Lemì
Valutazione
Pregi
- Utilizzo intelligente di materie povere del territorio.
Difetti
- Poca attenzione ai dettagli.
- Tempi di attesa migliorabili.
- Il passaggio attraverso le cucine per la sala esterna.
L’estensione della Puglia la misuri quando ti capita di arrivare fin qui, così a sud, così ad est. Tricase è pietra ed argilla a comporre strade, abitazioni e monumenti. Poi c’è anche la propaggine sull’acqua, quel piccolo porto senza spazi tra i pescherecci. Privo di aiuti, fatichi a trovarlo il ristorante anche per quelle quattro lettere, poco visibili, dipinte ed incorniciate sulla ceramica ora poggiate su una sedia all’ingresso, come a riposare. La prima sala ha il respiro della volta in pietra e il candore delle pareti bianche, poi per raggiungere il cortile, si dovrà curiosamente passare per la cucina, ad agosto particolarmente ingombra ed indaffarata.
Lemì e il suo chef-proprietario Ippazio Turco, fanno parte di quel Salento che tenta l’impegno per offrire qualcosa in più di quel minimo che spesso a queste latitudini appare come l’unica scelta. Qualcosa forse ora qui si è dovuto ridisegnare rispetto ai furori iniziali, però resta un posto da venire a cercare, specialmente se lo si riesce a fare in quegli altri undici mesi all’anno in cui tutto scorre a ritmi non più dannati.
L’inizio, inganno dell’attesa, è quello che ti aspetti e che ricordi con piacere. I due micropanini ad esempio. Di terra e di mare parlano entrambi di questi luoghi. C’è la cicoria con il peperoncino verde e il profumatissimo capicollo di Martinafranca, e c’è anche il polpo con la stracciatella e le olive nere. Dopo sarà un sandwich, ma sono due filetti di sardina a farsi pane per contenere la ricotta al finocchietto. Infine una mattonella in pietra su cui appaiono il sauro bianco e quello scuro. Il primo, quasi assoluto, con la necessità dei soli profumi del timo e della nepitella, l’altro con un robusto pesto cetarese come a cucinarlo.
Non convincono gli antipasti, intriganti alla lettura ma eseguiti con poca precisione. Le triglie soffrono nella corazza della pastella pugliese e scontano una frittura un po’ greve, che le fave e la cipolla di Tropea non riescono a farti dimenticare. E le seppioline ripiene promesse in carta si palesano in un’unica seppia, di dimensione generosa, con all’interno un fondente di formaggio con la cicoria, che avremmo preferito meno addensato ed ingombrante.
Primi piatti ben eseguiti, con bei fondi sapidi e decisi. Prima uno spaghettone pallido di pomodorino, dove i coralli del riccio sono mantecati con una maioneseLa maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi di calamaro di una corretta fluida densità, e poi una versione pop con sarde e mollica di pane, in una salsa di finocchietto selvatico che si annuncia con il suo profumo.
Dessert semplificati da pasticceria comune, come la macedonia di frutta sulla quale alloggia un anonimo gelato alla camomilla o la torta salentina con mandorle e ricotta in forma di muffin.
Qualche distrazione -rispetto ai ricordi- amplificata inevitabilmente dagli affanni agostani. Tempi di attesa perfettibili, servizio in sala migliorabile come presenza ed attenzione al cliente, oltre una maggiore cura necessaria per alcuni dettagli (la presentazione della carta, l’accoglienza all’ingresso…).
La sala esterna, un cortile con accesso dalla cucina.
Piccoli panini: stracciatella, polpo, olive nere e pomodorino; cicoria, peperoncino verde e capocollo di Martina Franca.
Sulla pietra un sandwich di sardina con ricotta e finocchietto selvatico.
Sauro bianco con timo e nepitella. Sauro scuro ripieno di pesto cetarese.
La busta del pane caldo.
Seppioline ripiene di cicoria e fondente di formaggio locale, il suo nero e maionese di alici (senza uova).
Pettole di triglie, fave ed emulsione di cipolla di Tropea.
Spaghettone con corallo di ricci, peperone verde e acqua di calamaro.
Pasta con le sarde alla salentina e succo di finocchietto selvatico.
Emulsione di cocco, insalata di frutta e gelato alla camomilla.
Torta salentina, mandorle e ricotta.