Passione Gourmet Manuel Reman, Krug e la 170ème Édition - Passione Gourmet

Manuel Reman, Krug e la 170ème Édition

Vino
Recensito da Leila Salimbeni

Il presidente e la Grande Cuvée

Quando mi è stato proposto di intervistare Manuel Reman, nuovo Presidente di Krug dallo scorso 1 aprile, avevo pensato tutto fuorché di trovarmi di fronte a una persona reale. Prevenuta? Forse, fatto sta che credevo che registro e sceneggiatura dell’intervista sarebbero stati decisi a priori dalla corporate, cosa che accade quasi in automatico quando si ha a che fare con gruppi di questo tipo.

Ebbene, sbagliavo.

Complice, forse, il ritardo con cui sono arrivata, imbarazzatissima, al nostro appuntamento, sin dai primi istanti del nostro contatto visivo mi sono trovata di fronte una persona reale i cui cristallini, liquidi occhi sembravano farsi più trasparenti se pizzicati, con le mie domande, dalle emozioni.

Potrebbe venire dalla luna Manuel Reman e invece è umano nel senso più squisito del termine.

Figlio di madre francese e di un “self-made Indian father” è cresciuto in Normandia, “lontano dalle vigne ma vicino alla natura“, con sua nonna, “una delle migliori persone mai incontrate. Quando ero piccolo – mi confida – trascorrevo le vacanze nella sua fattoria: ebbene già allora, come adesso che ha 96 anni, restavo incantato dalla sua adesione diretta e totale col mondo naturale, di cui le poche, misurate ma rilevantissime parole erano l’esatta rappresentazione.

Da lei Manuel deve aver mutuato l’intrinseca luminosità, mi dico; dal padre, “che lavorava tutte le notti per potersi permettere di studiare medicina in Francia“, la risolutezza nonché la prima tra le forme di gratitudine: quella verso se stessi.

Curioso il fatto che generosità, luminosità e risolutezza, insieme a un’irresistibile, smodata volontà di piacere, siano poi anche le caratteristiche salienti della nuova Krug Grande Cuvée 170ème Édition, mercuriale combinazione di complessità e immediatezza, grandezza e semplicità. Ma l’associazione o, meglio, l’identificazione tra individuale e universale, privato e pubblico, continua anche su un altro livello perché “tra la Maison e il sottoscritto – spiega Reman – c’è da sempre una grandissima affinità. Krug è, difatti, un’azienda piccola, composta da pochi elementi e rari, curatissimi marketing projects che impongono semplicità nei rapporti nonché l’assenza di qualsivoglia sovrastruttura…. È tutto molto reale“, insiste, come a togliermi le parole di bocca.

Colpisce, dunque, la verosimiglianza tra l’uomo e la sua impresa, che diventa chiarissima, tuttavia, dopo una rapida scorsa dei suoi trascorsi.

Manuel Reman, difatti, in Moët Hennessy ha ricoperto, negli ultimi 18 anni, tutti i ruoli possibili: dall’Head of Special Projects degli esordi al Financial Controlling di LVMH Holding nel 2010, per poi tornare in Champagne e, presso Moët & Chandon, Dom Pérignon, Mercier e Ruinart, gestire un gruppo di 450 persone, coinvolte in tutte le operazioni pratiche, dall’imbottigliamento all’etichettatura. Quindi, dopo una parentesi a Barcellona nel ruolo di amministratore delegato di Moët Hennessy Iberia, torna in Francia per diventare presidente di Moët Hennessy Champagne Services (MHCS): lavora a contatto coi vignerons, stavolta, e coordina tutte le strategie di acquisto dell’uva per garantire coerenza tra le Maison. Non ultimo, dal 2020 Reman è anche rappresentante delle Maison di Champagne LVMH presso il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC) dove s’impegna a servire non solo le ragioni del gruppo, ma quelle della Denominazione tutta.

Quanto allo stato dell’arte di Krug, oggi, la Maison, come detto, ha appena presentato al mondo la 170ème Édition della sua Grande Cuvée e lo ha fatto, come di consueto, associandole una traccia musicale che, sempre secondo Reman “rende accessibile la codifica, complessa, della Grande Cuvée grazie al linguaggio, universale, della musica“.

La musica di Krug Grande Cuvée 170ème Édition

Ascoltandola, colpiscono in sequenza tinnuli battiti di un triangolo che, poi, s’articolano in una fuga di violini, in un’ascesa di oboe e in un gioco di flauti, pur nell’ancoraggio, nuovo perché non ricordo di averlo sentito nelle eco della 169ème e nemmeno nella 168ème, di un basso preciso, vibrante: un pulsare veloce, quasi tentato da reminiscenze di tipo techno sotto una coltre di voci bianche, calde di contralto.

Alto e basso, insomma si fondono con conturbante magnetismo in questa Grande Cuvée 170ème Édition dove, nel mosaico dei 195 vini utilizzati – 12 annate, dalla 1998 alla 2014, che ne costituisce la base (al 55%) – la 2013 è stata usata precisamente all’uopo di infondere struttura e sostrato a una materia che, altrimenti, sarebbe stata fin troppo aerea date le ingenti perdite subite sul Pinot noir, proprio nella 2014.

Un’intelaiatura forte e flessuosa – più di tendini che di ossa – che consente al vino di esprimersi con un’eloquenza totale e affabulatoria, civettuola e molto, molto “francese”. Quanto ai descrittori, infatti, la Grande Cuvée 170ème Édition magnifica tutto il suo sciovinismo facendo esperire al degustatore la più classica tra le petit dejeuner: marmellate di agrumi, burro, burro salato di Normandia, croissant e croste di pane tostato sono presagio di un sorso abitato da pari generosità e slancio, allungo e ampiezza e una progressione al palato ritmata e avvincente: trascinante.

Il nuovo coffret in edizione limitata in vendita da fine giugno.

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