Passione Gourmet Enrico Bartolini Archivi - Pagina 5 di 6 - Passione Gourmet

“Lo Spirito del Tempo”: Bottoni di olio e lime con salsa cacciucco e polpo alla brace

Chef Enrico Bartolini

Lo Spirito del Tempo, Chef Enrico Bartolini, Distillerie Bocchino

 Lo Spirito del Tempo, Chef Enrico Bartolini, Distillerie Bocchino

Nuovo appuntamento con il progetto che Passione Gourmet ha in collaborazione con la storica Distilleria Bocchino di Canelli (AT).

Durante i nostri quotidiani e golosi viaggi alla ricerca dell’eccellenza ogni mese assaggiamo in media oltre 150 piatti, dai più creativi ai più tradizionali. Il nostro è quindi un osservatorio privilegiato che indaga e studia costantemente l’evoluzione e i cambiamenti dell’alta cucina che tanto amiamo.

In omaggio alla filosofia aziendale della Distilleria Bocchino, un brand che ha radici antiche, ma che si propone oggi con un’anima moderna e attuale, ogni mese decreteremo il miglior assaggio fra tutti quelli effettuati premiando il piatto che avrà saputo tradurre una ricetta storica della tradizione culinaria italiana attraverso un’interpretazione creativa, nuova e contemporanea.

Da gennaio a settembre assegneremo mensilmente a 9 chef e ai loro piatti il premio “Lo Spirito del Tempo”. Tra tutti coloro che saranno premiati in questi mesi ne sceglieremo 3 che saranno protagonisti di una serata di Gala a novembre, occasione in cui ad uno solo di essi verrà assegnato da una giuria di giornalisti e appassionati gourmet il Premio finale “Lo Spirito del Tempo 2014” by Distilleria Bocchino.

Leggere qui il premio del mese scorso

Lo Spirito del Tempo, Chef Enrico Bartolini, Distillerie Bocchino

Siamo al terzo verdetto, quello di marzo: tra tutti gli assaggi effettuati nel mese appena trascorso, vince il premio “Lo Spirito del Tempo” by Distilleria Bocchino il piatto “Bottoni di olio e lime con salsa cacciucco e polpo alla brace” dello Chef Enrico Bartolini del Ristorante Devero di Cavenago di Brianza (MB).

Un talento vero quello di Bartolini, che nella cucina del suo Devero sorprende attraverso la raffinatezza e l’eleganza anziché roboanti effetti scenici, proponendo voluttuosi equilibri in luogo di contrasti marcati, riuscendo a trovare il giusto spazio e a far coesistere tanto le rotondità quanto le sensazioni più marcate. Il piatto da noi scelto è un esempio lampante di questo suo stile.

Bottoni di olio e lime con salsa cacciucco e polpo alla brace

Lo Spirito del Tempo, Chef Enrico Bartolini, Distillerie Bocchino, Bottoni di olio e lime con salsa cacciucco e polpo alla brace

Un grandissimo piatto di pasta ripiena in cui a stupire è la concentrazione del brodo di cacciucco. Esso viene poi ulteriormente amplificato quanto ingentilito rispettivamente dalla grassezza e dall’acidità dell’emulsione di olio e lime che funge da ripieno dei bottoni. A donare callosità e ulteriore aromaticità provvede poi il polpo cotto alla brace, assolutamente perfetto. Vero yin e yang gastronomico tra il gourmet e il gourmand, questa creazione mantiene una notevole finezza, pur conservando i tratti “primari” del primo piatto all’italiana.

La ricetta di Enrico Bartolini

Per la pasta fresca:
1 kg farina forte, 300 semola, 260 tuorlo, 480 uovo intero, 140 olio, 80 acqua.

Per il ripieno:
1 uovo, 1 tuorlo, 100 olio oliva extra vergine, 600 olio di semi, succo di 1 lime, 3 lime zeste, 2 gr di sale.

Per la salsa:
Cacciucco tradizionale:
Canocchie
Teste e carapaci di gamberi rossi e scampi
Gallinella
Scorfano
Merluzzetti
Seppioline
Polipo (2/3 kg)
Rana Pescatrice.

Per la finitura :
Polpo cotto adagio al naturale e origano fresco.

Procedimento:

La pasta fresca impastata con macchinario elettrico si lascia riposare almeno un’ ora in frigo prima dell’utilizzo.
Si stende molto fine e ci si adagia con una sac a poche l’emulsione (in un frullatore preparare un uovo e un tuorlo, il sale, incorporare adagio come per una maionese l’olio extra vergine prima e l’olio di semi dopo. Ad emulsione ben fissa incorporare il succo di lime, la scorza).
Sopra all’emulsione di adagia un altro strato di pasta e si taglia con un cesellatore laddove il ripieno finisce senza lasciare bordi.
Si cuoce per 2 minuti in acqua appena bollente si appoggia in una fondina.
Sopra le lamelle di polpo e le foglie di origano fresco.
Si finisce il piatto con la zuppa di pesce (cacciucco) tradizionale ottenuto rosolando adagio i molluschi, poi le lische e la polpa, per ultimi i crostacei. A cottura finita si filtra e si utilizza solo il succo.

Lo Chef

Lo Chef Enrico Bartolini ha ottenuto a soli 29 anni la sua prima Stella Michelin e a 33 la seconda, riconoscimenti che con le Tre Forchette ricevute dal Gambero Rosso e i Tre Cappelli dalla guida de L’Espresso lo hanno consacrato Chef di livello internazionale.
Nel 2010 Enrico Bartolini prende la gestione del Devero Ristorante e del Dodici24 Quick Restaurant all’interno del Devero Hotel di Cavenago di Brianza a 20 minuti da Milano.
Nel febbraio 2013 è prescelto dalla prestigiosa Maison de Champagne Krug come partner nel progetto Krug en Capitale Milano, primo esempio di temporary restaurant in Italia, realizzato al 27° esimo piano del grattacielo Diamante nel nuovo quartiere avveniristico Porta Nuova.
Enrico, nel suo percorso di formazione all’estero si è distinto nelle cucine di Parigi e Londra, mentre in Italia cresce professionalmente sotto l’ala di Massimiliano Alajmo, per poi prendere in gestione il ristorante Le Robinie nell’Oltrepo’ Pavese e successivamente il Devero Ristorante in provincia di Monza Brianza.
La sua filosofia di cucina BE Contemporary Classic sta suscitando un forte interesse nel mondo della gastronomia.
È spesso raccontata come innovativa, equilibrata e meditativa.
I valori del passato e l’attualità del presente si fondono per dare vita a nuovi sapori originali e equilibrati, memorabili.

 

Ristorante Devero

largo Kennedy 1

Cavenago di Brianza (MB)

Tel. +39.02.95335268

Molti dei ristoranti a noi cari, anche tra quelli più importanti, hanno la particolarità di essere fuori mano, distanti dalle rotte più battute e in alcuni casi davvero arroccati, isolati, dispersi in qualche remota landa, quasi a voler prendere le distanze dal resto del mondo anche a livello pratico e non soltanto gastronomico.
Il Devero Hotel, invece, è l’esatto contrario. Molti tra i milanesi ed i brianzoli conoscono “di vista” questo luogo, ignorando ciò che accade tra le sue mura: lo ricordano per la forma tonda della costruzione principale o per la colorata fila di bandierine sulla sommità della stessa, o probabilmente perché tanto a ridosso dell’autostrada A4 da sembrare, a un distratto sguardo, un avveniristico Autogrill.
Proprio per questa caratteristica, da qualsiasi angolo del nord Italia sull’asse da Torino a Venezia, è uno tra i ristoranti in assoluto più comodo da raggiungere.

Chi invece conosce questo posto oltre le bandierine, sa che all’interno di quelle mura le cucine sono dirette dal talentuoso Enrico Bartolini: finito sotto le luci dei riflettori gourmet da giovanissimo, alle Robinie a Montescano (…a proposito di ristoranti dispersi…), in un crescendo verticale ha raggiunto i vertici della ristorazione nazionale, con consensi unanimi da parte di critica e clientela.
I suoi meriti però, a differenza di molte altre “crescite verticali”, sono tutti esclusivamente sul campo, la spinta mediatica nel suo caso sta a zero: l’unica concessione “esterna” al ristorante, estremamente prestigiosa, è la scelta fatta della maison Krug, che per meriti stilistici e di savoir faire ha scelto Enrico come Ambassador del proprio marchio. Praticamente assente invece da programmi televisivi e dagli scaffali delle librerie, da vero Chef il suo biglietto da visita, la sua “faccia”, sono i suoi piatti prima di ogni altra cosa.

Quella di Bartolini al Devero è l’attualizzazione dell’alta ristorazione d’hotel, che deve fare i conti prima di tutto con le esigenze di una clientela non soltanto gourmet, ma eterogenea al massimo: flessibilità estrema, orari disparati, colazioni, servizio in camera, pranzi veloci, cene di lavoro… quindi non soltanto la gestione dei coperti del ristorante principale, ma anche di quelli del bistrot Dodici24 -a servizio continuativo 12/24- e di quelli legati alle camere dell’hotel, per tutti e tre i principali pasti della giornata.
Nonostante però questo netto e radicale cambiamento nella location, da intimo ristorante della campagna pavese a struttura ad alta ricettività di clientela business, lo stile dello Chef non è cambiato, anzi: è stato plasmato e adattato alle nuove necessità lavorative, ma mantenendolo tale e quale a prima, con alcuni piatti nati alle Robinie, divenuti nel tempo immediatamente identificativi (si pensi soltanto al celeberrimo Risotto alle rape rosse e salsa gorgonzola o ancora a Patata soffice, uovo e uova), costantemente perfezionati e riproposti attualmente al Devero.

Pulizia, tecnica, eleganza, sono questi i punti salienti ricorrenti nelle preparazioni di Bartolini. Un ingegnere del gusto, che fa della precisione e del rigore le sue maggiori virtù e per questo ben riesce ad adattarsi e a soddisfare un ampio spettro di palati: sorprende attraverso la raffinatezza prima che per l’emozione, propone equilibri voluttuosi in luogo di contrasti marcati, riesce a trovare il giusto spazio e a far coesistere tanto le rotondità quanto le sensazioni più marcate, con un’armonia di raro fascino.
Una sorta di quadratura del cerchio gastronomica, che nella sua classicità è tutto fuorché banale e scontata; un classico contemporaneo, una cucina che non sconvolge il cuore né il cervello, ma che parla a entrambi simultaneamente e riesce a metterli in totale accordo.

Il primo bevenuto, un trompe l’oeil gastronomico: finto peperoncino, contenente in realtà un gambero rosso.
benvenuto, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago
Altro inganno, una meringa salata che porta al suo interno il sapore di un risotto alla milanese
meringa salata, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago
Gli eccellenti pani, serviti con il burro.
pane con burro, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Prima portata: Patata soffice, uovo e uova. La morbidezza della patata sifonata avvolge le sapidità di capperi e uova di salmone Balik. Un classicone di Bartolini, a detta di chi ne ha provati molti in una delle sue migliori versioni.
patata soffice, uovo e uova, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Dentice leggermente marinato con salsa al tè. Gran materia prima, la stessa dalla quale si ricava l’intensa maionese di pesce in foto. Sapidità marcata che tiene tese le redini del piatto, a un passo dal rischio di stucchevolezza. Bella prova di equilibrio.
dentice marinato, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Il primo dei compagni di serata: Narvaux 2010 di Roulot
meursault, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Alici di scoglio in incontro di saor e carpione. Altro gran piatto, l’unico con un’acidità netta e definita in contrapposizione alla spiccata sapidita delle alici. Quando un metodo di conservazione della notte dei tempi diviene alta cucina.
alici, saor, carpione, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Rombo scottato con salsa al pistacchio, erbe piccanti e carciofo.
rombo scottato, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Il secondo vino: Coteaux champenois 2008 Egly-Ouriet
vino, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Il signature dish: Risotto alle rape rosse e salsa gorgonzola. Il più lampante esempio di gran piatto ottenuto attraverso ingredienti tutt’altro che pretenziosi. Sublime.
risotto alle rape rosse, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Ravioli alle erbe, noci di macadamia, lepre e melograno.
ravioli alle erbe, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Sempre ottimi i bottoni olio e lime con polpo e salsa cacciucco. In meraviglioso equilibrio fra golosità e finezza, con giochi di consistenze da fuoriclasse. Il vero piatto simbolo del Bartolini post-Montescano.
bottoni di olio e lime con polpo, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Il terzo vino: Santa Cruz Mountain 1996 Ridge
vino, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Lumache con mela verde, paté di fegatini, aglio delicato. Un piatto di lumache attualizzato al 2014, con il lieve e piacevole sentore dell’aglio in ricordo alle escargot à la Bourguignonne
lumache con mela verde e patè, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Pollo arrosto con salsa allo yuzu
pollo arrosto con salsa allo yuzu, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Animelle glassate servite con latte di cocco fresco
animelle glassate, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Agnello laziale con le sue animelle e cipolle rosse cotte sui carboni
agnello laziale con le sue animelle, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Petto di Piccione al Porto con millefoglie ai grani di senape e coscette al rabarbaro
petto din piccione al porto, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Lamponi freschi e fragranti farciti di liquirizia e yogurt soffiato. Fresco, leggero e “ripulente” dessert.
lamponi freschi, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Castagna cremosa, zenzero e zabaione al whisky.
castagna cremosa, zenzero e zabaione, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza
Gli eleganti fours
elganti fours, Devero, Chef Enrico Bartolini, Cavenago, Monza, Brianza

Friday Five 14
(Mong Kok – Milano)

Quattordicesimo appuntamento con il Friday Five! Continuate a mandarci le vostre segnalazioni: brevi, incisive, precise, nel puro stile Friday Five!
Scrivete all’indirizzo fridayfive@passionegourmet.it, vi invieremo le specifiche per la compilazione e il vostro pezzo sarà pubblicato nel Friday Five!

Mong Kok

Un ristorante cinese diverso dal solito. L’ambiente è minimalista, con file di mattoni in cemento a dividere la sala e lampadine a sospensione per illuminare. I piatti sono la summa delle quattro correnti della cucina cinese. Nel menù, bilingue e scritto in parte su fogli di carta volanti, non troverete mai “involtini primavera” e “pollo alle mandorle”, ma “pentole di fuoco”, zuppe brucianti servite al tavolo in mini wok, “melanzane saltate con carne” e una golosa “anatra arrosto”, che in pratica è un’anatra laccata. Il piatto più rinomato. I pochi italiani che occupano i tavoli vengono qui (quasi) solo per lei. Il resto degli avventori sono cinesi. Allora tutto bene? Non proprio: il personale, asciutto nei modi, rasenta spesso la scortesia. Alla sera meglio prenotare perché è preso d’assalto!
(Miriam De Rubeis)

Via Padova, 3, Milano
Tel: +39.02.2613224

Melisse

Probabilmente il miglior ristorante di cucina “occidentale” di Los Angeles. Nessun volo pindarico, ma una cucina affidabile, varia e caratterizzata da un buon controllo dell’acidità: per un locale di impostazione “europea” a Los Angeles è già tanto, tantissimo. Certo, siamo nel regno della retroguardia, ma le materie prime sono buone e le preparazioni (con qualche riferimento alla contemporaneità che si ferma alla pura superficie) non le mortificano. Ambiente stereotipato, servizio alberghiero.
(Giovanni Lagnese e Valentina Nappi)

1104 Wilshire Blvd. Santa Monica CA 90401
Tel: +39.(+1)310.395.0881

www.melisse.com

Petit bistro

“Lui circospetto guarda in giro e mette via” raccontava una nota canzone del grande Jannacci. E ci pare di esser tornati alla Milano da bere dei tempi che furono, aggiungiamo.
Starlette circondate dal loro codazzo, un trittico di modelle che parla rigorosamente Inglese, un gruppo di MILF in serata libera a dar sfogo ai più bassi istinti, un tavolo di allampanati e fuori luogo clienti normali, forse giunti qui più per guardare che per mangiare.
Già perché il fil rouge della nostra serata – e la domanda che ci ha attanagliato la mente – è stata proprio questa: ma perché qui, così affollato di gente, tutti si ostinano a mangiare?
Qui non si viene evidentemente per mangiare, sennò la pizza gourmet, che è più una ciabatta arrostita e mal rigenerata o il pollo di cascina mal cotto, mal salato e, oseremmo, dire anche mal selezionato, sarebbero preparazioni saltate subito all’occhio, non solo dello scafato gourmet.
La milano da Bere è rinata, evviva!
(Alberto Cauzzi)

Via Amerigo Vespucci, 5, 20124 Milano
Tel. +39.02.89690870
www.petitbistrogroup.it

Devero

Se siete appassionati di calcio lo paragonereste a Gigi Meroni, se amate il basket è un incrocio tra Magic Johnson e Steve Nash, se siete cinefili potreste associarlo a Fernando Di Leo. Se vi piace la musica, rassomiglia- a questo punto della carriera- a un incrocio tra Charlie Parker e Frank Zappa.
Enrico Bartolini, lasciati sui colli (bellissimi) di Montescano l’impeto e l’ansia da prestazione della fase di passaggio dai 20 ai 30, ha trovato nel Devero di Cavenago la pace che deriva dalla (quasi) perfezione.
Il contesto è tra i più brutti che tocchi in sorte ai gastromaniaci, forse addirittura peggio dei 10 km di capannoni che precedono le Calandre di Rubano. Ma la successione dei piatti ripaga occhi, testa e cuore.
Se la crema di patate, uovo e uova è il classico 2.0, pronto ormai a soppiantare il riso rape e Gorgonzola, gli scampi panati con fragranza e succo di pompelmo, il manzo piemontese con lamelle di foie gras, gli asteroidali bottoni di lime e olio in salsa di cacciucco e polpo cotto alla brace ci hanno condotto ai confini dell’estasi. Per chiudere, lamponi freschi e fragranti farciti di liquirizia: divertono, seducono, spiazzano e poi ti fanno risedere. Come Bartolini.
La squadra (anzi, l’orchestra) sembra tenere il ritmo compulsivo del vocalist, come quando Lou Reed registrò a New York in presa diretta. L’empireo è ormai alla portata di Enrico. Ma lui potrebbe anche fintare e scartare di lato. Perché quel sorriso porta con sè l’imprevedibilità..
(Fabrizio Provera)

Largo Kennedy 1, Cavenago di Brianza (Monza)
Tel.: +39.02.95335268
http://www.deverohotel.it/

I Pupi

Bagheria, pochi km da Palermo. Un ristorante in cui ci si sente “a casa”: 25 coperti, clima familiare che pervade il locale senza però rinunciare ad una grande ricercatezza del menu, un mix sapiente di ingredienti che richiamano costantemente il territorio (nel senso più profondo e sentito del termine) ma rivisitati con grande maestria dallo chef Tony Lo Coco, che in compagnia della moglie Laura, delizia coloro che non a caso chiama i suoi “amici-ospiti”.
Un servizio curato, molto attento ma mai invasivo, una carta dei vini completa a prezzi finalmente ragionevoli. Il variegato crudo di pesce con sali dal mondo e oli affumicati (notevole quello alla carbonella), il raviolo di seppia cotto a bassa temperatura su crema di sedano, ripieno di crema di patate e datterino, accompagnato da uno spettacolare gelato ai ricci, la millefoglie di “Russello” (grano locale) con sarde e finocchietto (trionfo di equilibrio e sapori), la “stigghiola” di tonno (street food made in Palermo in una originale declinazione a base di pesce).
Insomma, la meta ideale per portare con sé un pezzo di questa magnifica terra bagnata dal mare e baciata dal sole.
(Marcello Stasi)

Via Del Cavaliere, 59 – 90011 Bagheria (PA)
Tel: +39.091.902579
www.ipupiristorante.it

Friday Five 14
(Lamponi freschi e fragranti farciti di liquirizia e yogurt soffiato.: un piatto di Enrico Bartolini- Devero)

520
La Toscana, come molte altre regioni italiane, non è certamente avara di angoli paesaggisticamente incantevoli, eppure solo pochissimi riescono ad eguagliare per bellezza, conservazione e pace l’alta Val d’Orcia, ossia il lembo della provincia di Siena nei pressi del Monte Amiata che verso sud va a lambire tanto l’Umbria quanto il Lazio. E’ in questo paradiso terrestre, nel comune di Castiglion d’Orcia ed in particolare nel contesto dell’ambizioso progetto di Podere Forte, che troviamo l’osteria Perillà, un luogo dove poter gustare quanto di buono arriva dal Podere stesso, ma non solo. A supervisionare il progetto c’è Enrico Bartolini, il toscano di Brianza, e non è ovviamente un caso che nella parte dolce del menù troveremo un suo classico come il Cioccolato soffice con gelato alla nocciola. Nei fatti l’attività della cucina è invece gestita da Federico Sgorbini, già al fianco dello chef di Pescia alle Robinie di Montescano e successivamente alla Fermata di Spinetta Marengo e nel parigino Taillevent, che troviamo qui coadiuvato per la pasticceria dalla compagna Vilma Masha, fulgido esempio di kalokagathia con un’esperienza a fianco di Nicola Di Lena al Pellicano che luccica dal curriculum.
Non essendo stati avvisati del cambio in corsa al timone, ci siamo ritrovati in pratica alla prima settimana di servizio del nuovo corso, assai differente da quello precedente più virato sulla tradizione, e dobbiamo dire che il risultato è già di un livello assolutamente notevole. Nel lungo menù a mano libera che abbiamo richiesto ecco preparazioni estremamente materiche, consone all’insegna, come una straordinaria focaccia con crescenza e culatello di cinta senese (a trattare i maiali del Podere è stato chiamato Sua Maestà Spigaroli), ma anche piatti da grande tavola come un paté di fegatini di cappone con pere all’anice e cioccolato e un’eccezionale cheese cake in versione toscana, con mandorle, vin santo e crumble di cantuccini. Se la cucina, secondo l’ormai abusata citazione ducassiana, è per il 60 per cento prodotto e per il 40 tecnica, bisogna dire che qui si parte decisamente avvantaggiati, ma non basta: dobbiamo fare i nostri più sinceri complimenti a questi due ragazzi per la maturità dimostrata in un lungo menù che, pur con qualche momento non all’altezza delle preparazioni migliori, non ha visto veri passi falsi ma al più ottime idee, migliorabili e già a buon punto di realizzazione.

Apertura: chips profumate al lime, dolceforte al pomodoro e cannoncini friabili alla bietola.
520
Focaccia al rosmarino bianco con olio extravergine, crescenza e culatello 36 mesi. Quasi troppo facile con quel culatello, verrebbe da dire. E ci si sbaglierebbe.

520
Paté di fegatini di cappone con pere all’anice e delicato cioccolato.

520
Insalata di rape bianche e fagiolini verdi in salsa tonnata, un piatto fresco di vocazione bistrottiera.

520
Risotto ai pomodori confit, sedano verde, pinoli ed olive. Qui ci sarebbe piaciuta un’impronta più marcata del sedano.

520
Cappone in salsa béarnaise e lamponi.

520
Cheese cake in versione toscana.

520
Cioccolato soffice con gelato alla nocciola.

520
Il gelato al miele del Podere.

520

520

520

Dov’eravamo rimasti, Enrico? Non nascondo di aver sempre avuto un debole per la cucina di Bartolini, specie, ed è ovvio, negli anni d’oro delle Robinie. Le preoccupazioni circa il trasferimento dalle strade sterrate, pure troppo sterrate, di Montescano alla trafficata, pure troppo trafficata nonostante le quattro corsie, A4 non si erano rivelate prive di fondamento. In una struttura più grande, con responsabilità tanto diverse e diversificate, non basta il talento ma serve anche un approccio differente. Non entriamo nel merito dei rapporti interni che nel giro di un anno si son venuti a creare in questa struttura alberghiera, non li conosciamo e non ci interessano direttamente, ma la nostra cena, ultima di una sequenza di visite abbastanza ravvicinate negli ultimi mesi, certifica al di là di ogni nostro legittimo dubbio, dovuto ad una breve serie di esperienze interlocutorie vissute a cavallo di quest’ultimo autunno-inverno, che il processo di ambientamento si è concluso e Bartolini è tornato ad esprimersi sui livelli che competono al suo talento. Livelli, cioè, altissimi. La sua cucina non disdegna, non lo ha mai fatto, una concentrazione talvolta persino violenta dei sapori, un procedere per tinte forti, ma sempre con la misura di chi conosce bene i propri mezzi e sa fino a quale limite spingersi. Ne sono un esempio gli straordinari bottoni all’olio e lime serviti su salsa caciucco con polpo alla brace. Pasta perfetta, l’interno è praticamente una maionese al lime che esalta il gusto di un caciucco concentrato in maniera folle. A contorno, i sentori amarognoli della brace e la callosità del polpo.

Ma procediamo con ordine. Il menù si apre con il primo colpo al cuore. Acqua tiepida di pomodoro e crema di bufala affumicata. Si prende il pezzo di pane e lo si intinge a piacimento. Semplice, essenziale, perfetto, degno del miglior Aimo.

Sempre ottima la crema di patate, uovo e uova, un classico dai tempi di Montescano.

Si prosegue alla grande con l’insalata aromatica e ostrica.

Ostrica di dimensioni A.B.Normi a condire una mistura preziosa di profumi consistenze e sapori, per una botta di iodio e freschezza.

Gran salto sulla sedia con la ventresca di tonno con salsa di peperoni, avocado, spugnola e gelatina di albicocche. Ogni elemento è riconoscibile, ma a condurre il gioco e a far da riferimento prospettico a tutto l’insieme è il grasso appena tannico del tonno.

La finezza non viene meno perfino quando il nome del piatto da questo punto di vista promette malissimo. E’ il caso degli spaghetti con gamberi, pane, olive e pomodorini, tenuti in equilibrio, in questo caso, da un uso parsimonioso di grassi che non concede ulteriore terreno alla facile golosità degli ingredienti.

L’abbinamento acqua/terra viene esaltato da questa anguilla affumicata e grigliata con torcione di foie gras, blinis e salsa al pompelmo. L’affumicatura ed il pompelmo contribuiscono al giusto bilanciamento di un piatto davvero estremo per grassezza degli ingredienti, a cui il blinis apporta anche un certo interesse mascellare.

Dopo aver constatato che il celebre risotto alle rape rosse e gorgonzola riesce ancora a sorprenderci per eleganza e maestria d’esecuzione,

ed un passaggio veloce su vivaci lumache in crosta con erbe e verdure (foto di copertina),
ci siam trovati faccia a faccia con l’unico piatto che non ci è piaciuto, ossia il primo dei due servizi dedicati al piccione, che viene abbinato ad indivia e parmigiano. Qui l’assieme è venuto meno soprattutto a causa della salsa al parmigiano, che con la sua acidità non gradevole “bucava” il piatto.

Nella preparazione più classica invece abbiamo meglio apprezzato una grande materia prima.

I progressi più evidenti, in assoluto, Bartolini ci sembra averli compiuti però sul versante glicemico. Avremo, nell’ordine, un suadente mosaico di pere con assenzio, gelato all’anice stellato, e cioccolato bianco,

seguito dalla memorabile e freschissima focaccia morbida di uva moscatella con il suo guazzetto e gelato di acetosa,

per finire su un classico di Bartolini, la crema bruciata con mirtilli ghiacciati, ciliegie e meringhe, anch’esso realizzato in maniera più convincente che in passato, soprattutto per l’equilibrio di temperature ma anche forse per il dosaggio più limitato dovuto ad esigenze di degustazione.

Insomma una grandissima cena. Attendiamo con fiducia che i livelli siano come minimo sempre questi in futuro. La mia opinione è che se solo i piatti, così come lo chef, sorridessero di più, nessun risultato sia fuori dalla portata di Enrico Bartolini.