Valutazione
Pregi
- Uno dei grandi ristoranti Italiani.
- La grande intesa fra sala e cucina.
- La carta dei vini.
Difetti
- I piatti non sempre danno emozioni.
Ci sono insegne destinate a lasciare il segno nel cuore degli appassionati e la Peca, nel suo essere quasi l’archetipo della Maison all’italiana, è un locale che ha inciso un solco profondo nella storia della ristorazione dello Stivale.
Dell’accoglienza di casa Portinari, delle piccole attenzioni che non sono mai scontate, anche quando le stelle sono gemelle, si dovrebbe parlare nelle scuole di settore, tanto esse sono, a nostro modo di vedere, parte di un modello che sarebbe opportuno clonare prima che scompaia. Ciascun dettaglio viene qui curato con lo scopo di rendere indimenticabile l’esperienza del cliente: la distanza tra i tavoli, che permette di conversare senza sentire o essere uditi dai vicini, la splendida cantina a vista, il salottino dove bere in tutta tranquillità un grande distillato: non sono altro che la punta di un iceberg fatto di gesti, di premure, di ineffabili dettagli. E ciò che sorprende maggiormente, in quest’oasi di serenità che è la sala governata da Pierluigi Portinari e dalla moglie Cinzia Boggian (realizzatrice degli splendidi centrotavola), è che tutto ciò avviene senza quegli eccessi di affettazione, quell’aria di maniera che talvolta ci capita di riscontrare in altri locali.
Perché saper cucinare è un dono che si coltiva fino alla perfezione, ma per dominare la sala servono autentica vocazione e voglia di trasmettere il mestiere: e a questo punto non stupisce neppure più di tanto il fatto che ognuno, a partire dal giovane e preparato sommelier fino all’ultimo dei commis, comunichi perfettamente la stessa gioia nel rendere la clientela felice.
Ma La Peca non è certo solo un luogo confortevole: dietro le quinte dello spettacolo non troviamo infatti un cuoco qualunque, ma un asso del livello di Nicola Portinari. La sua è una cucina riconoscibile, estremamente personale, poco influenzata dalle mode e capace di passare dal mare alla selvaggina con estrema naturalezza e solo con qualche rara indecisione di ordine tecnico.
Come la sala, anche la cucina della Peca non perde tempo in tediosi autocompiacimenti, ma pone sempre in primo piano il cliente, sia esso il gourmet più navigato o l’avventore occasionale capitato qui per celebrare una serata particolare.
Il tentativo, certo lodevolissimo perché in grado di portare nuova linfa a tutto il movimento ristorativo, non mancherà di dare, a chi cerca emozioni più forti e tinte accese, l’impressione di non spingere mai fino in fondo sull’acceleratore, e non si potrà evitare di considerare come la cucina, accontentandosi di battere quasi costantemente sulle morbide corde del dolce, perda l’occasione di sfruttare la propria perizia tecnica per effetti di maggior mordente, ma il tutto si armonizza in una ricerca della piacevolezza complessiva palesemente programmatica, con spunti però di eccessiva sapidità talvolta incontrollati, che ci fanno accendere più di qualche lampadina.
L’intelligenza di Nicola Portinari fa sì che, pure al termine della parte anche nominalmente dolce del menù, al solito di livello più alto della media del pasto, si avverta una sensazione di totale leggerezza. Merito di ciò va ovviamente alla bravura dello chef nel moderare l’utilizzo di materie grasse e nel ponderare ingredienti e preparazioni, rendendo un percorso guidato facilmente fruibile anche da clienti di bassa cilindrata.
Citazione d’obbligo per la carta dei vini, senza punti deboli grazie alla presenza di molte etichette italiane e internazionali, ricaricata con leggerezza in rapporto al tono del locale e ricca di spunti soprattutto sul versante dei vini naturali.
In conclusione un grande ristorante, ma soprattutto una grande casa dove passare due ore gustando un’ottima cucina italiana a tutto tondo.
Il benvenuto della cucina.
Marshmallow di pomodoro, cialda croccante, basilico.
Pane e grissini.
Elegante (anche se di difficile consumo) pinzimonio in coppa Martini.
La melanzana: svuotata, gelata e ricomposta, ripiena di burrata, mozzarella di bufala, capperi, pomodoro: un vero inno all’estate, fresco e divertente.
Piccole carote di montagna con tatakiCon tataky si intende una tecnica di preparazione del pesce o della carne tipica della cucina giapponese, in cui la carne o il pesce vengono scottati rapidamente su una padella rovente, marinati in aceto, affettati e ricoperti spesso di gomasio o sesamo.... Leggi d’oca e maioneseLa maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi di mango alla senape: un piatto nel complesso molto piacevole, non ci ha convinto del tutto l’oca in forma di piccolo hamburgher, forse in forma di straccetti sarebbe risultata ancora più piacevole al palato.
Spaghettoni Cavalieri, tonno e finferli: l’ennesima rivisitazione della carbonara, golosa niente da dire, ma alla fine quasi sempre resta la nostalgia per la versione originale.
Calamari di pasta con ragù di selvaggina, asparagi verdi e caffè Principe: un grande piatto di pasta, il grasso e la dolcezza della selvaggina, l’erbaceo tendente all’amaro degli asparagi selvatici e l’amaro puro del caffè si rincorrono senza mai sovrastarsi e regalando ad ogni boccone una nuova sensazione.
La beccaccia: il petto scaloppato, la coscetta ripiena di foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi, il fegatino sul crostino.
Sorbetto al limone verde, zenzeroLo zenzero (Zingiber officinale Roscoe, 1807) è una pianta erbacea delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del Cardamomo) originaria dell'Estremo Oriente. Coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale, è provvista di rizoma carnoso e densamente ramificato dal quale si dipartono sia lunghi fusti sterili e cavi, formati da foglie lanceolate inguainanti, sia corti scapi fertili, portanti fiori giallo-verdastri con macchie... Leggi e cristalli di zucchero di canna.
Ravioli croccanti alla crema brulèe con agrumi infusi alla vaniglia: un grande dessert come sempre accade alla Peca.
Piccola pasticceria.
Come quasi sempre sono d'accordo con te in generale ma ,col gusto da cliente di bassa cilindrata e amante del pesce ,ho trovato la loro cucina di mare personale ed intrigante ,gustosa ma leggera,sì forse un po' "piaciona" ma qualche piccola emozione a me l'ha data.
17/20imi non mi pare un voto di una cucina che non dia qualche emozione no ?
No, sono assolutamente d'accordo con la valutazione e la bella recensione di Luca.La mia voleva solo essere una piccola provocazione nei confronti del carnivoro Luca che ,secondo me,si è perso il meglio della Peca,il pesce.
Concordo per recentissima visita: accoglienza e ambiente, unici, da replicare. Invece della beccaccia c'è la lepre. Ma "La Laguna", presente sia nel menu "pesce" sia nel menu "impronte" (il degustazione "principe") è in linea con il "Bagnasciuga" di Uliassi. Stavolta poi la costante era la "rapa", filo conduttore della vita poverissima di quelle parti, fino a 40 anni fa... E' forse che la Peca è una tale costante nell'altissimo livello, che induce aspettative spaziali, ma che lo stesso chef probabilmente non vuole.