Passione Gourmet Nostrano - Passione Gourmet

Nostrano

Ristorante
piazzale della Libertà 7, Pesaro
Chef Stefano Ciotti
Recensito da Gianluca Montinaro

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La cucina, matura e di valore.
  • La cura del servizio.

Difetti

  • L’assenza di un parcheggio riservato.
Visitato il 01-2023

La sfera e il cubo

Troneggia, giusto lì, in mezzo a una fontana, a una manciata di metri dal ristorante, in tutta la sua imponenza, una delle Sfere (1998) del celebre scultore Arnaldo Pomodoro (1926). A un primo sguardo la sua bronzea superficie appare liscia e levigata. Poi, camminandoci intorno, ci si accorge come essa sia, a tratti, ‘sgretolata’, mostrando il proprio interno: un composito insieme di ruote dentate e ingranaggi cubici, costruito secondo immaginarie rette perpendicolari e angoli di 90°. La suggestione avanzata dal noto artista non potrebbe essere più esplicita: dentro ogni realtà, anche quelle in apparenza più ‘semplici’, più rotonde, si celano sempre meccanismi complessi, che sfuggono a occhi disattenti o, peggio, ignoranti. Ecco, la similitudine fra la Sfera pomodoriana e la cucina di Stefano Ciotti ben coglie lo spirito della proposta che si può gustare al Nostrano (elegante insegna che lo Chef di origine romagnola ha aperto, insieme alla sua compagna, nel luglio del 2015, sul lungomare di Pesaro): piatti che all’apparenza si presentano privi di asperità, ma che in realtà nascondono, dietro la loro fittizia linearità, inaspettati affondi e complesse articolazioni. Ciotti, che è cuoco di solida formazione classica (fra i suoi maestri si annoverano Vincenzo Cammerucci, Alfonso Iaccarino e Gianfranco Vissani), sfugge l’improvvisazione. E ha ben imparato tanto a cogliere l’espressività dei singoli ingredienti quanto a orchestrarne la loro armonia nell’abbinamento. Sicché nulla è fuori posto nei piatti di Ciotti che, non scevri di uno ‘stiloso’ appeal estetico e a di un invitante profilo aromatico, viaggiano sicuri secondo consolidate declinazioni gustative, sorretti da ottima tecnica e da una buona materia prima, perlopiù di provenienza locale. Anche l’assai centrata linea d’ispirazione di questi ultimi anni trae linfa dal territorio ‘marchignolo’, con le sue molteplici tradizioni ‘mare e monti’, incrociando – per esempio – lo iodio dell’Ostrica alla dolce grassezza di una maionese emulsionata al ciauscolo, o la morbida sapidità di una Spigola alla clorofilla di carciofi e prezzemolo.

La complessità del piatto

Una bella classicità, attuale e contemporanea, pare dominare nei piatti di Ciotti: il Rombo è accompagnato a un sugo di gambero e a una salsa bernese al Parmigiano (mentre la sua corona – secondo uso uliassiano – è proposta gratinata a parte) e la francesizzante Crépinette di agnello è ricondotta sulle rive adriatiche con la sua spalla in fricassea e la sua coratella in padella, proposta su una tartelletta di chips di topinambur. A vivacizzare ulteriormente le pietanze, senza essere però né ridondanti né stucchevoli, ecco qua e là alcuni azzeccati spunti fusion (perlopiù orientali): il sontuoso fegato grasso – per esempio – è arrostito alle spezie (secondo una ricetta che Ciotti già proponeva ai tempi del suo Vicolo Santa Lucia, locale cattolichino con il quale conquistò i suoi primi importanti riconoscimenti) mentre le golose mazzancolle sono accompagnate da uno «sciroppo all’orientale» a base di porcini, soia e miso e ‘nascoste’ da una doppia spuma: di patate e di porcini e mandorle, quasi a ricreare il simbolo della dualità yin e yang. A dilatare ulteriormente le percezioni gustative delle pietanze anche alcune modulate sottolineature acido-aromatiche, date dagli agrumi, spesso usati insieme agli elementi crudi di pesce (Fusilli mantecati al cavolo nero, crema di canocchie e canocchie crude, limone alla brace; il già citato Carpaccio di branzino crudo, tipo shabu shabu, con carciofo cotto in brodo di pesce e carciofo, crema di prezzemolo, lime e aglio nero), come pure tocchi di tannica amarezza, fornite da elementi vegetali (cardi, carciofi…).

Di pari livello sono pure i dolci (ottimi tanto la Tarte tatin di pere con noci pecan quanto il Cremoso al cioccolato al latte) che ‘dolcificano’ il fine pasto con centrato carattere: senza essere – quindi – né ‘dolci non dolci’ né fastidiosamente zuccherini. La carta dei vini, seppur non vastissima, propone un considerevole numero di etichette che spaziano dalla Italia alla Francia, con alcune piccole digressioni in Austria e Germania. Di gran classe il servizio che, grazie ai giovani Ion Chelici e Stefany Piga, gira alla perfezione, con sorriso e cortesia.

IL PIATTO MIGLIORE: Rombo con sugo di gamberi e salsa bernese al Parmigiano Reggiano, la sua corona gratinata.

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