Piazza Duomo

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

19/20

PREGI
L’uso sensibile, evoluto e tecnicamente ineccepibile del mondo vegetale, come pochi in Italia.
DIFETTI
Nonostante sia scomparsa la carta, il percorso degustazione richiede un sacrificio economico molto importante.

Ceretto-Crippa: un perfetto sodalizio enogastronomico in continua ascesa 

La storia di Enrico Crippa e del Piazza Duomo è una storia di legami, fedeltà e fiducia. È il racconto di un cammino per un obiettivo comune.

Ceretto-Crippa. Un binomio invidiabile, tra i sodalizi enogastronomici più proficui della storia della ristorazione italiana, ancora oggi ai vertici nazionali e non solo.

La famiglia di imprenditori vitivinicoli, tra le più famose d’Italia, ha da sempre giocato un ruolo chiave dietro questo successo, mettendo a disposizione per la causa risorse importanti che hanno reso con gli anni Piazza Duomo un gioiello, osannato da critica e pubblico, consacrato con i massimi riconoscimenti gastronomici da guide e classifiche di tutto il mondo. In tal contesto, è probabile che la formula magica sia stata quella di lasciare intelligentemente carta bianca al genio di Enrico Crippa al quale, però, bisogna riconoscere il merito di aver pensato – bene, diremmo – a tutto il resto.

Il meraviglioso mondo vegetale di Enrico Crippa

Nelle Langhe, dove tutti i cuochi riuscirebbero a farsi stregare dal terroir circostante, Enrico Crippa, indiscutibile maestro ed esempio di professionalità da seguire per molti giovani cuochi, ha saputo ritagliarsi un personalissimo spazio nel quale è riuscito a rispettare territorio e stagioni con un suo stile personalissimo, molto vicino al rigore estetico e composto della cultura giapponese, con occhio sensibile alla tradizione ma ancor di più a un’idea di cucina sostenibile.

I piatti di Crippa sono sempre stati al passo coi tempi e celano dietro il velo dell’innovazione l’idea della natura e degli ingredienti che seguono il tassativo corso delle stagionalità, inseguendo tradizioni, rispettando il territorio e assecondando persone, perché anche quella con i fornitori, allevatori e coltivatori, al Piazza Duomo, è una storia di legami, fedeltà e fiducia. Crippa è, ancora oggi, dopo un decennio ad altezze vertiginose, tra i più importanti esponenti della Nuova Cucina Italiana – sempre più smagliante, anche in questi tempi difficili – nonché uno dei più validi interpreti della tradizione langarola dove, pur non essendo piemontese, riesce a distinguersi per capacità, rigore, fantasia e incisività.

I suoi piatti sono pennellate ricche di dettagli che plasmano uno percorso preciso, sussurrato e cristallino che riserva già dal suo prologo un indimenticabile “inizio”, folgorante e stordente allo stesso tempo: una piacevolissima ed inaspettata invasione di micro preparazioni che schiaffeggiano gentilmente il palato e risaltano il mondo vegetale del quale lo stesso Crippa è sceneggiatore e regista grazie all’orto (realmente biodinamico) imbastito a pochi chilometri da Alba, nella Tenuta Monsordo Bernardina dei Ceretto.

Ci si siede a questa tavola restando in trepidante attesa di quel capolavoro di purezza che è l’insalata 21, 31, 41 e 51… nella quale si ritrova, in una composizione volutamente caotica, una miriade di verdure, fresche e croccanti e che potrebbe mutare a distanza di 24 ore. Un abbiccì vegetale che va dall’acetosella allo zenzero in una serie di foglie, steli, germogli e fiori. Il tutto con un condimento verticale che dall’apice alla base parte in modo tenue e sfocia nel corroborate finale del katsobushi agli agrumi.

Per banalizzare, possiamo ribattezzarlo un kaiseki all’italiana, tanto autentico, quanto originale. Come lo splendido merluzzo (questa volta con zucchine e il magnifico beurre blanc in accompagnamento), un degli ingredienti feticcio dello chef che rappresenta uno dei legami tra Piemonte e Liguria a dimostrazione che l’incondizionato amore per il cibo travalica i confini regionali. E quando si parla di ingredienti prediletti, versante terra, ci viene in mente l’agnello, dalla presentazione che ripercorre idealmente l’ovino al pascolo, con il carré rosa adagiato sul latte di capra, gocce di emulsione di fiori di camomilla, bietola e altre foglie di stagione.

Pochi atti, ricchi di episodi che creano un piccolo viaggio intorno all’ingrediente principale, che sia il riccio di mare, la barbabietola o il miele, tutto viene presentato con il medesimo livello di perfezione estetica e tecnica.

Sala e cantina, sebbene sia difficile star dietro a una cucina così colta, sono, rispettivamente, dinamica, giovane ma di grande esperienza la prima, mastodontica la seconda. Forse l’unico tre stelle in Europa a potersi permettere una lista di vini alla mescita di un certo, inarrivabile, calibro. Chiaramente ad un caro, carissimo prezzo.

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Leonardo Casaleno

Avvocato di professione e appassionato cinefilo, il suo cammino è stato segnato fin dalla giovane età da un sorprendente incontro con una passatina di ceci sulla via di San Vincenzo: un momento che ha acceso in lui un profondo culto per il cibo. Oggi sfugge con entusiasmo alla monotonia quotidiana per andare alla ricerca di tavole tradizionali o innovative che siano, purchè autentiche e capaci di sfamare la sua curiosità gastronomica. Nutre un altro grande amore per i viaggi che si manifesta in modo spontaneo: prenota un ristorante, quindi pianifica l’itinerario.

2 Comments

  1. riccardo torrero ha detto:

    Il più grande Crippa di sempre. Senza equivalenti in Italia.

  2. Spenna56fulvio ha detto:

    Perché non 20/20 la realtà non è più comprimibile dalla correttezza di base e di utilità, non tutti sono uguali, anche se bravi.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

19/20

PREGI
L’uso sensibile, evoluto e tecnicamente ineccepibile del mondo vegetale, come pochi in Italia.
DIFETTI
Nonostante sia scomparsa la carta, il percorso degustazione richiede un sacrificio economico molto importante.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menu da 230 a 300€

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