Si è spento a 89 anni uno dei padri dell’enologia moderna
Mercoledì scorso si è spento Giorgio Grai, a Bolzano, sua città natale, all’età di 89 anni. Giorgio Grai ha rappresentato una pietra miliare del patrimonio enoico italiano. Considerato da tutti un vero signore, conosciuto come uno dei “migliori nasi del mondo”, era noto oltre che per la sua figura di enologo anche per il suo palato raffinato.
Biblico l’elenco delle numerose collaborazioni che lo hanno visto protagonista durante la sua immensa carriera. Ha lavorato fino alla fine come enologo, produttore e consulente di grandi aziende vitivinicole italiane e francesi. La sua carriera inizia negli anni ’60 varcando la soglia delle cantine sociali della sua regione d’appartenenza, il Trentino Alto Adige. E proprio qui, ha inaugurato uno dei luoghi più d’ispirazione per gli appassionati del settore, un archivio storico di valore inestimabile, l’Edy Bar, un salotto del bere.
Annusava, degustava e criticava per scegliere i vini migliori; vini bianchi sopratutto. Perché lui era un “bianchista”. La motivazione nel conferirgli il premio Luigi Veronelli nel 2014, uno dei tanti riconoscimenti ricevuti nella sua lunghissima carriera lo definisce cosi: “lungimirante e visionario, era stato capace di anticipare di decenni molti aspetti dell’enologia di oggi, dalla valorizzazione della longevità di alcuni grandi vini italiani – soprattutto bianchi – da uve autoctone, in tempi in cui solo i più conosciuti vini rossi delle zone storiche o i cosiddetti tagli bordolesi godevano l’attenzione dei più”.
Giorgio Grai era un uomo dalla forte personalità che amava il confronto dal quale c’era sempre da imparare, un punto di riferimento che ha lasciato in eredità agli enologi di oggi oltre ad un enorme patrimonio di conoscenza, anche un modello da seguire.