Valutazione
Pregi
- Il coraggio della romanità in una cucina internazionale e d'hotel.
- I dolci di Luca Villa: ancora una volta una conferma.
Difetti
- Una lieve disomogeneità stilistica nella sequenza dei piatti.
La romanità colta di Andrea Antonini
Romano, anzi di più, romanesco. Alla cucina professionale Andrea Antonini ci arriva non per diletto ma per necessità e, autodidatta, si forma da solo, studiando sui libri di cucina che oggi colleziona, e inanellando esperienze fortuite e fortunate come quella da Quique Dacosta e a El Celler de Can Roca. Quindi torna in Italia da Crippa per poi diventare, a soli 27 anni, lo Chef del ristorante Imàgo, all’interno dell’hotel delle vacanze romane per antonomasia, ovvero l’Hassler, di proprietà degli albergatori svizzeri Wirth.
E qui la cucina di Antonini si fa “miracolo all’italiana”: in un hotel cui la lingua ufficiale è l’American-English lui riporta la romanità più sprezzante ancorché colta: come l’idioma e l’indole di un romano che ha studiato a Oxford e ad Harvard e si concede ora il lusso della sua natura enfatizzandone pure, e con gusto, le più colorite inflessioni. Così la sua cucina se ne frega della dizione e del belcanto, facendosi ora più efficace fino al climax della pasticceria, quasi naïf, di Luca Villa, tanto che verrebbe da dire che gli si perdona tutto, a questa cucina, compresa l’ondivaga posizione sul sale che costituisce invero l’unico interrogativo, e comunque liminale.
Abitare significa essere abitati
Andando per ordine, bella la tattile polposità di Piselli e caviale, che spicca tra gli antipasti per freschezza e consistenza e infonde audacia e ambizione ai virginali pisellini che sposa al caviale Oscietra per tramite di una gelatina di altri baccelli verdi in cui affondare il cucchiaio. A proposito di affondi, però, la prima vera stoccata è data da un piatto di agreste, solenne bontà: Agnello, latte e fieno, un trompe-l’œil delle campagne viterbesi in cui la carne, servita cruda, viene frollata tre settimane, marinata con l’aceto di fieno e rifinita con la sua pelle croccante sulla sommità mentre, alla base, duettano la riduzione del latte di pecora e l’infuso di fieno.
Si continua quindi col servizio del Pane, che è piatto a sé stante col burro salato e il “miele” di pane (chiediamo venia per l’assenza della foto), e, sempre sulla scia del lievito e del latte, arrivano i primi, tra cui il saporosissimo Pasta, burro e Parmigiano che è un virtuosismo avvitato sulla sapidità dei ditalini cotti in brodo di pollo e croste di Parmigiano e mantecati con burro affumicato e Parmigiano, ancora, 120 mesi. Troppo? Forse, ma arrivano a bilanciare puntuali le note amaricanti e medicinali di cedro e salvia. Il sipario dei secondi s’apre quindi col piatto migliore, un Branzino porchettato di struggente delicatezza nonostante i chiari rimandi ad Ariccia: una millefoglie di filetti di branzino aromatizzati con erbe secche e polvere di cotenna soffiata e, a rifinire, un impossibile fondo biancoI fondi bianchi sono preparati con ossa di carni bianche (pollame e vitello) e lische di pesce. I succhi ottenuti dalla rosolatura vengono sfumati (spesso con una componente alcolica) e fatti ridurre in casseruola fino alla densità desiderata del fondo bianco.... Leggi e bruno di branzino e costine arrosto.
Si chiude coi dolci di Luca Villa che affronta le stagioni dell’uomo e della natura con una particolare urgenza di verosimiglianza: nel virginale, bambinesco Fiori e fiori lo sciroppo di sambucoIl sambuco è un genere di piante tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Caprifoliacee, che la moderna classificazione filogenetica colloca nella famiglia Adoxaceae. I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica. Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante che è molto usata in Tirolo, in Carnia... Leggi, i fiori d’arancio, la granita di acqua di riso e il suo distillato insieme con la spuma di tè al gelsomino affrescano un quadro di inusitata, primaverile bellezza, mentre il più cerebrale Mandorla, anguria e olive taggiasche nella sua complessità dolce/salata/amaro/rancida è in grado di alludere, tra le altre cose, perfino all’imminente fine dell’estate.
Il tutto servito sopra alla scalinata di Trinità dei Monti coi due campanili della chiesa omonima tanto vicini che sembra di toccarli e, dirimpetto, il tramonto che dilaga sulla Città Eterna. Dettagli? Per nulla, giacché abitare significa essere abitati e la cucina di Antonini ne è la perfetta dimostrazione.
IL PIATTO MIGLIORE: Branzino in porchetta.
Non sono d'accordo sul punteggio che avete attribuito. Per me Imago è in forte crescita e non può essere uguale all'ultima recensione. In più non capisco proprio cosa intendete con il difetto che avete citato!