Il territorio quale specchio dell’anima
Giungere nel remoto e affascinante Collio è come una fuga dal quotidiano che, solo dopo aver raggiunto la destinazione, può rivelarsi necessaria. Perfino l’ultimo tratto di strada sterrata presenta insidiose buche, ma la fatica e la distanza percorsa restano sensazioni che svaniscono dopo pochi minuti che si è giunti a “casa” di Antonia Klugmann.
Il ristorante L’Argine a Vencò è un rifugio ideale che per ubicazione e ambientazione diventa paradigmatico e seducente, come la cucina della sua padrona di casa: una intima visione di uno luogo pensata con ciò che di più affascinante offre la campagna circostante. Antonia ti consegna le chiavi per entrare nella sua testa e nel suo “Territorio” dove gli ingredienti sono – come afferma la sua fautrice – in movimento, e scorgere la sensibilità e la passione impiegate per dare vita a piatti dalla potenza sussurrata, dove finezza e coerenza sono pilastri che sostengono una dirompente creatività. Se ci si ferma alle apparenze si rischia di banalizzare una cucina di pensiero etichettandola erroneamente come non adatta a tutti o di non immediata comprensione. Invero è una cucina per la quale è necessario addentrarsi nelle sue affascinanti sfumature per scorgere qualcosa di bello e buono, ma soprattutto di nuovo, come quando si percorrono strade tortuose che, a prima vista, possono scoraggiare ma in verità, col tempo, sono in grado di rapirti il cuore.
Una cerniera ecologica tra territorio e stagioni
Il titolo della degustazione più esaustiva ,“Territorio: vita in movimento”, è evocativo dell’interfaccia tra le dinamiche stagionali e il paesaggio naturistico e accoglie in sé anche la dimensione emotiva dell’agente umano: la cuoca, il cui stato d’animo diventa filtro interpretativo e creativo del territorio stesso.
I piatti che si susseguono hanno un numero limitato di ingredienti, con una definizione molto netta di sapori. Si va dalla raffinata interpretazione della tradizione friulana attraverso un omaggio – sostenibile – alla “panada”, zuppa regionale povera e poco nota, in cui una semplice fetta di pane raffermo diventa un piatto sorprendente: viene ammollato prima in un acqua aromatizzata ai semi di finocchio e poi tostato creando un contrasto riuscitissimo croccante-morbido-liquido senza particolari stratagemmi sulle consistenze. Un’intuizione che esalta ingredienti quotidiani, intrecciando memoria, idee e innovazione. Altri colpi d’ala, distinti tra loro nella fermezza dei sapori, sono i Ravioli ripieni di bollito di lingua, sambucoIl sambuco è un genere di piante tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Caprifoliacee, che la moderna classificazione filogenetica colloca nella famiglia Adoxaceae. I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica. Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante che è molto usata in Tirolo, in Carnia... Leggi, maionese
La maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi al dragoncello, dal costrutto e leggerezza più affini ad un antipasto, dal gusto più rotondo, e l’Asparago bianco, ravioli di prugna e formaggio di fossa, dove tutta la personalità della Chef triestina svetta in un brio di spinte agrodolci e amare con un assaggio combinato finale dal gusto centratissimo. E se dei sorprendenti Fusilli, lattuga romana, ostrica e ruta (un’insalata di pasta!) ne abbiamo ampiamente parlato in altre situazioni l’anno scorso, quest’anno sottolineiamo anche il livello del reparto dolciario con l’elegante e goloso pre-dessert Fiori di acacia, crema chantilly e la Zuppa di fagioli dell’occhio, nespola, carruba e rosmarino, un dolce-non dolce a metà strada tra il Giappone e Fulvio Pierangelini.
La Klugmann ormai viaggia da anni su un livello d’eccellenza con una certa autorità e sicurezza, ma la cosa interessante è che intravediamo ancora margini di miglioramento.
In sala, in gran parte al femminile, troviamo il garbo di Veronica Kriznic e l’erudizione enologica di Roberto Stella, a disposizione del commensale per un interessante abbinamento di vini autoctoni che accompagna degnamente l’intera degustazione.
Da menzionare, per gli ospiti che usufruiranno delle poche camere del ristorante, l’elegante colazione con tante prelibatezze locali quali yogurt delle Valli del Natisone, frutta fresca, miele, confetture, burro francese, torte fatte in casa, formaggi locali, salumi di Cormons e uova strapazzate. Una delle migliori colazioni gourmet che si possano trovare in Italia.
IL PIATTO MIGLIORE: Pane ammollato e arrostito, estratto di semi di finocchio.
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