Passione Gourmet Acquolina - Passione Gourmet

Acquolina

Ristorante
via del Vantaggio 14, Roma
Chef Davide Lippi
Recensito da Alfonso Isinelli

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una cucina contemporanea declinata sulla cultura gastronomica del Mediterraneo.
  • Il servizio del pane con il buonissimo burro Garum.

Difetti

  • Un servizio fin troppo affettato rispetto alla dinamicità della cucina.
Visitato il 03-2023

Il Mediterraneo crocevia della cucina di Daniele Lippi

Prendere come punto di riferimento il Mar Mediterraneo, i popoli e le culture che vi si affacciano, mettendo in primo piano, attraverso le contaminazioni, quello che li unisce, è un percorso rischioso, anche in ambito gastronomico, visti i tempi che corrono, che potrebbe sfociare nella retorica. Daniele Lippi, Chef del ristorante Acquolina del First Place Hotel a Roma, se lo è posto come obiettivo e i suoi menù che del viaggio lungo le nostre acque e terre sono riferimento esplicito fanno capire come il percorso abbia raggiunto una centrata maturità, nonostante gli appena trent’anni di Lippi. Il menù “Periplo” è fondamentalmente dedicato al mare, mentre “Anabasi/Catabasi” è un movimento non solo fisico, ma anche di ricerca e pensiero all’interno delle culture, non solo di costa ma anche di terra del Mediterraneo. A partire già dal burro che introduce, insieme ad un buon pane di grano duro, la cena. Ispirato allo smen marocchino fermenta per 20 giorni in un’anfora di terracotta, che viene portata al tavolo, con aggiunta di un garum home made di sardine e alici. Un perfetto preludio al pasto.

Una cucina originale e dialettica

Un pasto che convince, sorprende, senza però utilizzare inutili orpelli, ma sempre mettendo in primo piano la materia prima. In Topinambur, per esempio, il primo impatto visivo e olfattivo è quello di un classico della romanità: il carciofo alla Giudia. E lo è infatti, con l’unica differenza che è quello di Gerusalemme, completato da una salsa ricavata dalle sue bucce e dal classico trito di mentuccia, aglio e prezzemolo: un magnifico gioco tra croccante e amaro. E alla stessa categoria va iscritto lo Spaghetto in estrazione di rosa canina, servito con basilico e Parmigiano Vacche Rosse 30 mesi, che verticalizza le acidità di un grande classico come lo spaghetto al pomodoro, nelle cui vesti si presenta. Ma non si possono non citare il dialettico matrimonio tra Triglia e cuori d’anatra, esaltato dal ginepro e il nuovo Spaghetto di mais torbato, dove alla mantecatura con burro al whisky (il Segretario di Stato della Distilleria Poli), si aggiungono ricci di mare e porro bruciato, con le note terrose ad esaltare iodio e dolcezza. Cosa che riesce meno alla combinazione tra Seppia, con il suo nero, e capriolo, che alla fine rischia di essere solo un gioco di consistenze.

Un piccolo appunto va mosso alla carta dei vini, fin troppo classica rispetto alla dinamicità della cucina, così come il servizio, fin troppo inappuntabile nella continua ricerca della briciola sul tavolo, che non disturberebbe affatto anzi sarebbe integrata alla cucina di Lippi, che in giorni di spesso trite e sterili polemiche su cosa sia e dove vada la cucina italiana, tra tradizioni tradite o mai esistite, è assolutamente da provare come dimostrazione di quanto sia ancora vitale.

IL PIATTO MIGLIORE: Topinambur.

La Galleria Fotografica:

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