San Gerolamo
Valutazione
Pregi
- Una cucina che non ha paura di osare.
- Una cantina con alcune perle.
Difetti
- Mettete dei fiori nei vostri piatti è una hit (grazie al cielo) superata.
Che il mondo della gastronomia, e ancor più nel dettaglio della ristorazione, siano attualmente sotto i riflettori non è che un banale dato di fatto. Come sempre accade, però, il fenomeno presenta oscillazioni notevoli, per cui un ristretto nugolo di chef giovani e meno giovani catalizza su di sé la quasi totalità dell’attenzione mediatica mentre in molti, spesso altrettanto meritevoli, si ritrovano ad annaspare in un immeritato semi-anonimato.
Negli anni passati avevamo avuto modo di parlare, e assai bene, del San Gerolamo di Vercurago quando in questo ristorante d’albergo, a due passi dal manzoniano castello dell’Innominato, operava il duo formato dal giovane ma veterano Stefano Binda e dal figlio dei proprietari dell’hotel, Luca Dell’Orto. Dopo una breve chiusura, con conseguente rimescolamento di carte, Binda si è sistemato nei paraggi al Dac a Trà e le porte del ristorante San Gerolamo si sono da un po’ di tempo riaperte agli ospiti esterni. Dell’Orto, che oltre ad esperienze fresche nelle cucine del St. Hubertus e dell’Antica Osteria del Ponte vanta un passaggio anche in quelle della trattoria Giorgio Bianco di Vonnas, è ora da solo alla guida dell’ammiraglia di famiglia.
Il locale è entrato da pochissimo a far parte dell’associazione Slow Cooking, una piccola realtà con centro in Valtellina e che riunisce un ristretto gruppo di ristoratori accomunati da un’estrema attenzione ai prodotti locali e al recupero di alcune tradizioni quasi dimenticate. Il perfetto riassunto dell’esperienza francese e dell’appartenenza all’associazione per Dell’Orto è un pollo ruspante, di provenienza locale (Galbiate, a pochissimi chilometri), cucinato con patate e funghi all’interno di una sorta di archetipico girarrosto. Il “come una volta” della cottura si completa con una sauce à la crème con una nota di fegato grasso ad impreziosire le carni.
A fare da contrappeso ad una preparazione tanto classica e opulenta c’è praticamente tutto il resto di una carta che si muove fra pesce di lago, carni e ortaggi parlando l’idioma corrente con dimestichezza e proprietà di linguaggio, anche se talvolta i risultati rimangono inferiori alle aspettative per colpa dei dettagli.
L’animellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi d’agnello con nero di seppia, salsa alle ostriche e lamelle di funghi è un piatto apprezzabile ma penalizzato da una salsa scarsamente concentrata e di consistenza grossolana, nonché da una panatura lievemente troppo spessa.
La crema di broccoli con calamarata, missoltinoI Missoltini (in dialetto comasco e lecchese missultìtt o missultén) sono una specialità culinaria tipica del Lago di Como, particolarmente della Tremezzina. La loro preparazione è piuttosto complessa: sono agoni, pesci del lago che vengono pescati, salati ed essiccati al sole. La loro invenzione è giustificata dalla necessità della conservazione del pesce che è particolarmente abbondante nella stagione primaverile. La... Leggi e burrata rimane un tentativo velleitario di scambiare il mare e l’acciuga con il Lario e i suoi famosi agoni essiccati, assai più intensi e decisamente prevaricanti nel piatto.
Eccellente il salmerino marinato, di mirabile consistenza, accostato a rape e lingua di vitello, e notevole il risotto “fai da te” con mele cotogne, cavolfiore e burro nocciola.
Lo chef ha ancora meno di trent’anni ed è perciò a pieno titolo ancora un giovane: speriamo che il momento difficile non vada a mortificare la buona volontà che questo ragazzo sta mettendo sul campo e gli sforzi economici profusi per mantenere viva una realtà di questo tipo in una piazza difficile come quella lecchese.
Salmerino marinato, rape e lingua di vitello.
Crema di broccoli, missoltini, burrata ed eliche di pasta (in realtà ci pare calamarata).
Asparagi, limone, Schweppes, carciofi e acciuga.
Animelle d’agnello, ostriche, nero di seppia e lamelle di funghi (evidente omaggio alla recente esperienza a Cassinetta di Lugagnano).
Risotto, cotogne, cavolfiore e burro nocciola.
Convincenti i Tortelli liquidi d’ortica, latte di capra e rapanello, malgrado la temperatura a nostro modo di vedere eccessiva del latte, che avremmo visto meglio tiepido che caldo.
Asparagi, blu di bufala (bergamasco!), lardo e liquirizia. Esperimento sulle persistenze, non in carta. Da ribilanciare. Elementi eleganti e grevi per un effetto montagne russe più eccentrico che carico di effetto.
Guarda, papà, un pollo!
Petto o coscia?
Facciamo tutti e due!
Caffè e camomilla, praticamente il dilemma dell’insonne: azzardato ma centrato.
Terrina di mele ed ananas, gelato al cardamomo, salsa al corbezzolo. Ottimo.
Un francese con la puzza sotto al naso. Se siete curiosi rispetto al vino lasciatevi condurre fuoricarta e troverete molti sfizi come questo.
Ti avevo anticipato nella scoperta!!! Cin fuori carta e a presto, Miky
Nel senso che ci sei stata prima del 2008? :) A presto!