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San Domenico

“Una cucina sempreverde e neo-classica che si conferma con la spinta costante e metodica di un giovane chef, nel solco della continuità.”

La storia del San Domenico di Imola inizia il 7 marzo 1970 con Gianluigi Morini, una delle figure fondamentali della storia dell’alta cucina italiana. Storia che sin da subito si intreccia con un altro grande, grandissimo della cucina nazionale, Nino Bergese.
“Il cuoco dei re, il re dei cuochi” ha sin da subito un discepolo importante, Valentino Marcattilii, ancor oggi al timone del ristorante, e parimenti Morini trova in Natale Marcattilii, fratello di Valentino, un’ottima spalla destra in sala.

Il locale cresce, guadagna velocemente traguardi e riconoscimenti dalle più importanti guide gastronomiche del tempo. Due stelle michelin da 40 anni ininterrotti non sono cosa da poco.

Un locale, un ristorante che ha fatto e continua a fare la storia dell’alta cucina italiana. Con piatti storici, come il raviolo San Domenico, il riso alle cipolle e fondo bruno, la torta fiorentina… che ancor oggi sono piatti tremendamente attuali ed incredibilmente buoni.
E da qualche tempo in cucina le redini sono in mano a Massimiliano Mascia, giovane nipote dei Marcattilii, che ha saputo portare al San Domenico una moderata brezza di rinnovamento, ma sempre e comunque nel solco della tradizione. Affiancando ai piatti storici e sempreverdi una serie di piatti classici, ben eseguiti, con qualche spunto creativo. Sempre sottovoce, sempre sussurrando e pensando attentamente ogni innesto.
Piatti come lo scampo, accompagnato dal caramello di soia e dallo spinacio, o il baccalà, il cui fritto viene ben stemperato dalla terrosa e dolce ma anche acidula (per via dell’aggiunta di aceto) crema di barbabietola o la stupenda variazione di coniglio, in cui la salsa al wasabi e topinambur dona una nota di eleganza assoluta.
Piatti concreti, precisi e con un tocco di modernità. Mai eccessiva, sempre e solo accennata, come è giusto che sia in un luogo del genere.

Ci permettiamo un unico e leggero appunto: un piatto come la capasanta, vongole veraci, salsa ostrica e Martini dry -con una virata, oltre la dichiarazione, più verso una moderna beurre blanc– che avrebbe meritato, per essere eccelso e stupefacente, una capasanta (o più d’una, viste le dimensioni) locale anziché d’importazione.

Dettagli, certo, che però qui ci aspettiamo.
Come ci aspettiamo una sala, seppur nella sua classicità, gestita amabilmente, con attenzione e con cura. E così di fatto è stato.

Evviva il San Domenico, Evviva!

L’Hotel de la Ville di Monza è, oltre che uno tra i pochi Small Luxury Hotel lombardi, un pezzo di storia dell’alto milanese o, se preferite, della operosa brianza.
Nasce ai primi dell’800 come solo ristorante e, all’inizio del ‘900, diventa albergo con il nome di Eden Hotel Savoia. Un doppio omaggio: anzitutto alla Casa Savoia, che nel 1859 trasformò la Villa Reale, di fronte all’hotel, nella sua residenza estiva, quindi alla bellezza paradisiaca del suo parco di 700 ettari (Versailles è di “solo” 250!), considerato, nel XIX secolo, il più grande parco cintato d’Europa.

A fine anni ’50 Bartolomeo Nardi rileva la gestione dell’albergo, ribattezzato Hotel de la Ville, e l’attuale seconda generazione, i due figli del capostipite, hanno contribuito a rendere questo albergo un piccolo gioiello di stile che può fregiarsi di numerosi riconoscimenti internazionali e che risponde, secondo noi, al motto del “luxe, calme e volupté” tanto caro ai cugini d’oltralpe.

Purtroppo in Italia, a differenza dei succitati francesi, è difficile che in dimore di questo tipo si possa anche avere una esperienza culinaria interessante. Ed invece, ecco qui la sorpresa: curati gli arredi, curati i particolari e molto curata anche la cucina.
La proprietà ha investito molto in questa direzione, non lesinando affatto sulla qualità degli ingredienti acquistati, tutti di primissimo ordine, e consegnando le chiavi della cucina ad un giovane cresciuto qui negli ultimi 15 anni che, oltretutto, ha padronanza di ciò che si aspetta la clientela di questo albergo.

Ecco quindi uscire dalla cucina ingredienti straordinari nobilitati e niente affatto mortificati. Preparazioni semplici, moderatamente creative, ma di impatto gustativo e di qualità veramente elevata.
Un plauso alla proprietà, i fratelli Nardi, che hanno creato un team di tutto rispetto, capitanato in sala dal Maitre Roberto Brioschi che ha a disposizione per i propri ospiti una grande cantina a prezzi tutto sommato onesti per il contesto.

Una interessante conferma che vi invitiamo a scoprire… muovendovi tra le boiserie e le argenterie di questo classico dell’accoglienza brianzola.

Ottimo cous cous di cavolfiore, crema di cavolfiore (forse troppa) con verdure del mercato, agrumi e gambero rosso di Mazara: un inizio con il botto.
Cous cous di cavolfiore, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza
Tartare di Fassona della macelleria Oberto, trucioli di foie gras d’anatra e chutney, troppo dolce, di ananas.
Tartare di Fassina, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza
Ottimo riso Carnaroli Riserva San Massimo, aromatizzato al lime, lattuga di mare e ventresca di tonno rosso.
riso carnaroli, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza
Ottima cotoletta alla milanese: panure e cottura perfette.
Cotoletta alla milanese, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza
I filetti di Oberto.
filetti, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza
Un buon babà.
babà, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza
E per finire, spaghettoni Benedetto Cavalieri alle uova di spada e trucioli di pane alle erbe: fenomenali.
Spaghettoni, uova di pesce spada, Derby Grill, Chef Fabio Silva Viale, Monza