Passione Gourmet Vendome, Chef Joachim Wissler, Bergisch Gladbach (D), Norbert - Passione Gourmet

Vendome, Chef Joachim Wissler, Bergisch Gladbach (D), Norbert

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

Recensione Ristorante

La maestosità barocca del Grand Hotel Schloss Bensberg lascia davvero ammirati.
Anche noi, che normalmente non siamo affascinati dagli alberghi che ospitano i ristoranti che incontriamo nel nostro peregrinare, stavolta non possiamo rimanere insensibili di fronte alla solenne mole dell’edificio, già “residenz” reale, che domina il parco su questa collina di Bergisch.
Il duomo e la città di Colonia sono lì, sullo sfondo, e la storia che aleggia nell’aria è nitidamente percettibile.
La discreta e distaccata dependance, appena a lato dell’hotel, ospita il Vendome ed è curiosamente divisa in due ambienti: una sala più stretta e con i tavoli più piccoli e ravvicinati e un’altra, contigua, più ampia e luminosa con apparecchiatura più consona al rango del ristorante.
Siamo in uno dei tristellati di Germania più carico di allori, casa di uno chef pluridecorato, Joachim Wissler, autorevole alfiere della nuova cucina tedesca, il cui intento principale è quello di affrancarsi dall’egida culturale francese ispiratrice di buona parte dell’alta ristorazione locale dando maggior risalto al territorio teutonico e a elementi di altre civiltà culinarie.
Così, in una carta dove occhieggiano piatti con protagonisti abbastanza classici, io e Fabio Fiorillo abbiamo trovato interessante provare, come di solito facciamo alla nostra prima visita, il menù Big Expedition (230 euro), una ventina di portate, che immaginavamo essere la summa della sua filosofia.
I menù degustazione, in generale, dovrebbero, infatti, fungere da presentazione delle doti più distintive di uno chef, se non le migliori tout court, e della sua capacità di sintetizzare il proprio sentire gastronomico in un percorso compiuto e il più possibile vicino a una parabola dove sia ben chiaro, magari, parlando di sapori, l’inizio, l’ascesa verso un picco ed una discesa verso un finale adeguato.
E’ un’arte nell’arte.
Non solo si tratta di essere dei bravi professionisti, ma anche di conoscere bene se stessi e la propria cucina al punto da essere in grado di scegliere e articolare per il meglio questo vero e proprio biglietto da visita.
Nel percorso concepito da Wissler, nel tentativo di dare quanti più stimoli è possibile, lo sviluppo dell’andamento è stato alquanto altalenante, e non, banalmente, a causa del numero di portate in sè, perché ci possono anche stare, bensì per la mancanza di equilibrio e regolarità.
Si passa così da un ottimo filetto alla Rossini all’acido eccessivo, per niente acidulè, della capasanta o degli scampi. Si passa da elementi aggiunti a completare i piatti, come uno yogurth che guarnisce un’ostrica Gillardeau, il cui senso ancora mi sfugge, a preparazioni impeccabili di altissima cucina come il piccione o il maccarello o, ancora, la deliziosa spuma di mela. Alcuni piatti infine, corollario o intermezzo alla Gagnaire (senza averne la genialità né la compiutezza), che sono sembrati a dir poco superflui in una degustazione già così lunga.
La sensazione finale è quella di trovarsi senz’altro di fronte a uno chef di bravura indiscutibile il cui senso della misura appare un po’ latitante e che sembrerebbe trovare un più idoneo rilievo nella scelta alla carta.
Due parole sul servizio perfetto la cui professionalità è stata comprovata anche dalla perizia nel completare al tavolo diverse preparazioni.

Mise en place.

Marshmallow al prosciutto.

Amuse bouche.
Cannellone di mais con panna e tonno, peperoncino al chorizo, tartina con gelatina di granchio.

Cocktail: succo di mandarino, schiuma di cetriolo, limone amaro e mele (il tutto forse un po’ troppo amaro).

Cocktail: mandarino e sakè.

Rossini: filetto di Angus, crema di foie, gelatina di coda di bue e vinaigrette al tartufo.

Capesante con schiuma di zenzero e birra, zucca marinata e semi di zucca(piatto dall’acidità un po’ troppo marcata).

Scampi, cozze, loro gelatina, tapioca, brodo di granchio, olio di sesamo e daidai(arancia amara asiatica). Anche qui rapporto crostacei-acido un po’ squilibrato.

Praline di caviale di granchio e scampi.

Ostriche Gillardeau, caviale d’Aquitania, dashi di ostriche, cavolfiore, rafano e yogurth con polvere di bacche di ginepro. La funzione dello yogurth, nel chiaro tentativo di contrastare il salmastro della preparazione, è sembrata alquanto velleitaria.

Ben eseguito, non fosse per un pizzico di sapidità in eccesso, il raviolo di parmigiano e chanterelle con caviale di salmerino e brodo di prosciutto. Da mangiare in un sol boccone.

Lumache nel proprio infuso, crema di cavolo nero, luccio e il suo caviale.

Ottimo maccarello con bouillabaisse di levistico, tartare di anguilla, pera e cipolla. A guarnire un olio estratto dalla resina di abete. Dolce, affumicato e vegetale in piacevolissima armonia.

Classico abbinamento tra una pralina di tuorlo d’uovo, purè di patate e tartufo nero con essenza della patata stessa.

Eccellente, da vero tristellato, il petto di piccione con crema all’arancia, al miso, scorzonera, interiora del piccione e knodel di patate.

Altrettanto notevole il capretto, spalla e carrè, con ragù di frattaglie, paprica, fave…

…accompagnato però da gnocchi di olive e capperi.

Brie de Meaux con gelatina di pane di segale, polvere di pistacchio, gelatina di tartufo nero, zucchero filato al Brie.

Poco convincente schiuma di topinambur con cereali e lamponi essiccati….

…e gelato al grano saraceno in accompagnamento.

Davvero piacevole la spuma di mela, con succo di mela aromatizzato alla quercia e uva passa, foglie di printen (dolce locale a base di cannella e anice).

Insalata di barbabietola, con gelato di acquavite al cumino, meringhe al lampone.

Soufflè di cioccolato amaro con sugo di lamponi e barbabietola.

Quique Dacosta ha fatto proseliti anche qui: crema di castagne, granita di faggio, foglie al sapore di coca cola, mirtillo, chanterelle, quercia, gelatina di abete e polvere di spugnole.

Petit fours.

Vasto, vastissimo ed eccellente assortimento di cioccolatini.

Ottimo Riesling di Rebholz.

Imponente vista del corpo principale dell’albergo.

Sala.

Ingresso sala.

il pregio: Una signora cucina in un luogo affascinante.
il difetto: Come già detto in passato, la potenza è nulla senza controllo.

Restaurant Vendome
Grand Hotel Schloss Bensberg
Kadettenstrasse 1 Bergisch Gladbach
Tel +49(0)2204/42-1941
Menù degustazione grande 230 euro, alla carta 180-200 euro

www.schlossbensberg.com

Visitato nel mese di Aprile 2012


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Norbert

1 Commento.

  • La linea dell'inutile (Mauro)25 Giugno 2012

    bella, bella, bella magione ... e io odio di solito il classico ci mangiai un menu ad hoc per un evento privato e non ero ancora nel mood del cibo, ma ne rimasi comunque piuttosto sconvolto positivamente

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