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Mini Bar Teatro

Se dopo aver visto quei due cucchiaini in copertina pensate di addentrarvi nella lettura di un post che abbia come protagonisti i fratelli Adrià o un loro locale, vi sbagliate.
O meglio, quella sfera verde –che è diventata un simbolo di El Bulli- è proprio l’oliva sferica, un involucro esplosivo contenente un concentratissimo sapore di oliva. Piatto creato nel 2005 da Ferran Adrià ma, crediamo, amatissimo da un suo allievo, uno dei pochi a riprodurne fedelmente ed orgogliosamente quel sapore: José Avillez.
Questi è un cuoco non ancora quarantenne, passato anche dalle cucine di Ducasse e del Bristol di Parigi, ma è ai fornelli di Roses nel 2007 che ha subito la sacra folgorazione.
Avillez è un cuoco superstar, autore di libri, personaggio radiofonico e televisivo e produttore di vini, una vera icona in Portogallo.
A Lisbona ha un piccolo impero gastronomico di successo (tanto di cappello per la dote imprenditoriale) comprendente il Belcanto, suo ristorante di punta e fresco di seconda stella Michelin, il Cantinho do Avillez – che vedrete presto su questi schermi – trattoria gourmet con succursale anche a Porto, una pizzeria, il Cafè Lisboa all’interno del teatro São Luiz, una società di catering ed il singolare tapas bar quivi recensito.
Dopo aver provato i succitati locali, tutti agglomerati nella splendida cornice di Chiado, uno dei quartieri più chic di Lisbona, abbiamo avuto conferma della sua grande riverenza verso la cucina  praticata a El Bulli.
Del resto, quando Adrià decise di catalogare tutte le ricette create nel suo Taller, mettendole a disposizione di chiunque, aveva anche contemplato il rischio che le stesse potessero essere perfettamente riprodotte da chiunque e ovunque.
Con il Mini Bar Avillez ha voluto rendere spudoratamente omaggio al grande amico Albert Adrià ed al suo Tickets: ambiente trendy, validissimo cocktail bar creativo, personale qualificato, menu suddiviso in atti e tapas che regalano un amarcord culinario per gli orfani della cucina di El Bulli.
Detto ciò, nonostante quanto sopra assuma per noi un certo peso ai fini della valutazione finale, ci sembra giusto riportare le note di merito e i punti di forza di questo tavola.
Iniziamo col dire che il Mini Bar è un locale davvero divertente e a buon mercato, nella nazione è unico nel suo genere e, cosa che ci interessa maggiormente, è possibile mangiare piatti cucinati impeccabilmente e con una materia prima di primissimo ordine.
Ci sono due menu: a 38 e 48 euro. Se si sceglie alla carta, invece, ci si può personalizzare un percorso ad hoc e i prezzi variano dai 2,5 euro per gli snacks, ai 25 euro per “gli atti unici”, preparazioni più consistenti, come hamburger (colpisce ancora!) e bistecche.
Gli ingredienti vengono sapientemente trattati e lavorati con tecniche da manuale ed il risultato è davvero ineccepibile. Soltanto due portate ci sono apparse monocordi (i nuggets di baccalà e il dessert al limone e panna) anche perché proposte in porzione leggermente più abbondante del resto. Assaggi come l’avocado in tempura, polvere di kimchi disidratato, coriandolo, lime e limone e lo sgombro affumicato con mela verde sono invece, a tutti gli effetti, preparazioni di grande livello che meritano una menzione particolare.
Nel complesso, complice anche l’ottima selezione di cocktail e qualche etichetta interessante, una serata al Mini Bar può trascorrere all’insegna del divertimento, senza troppi pensieri, e, soprattutto, avendo la garanzia di mangiar bene.
Se poi preferite diffidare dalle imitazioni, a Lisbona fanno un buon baccalà, magari da gustare in qualche ristorante col Fado. Però poi si rischia di tornare in albergo con la tristezza nel cuore.

Margarita: mela verde marinata nell’omonimo cocktail e polvere di chili.
margarita, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
L’orientalissimo chevice di gamberi dell’Algarve.
cheviche, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Avocado in tempura, kimchi disidratato, coriandolo, lime e limone. Notevole.
Avocado, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Crocchette di carne ed emulsione di mostarda.
Crocchette, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Bruschetta con foie gras confit, parmigiano , aceto balsamico e fichi. Abbiamo saputo di una gita a Modena dello chef. Probabilmente questa è un’altra folgorazione, questa volta del “croccantino di foie gras” di Bottura.
bruschetta con foie gras, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Il raffinato sgombro affumicato, insalata di mela, sedano e tartufo.
sgombro affumicato, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
I notevoli temaki: con tartare di carne ed emulsione di mostarda,
temaki, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
e tartare di tonno con soia piccante, da mangiarne a quintali.
tartare di tonno, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Nuggets di baccalà in escabeche e lamponi.
nuggets di baccalà, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Si chiude con il JA burger con carne DOP e patate con maionese calda all’aglio.
ja burger, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Concentratissimo il primo dessert: nocciola al cubo. Il frutto viene proposto a spuma, a gelato e sotto forma di spugna.
il primo dessert, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Cono al cioccolato con sale e pepe rosa. Anche qui c’è un gioco di consistenze e temperature.
cono al cioccolato, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Tanto d’effetto quanto deludente è invece il globo al lime con panna al limone: davvero troppo stucchevole.
globo al lime, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa
Interni.
Interni, Mini Bar Teatro, Chef José Avillez , Lisboa

Jose Avilez in Portogallo è una celebrità.
Nell’era dei cuochi mediatici, sui cui eccessi dovremmo aprire un capitolo a parte, il giovane Jose si è creato un suo spazio, sia sul piccolo schermo che sui giornali, non solo di settore.
È considerato l’enfant prodige della ristorazione portoghese, probabilmente, con Dieter Koschina del Villa Joya di Albufeira, il miglior “cozinhar” del Paese.
Le aspettative erano alte, non possiamo negarlo.
Nel centro antico di Lisbona, il Belcanto è locale storico, rilevato di recente da Avilez e rinnovato sia in sala che in cucina.
Ambiente ovattato, un po’ austero, ma piacevole, servizio cordiale e professionale, multilingue. Il commis che parla in italiano (che scopriremo essere una costante nella capitale) è prodigo di consigli e ci predispone al meglio.
Finalmente troviamo anche un menù a la carte, che sembra essere in Portogallo (e non solo, purtroppo), nei ristoranti di alta cucina, quasi un optional.
Ovviamente anche due percorsi guidati, obbligatori per l’intero tavolo.
Il suo Maestro è stato Adrià, che tanti campioni ha visto formarsi nelle sue cucine, ma Avilez probabilmente non sarebbe titolare di un ipotetico dream team by Roses.
La sua proposta scimmiotta le tecniche che il genio catalano ha messo a punto nel corso della sua storia gastronomica, ponendole, senza valore aggiunto, ora al servizio di una portata, ora a supporto di un’altra.
La sferificazione, le spume ed altre amenità potevano far echeggiare gli “ohhh” degli astanti un decennio fa. Ora non più. Ci vuole ben altro, sostanza, non solo forma.
La centralità del gusto è fondamentale, se il piatto è bello e la tecnica è innovativa meglio ancora. Ma l’estetica o l’effetto sorpresa non basta, è bene comprenderlo.
Piatti come il “wave breaking” , vongole, gamberi, cozze, ricci, percebes e spuma di acqua di mare e lime, non lasciano il segno, anzi. Non sembra ci sia un’idea sottostante se non quella di ricreare visivamente un’onda che si infrange su indifesi esserini.
O ancora “vongole con gelatina di aglio e coriandolo e briciole di pane fritto” ci ha regalato sensazioni non propriamente piacevoli, sia per consistenza, sia per temperatura (di frigorifero), sia per sapore (aglio e coriandolo sovrastano incontrastati).
Non tutti i piatti ci hanno deluso, sia chiaro. Alcuni hanno elevato, fortunatamente, le sorti della cena a livelli accettabili.
Interessante il maccarello alla “escabeche” con salsa di barbabietola e cipolla, così come l’uovo cotto a bassa temperatura con terra di pane al nero di seppia, tartufo e funghi, evidente rielaborazione di una celebre creazione di Dacosta. Peccato di gioventù la lamina d’oro, d’effetto, forse, 20 anni or sono.
Avilez probabilmente è costretto dal suo ruolo di ragazzo prodigio a stupire, a dare un significato al viaggio di chi viene a Lisbona da tutto il Portogallo per apprezzare la sua cucina, a spingersi oltre. Essere stati allievi del più grande cuoco dell’era moderna non vuol dire, necessariamente, seguire le sue orme. Siamo sempre più convinti che i giovani talenti (Avilez, a tratti, ha dimostrato di poterlo essere) debbano seguire il loro estro, le loro idee e non restare ingabbiati nelle gesta di chi è, e sempre sarà, più “grande” di loro.

Sala

Oliva verde sferificata, oliva nera in crosta

Interpretazione del Ferrero Rocher. Divertente

Pani e burri

Gelatina all’aglio e al coriandolo con vongole e pane fritto. Non ci siamo.

Wave breaking, vongole, gamberi, cozze, ricci, percebes e spuma di acqua di mare e lime. Sapori piatti. Presenza scenica, nulla più.

Maccarello all’escabeche, salsa di barbabietole e cipolle rosse.

Uovo laminato d’oro cotto a bassa temperatura con terra di pane al nero di seppia, tartufo e funghi.

Triglia con il suo fegato e gnocchi al nero di seppia. Classico abbinamento, ben eseguito.

Maialino cotto a bassa temperatura all’arancia. Lattuga. Purtroppo l’omologazione di questo tipo di cottura dà, a qualsiasi latitudine, stessi gusti e consistenze. Le padelle sono troppo difficili da utilizzare?

Duo di agnello all’escabeche, salsa di zucca. L’eccesso di aceto non rende giustizia ad una preparazione altrimenti convincente.

Variazione di mandarino, piuttosto deludente.

Esterno

Coltelli di qualità