Imàgo

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

17,5/20

PREGI
Il coraggio della romanità in una cucina internazionale e d’hotel.
I dolci di Luca Villa: ancora una volta una conferma.
DIFETTI
Una lieve disomogeneità stilistica nella sequenza dei piatti.

La romanità colta di Andrea Antonini

Romano, anzi di più, romanesco. Alla cucina professionale Andrea Antonini ci arriva non per diletto ma per necessità e, autodidatta, si forma da solo, studiando sui libri di cucina che oggi colleziona, e inanellando esperienze fortuite e fortunate come quella da Quique Dacosta e a El Celler de Can Roca. Quindi torna in Italia da Crippa per poi diventare, a soli 27 anni, lo Chef del ristorante Imàgo, all’interno dell’hotel delle vacanze romane per antonomasia, ovvero l’Hassler, di proprietà degli albergatori svizzeri Wirth

E qui la cucina di Antonini si fa “miracolo all’italiana”: in un hotel cui la lingua ufficiale è l’American-English lui riporta la romanità più sprezzante ancorché colta: come l’idioma e l’indole di un romano che ha studiato a Oxford e ad Harvard e si concede ora il lusso della sua natura enfatizzandone pure, e con gusto, le più colorite inflessioni. Così la sua cucina se ne frega della dizione e del belcanto, facendosi ora più efficace fino al climax della pasticceria, quasi naïf, di Luca Villa, tanto che verrebbe da dire che gli si perdona tutto, a questa cucina, compresa l’ondivaga posizione sul sale che costituisce invero l’unico interrogativo, e comunque liminale.

Abitare significa essere abitati

Andando per ordine, bella la tattile polposità di Piselli e caviale, che spicca tra gli antipasti per freschezza e consistenza e infonde audacia e ambizione ai virginali pisellini che sposa al caviale Oscietra per tramite di una gelatina di altri baccelli verdi in cui affondare il cucchiaio. A proposito di affondi, però, la prima vera stoccata è data da un piatto di agreste, solenne bontà: Agnello, latte e fieno, un trompe-l’œil delle campagne viterbesi in cui la carne, servita cruda, viene frollata tre settimane, marinata con l’aceto di fieno e rifinita con la sua pelle croccante sulla sommità mentre, alla base, duettano la riduzione del latte di pecora e l’infuso di fieno.

Si continua quindi col servizio del Pane, che è piatto a sé stante col burro salato e il “miele” di pane (chiediamo venia per l’assenza della foto), e, sempre sulla scia del lievito e del latte, arrivano i primi, tra cui il saporosissimo Pasta, burro e Parmigiano che è un virtuosismo avvitato sulla sapidità dei ditalini cotti in brodo di pollo e croste di Parmigiano e mantecati con burro affumicato e Parmigiano, ancora, 120 mesi. Troppo? Forse, ma arrivano a bilanciare puntuali le note amaricanti e medicinali di cedro e salvia. Il sipario dei secondi s’apre quindi col piatto migliore, un Branzino porchettato di struggente delicatezza nonostante i chiari rimandi ad Ariccia: una millefoglie di filetti di branzino aromatizzati con erbe secche e polvere di cotenna soffiata e, a rifinire, un impossibile fondo bianco e bruno di branzino e costine arrosto.

Si chiude coi dolci di Luca Villa che affronta le stagioni dell’uomo e della natura con una particolare urgenza di verosimiglianza: nel virginale, bambinesco Fiori e fiori lo sciroppo di sambuco, i fiori d’arancio, la granita di acqua di riso e il suo distillato insieme con la spuma di tè al gelsomino affrescano un quadro di inusitata, primaverile bellezza, mentre il più cerebrale Mandorla, anguria e olive taggiasche nella sua complessità dolce/salata/amaro/rancida è in grado di alludere, tra le altre cose, perfino all’imminente fine dell’estate.

Il tutto servito sopra alla scalinata di Trinità dei Monti coi due campanili della chiesa omonima tanto vicini che sembra di toccarli e, dirimpetto, il tramonto che dilaga sulla Città Eterna. Dettagli? Per nulla, giacché abitare significa essere abitati e la cucina di Antonini ne è la perfetta dimostrazione.

IL PIATTO MIGLIORE: Branzino in porchetta.

La Galleria Fotografica:

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

1 Comments

  1. Alessandro ha detto:

    Non sono d’accordo sul punteggio che avete attribuito.
    Per me Imago è in forte crescita e non può essere uguale all’ultima recensione.
    In più non capisco proprio cosa intendete con il difetto che avete citato!

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

17,5/20

PREGI
Il coraggio della romanità in una cucina internazionale e d’hotel.
I dolci di Luca Villa: ancora una volta una conferma.
DIFETTI
Una lieve disomogeneità stilistica nella sequenza dei piatti.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menu degustazione a 210€

Prezzo medio alla carta 180€

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