Passione Gourmet Schlosshotel Lerbach - Passione Gourmet

Schlosshotel Lerbach

Ristorante
Lerbacher Weg 51465 Bergisch Gladbach
Chef Nils Henkel
Recensito da Presidente

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Si respira l’aria di una “grande casa”.

Difetti

  • Equilibri non sempre centrati.
Visitato il 12-2012

Bergisch Gladbach è un po’ la Senigallia tedesca.
Una cittadina alle porte di Colonia che, insieme a Baiersbronn (Bareiss , Schwartzwald Stube), sino a qualche anno fa deteneva il primato di località più tristellata del paese con ben due ristoranti che potevano fregiarsi del prestigioso riconoscimento.
Oltre al Vendome (Vendome), situato nel magnificente Hotel Bensberg che è tra gli alberghi più suggestivi della Germania, lo Schlosshotel Lerbach è stato teatro personale di uno dei padri della grande cucina classica teutonica, Dieter Muller. Prima di porre la propria scienza al servizio di ben più remunerative consulenze, Muller ha officiato in queste cucine sino al 2008 ed ha lasciato definitivamente la proprietà l’anno successivo. Sotto la sua guida sono arrivati i massimi riconoscimenti nazionali e internazionali che hanno reso il Lerbach un faro per ogni navigante gourmet.
Poi il passaggio di consegne, non indolore, con la perdita di default della terza stella. Ma Nils Henkel non si è scoraggiato, ha riorganizzato la brigata, che lo aveva visto “secondo” del maestro per tanti anni, ed ha cercato di ammodernare la linea di cucina, prima di allora di forte stampo mitteleuropeo. La nostra visita, però, ha evidenziato che il cambiamento è obiettivamente in fieri e che alcune portate devono essere ancora registrate. La tensione di Henkel è chiaramente diretta a dare una svolta di freschezza e, perché no, di mediterraneità, ma il pericolo è dietro l’angolo.
È parso evidente che la gestione di determinate spinte acide non sia nelle sue corde. Tentativi, sulla carta interessanti, hanno passato il segno, facendo rimpiangere il glorioso passato del Lerbach.
Non potremmo, altrimenti, spiegare la disarmonia del “Funghi della foresta, cipolle grigliate, radice di cerfoglio, mirtilli rossi e la loro gelatina” (pescato dal menù vegetariano), che ha dato alle nostre papille sensazioni contrastanti, virate su una nota dolciastra-terragna quasi spiazzante, o la sferzante acidità, monocorde, del “Seppia, polpo, infuso di pomodoro, limone, olive, zucchine”, un tuffo nel Mare Nostrum che ha fatto rimpiangere le amate coste italiche, con i loro profumi e sapori.
Di converso, non si può negare che la mano felice emerge in altre preparazioni, evidentemente molto più vicine al background del buon Henkel, che hanno rallegrato la nostra gola, come lo straordinario foie gras e la buonissima sella di cervo.
L’esperienza al Lerbach è stata allietata da un servizio perfetto, come spessissimo accade in queste lande.
Si respira classe, tradizione alberghiera, la storia di un grande casato.
Noblesse oblige.
Alti e bassi, quindi, hanno mostrato una cucina a due velocità. Forte, fortissima sulle carni, meno sul resto. Henkel è probabilmente in mezzo al guado: su una sponda il suo passato, la tradizione, sull’altra il futuro, la cucina nordica che tanti proseliti (Tim Raue su tutti) ha fatto anche in Germania.
Ci torneremo? Il conto, adeguato al contesto, butta giù l’asticella del rapporto costo/felicità, ma sedersi a questi tavoli è pur sempre un’esperienza.

 

Tavolo. Particolare.

Variazione di prezzemolo con guancia di maiale, tartare di vitello e lumache. Interessante.

Cannelloni di crauti e yogurth, polenta con peperoni e maionese. Piacevole apripista.

Foie gras con lamponi, noci macadamia e pepe verde. Una delle migliori versione di fegato d’oca della nostra recente esperienza.

Capesante, ricci di mare, lattuga, pera affumicata. Connubio di sensazioni si intrecciano sulla lingua, piatto profondo.

Platessa della Bretagna con prosciutto essiccato, gamberetti del Mare del Nord, succo di prosciutto, fagioli. Non ci siamo. Pesce ingiustamente annichilito da legumi e salumi.

Salmerino di Bergisch Gladbach, latte di nocciole, tartufo d’Alba, uva pepata. Si risale la china, portata fine, giocata sull’equilibrio della componente grassa ed acida. Il tartufo abbellisce.

Seppia, polpo, infuso di pomodoro, limone, olive, zucchine. Come detto, da dimenticare.

Animelle di vitello, succo di pinoli, purea di patate “bonnotte”, testina. Molto, molto buone. Preparazione di forte stampo classico francese.

Funghi della foresta, cipolle grigliate, radice di cerfoglio, mirtilli rossi e la loro gelatina. Pollice verso. Tentativo mal riuscito di ricreare il sottobosco autunnale.

Sella di cervo al ginepro, jus di rosmarino, radici di cerfoglio, mela cotogna brasata. Fantastica la carne, da manuale gli abbinamenti.

Pompelmo, sorbetto alle erbe aromatiche, yogurth allo zenzero. Introduzione al reparto dolce di buona fattura.

More, gelato al toffee, cioccolato bianco Ivoire, caramello muscovado. Nulla da dire, goloso, pieno, anche se un po’ di inventiva non avrebbe guastato.

Tiramisu. Questo dolce non è nelle corde di Henkel.

Petit fours

Sala interna

Sala all’ingresso

Hall dell’hotel

Entrata dell’hotel

 

1 Commenti.

  • Andrea9 Gennaio 2013

    Foto un pò più leggere no eh?!

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