Valutazione
Pregi
- L'atmosfera quasi unica del locale in qualsiasi momento della giornata.
- Un servizio di sala premuroso e delicato.
- Una cucina autoriale divertente.
Difetti
- Il parcheggio coincide con quello della spiaggia, per cui è arduo trovare posto.
Un ciak sul mare
L’effetto sorpresa davanti a quella finestra è già di per sé magico. Un mare che gradualmente mostra il suo carattere, a tratti anche irriverente, davanti a chi siede in questo luogo carico di fascino. Il bianco e l’azzurro a fondersi insieme nell’espressione di quel Mare Adriatico che si staglia di fronte. Al colpo scenografico si affianca la concretezza dei piatti del nuovo menu del Clandestino, firmato da uno degli interpreti del mare più brillanti d’Italia: Moreno Cedroni, oggi regista gastronomico.
Vetrate ampie a correre lungo la sala, dritte, precise. Tranne una. Giusto all’angolo, si interrompe nella forma, ma non nella sua essenza, ossia rivelare che cosa c’è dietro quel mare apparentemente conosciuto ma che, in forma e diversa angolazione, rivela un lato tutto suo, personale. Una metafora di quello che la cucina di questo brillante cuoco ha saputo costruire in questi anni alla Madonnina del Pescatore, qui al Clandestino, e persino in veste smart da Anikò: raccontare il nuovo, indagando la multidimensionalità dell’ingrediente stesso. Così i grandi classici del film segnano il passo dei piatti che sfilano in una sequenza brillante per tecnica e l’elegante delicatezza dei sapori della magnifica baia di Portonovo.
Un percorso segnato da film, aneddoti, richiami
Il gazpacho con ricciola, melone, rafano e uova di pesce volante si pone come firma del suo autore, comprendendo le diverse nuance a segnare la texture di questo pesce. Un inno alla dolcezza chiuso in un quadro ispanico con il gazpacho, dove il finocchietto balsamico in chiusura, riporta ben saldo alle origini marchigiane la cui la tradizione del luogo impiega sulla materia ittica. I pomodori verdi fritti con capesante, brodo di fichi e burrata rappresentano forse il piatto tecnicamente più difficile: un labirinto in cui Cedroni conduce per mano il cliente fino all’uscita, lasciandolo di stucco per alternanza di temperature materiche. Il pomodoro verde, nella sua succulenza sugosa, viene ingabbiato dalla camicia della frittura leggera grazie alla semola. Bocconi che si schiudono abbracciando la sontuosità della burrata, la fondente carnosità da cruda della capasanta e la sorprendente concentrazione, di cui Cedroni ne è maestro, dello stesso bivalve, ora però anche essiccato. Infine, il riso ai tre sughi, pesto di alghe, frutti di mare, funghi e mango fermentati. Il risotto che nella storia del Clandestino fino ad oggi mancava all’appello, dopo otto anni eccolo comparire quasi provocatoriamente, come il film al quale è legato: Big Night. Il riso, cotto nel brodo di porcini fermentato si spende in tutta la sua carica terrosa agganciandosi alla spinta iodata del pesto di alghe. Dalla terra al mare, il passo è vicino, quasi come il rischio del bilanciamento. Cedroni azzarda, poi, con la mousse di mango fermentato donando quella dolce acidità che al piatto mancava per completarsi nella sua efficace realizzazione. Fossero stati tutti così i mari e monti!
Volti verso il mare, dando le spalle a quella sala che nella sua profonda, ma mai manieristica o pesante professionalità, dona il vero e proprio quid all’esperienza del Clandestino, concludiamo la proiezione. Questo è infatti uno di quei rari casi dove fino all’ultimo il cliente non sa quale piatto attendersi (grazie anche al trovarsi di spalle, rispetto alla sala). La sorpresa nell’amplificazione sensoriale del piatto (senza scorgere tra gli altri tavoli) magnificamente si esplica sino al loro arrivo a tavola. Un percorso segnato da film, aneddoti, richiami. Una pellicola che, ancora una volta, affacciati sul quel mare, vorremmo tanto rivedere.