Passione Gourmet Andrea Solari Archivi - Pagina 2 di 3 - Passione Gourmet

Focus

Fiore all’occhiello della tradizione alberghiera elvetica, il Park Hotel di Vitznau accoglie da ormai più di un secolo gli estimatori della tranquillità combinata all’idea di non dover rinunciare a niente. Ubicato sulle sponde del Lago dei Quattro Cantoni, ai piedi del massiccio del Rigi, regione ricca di attrazioni e attività all’aria aperta, è visitato ogni anno sia dai turisti più facoltosi sia, durante l’estate, da molti frequentatori del prestigioso Lucerne Festival.

Acquistato nel 2009 dal magnate austriaco Peter Pühringer, proprietario tra l’altro del Palais Coburg di Vienna e dell’annesso bistellato Silvio Nickol, questa sorta di castello alpino è stato oggetto di un mastodontico lavoro di rinnovamento, che ha saputo portarlo al passo con quanto si attende la clientela odierna, pur mantenendo completamente intatto il suo indubbio fascino. Un sogno, che come potete immaginare ha il suo prezzo: nella stagione estiva il minimo per una camera parte da 950 franchi svizzeri.

L’ambizioso progetto di Pühringer non poteva fermarsi al solo albergo: d’altronde la struttura gemella a Vienna è lì a dimostrare che l’esperienza debba andare oltre. Alle già numerose proposte gastronomiche presenti, tra cui un ristorante pur sempre insignito della stella, ecco l’idea di mirare ancora più in alto. Le attese sono alte: a chi raccoglierà la sfida sarà imposta la conquista di almeno due stelle entro i primi 3 anni di attività. Un obiettivo insomma di quelli da non dormire tranquilli, una sfida che richiede un carattere forte. Un giovane si fa avanti, Nenad Mlinarevic, zurighese: cresciuto alle corti di Hans Peter Hussong e Andreas Caminada (il primo mentore anche del secondo), con all’attivo solo un paio di anni di attività propria, già tuttavia premiata con una stella. Caparbietà e voglia di fare di certo non gli mancano, tanto che in piena gavetta, per arrotondare, non si faceva grossi scrupoli a grigliare hamburger presso un McDonalds, o di trascorrere il suo lunedì libero a lavorare presso una macelleria.

La sfida è raccolta e la spada di Damocle non impaurisce minimamente Nenad. In effetti saprà fare ancora meglio di quanto gli è stato richiesto: al primo termine utile esordirà con le 2 stelle, fatto certo non usuale per la rossa.
Partito con una cucina già originale ma di stampo internazionale, coerentemente con l’ubicazione del ristorante, nel 2015 ancora in piena fase ascendente ecco un netto taglio con il passato, di nuovo segno di grande coraggio da una parte e di una ammirevole apertura dalla proprietà dall’altra: niente più ingredienti internazionali bensì solamente svizzeri, in tutto e per tutto. Quindi è meglio dirlo fin da subito: per voi la materia ittica di mare o la piuma francese costituiscono elementi imprescindibili di un pasto? Se la risposta è affermativa non passate di qui: semplicemente non troverete nulla di tutto questo.

Ciò che troverete sarà un costante studio sulle materie locali e sulla cultura gastronomica elvetica (“questa limitazione, che di fatto limitazione non è vista la varietà microclimatica del nostro paese, aiuta a pensare, a prendersi il tempo per elaborare i piatti”, afferma Nenad), certo non immemore dei trascorsi dello chef ma dai quali egli sembra volersi staccare nella sua maggior caratterizzazione gustativa, che si sviluppa per lo più nel campo di acidità e sapidità, certo non estreme ma di una bella nettezza e sempre ben veicolate dalle altre componenti del piatto.
Niente carta: solamente un menu che segue la stagionalità dei prodotti, per il quale si può decidere il numero di portate (da un minimo di 4 a un massimo di 9) e la loro combinazione.

Ad accompagnare una cantina di grande profondità, figlia della grande passione di Peter Pühringer per il mondo del vino. Parliamo di 3300 etichette con particolare predilezione per l’area transalpina: gli appassionati di Bordeaux troveranno ad esempio qui una delle più grandi selezioni europee. Ricarichi tuttavia coerenti con il livello della struttura, quindi molto impegnativi e che metteranno in difficoltà anche le tasche più profonde: svetta in carta un Mouton Rotschild del 1945 in bottiglia da 5 litri, per un modico esborso di poco superiore ai 650.000CHF…

Disponibile un percorso al calice per il menù, inaspettatamente non limitato alla sola produzione elvetica, senz’altro interessante e variegato ma parimenti economicamente impegnativo, raggiungendo quasi il costo del menu vero e proprio.
Servizio giovanile e dinamico ma di grande professionalità, come ci si attende da una struttura di grande lusso ma al passo con i tempi.

La terrazza che ci ospiterà per l’aperitivo.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Le prime sfiziosità: spuma al pomodoro con sedano, gazpacho di pomodoro ed essenza di olio di coriandolo, tartelletta alle erbe e ravanello, “noce” di sedano e tartufo nero.
amuse-bouche, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Il dehors del ristorante.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
La mise en place al ristorante.
mise en place, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
La carta. Coerentemente con il concetto di cucina, viene consegnata una riproduzione del passaporto svizzero, intestato al portatore e con la firma dell’autorità rilasciante (lo chef). A fine cena, le pagine con il menu saranno timbrate a mo’ di “visto” e il cliente sarà invitato a portare il documento con sé nelle successive visite, per l’aggiunta dei successivi menu/visti. Per ogni piatto è indicata la provenienza della materia principale (villaggio e cantone).
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Il primo vino.
vino, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Il pane al burro di panna acida, noci e sale leggermente affumicati, rigorosamente fatto in casa. La nota acida e quella affumicata sono ovviamente appena accennate, ma contribuiscono ad una bella freschezza per questo protagonista tanto spesso relegato a ruolo di semplice comprimario.
pane al burro, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Trota.
Cetriolo, aneto, sambuco.
Avvio di estetica monocromatica, nel quale è già tuttavia possibile apprezzare la direzione ricercata dallo chef. La trota viene marinata nell’aceto di sambuco. Bella acidità, ulteriormente amplificata dalla vinaigrette e ammirabilmente contrastata dalle componenti vegetali del piatto (spaghetti e gelatina di cetriolo).
trota, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Il prossimo vino.
vino, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Salmerino.
Radice di prezzemolo, mela.
Nuovamente una bella variazione sia a livello gustativo (acidità, mineralità) che di consistenze. Protagonista gustativo del piatto è la mela, presente in più forme e preparazioni (purea di mele fermentate, cruda, in essenza nel fondo con burro).
salmeggino, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Un ulteriore bianco servito da una Magnum, di sentori agrodolci decisi, atti a sostenere la complessità del piatto seguente.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Verdure.
Ventinove.
Un turbine di sensazioni e suggestioni tanto nette quanto eteree, una sorta di alea controllata nella quale la fruizione condiziona ovviamente la sequenza gustativa. Va da sé che le molteplici componenti non sono semplicemente presentate come in natura ma in buona parte godono di particolari preparazioni, siano esse fermentazioni, cotture o altri espedienti. L’esito è molto divertente: un’insalata di verdure che lascia il segno.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Ci spostiamo nel sud della Svizzera con questo Bianco del Ticino.
vino, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Un fuori programma propostoci all’atto dell’ordinazione, favorito dalla disponibilità a corto termine di gallinacci freschi di raccolta: i ravioli sono ripieni di manzo brasato. Il riferimento più probabile sono i ravioli di vitello di Caminada, uno dei suoi signature dishes: piatto semplice ma di forte caratterizzazione gustativa, uno di quelli che non spalanca certo nuove frontiere ma dei quali chiederesti non solo il bis ma il poker!
tortelli, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
È ora di passare ai rossi! L’ideale pendant dell’omonimo bianco incontrato poco prima, di bella freschezza.
matassa, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Pollo.
BBQ, pomodoro, basilico.
Materia povera, ma di grande qualità. Il pomodoro ad apportare acidità e una decisa nota amarognola data dalla preparazione.
bbq, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Prossimo vino, un bianco della California con spiccato sentore di nocciole, l’ideale per contrastare la potenza del piatto in arrivo.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Saucisson.
Fagiolo, lievito, rosso d’uovo.
Omaggio dichiarato, anche nell’estetica maggiormente sotto tono, a un pasto “povero” molto apprezzato soprattutto nelle aree germanofone e francofone della svizzera. Le spiccate note sapide e affumicate dell’insaccato vengono perfettamente veicolate dal rosso d’uovo crudo. L’eterna domanda “ma ho davvero voglia di mangiare cose del genere in un posto del genere?” trova la sua risposta: se il risultato è questo, decisamente sì!
uovo, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Un ulteriore rosso, di gradevole eleganza.
vino, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Ossobuco di manzo.
Lattuga, vinaigrette, pickles.
Nuovamente una bella caratterizzazione gustativa per il protagonista del piatto, con un sapiente gioco con l’acidità e la mineralità delle controparti vegetali. A stemperare la potenza del protagonista una voluttuosa crema al cavolfiore.
ossobuco, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Il prossimo vino: il Pinot Spirito Obrecht, sorta di “porto svizzero” prodotto nel canton Grigioni.
vino, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
La selezione di formaggi svizzeri; l’accessorio a lato non ha certo bisogno di presentazioni!
Gli accompagnamenti: melassa, tapenade di pomodori, pane alla frutta.
formaggi, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Il primo vino da dessert, un rosso.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Albicocca.
Ricotta, seme di lino.
Dolce di stampo classico, buono ma francamente non memorabile. Avremmo gradito, complice anche la serata ancora torrida, un’entrata in materia del fine pasto più fresca.
albicocca, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
A chiudere un bel Madeira del 1981.
madeira, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
Shiso.
Cioccolato, yuzu.
Molto più riuscito il secondo dessert, complice le particolarità delle componenti vegetali a cavallo tra acido, erbaceo e aromatico cui il cioccolato fornisce la base per delle interessanti verticalità. A chiudere una gradevole coda floreale offerta dai petali di fiori provenienti dal Rigi.
shiso, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
La piccola pasticceria.
Pralina al cioccolato delle Alpi, madeleine al burro di noci, tartelletta alle bacche, lollipop all’olivello spinoso e cioccolato bianco.
piccola pasticceria, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
In chiusura, tra tre proposte offerte, optiamo per un “Calvados” di produzione svizzera, simpaticamente servito in un bicchierino inclinato, in riferimento alla vicina cremagliera del Rigi, nota in tutto il mondo per essere il più vecchio impianto di risalita europeo (1871) nonché la più vecchia ferrovia a cremagliera a trazione elettrica al mondo.
calvados, Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera
La timbratura del “passaporto”.
Focus, Chef Nenand Mlinarevic, Park Hotel, Vitznau, Svizzera

Esiste un luogo comune figlio di anni in cui, è innegabile, nel mondo della gastronomia sembrava vigere una sorta di regola non scritta, che voleva che l’alta cucina fosse giocoforza parca nelle quantità. Ma se negli anni più recenti tale mantra sembra essere stato un po’ rivisto, nel segno di una maggior apertura al principio che un pasto debba sì essere interessante ma soprattutto, appunto, un pasto, i luoghi comuni sono duri a morire. Certo, qualche baluardo ancorato ai vecchi stilemi esiste ancora, anche tra le eccellenze assolute, tuttavia la direzione verso la quale ci si sta muovendo parrebbe confortante.

Ed è proprio da questo assunto che è necessario partire per raccontare l’evoluzione di un ristorante come il Miramonti l’Altro, da tempo ormai quasi immemore meta tra le più ambite degli stoici della forchetta. Non è cosa da sottovalutare infatti la capacità di sapersi reinventare, dote che non appartiene a tutti e che soprattutto viene sfruttata da pochi. Ebbene, nel caso specifico, Philippe Léveillé e Daniela Piscini si possono tranquillamente inquadrare come due icone dalle quali, d’ora in avanti, sarà difficile sapere cosa aspettarsi. Paradossale? Può darsi, ma alla luce della nostra ultima visita, è un dato di fatto che il Miramonti l’Altro abbia effettuato una virata in direzione di un rinnovamento a tutto tondo.
Mentre il locale è in procinto di cambiarsi d’abito, potendo così sfoggiare a settembre tinte e disposizioni nuove, anche la cucina pare essersi avvicinata ad una deriva più contemporanea, andando a toccare toni iodati e vegetali, per poi passare a contrasti acido-speziati, senza dimenticare sentori terrosi ed affumicati. Tutto questo, vada bene inteso, non trascurando minimamente la natura prima del locale, ancora assolutamente tangibile e riconoscibile a prima vista.

Mai ci saremmo aspettati un tale cambiamento da un tempio della cucina classica. Mai avremmo potuto immaginare di sederci ad uno degli eleganti tavoli e rimanere quasi sgomenti di fronte all’energia nuova che scaturisce dalle preparazioni che nel loro susseguirsi danno vita alla degustazione. Eppure la cosa ci piace, eccome.

Il rinnovamento si sa, va di pari passo con la riflessione e con la presa di coscienza, andando così ad affiancare il concetto di crescita. Il rinnovamento però necessita anche di un tempo di accettazione, ed è proprio di questo che il Miramonti l’Altro e i suoi clienti avranno bisogno. Nulla di violento, nessuna preparazione che strizza l’occhio alla provocazione o alla satira. Semplicemente una cucina già vista in altri lidi, ma che non eravamo abituati ad affrontare all’interno di queste mura.

Rimane quindi un velo di perplessità, sotto una potente raffica di emozioni scalpitanti, positive, entusiastiche e coinvolgenti. Rimane la voglia di tornare a metamorfosi completata, per accertarsi che la nuova strada possa essere migliore di quella vecchia. E soprattutto rimane la curiosità di capire quanto la tradizione possa essere di supporto all’innovazione, andando a seguire una frase fatta che finalmente potrebbe risultare non più banale.

Il ristorante visto dall’area di parcheggio.

Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
L’ingresso.
Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio
Il dehors.
Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio
La mise en place.
mis en place, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio
Le bollicine di benvenuto.
bollicine, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Il benvenuto della cucina.
Bagnacauda di zucchine trombetta e salmone selvaggio marinato e affumicato.
benvenuto, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
La selezione di pani e grissini.
pane, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Il bianco che ci accompagnerà per la prima parte della degustazione
vino, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Inizia il percorso.
Insalata liquida di terra e di mare.
Apertura di bella freschezza. Simpatica la chiusura con un distillato di riso ad alto potere pulente.
insalata liquida, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Lo “shottino” a chiudere.
shottino, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
#Volevoessereunpomodoro!!
Alla base una tartare di gamberi rossi, la cui grassezza risulta amplificata dalle note burrose dell’emulsione di mozzarella di bufala, che costituisce di fatto la polpa di questo falso pomodoro. A contrappunto acido la “pelle”, costituita da una gelatina di gazpacho e a chiudere un rinfrescante sorbetto di basilico. Divertente.
volevoessereunpomodoro, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

volevoessereunpomodoro, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Pane, burro e alici…
Vivace intermezzo nel segno di un finger food croccante. Nel tubetto della salsa verde, da spalmare a discrezione.
Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Merluzzo black cod con purè di patate ratte al tartufo nero.
black cod, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Gallinella cotta all’unilaterale, chips e marinata di asparagi.
La cottura unilaterale evoca sentori di brace, che ben si amalgamano con l’acidità del pomodoro confit. La chips di pelle croccante è ideale elemento di variazione per la texture di un piatto altrimenti giocato su consistenze morbide.
gallinella, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Riccio di mare, uovo alla cocque e lemongrass.
Uovo di quaglia in camicia, lingue di riccio e polvere di pomodoro.
Un equilibrio di grande mano e di estrema eleganza, sulla carta inaspettato ma forse per questo ancora più sorprendente.
riccio di mare, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Spaghetto al tè nero affumicato e aglio fermentato.
Pasta all’uovo con thè nero affumicato in macerazione tagliata alla chitarra, condita con aglio fermentato e accompagnata da aria di tè e croccante di aglio nero.
spaghetto, tè nero, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

spaghetto, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Il croccante di aglio nero.
aglio nero, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Si passa al rosso.
vino, girlan, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Parmigiana di melanzane.
Neve di parmigiano, pomodoro, melanzana, semi di basilico disidratati e cialda di parmigiano.
Il gioco è conosciuto: un piatto noto in una forma alternativa, peraltro composta al tavolo e quindi anche di piacevole impatto scenografico. Piatto decisamente riuscito.
parmigiana, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Confit di coscia d’anatra al miele, aceto balsamico tradizionale e pepe di Sichuan.
Coscia confit nel suo grasso, servita con salsa all’aceto balsamico tradizionale, pepe di Sichuan e miele e accompagnata da invidia brasata e ciccioli di anatra. A completamento cioccolatini al pepe, cannolo di polenta di Quarantino con battuta di interiora d’anatra, insalata di speck d’anatra con fegato grasso e infuso di frutti rossi, pepe di Sichuan e anice stellato.
Menzione d’onore per i cioccolatini al pepe. Chapeau!
confit, anatra, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

confit, anatra, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Complementi al piatto.
Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Una piccola sorpresa per il prossimo fuoriprogramma.
Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Stravaganza di piccione cotto alla brace all’unilaterale e calamari in salsa di crostacei al fegato d’oca.
In realtà il concetto esposto dalla denominazione è più di forma che di sostanza, traducendosi il piatto in un finissimo esercizio di eleganza gustativa e di texture, cui non manca la vocazione golosa che ci aspettiamo da questa cucina. La grassezza del crudo alla base costituisce elemento di contrappunto ideale alla consistenza della carne.
piccione, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Selezione di formaggi.
formaggi, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

formaggi, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
L’accompagnamento all’ultima parte del percorso.
vino, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
La piccola pasticceria.
Cannoncino con crema, nocciole meringate, madeleine, pie con composta di ciliegia e mirtillo, meringhe con panna e cheesecake rivisitato con frutto della passione.
piccola pasticceria, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
Immancabile il leggendario gelato alla crema, proposto con fragole calde ma da noi preferito nella sua voluttuosa naturalezza.
gelato, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
gelato, Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia
La conclusione.
vino,Miramonti l'Altro, Chef Philippe Léveillé, Concesio, Brescia

Correva l’anno 2003 quando una giovane promessa, fresca di 7 anni di esperienze in grandi tavole svizzere e tedesche, apriva quello che in poco tempo sarebbe diventato un assoluto riferimento nel panorama gastronomico elvetico, futura meta di pellegrinaggi gastronomici da parte di clienti di tutto il mondo.
Da quell’anno, l’ascesa fulminea verso l’olimpo gastronomico: “scoperta dell’anno” nel 2005 per Gault&Millau, prima stella Michelin nel 2007, la seconda l’anno successivo.
Seguivano (2008 e 2010, fatto inusuale a distanza temporale tanto ravvicinata) il titolo di “cuoco dell’anno” -sempre da Gault&Millau- e la probabile candidatura alla terza stella, arrivata puntuale nel 2011, prima volta per un cuoco dell’area svizzero-tedesca. Distinzione da allora sempre mantenuta, unitamente ai 19 punti Gault Millau, massima valutazione mai assegnata sul suolo elvetico.

Oggi Andreas Caminada non ha più nulla da dimostrare. Nel suo elegante castello nel mezzo delle Alpi svizzere, offre ai suoi clienti un’opera d’arte globale, in cui l’esperienza gastronomica costituisce una parte di un disegno complessivo ben più ampio.
Perchè una cena allo Schloss Schauenstein è anche, e forse soprattutto, uno spettacolo per gli occhi. Il bucolico paesaggio montano, la piccola città di Fürstenau, l’intimo castello con i suoi curatissimi giardini. All’interno, una riuscita simbiosi tra antico e moderno, tra il legno evocante le tipiche “Stuben” montane ed elementi di moderno design, una simbiosi che ritroveremo in fondo anche durante la degustazione, in un gioco di parallelismi affascinante.
Perché la cucina di Caminada si conferma tanto moderna e spettacolare all’occhio, quanto ben saldata su basi classiche al gusto, frutto della formazione ricevuta, e della sempre latente ritrosia tipicamente svizzera nell’avventarsi troppo presto verso il nuovo. Ma se negli scorsi anni Caminada cercava di piacere, oggi naviga con la certezza di esserci riuscito, e la cosa si tramuta in piatti certo sempre in navigazione su acque sicure, ma che hanno raggiunto un’eleganza e una confidenza nei propri mezzi ammirevoli.

Da segnalare alcuni piccoli mutamenti sviluppatisi recentemente su vari fronti. Una revisione del concetto di illuminazione ha portato negli ultimi anni a un progressivo oscuramento delle sale e a una maggior concentrazione luminosa sui singoli tavoli, a maggiore intimità dei commensali e soprattutto a una rinnovata centralità di quanto arriva in tavola. A ciò si accompagna una maggior sobrietà sui tavoli stessi, sia cromatica che riempitiva, e infine un’estrema stringatezza nella denominazione dei piatti, curatissimi nella costruzione estetica e nella resa cromatica, che si confermano ancora una volta dei capolavori visivi di certosina maniacalità e d’ispirazione praticamente infinita.

Tutto ciò potrebbe far pensare a un’eccessiva focalizzazione sul fronte estetico, a discapito di quello prettamente gastronomico, e se dobbiamo essere sinceri nelle più recenti visite c’erano stati segnali che lasciavano spazio a qualche timore in tal senso. Strade scenograficamente forse anche affascinanti, cui tuttavia erano corrisposte proposte culinarie sotto i livelli attesi, non cattive ma nemmeno memorabili.
Parimenti, l’eccessiva frammentazione di tutti i piatti -tutti, dal primo all’ultimo- in una miriade di recipienti, tazze, piattini e cestini sembravano privare le creazioni, senz’altro visivamente gradevoli, della fondamentale centralità del gusto: in sintesi o ti chiami Gagnaire o probabilmente è meglio lasciar perdere questa via.
Con sollievo invece, dobbiamo dire che da questa nuova esperienza Caminada sembra aver ritrovato il giusto equilibrio tra spettacolarità estetica e centralità gustativa.
Abbandonati i funambolismi multimediali (che, sia chiaro, non condanniamo in quanto tali) e riscoperto il gusto di una maggior concentrazione nella distribuzione degli elementi del piatto, il dosaggio tra le 2 parti sembra ora aver finalmente raggiunto un equilibrio encomiabile.

Cantina di buona profondità, focalizzata su proposte regionali ma ovviamente aperta alle grandi cantine internazionali, con ricarichi calibrati al livello del locale e quindi decisamente impegnativi. Le proposte al calice in accompagnamento al percorso di degustazione vertono quasi esclusivamente su vini grigionesi, alcuni dei quali anche pregevoli, ma hanno raggiunto dei costi un pezzo oltre l’accettabile, che faranno facilmente lievitare il conto al doppio dell’esborso necessario per la degustazione vera e propria, ancor prima di addentrarsi nell’affascinante mondo di sigari e distillati. E attenzione: si paga al calice, quindi occhio ai rabbocchi.
Il servizio mantiene gli standard ai quali siamo abituati: fino a qualche anno fa decisamente declinato al femminile, oggi più uniformemente distribuito, riesce a creare il giusto connubio tra professionalità, dinamismo giovanile e informalità, sotto la sempre sicura mano del maitre-sommelier Oliver Friedrich.

Il ristorante dall’antistante strada.
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Il corridoio al pian terreno.
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Le due sale per l’aperitivo e il dopo pasto. La prima più calda, rustica e accessibile ai fumatori, con una buona selezione di sigari e di distillati in abbinamento…
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
…e l’altra, a nostro modo di vedere più kitsch.
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Il dehors, sempre per pre e post cena, la sera della nostra visita non utilizzabile a causa delle condizioni meteo non favorevoli.
dehors, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
L’aperitivo: Ruinart Rosé.
Stuzzichini:
Soufflé di patate, dragoncello.
Mandorle al fegato d’anatra.
Mattoncino all’acetosa.
Cannoncino di peperone ripieno di sorbetto di cetriolo.
Asparago di Coira marinato.
Spuma al prosciutto, pane.
Lo spettacolo parte già con l’aperitivo, con la parata di sfiziose piccole creazioni.
aperitivo, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Una delle due sale: questa di gusto più rustico, l’altra, non ripresa, di piglio più moderno.
sala, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
La mise en place che ci accoglie al tavolo, come anticipato ridotta ai minimi termini.
mis en place, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Il primo dei numerosi bigliettini che saranno consegnati all’arrivo di ogni piatto e di ogni proposta al calice.
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Il primo vino.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Benvenuto della cucina:
Crudité – Verdure verdi.
Insalata di verdure marinate.
Prima del percorso vero e proprio arriveranno parecchie altre sorprese. Si parte all’insegna di un sostanziale monocromatismo, non per questo non visivamente appagante, nel quale è già possibile ravvisare il tratto tipico dei piatti di Caminada: l’utilizzo pressoché costante della forma della variazione su un numero molto ristretto di temi, attuata tramite un caleidoscopico gioco di cotture, marinature, consistenze e forme. Si fa notare, in questo elegante studio sull’erbaceo, un’improvvisa quanto effimera nota amara di potenza inedita per questa cucina.
benvenuto, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Barbabietola – Gazpacho – Panna acida.
Netto stacco cromatico per un altro piatto di matrice vegetale, stavolta poggiato su una materia prima immancabile in un percorso di Caminada: la barbabietola viene qui presentata mettendone in risalto tutte le possibili sfaccettature. La panna acida ad offrire il giusto contrappunto alle sue derive più stucchevoli, i corredi floreali ad offrire una piacevole coda.
barbabietola, gazpacho, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Ad intrattenimento, ci viene proposta la consultazione della rivista “Caminada”, per ora giunta al sesto numero con il settimo di uscita imminente, normalmente due volte l’anno. Le ispirazioni per nuove creazioni sono molteplici: un personaggio, uno sport, un gruppo musicale, una montagna, uno chef, un elemento architettonico, un evento naturale: tutto sembra poter offrire spunto per la creazione di un piatto. Nel prossimo numero farà la sua comparsa, tra gli altri, anche Massimo Bottura.
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Primo amuse bouche:
Champignon – Burro alle noci.
Variazione di champignon: fritto, terrina.
Dopo le aperture all’insegna dell’erbaceo e della dolcezza vegetale, è la volta di un piatto incentrato sulla mineralità. Sapidità e corpo offerti dal brodino di base, che avremmo bevuto a litri!
amuse bouche, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
amuse bouche, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Il cestino del pane e il burro: naturale di Andeer (paese a pochi km di distanza), versione con fleur de sel proveniente dalla Prettigovia.
pane, burro, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Secondo amuse bouche:
Pomodoro e ricotta.
Tartare marinata, sfera ghiacciata ripiena di ricotta, “panna cotta” con polvere di pomodoro essiccato, pomodorino al naturale.
L’estate è nel suo pieno anche a Fürstenau, non poteva quindi mancare un omaggio ad essa. Degno di nota il gioco di temperature, equilibri gustativi e consistenze della sfera ghiacciata, piacevolmente rinfrescante.
amuse bouche, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Si cambia vino.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Prima sopresa.
Pollo della Val Lumnezia.
Zucchine – Salvia.
Materia prima povera, proveniente dalla regione di origine dello chef, magistralmente lavorata e presentata in una fase inusuale del percorso, arrivando usualmente tali materie ben più tardi. Si fa ancora una volta notare il complesso gioco di preparazioni su un ristretto numero di componenti (salvia, zucchine); menzione d’onore per la leggera affumicatura della materia principale, che sviluppa una persistenza e dei giochi armonici degni di nota con le altre componenti del piatto.
pollo della val lumnezia, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Un altro bianco.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Lucioperca marinato.
Cavolo rapa – Ravioli – Gelato.
Ravanello.
Prima portata del percorso ufficiale all’insegna di crudo di pesce lacustre, dalla marinatura molto discreta che al ruolo di protagonista sembra preferire la valorizzazione delle componenti vegetali, nuovamente presenti in svariate forme e preparazioni atte ad esplorarne le molteplici possibilità texturali e gustative. L’insalatina a corredo a chiudere con croccantezza, una misurata acidità e la spiccata speziatura del ravanello.

lucioperca marinato, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
insalata, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Si prosegue nel solco di bianchi sempre più strutturati.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Seconda sorpresa.
Lavarello.
Finocchio – Melone.
Piatto di spunto ludico, basato su un vero e proprio anagramma che va a perdersi nella traduzione italiana. Il lavarello (Felchen) viene qui presentato in combinazione con una composizione di finocchio (Fenchel) e melone. Molto riuscito il gioco aromatico-dolce delle due componenti vegetali.
lavarello, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Un pregevole Blanc de Noir, rigorosamente grigionese.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
“Classico 2008”.
Scampo – Arrostito – Tartare – Brodo.
Carota – Marinata – Puré.
Il crostaceo è un’altra presenza costante nei percorsi di Caminada, una delle poche concessioni a materie prime non strettamente regionali e uno dei cardini su cui ha costruito alcuni dei suoi piatti più amati dal pubblico. Questa volta è il turno dello scampo, riproposto nella sua versione del 2008 nelle sue molteplici forme di preparazione e con una variazione di carote. Tendiamo a preferirgli la combinazione astice bretone-fungo-foie gras dello scorso anno, sembrandoci la combinazione con la carota, seppure presentata come di consuetudine in molteplici preparazioni, un filo meno compiuta.
scampo arrostito, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Si sale ancora un po’ all’insegna dei bianchi.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Salmerino dalla Val Lumnezia.
Porro – Brasato – Puré.
Dragoncello – Burro chiarificato.
Si ritorna nelle immediate vicinanze delle terre di origine dello chef per un’ulteriore presentazione di una materie ittica di acqua dolce, ben valorizzata dalle diverse declinazioni con cui gli altri elementi vengono presentati.
Salmerino della Val lumnezia, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Prima assoluta per questo ristorante: un vino non grigionese, nemmeno svizzero, bensì toscano! Un rosso di bella ampiezza, perfetto connubio alla sontuosità di ciò che sta per arrivare.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Terza Sorpresa.
Manzo.
Carciofo – Tartufo grigionese.
Manzo brevemente arrostito, cannolo di carpaccio con crema di carciofo e tartufo, purée al carciofo, a corredo piccola crema di patate con tartufo.
Goloso passaggio che sembra per certi versi strizzare l’occhio verso il Piemonte. Rilevanti soprattutto le puree a base di carciofo, di stampo prettamente più classico il resto del piatto, che si conferma ottimo, ma forse un filino al di sotto rispetto a quanto lo ha preceduto per profondità ed originalità: i secondi di carne sembrano rimanere, con la dovuta relativizzazione, un punto debole di Caminada.

Manzo, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
puree di carciofo, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Solo un bicchiere, in quanto questo pregevole Pinot Noir grigionese proviene direttamente da una scenografica Salmanazar in bella mostra nel corridoio. Spettacolo che ha il suo prezzo: 1 bicchiere alla bellezza di 36CHF.
Vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Capriolo estivo.
Speck – Cavolo cappuccio appuntito – Olivello spinoso.
Pane alle pere essiccate.
Momento del percorso un po’ al di sotto delle aspettative, non in termini assoluti ma in rapporto a tutto il resto, così come il precedente anche il secondo di carne del percorso ufficiale non colpisce al cuore quanto si spererebbe. Non che a questo capriolo manchi qualcosa, è molto buono, anzi ottimo. Tuttavia -seppur con esiti estetici meno appaganti- nella stagione favorevole è possibile incontrare preparazioni concettualmente analoghe in molte altre tavole svizzere, anche non blasonate.
Capriolo, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Nei Grigioni si produce veramente di tutto: ecco un “Porto grigionese” prodotto con Pinot Grigio.
Pinot Grigio, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Il carrello dei formaggi.
Formaggio svizzero.
Maluns.
Patate dalla valle dell’Albula.
Carne essiccata di diversi contadini (carne secca, speck essiccato, salsiccia di manzo e di cervo).
Altra piccola novità rispetto al passato: si passa dal classico piatto di formaggi a un carrello. La sobrietà dello stesso, specie se rapportata alle ben note parate di altri locali di livello, trova la sua giustificazione nel volersi limitare, in analogia alla cucina, a formaggi prodotti in zona. Ad accompagnare, oltre alle classiche mostarde, alcuni abbinamenti tipici della cucina alpestre svizzera: i tipicamente grigionesi Maluns (sorta di microfrittelle preparate con patate, farina, burro, sale, pepe e noce moscata), le altrettanto tipiche patate bollite a ricreare il concetto di “Käseplatte” (letteralmente tradotto “piatto di formaggi”, pasto molto amato dagli svizzeri) e un assortimento di salumi rigorosamente grigionesi, di lunga stagionatura.
formaggi, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera

formaggi, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Mostarde e pera essiccata.
mostarde, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Maluns.
maluns, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Patate.
patate, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Salumi.
salumi, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Altra piccola novità rispetto al “dogmatismo enologico” che ha sempre caratterizzato questo ristorante, con la selezione di formaggi ci viene proposto un abbinamento con una birra scura di spiccata aromaticità, prodotta a una decina di km di distanza. Idea apprezzabile, lecito tuttavia chiedersi se fosse il caso di servire il “Porto grigionese” solo pochi minuti prima. Un rapido sguardo a fine serata ci dirà che, quanto meno, la birra non sarà conteggiata.
birra, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
In arrivo per il prossimo piatto un bel Riesling Silvaner.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Sorpresa no.4.
Crema bruciata alla maniera della nonna.
Frittelle di mele, granita di mele.
Un tuffo nell’infanzia di Caminada ma anche di molti di noi: chi da piccolo non ha mai mangiato le frittelle di mele? Protagonista la sontuosa crema bruciata, di voluttuosa cremosità e perfetta nota amarognola. Le frittelle ad intercalare, la rinfrescante granita, dalla spiccata acidità, a chiudere. Piatto semplice, anche alla vista, quasi a ricordarci che anche le cose più semplici possono essere buonissime.

crema bruciata, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
granita di mele, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
frittelle, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
L’ultimo calice, un ottimo vino da dessert prodotto con il poco noto vitigno Scheurebe, conosciuto anche con il nome di Sämling 88.
vino, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Soufflé alla ricotta.
Lampone – Crema – Gelatina.
Fiori di sambuco – Granita – Bacio di dama – Decotto.
Insalata di erbe con yogurt chip da rompere e mischiare.
Chiusura all’insegna della triade dolce-floreale-erbaceo. La copertura dell’insalata è caratterizzata da un croccante allo yogurt, da rompere e mischiare con la sottostante insalatina, dove domina tra le varie componenti vegetali la menta. Di grandissima mano il soufflé, di consistenza etera e di gusto delicatissimo.

lampone, crema, gelatina, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
soufflé alla ricotta, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
Soufflé alla ricotta, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera
La piccola pasticceria.
Nelle scatole chiuse da portare a casa: gelatine di frutta, praline.
Lecca lecca – Lampone, yogurt al lime.
Tortino al caffè.
Macaron alla mela.
Finanziera alla ciliegia e mandorle.
Sfera liquida all’olivello spinoso.
Ganache al cioccolato.
piccola pasticceria, Schloss Schauenstein, Chef Andreas Caminada, Svizzera

È ormai da parecchi anni che stiamo assistendo ad un importante cambio di paradigma, quando parliamo di alta cucina. Fino a una decina di anni fa era difficile scindere il concetto di gourmet da quello di sfarzo, di grandi relais, di servizi degni di corti reali, di carte altisonanti, nel solco di quella grande tradizione di stampo francese da tanti avversata, ma di fatto spesso volutamente imitata.

Negli ultimi anni però qualcosa è cambiato, forse seguendo una deriva meno formale di stampo nordico, rimanendo affascinati dalla cultura nascente dei gastro pub e piacevolmente sorpresi dalla rivincita in chiave gastronomica dei bistrot francesi. Di conseguenza l’Italia ha voluto riappropriarsi dei propri valori e, riprendendo coscienza di sé, ha ricominciato a manifestarsi mettendo a nudo la sua anima semplice e diretta.
Questo ha sicuramente aiutato una nuova generazione di talenti a intraprendere nuove avventure senza doversi gettare in investimenti faraonici.

Uno di questi esempi è l’hotel Cinzia di Vercelli. Per quanto recentemente restaurato, il suo stile un po’ vintage non sembra avere nulla che lo possa contraddistinguere da simili strutture situate nelle periferie di altre città. Anche l’accesso sembrerebbe precludere qualcosa di diverso dalla sala dove gli ospiti di un ordinario albergo si recano per la colazione, per il pranzo o per la cena. E invece, già entrati nell’elegante ma nel contempo discreta sala, si percepisce di essere al cospetto di qualcosa di più.
Dal 2005 due giovanissimi fratelli si sono installati in questa struttura familiare, proponendo una cucina di alto livello, sempre attenta al territorio ma aperta all’eclettismo, che ben presto ha iniziato a riscuotere consensi da pubblico e critica. Il tutto accompagnato da un servizio elegante, affabile e immediatamente in sintonia con il cliente, che fa presto soprassedere su alcune piccole imperfezioni.

Per molti appassionati i nomi Christian e Manuel Costardi sono da ricollegare a un’unica materia prima: il riso. Ed effettivamente per anni il prodotto principe della terra vercellese è stato il cardine indiscusso della loro cucina. Declinato in una trentina di varianti, ha costituito e costituisce ancora un elemento di attrazione decisivo per i suoi estimatori.
Ma c’è molto altro e, seppure i risotti costituiscano ancora una parte importante della carta (se ne trovano oltre una ventina, scusate se è poco), i fratelli Costardi stanno vieppiù cercando di dimostrare che possono avere qualcosa da dire anche lavorando su altre materie prime. Christian, il maggiore dei due fratelli e il più comunicatore, si intrattiene volentieri svelando aneddoti, idee e progetti futuri.

Il risultato è una cucina elegante, giovanile, essenziale, priva di orpelli ma finalizzata a sensazioni gustative chiare, raramente sconfinanti nel provocatorio ma nella maggior parte dei casi intriganti. Una cucina che sta cercando di aprirsi e guardare oltre, già riuscendoci molto bene. Preparazioni che trovano nell’armonia gustativa il loro equilibrio perfetto, lasciando presagire le potenzialità di due grandi cucinieri ancora in divenire, forse frenati dalla timidezza, ma di certo capaci, quando se la sentiranno, di spingersi oltre i limiti che la ragione impone. Siamo certi che a breve i Costardi Brothers supereranno l’imbarazzo di specchiarsi, riconoscendosi parte integrante e proattiva di un’evoluzione gastronomica italiana innovativa, spregiudicata e sincera.
Le potenzialità ci sono tutte, il tempo per realizzarle pure.

Patata e baccalà. Apertura garbata ed elegante.
patata e baccalà, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Pic Nic a Mazara del Vallo.
La consistenza e la grassezza del gambero crudo (superba materia prima) trovano un ottimo bilanciamento nella croccantezza del pistacchio e nei sentori dati dalla leggera tostatura eseguita con la fiamma al tavolo. La fruizione rigorosamente manuale non è per la verità esente da potenziali problemi.
Pic nic, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
gambero di mazara, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Scampo in saor.
Ideale pendant del piatto precedente. La sapidità data dalla cottura unitamente alle note acidule tipiche di questa preparazione portano un gradevole pulizia in bocca.
scampo in saor, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Capasanta.
Scoprendo la conchiglia l’impatto visivo è quello di un paesaggio nordico, l’apparente severità risulta tuttavia più estetica che gustativa. La crema di latte, con un’appena percepibile nota acidula, evita il contrasto aperto mantenendo però il palato sveglio, e sostenendo alla perfezione il gioco di consistenze e sensazioni gustative tra la sapida carnosità della capasanta e lo iodio dello sfuggente caviale. Cristallino.
Capasanta, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Triglia.
Piatto di un’estetica molto evocativa. La panatura sembra quasi un ritorno ciclico del Pic Nic, seppur privo della sua nota amarognola ma interessante per l’apporto di aromaticità e croccantezza. All’arancia e alla “sabbia” alla base il compito di apportare una misurata acidità, rispettivamente sapidità e un’inaspettata coda aromatica (paprika…).
Triglia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Carota viola.
Al gusto si fa notare il sapiente apporto della barbabietola, che evita una prematura assuefazione del palato e porta la necessaria succulenza a un piatto relativamente asciutto.
Carota viola, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Risibisi e seppia.
La materia principe della zona, malgrado la volontà di emancipazione in atto, non è certo stata rinnegata, ed eccoci al primo risotto.
Niente mantecatura con burro o con olio, l’elemento legante è appannaggio esclusivo del pisello, il quale con la sua tipica mineralità ben si sposa con la materia ittica. Un abbinamento classico sapientemente applicato a un prodotto del territorio.
Risibisi e seppia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Taglio sartoriale.
Più da golosi la seconda proposta del risotto, servita nell’ormai famosa “lattina” creata qualche anno fa in collaborazione con il sempre vulcanico Bob Noto. Un sontuoso risotto alla riduzione di birra Moretti Grand Cru, crema di Grana Padano 27 mesi. Viene in aiuto la millimetrica spruzzata di polvere di caffè arabica, perfetta a sostenere il piatto fino all’ultima forchettata.
taglio sartoriale, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
risotto, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Animella, mandorla e pak choi.
Un piatto che ci ha decisamente divertiti. La consistenza volutamente molto croccante su un lato, la salsa al Marsala, la mandorla: in bocca le sensazioni ricordavano quelle di un maialino al forno! Il pak choi ad apportare il necessario, ma sempre garbato, contrappunto amarognolo ad evitare un eccessivo sbilanciamento del piatto verso le note dolciastre.
animella, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Coturnice nell’orto.
La coscia, elemento di sapidità più pronunciata cui tradizionalmente viene assegnata funzione di chiusura, costituiva stavolta a sospresa l’elemento di apertura. Il petto, a parte l’evidente apporto estetico al piatto, assumeva invece quasi il ruolo di companatico al senz’altro riuscito gioco di consistenze, temperature e sensazioni gustative tra la salsa (sapida, naturalmente calda) e l’”orto” alla base del piatto (aromaticità, mineralità,contrasto di temperature). A questo punto la coscia nella forma proposta, ne abbiamo convenuto, fosse seguita avrebbe costituito un anticlimax.
coturnice nell'orto, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Coturnice nell'orto, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Coscia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Panna cotta morbida con mosto d’uva.
Elemento di inconsuetudine è la consistenza morbida e avvolgente. Gustativamente, siamo su binari abbastanza classici, ma il livello di realizzazione è ammirevole.
Panna cotta, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Ivoire mela finocchio e sedano.
Il cioccolato bianco proposto risulta perfettamente bilanciato dall’acidità della mela e dalla mineralità di sedano e finocchio. Un piatto fresco che evidenzia un equilibrio e un’eleganza non da tutti.
Ivoire, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Indivia.
Chiusura che concede qualcosina in più al concetto tradizionale di dolce, ma non troppo. La mineralità amarognola dell’indivia, unita alla polvere di capperi, si trova a bilanciare le lievi parti dolci del piatto, conferendogli una freschezza che ne ha resa rapidissima la sparizione.
Indivia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
I petit fours.
petit fours, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Il vino che ci ha accompagnato a tutto pasto.
barolo, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli

Cosa vi risponderemmo se ci doveste chiedere un consiglio per un grande ristorante, inteso come luogo per vivere un’esperienza gastronomica a 360 gradi?
Sarebbe difficile non indirizzarvi verso Brusaporto.

Da Vittorio rappresenta per noi, allo stato attuale, la miglior trasposizione italica del concetto di grande Relais, che trova nella zona transalpina i suoi più autorevoli esponenti. Un pranzo o una cena a questa tavola, prima ancora che un’esperienza gastronomica, è un’esperienza per tutti i sensi.
Abbandonato il frastuono e il grigiore dell’autostrada Milano-Venezia, in pochi minuti uno stretto viottolo ci catapulta in un’oasi che sembra fuori dal tempo e dallo spazio che la circondano. Un laghetto, alcuni palmipedi incuranti dell’andirivieni degli ospiti, piacevoli percorsi pedonali che si snodano tra ponticelli, prati dal taglio perfetto e alberi altrettanto curati: tutto è magicamente orchestrato per il piacere dei sensi, ancor prima di sedersi a tavola.
In posizione rialzata, ci accoglie la sontuosa villa e il suo altrettanto sontuoso dehors, che vista la stagione sarà anche la nostra sala.

Dicevamo, spettacolo non solo per il palato. Vedere questa numerosissima squadra all’opera, con un ristorante al completo (72 coperti nella serata di un anonimo mercoledì non è da tutti, specie in Italia), è altrettanto gratificante, agli occhi di un appassionato gourmet, di quanto potrebbe essere un balletto al Bolshoi di Mosca per un appassionato di danza.
Un’accoglienza e una cura del cliente calibratissima sotto ogni aspetto, a partire dal momento in cui si oltrepassa l’ingresso fino alla partenza. Una gestione dei tempi praticamente inappuntabile, senza nemmeno l’ombra di un cedimento nell’arco di un’intera serata, e non solamente al nostro tavolo, bensì -per quanto abbiamo avuto modo di vedere- ovunque. Ci auguriamo che ciò avvenga, e non vi è modo di dubitarlo, per tutti i servizi e per tutte le stagioni.

Il nostro percorso di 12 portate, arricchito da qualche sorpresa, ha richiesto poco più di 2 ore, semplicemente il tempo giusto: né oppressivo né sfiancante. Una prestazione ancor più sbalorditiva vista l’importanza data al concetto di preparazioni in sala, secondo un concetto già caro a papà Vittorio, ulteriormente valorizzato dai figli e verso il quale stiamo assistendo, in linea generale, a un piacevole ritorno.
Molti secondi, e anche qualche primo, prevedono l’impiattamento o addirittura la preparazione al tavolo, nell’ottica di un contatto più diretto con il cliente, in qualche caso chiamato ad una partecipazione attiva.

I fratelli Cerea potrebbero cadere nella facile tentazione di abbandonarsi a una vita di rendita o di semplice gestione, d’altronde con la macchina che gestiscono chi potrebbe biasimarli? E invece eccoli lì, sorridenti, prodigarsi tra un tavolo e l’altro, tra un pacchero, un’orecchia di elefante o un semplice scambio di parole con i clienti, infaticabili e mossi da una genuina passione che non sembra mai sopirsi ma che anzi, sembra infondere loro ancora più energia… chapeau!
Ovviamente un simile perfetto meccanismo implica un’altra faccia della medaglia, che appare abbastanza scontata: il prezzo. Quanto meno per quanto riguarda il menu degustazione più importante, il “Carta bianca”, dal punto di vista economico ci troviamo di fronte al ristorante inequivocabilmente più impegnativo d’Italia.
È indubbio che se dovessimo valutare con il solo metro gastronomico, tralasciando ogni altro aspetto, non potremmo esulare dal consigliare altre destinazioni.
Ma la cucina, di fronte a tanta esplicita opulenza, è in grado di dire qualcosa, o rimane da essa soffocata? Ebbene, è in grado di dire ben più di qualcosa.
Elegante, equilibrata, piacevole e variegata in consistenze e temperature, gustativamente giocata certamente più sulla consonanza che sulla dissonanza, che anche dove c’è risulta notevolmente stemperata, certamente non esplicita e volta alla provocazione bensì all’appagamento, all’insegna del sostegno e della valorizzazione di una materia prima con ben pochi pari, se ne ha, in tutta Italia.

Astenersi gourmet alla perenne ricerca dell’avanguardia, che potrebbero non trovare spunti particolarmente interessanti o stimolanti. Ma chi invece ama la Cucina, con la C maiuscola, e sa apprezzare le diverse sfaccettature e sfumature che può comportare la stessa, allora non esiti un solo secondo e approdi alla corte dei fratelli Cerea.

Il nostro percorso è stato totalmente incentrato sul pesce, e non poteva che essere così. È da sempre la materia ittica l’incontrastata colonna portante di Vittorio, lo è sempre stata sin dagli inizi di papà Vittorio. E riteniamo che a fronte di 50 anni di successi incontrastati, non ci sia altro da dire.

L’entrata.
Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Il dehors.
dehors, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Con l’aperitivo ecco alcune sfiziosità, molto golose, forse solo leggermente slegate in relazione all’apertura del menu.
aperitivo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Marshmallow al parmigiano, crema di pere e gin.
Piacevole finger food di apertura, per la verità di fruizione un pelo difficoltosa, forse favorita dal caldo torrido della serata.
Marshmallow, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Ciliegia di foie gras.
Un abbinamento tipico, perfetto per un servizio estivo del foie gras.
ciliegia foie gras, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Salviettina per pulire le mani, griffata.
salvietta, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Il pane, rigorosamente a base di lievito madre…
pane, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
…e il meraviglioso vassoio dei pani: attenzione a non esagerare, è una calamita.
pane, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
I vini scelti per la serata.
Dom Pérignon, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
vino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Bollinger, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Carpaccio di branzino con gelatina di bouillabaisse.
Grande esempio di equilibrio finalizzato alla valorizzazione di una materia prima che si dimostra subito all’altezza. Di estrema discrezione la gelatina di bouillabaisse, evidente la volontà di non prevaricare sul protagonista del piatto. Non avremmo tuttavia disdegnato, in questa calda serata, una punta di acidità in più ad apportare maggior freschezza e contrasto alla grassezza del pesce crudo.
Carpaccio di branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Ricciola candita, insalatina di ceci, limoni e olive taggiasche.
Una breve cottura a bassa temperatura conferisce al pesce una consistenza quasi carnosa molto piacevole al palato, a contrasto con il crudo precedente. Il dosaggio delle parti acide rimane dicreto ed elegante, e risulta ulteriormente arrotondato dalla base (un omaggio al grande Fulvio Pierangelini?). La millimetrica spruzzata di paprika apporta al piatto aromi orientaleggianti, sviluppando una piacevole orizzontalità.
Ricciola Candita, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Scampo alla griglia con spuma di ravanello, verdurine verdi.
A costo di ripeterci, non possiamo astenerci dal sottolineare ancora una volta la qualità di una materia prima che qui raggiunge un apice quasi commovente. Segretamente, avremmo sperato che un altro di questi crostacei facesse la sua comparsa nei piatti successivi.
La presentazione in forma di spuma arrotonda sensibilmente i sentori pungenti e leggermente piccanti tipici del ravanello, costituendo ancora una volta elemento di elegante sostegno e non di rottura. La parte vegetale ad apportare croccantezza, mineralità e leggere note amarognole.
Scampo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Moscardini fritti con spuma di prezzemolo e polenta bianca al nero di seppia.
Piacevole incontro tra cucina di terra e di mare, con un sapiente gioco di consistenze e un ottimo equilibrio tra le varie componenti gustative del piatto, in particolare quella iodata della componente ittica e quella cereale della polenta.
moscardini, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Spaghetti “Ajo-Ojo”, calamaretti e piselli.
Di nuovo una sintesi molto ben riuscita di terra e di mare, con lo iodio dei calamaretti e la mineralità dei piselli ben amalgamati dalla mantecatura della pasta, e l’attesa coda “ajolica”.
ajo-ojo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Transita in sala, in direzione del tavolo di fianco al nostro, tavolo un’invitante padella, dal profumo riconoscibilissimo: gli iconici paccheri alla Vittorio! Ne approfittiamo comunque per uno scatto.
pacchetti alla vittorio, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Bianco di branzino “alla clessidra”.
Un esempio di ricetta interattiva, in cui il cliente è chiamato a una partecipazione attiva al tavolo. Di sicuro impatto scenografico, ancor prima che gustativo.
Una padella in ghisa contiene pietre laviche portate oltre i 600 gradi. Un’aggiunta di aromi, il posizionamento della griglia con il pesce crudo, dell’acqua di mare e tutto è pronto per la cottura. Al tavolo viene consegnata una clessidra, che viene affidata al cliente: dopo tre giri di clessidra, il pesce è cotto.
bianco di branzino alla clessidra, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
bianco di branzino alla clessidra, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Bianco di branzino alla clessidra, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
bianco di branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Durante la cottura del branzino, tra un giro di clessidra e l’altro, veniamo omaggiati di una piccola sorpresa. Devono averci letto nel pensiero… o, cosa più probabile, ci hanno sentiti.
paccheri alla vittorio, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Il branzino acquista una morbidezza quasi eterea, e delicati sentori aromatici e iodati. La parte vegetale del piatto porzionato apporta la necessaria sapidità e leggere note amarognole. La parte croccante costituisce indubbiamente un elemento benvenuto, tuttavia a causa della forma con cui viene proposta non è scevra da qualche problema di fruizione: in parole più povere bella a vedersi ma assai poco comoda a mangiarsi.
branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
branzino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Prima della prosecuzione, viene servito un piccolo cannoncino, rigorosamente riempito al momento per preservare la freschezza della sfoglia.
cannoncino, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Pomodoro al cardamomo, pesca alla terza.
Piatto solare sia nell’estetica che nei sentori gustativi. Bell’equilibrio tra acido, dolce-fruttato e aromatico, con leggero sviluppo orizzontale di quest’ultimo.
pomodoro al cardamomo, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Un ulteriore intermezzo goloso, questa volta all’insegna della massima golosità: mobidissimo assaggio di veneziana, ricetta firmata da mamma Bruna!
veneziana, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
veneziana, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
veneziana, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Sottobosco.
Dolce di stampo prettamente classico. Il gelato allo yogurt apporta l’acidità necessaria ad evitare una deriva troppo stucchevole (che tende a presentarsi infatti ad ogni assaggio privo della cucchiaiata centrale).
sottobosco, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Kermesse di dolcezze.
La piccola pasticceria, servita su una nuvola di zucchero filato. Inaspettata e sorprendente (in negativo) la scelta di non permettere a tutti i componenti del tavolo l’assaggio di tutte le tipologie. Lo zucchero filato, per contro, basta e avanza per tutti.
piccola pasticceria, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
A conclusione, una visita agli spazi interni, semplicemente da mille e una notte.
La reception.
reception, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
L’angolo dei distillati.
angolo dei distillati, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Parte della profondissima cantina.
cantina, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
cantina, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
cantina, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
La sala.
sala, Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo
Un ultimo scorcio notturno sul gradevole dehors che ci ha ospitati per tutta la serata.
Da Vittorio, Fratelli Cerea, Brusaporto, Bergamo