convinto sino in fondo.

Il pane, tra gli aspetti migliorabili (l’abbiamo trovato troppo biscottato).
pane, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Amuse bouche.
amuse bouche, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
amuse buche, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Il vino.
vino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
La famosa e sempreverde insalata russa caramellata.
insalata russa caramellata, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Ecco il biglietto da visita: Branzino marinato e servito crudo con mais liofilizzato, insalata di mare a foglie (gamberi e seppia), erbe e croccante di cipolla caramellata, aceto di scalogno, pepe di sancho – che fornisce una lunghezza impressionante – lime, gamberi e barbabietola liofilizzati. Un tripudio di ingredienti, tutti centrati e tutti al loro posto. Un perfetto inizio.
branzino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Gamberi Viola di Albenga, polvere di pistacchio, barbabietola. Qui il tocco geniale è la barbabietola aromatizzata al caffè e arancio, che dona una nota terrosa-speziata e acida all’insieme per proseguire. Interessante il dolce-grasso del pistacchio ad accompagnare ed allungare la dolcezza del gambero, di qualità elevatissima.
Gamberi Viola, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Pappa al pomodoro che sistema il difetto atavico della pasta di uovo di Carlo Cracco, donando morbidezza, acidità e arrotondando l’appiccicoso senso degli spaghetti. A completare foglie di lardo affumicato e polvere tannica di un’erba.
pasta di uovo, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Fenomenali fusilli al Plancton e funghi porcini.
fusilli al plancton, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
fusilli, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Stupendo risotto ai tre pomodori caramellati, con il tocco della crema di mozzarella e della polvere di cumino, la chiusura del cerchio gustativo.
risotto, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Il germano cotto nella crosta al lentisco.
germano cotto in crosta, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Chapeau!
Germano, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Astice blu con bernese all’arancio.
Astice blu, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Nocino, mandorla, caviale, panna… et voilà!
Nocino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Un formidabile arancino al riso e latte ripieno di zabaione.
arancino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
arancino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
arancino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano