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La magia del Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice

Vino
Recensito da Angelo Sabbadin

Chianti Collection 2024

Chianti Collection 2024 è stata l’occasione per degustare ed apprezzare una delle eccellenze enologiche italiane come il Vin Santo Occhio di Pernice, solo 5 su 43 Vin Santo del Chianti Classico erano Occhio di Pernice quindi vorrei fare un articolo a sè per concentrarmi su tanta bellezza, deriva dalla bacca rossa tipica del Chianti, e non me ne vogliano gli amici della versione tradizionale secca, in questa forma diventa qualcosa di inarrivabile.I vini dolci hanno sempre avuto per me un fascino senza tempo, delle sfide enologiche difficili, che regalano grandi emozioni a chi li incontra, vengono da luoghi tra i più vocati al mondo come Madeira, Jerez de la Frontera, Perpignan, Porto, Pantelleria, Marsala, Valpolicella, South Australia.

Come descrivere Occhio di Pernice usando le giuste parole? Pensalo esclusivo, unico, armonico, ammaliante, setoso, profondo, raro, singolare, perfetto, incantevole, autentico, libero, santo, sprigiona luce, emozioni…tutto questo e molto di più è Occhio di Pernice. Il Vin Santo del Chianti Occhio di Pernice è ottenuto principalmente dall’uva Sangiovese, che deve costituire almeno il 50% del blend. Il Sangiovese è uno dei vitigni più celebri e diffusi della Toscana, conferendo al Vin Santo quel caratteristico colore rosso tendente al ruggine. È un uvaggio estremamente sensibile all’ambiente circostante e ha la straordinaria capacità di riflettere le peculiarità del terroir, modificando i suoi profumi a seconda del suolo in cui è coltivato. È quindi naturale che solo in poche aree della Toscana il Sangiovese riesca a esprimere al meglio le sue qualità.

Le origini del “Vin Santo” affondano nelle nebbie della leggenda, essendo stato menzionato per la prima volta nei primi tempi del Cristianesimo, probabilmente in relazione a un vino utilizzato durante la celebrazione della messa. Secondo una leggenda tramandata, nel 1348 (anno in cui la peste si diffuse) un frate domenicano utilizzava l’antenato di questo vino per alleviare i dolori dei malati. Questa storia è considerata una delle ragioni per cui tale nettare veniva considerato miracoloso e quindi “Santo”. La tesi più celebre, fa risalire il nome Vin Santo all’anno 1439, durante un concilio ecumenico avvenuto a Firenze, presso il Papa Eugenio IV, con l’intento di riunificare la Chiesa di Oriente con quella di Occidente dopo il grande scisma. In quell’occasione fu organizzato un banchetto dai Medici e fu servito un vino passito: il Cardinal Bessarione, Vescovo di Nicea, esclamò “Hoc Xanthos est!” ovvero che si trattasse di un vino “xanthos”, letteralmente “biondo” come certi passiti, o perché aveva lo stesso sapore di un vino prodotto sull’Isola di Xanto/Santo (Santorini, Grecia); questo fu subito assimilato dai partecipanti in latino con l’aggettivo “sanctus”, “santo” appunto. Altre persone ritengono invece che l’origine della parola debba essere associata al ciclo di produzione di questo vino che è da sempre intrecciato e scandito con le maggiori festività del calendario liturgico cristiano.

Come accuratamente prescritto dal Disciplinare, per poter essere venduto il Vin Santo Occhio di Pernice devono essere obbligatoriamente fatti invecchiare per almeno tre anni. Una volta completato il processo di appassimento, i grappoli vengono attentamente esaminati per assicurarsi che non vi siano residui di raspo, chicchi rotti o ammuffiti, polvere o altre impurità, e infine vengono pressati con delicatezza. Il mosto ottenuto rappresenta approssimativamente da ⅓ a ¼ del peso dei grappoli ed è generalmente molto denso e concentrato in zuccheri. Dopo una parziale chiarificazione, il mosto viene versato nei caratelli precedentemente menzionati, che di solito sono posizionati nella stessa area in cui avviene l’appassimento. Questi piccoli e peculiari fusti di legno presentano spesso caratteristiche uniche: di ridotta capacità (tra i 50, 70, 100 litri, più raramente 200), spesso molto antichi (a volte anche centenari) e realizzati con legni oggi poco comuni, come castagno, ciliegio, acacia, gelso, e solo in minima parte quercia. I caratelli vengono riempiti lasciando un po’ di spazio d’aria alla sommità, e quindi sigillati. A causa dell’alta concentrazione di zuccheri nel mosto, i lieviti presenti sia nei caratelli che nell’ambiente della Vinsantaia iniziano a consumarli lentamente durante i freddi mesi invernali, dando inizio alla fermentazione alcolica. Così, le condizioni atmosferiche esterne giocano un ruolo fondamentale nell’evoluzione del Vin Santo: il freddo rallenta le fermentazioni, mentre il caldo le reattiva fino ad un ritmo più frenetico. Il vino segue dunque il corso delle stagioni per anni, come in una lunga danza immaginaria. Questo processo è anche caratterizzato da un significativo fattore di ossidazione, poiché le piccole botti, trovandosi in ambienti ventilati, tendono ad asciugare le loro doghe con l’invecchiamento, permettendo all’aria di penetrare e ossigenare il vino all’interno, influenzandone ulteriormente l’evoluzione. Naturalmente, l’impiego dei caratelli stessi gioca un ruolo determinante nel conferire attributi distintivi al Vin Santo: ogni botte è unica e possiede un proprio sistema di fermentazione.

Per quanto riguarda l’ammissibilità all’iscrizione nello Schedario Viticolo, sono considerati idonei solo i vigneti situati in collina, con orientamento adeguato, e i cui terreni, entro un’altitudine di 700 metri sul livello del mare, sono prevalentemente composti da substrati come sabbie, ciottoli, arenarie, calcare-marni o scisti argillosi. Questo territorio è ricco di antiche tradizioni vinicole, con testimonianze risalenti all’epoca etrusca e romana. Durante il Medioevo, il Chianti fu teatro di continue battaglie tra le città di Firenze e Siena, durante le quali sorsero villaggi, abbazie, castelli e fortezze, molti dei quali successivamente trasformati in ville e residenze. Fu proprio alla fine del Medioevo che la viticoltura si sviluppò ampiamente in queste terre, acquisendo gradualmente importanza economica e fama a livello internazionale.

La degustazione

Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice La Chimera 2006Castello di Monsanto

100% Sangiovese

Rosa delicato appena ramato, naso complesso di frutta tropicale disidratata, caramella d’orzo, canditi, noce moscata, erbe aromatiche, karkadè, cenni smaltati, iodati. Dolce e denso al gusto, sorretto dall’incisivo sostegno acido a smorzare la dolcezza. Vino suadente dotato di un allungo speziato da vero fuoriclasse.

Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice 2018Castello di Radda

90% Sangiovese, 5% Canaiolo, 5% Colorino

Rosa accennato, olfatto  generoso di note di caramello, uva passa, pesche sciroppate, datteri, mandorle tostate, sensazioni boisè e tocchi di smalto, cenni iodati. Piena dolcezza sostenuta da vibrante freschezza in equilibrio con la morbidezza e dal finale sapido. Mai stucchevole, bilanciato, un autentico piacere.

Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice 2018Le Filigare

100% Sangiovese

Colore splendido, ambra intenso, dispensa al naso netti ricordi di albicocche secche, datteri e mandorle, fichi secchi, miele, cenni iodati, nocino . Sorso dolce e morbido, non privo di una risoluta vena fresco-sapida ad equilibrare il palato. Intensa la persistenza con rimandi speziati, di panpepato, un tripudio di bellezza.

Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice 2014 – Tenute Squarcialupi          

100% Sangiovese

Ambra alla vista, luminoso, generoso all’olfatto con le note intense nelle note di albicocca disidratata, pesca allo sciroppo, miele di castagno, cenni salmastri, agrume candito, soffi iodati, di dattero. Avvolgente dolcezza, denso, con notevole massa glicerica ma con vitale vena acida, rispetta l’asse naso-bocca, finisce lunghissimo con una fresca scodata iodata.

Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice 2011Melini

80% Sangiovese, 8% Malvasia, 8% Trebbiano, 4% San Colombano

Rosa tenue con tocchi ruggine, una nota smaltata porta profumi di nocciole tostate, tamarindo, barrette al sesamo, miele di castagno, sprazzi di goudron. Equilibrato al gusto, ha dolcezza e fresca acidità ben amalgamate. Chiude su toni di frutta secca e su una decisa scia minerale.

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