Passione Gourmet La Peca, chef Nicola Portinari, Lonigo (VI) di Andrea Grignaffini

La Peca

Ristorante
via Alberto Giovannelli 2, Lonigo (VI)
Chef Nicola Portinari
Recensito da Andrea Grignaffini

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Uno dei grandi ristoranti italiani.
  • Il servizio di sala.

Difetti

  • Ricarichi importanti sulle grandi bottiglie.
Visitato il 07-2020

Il grande ristorante italiano

Pochi luoghi al mondo restituiscono la sensazione del tempo. Il tempo passato, quello presente e quello futuro, talvolta s’incontrano restituendo un’instantanea vividissima di quella cosa mistica e terrena che è, semplicemente, la vita. Questo, è uno di quei luoghi.

Un’architettura molto classica se vista dall’esterno; dall’interno, una casa estremamente contemporanea, abitata da elementi di design che prediligono le linee morbide a quelle spezzate e un discreto avvenirismo, quello di tecnologie studiate appositamente per preservare e conservare il piacere dei sensi, evidente tanto nel fumoir all’ingresso quanto nella sala, col suo discreto eppur inesorabile affaccio sui Colli Berici.

La Peca sarà forse anche cambiata, nel tempo, ma è cambiata dimostrando una coerenza verso se stessa, in una parola, un’integrità, che ha pochi uguali nel panorama identitario dei grandi ristoranti della contemporaneità. Merito, anche, di Luigi Portinari, uomo di sala capace di trasformare il servizio in una forma d’arte capace come poche di leggere i tanti livelli che affollano l’esperienza sensibile tanto che piatto, commensale e abbinamento diventano qui elementi di una pièce concepita dalla stessa ratio, dallo stesso genio, quello, famigliare, dei Portinari.

È dunque a Nicola Portinari che si deve un menù in cui l’Italia è sia musa che deus (dea) ex machina: una divinità totipotente e onnisciente che si permette infiniti giri intorno al mondo, infinite divagazioni e finanche depistaggi, ma parla sempre di se stessa, e per se stessa, interpolando i confini della verdura e della carne, della frutta e del pesce, annientando come detto i confini, soprattutto quelli geografici, dimostrandosi sì creativa ma sempre codificabile, famigliare, materna. E curatissima in ogni dettaglio.

Dalle straordinarie, croccanti carni di cozza e ostrica, sdrammatizzata e anzi elevata sin quasi alla sublimazione la prima dal concentrato di cetriolo, alla crema di marasche e cardamomo che trasforma la salinità dell’ostrica in umami puro. Passando, poi, per la tagliatella e per l’impareggiabile risotto al chipotle con gamberi, marasche e curry, chiusura del cerchio e anzi pacificazione di due spinte uguali ma contrarie: quella tra la cultura materiale locale veneta e la scuola della cucina internazionale.

È in questo, e in altri piatti come, per esempio, l’impeccabile anguilla alla brace, fungo Shiitake, teryaki e daikon piccante, che si corona l’essenza di quello che è, e sempre sarà, uno dei grandi ristoranti dell’Italia presente, passata e futura.

La Galleria Fotografica:

 

2 Commenti.

  • Nomenem19 Ottobre 2020

    Ma quello immortalato è un menù degustazione o il reportage di diversi passaggi?

  • Presidente19 Ottobre 2020

    Si il menù più importante a mano libera

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