Valutazione
Pregi
- Una cucina intelligente che valorizza al massimo la tradizione ammodernandola.
- Il rapporto qualità/prezzo.
- La carta dei vini, molto attenta alle realtà locali.
Difetti
- I dolci, seppur buoni, sono lievemente inferiori rispetto al resto del serivizio.
Nel mondo di Elena Carta, a un passo dal centro di Vicenza
Superato di pochi metri il Santuario di Santa Corona, ci si inoltra lungo una viuzza un poco nascosta e defilata, Contrà Santo Stefano. Qualche passo più avanti si scorge un piccolo plateatico, al momento sguarnito di tavoli e sedie, che introduce a una porticina sopra la quale campeggia un’insegna minimale: Al Pestello – Cucina Vicentina.
La premessa è in sottrazione, quasi umile. Eppure, basta entrare nella piccola sala per respirare un’aria diversa, calda e accogliente. Al Pestello, infatti, è una delle Botteghe Storiche di Vicenza, aperto dal 1910 e gestito dal 2017 dalla giovane e talentuosa Elena Carta.
La chef guida la cucina da sola, affidandosi a qualche aiuto cuoco o lavapiatti, che la aiuti a smaltire la moleDensa salsa di accompagnamento tipica della cucina messicana. Ne esistono oltre quaranta varianti, la stessa infatti può contenere fino a trenta diversi ingredienti. Il "mole verde", ad esempio, viene preparato con varie erbe e tomatillo; il "mole negro" con peperoncino, spezie, hoja santa e cioccolato fondente.... Leggi di lavoro, quando possibile. Il dato è, di per sé, indicativo della tempra che anima la giovane, a cui si aggiunge un background a dir poco sbalorditivo: Elena Carta non ha alcuna formazione culinaria.
Diplomata al liceo classico e immatricolata in un indirizzo economico, lascia presto l’università per dedicarsi alla cucina, da autodidatta. Passione per la professione, corsi di formazione per perfezionare le basi e poi la presa in gestione del locale subentrando a uno zio: voilà il suo curriculum.
Dianzi abbiamo usato l’aggettivo “sbalorditivo” non a caso: la cucina di Elena omaggia a piene mani la tradizione vicentina, ma lo fa con estrema intelligenza. Le preparazioni sono realizzate con acume, tendendo all’eliminazione del glutine e sposando cotture prolungate, spesso sottovuoto, di modo che la carica gustativa dei piatti resti invariata e pulita al netto, però, di una maggiore digeribilità.
Una cucina ingentilita, figlia di una sensibilità che onora la classicità, smussandone gli elementi più nerboruti.
Riorganizzare senza snaturare
Ottimo esempio sono state le sarde in saorParticolare metodo di cottura e di conservazione di materie prime ittiche. Il pesce viene prima infarinato, poi fritto e infine disposto a strati con cipolle cotte in agrodolce, pinoli e uvetta passa. Celebri per questa preparazione sono le sarde in saor venete.... Leggi. Preparate con la massima valorizzazione della componente ittica, spruzzata di aceto e fritta nella farina di riso, a cui è stata affiancata un accompagnamento a base di confetture di cipolle e una salsa verde senza acciughe. Risultato: nota iodata persistente, arrotondata dalla dolcezza della cipolla, con in chiusura un delicato gioco di consistenze tra la croccantezza delle carni e la morbidezza della guarnizione. Piatto da ko.
O ancora, i bigoli all’anatra: la tradizione vorrebbe la cottura della pasta nel brodo di anatra, con condimento a base di rigaglie. Qui il volatile è stato spolpato, non macinato, dopo precedente cottura per 40 ore a bassa temperatura e unito in chiusura alla pasta cucinata a parte. Ne è uscito un gioiello un cui la morbidezza delle carni risultava ineccepibile, con una precisa rotondità data dalla dolcezza dell’anatra.
Last but not least il baccalà alla vicentina: piatto principe della tradizione veneta, ha ritrovato l’utilizzo della farina di riso e della cottura a bassa temperatura, ancora sottovuoto. La materia prima è stata rispettata in maniera sbalorditiva, regalando una portata in cui nuovamente la nota iodata si è palesata con precisione lasciando che la dolcezza della guarnizione si insinuasse di quando in quando, scambiando un dialogo indimenticabile con le carni. Possiamo definirlo senza timori uno dei migliori baccalà assaggiati in vita.
Un pranzo davvero sorprendente, ottimamente bilanciato tra eleganza e persistenza. E il merito va anche a Riccardo Martinelli, sommelier e uomo di sala preparato e discreto, capace di proporre una carta dei vini molto attenta alle realtà locali.
Auguriamo il meglio Al Pestello e alla sua giovane cuoca, con l’auspicio che questi tristi tempi passino in fretta per dare lei la possibilità di continuare a esprimere il grande talento che la connatura.
Ottimo il servizio e la cucina. Superate le aspettative. Polenta, baccalà e ragout d'anatra ottimi. Succulenta la shaker. Meglio durante la settimana. Equilibrio nel raffronto qualità prezzo.