Passione Gourmet Peposo - Passione Gourmet

Peposo

Trattoria
via Arginello 24, Pietrasanta (LU)
Chef Manuel Di Gregorio
Recensito da Giacomo Bullo

Valutazione

Pregi

  • Materia prima di altissima livello.
  • Capacità di valorizzazione del vegetale notevole.

Difetti

  • Carta dei vini con potenziale da ampliare.
Visitato il 02-2024

Chiamatela ancora trattoria!

È una storia tutta di famiglia. E se nell’equazione italiana questa trova il suo corrispettivo anche nel cibo, quella del Peposo, piccola trattoria alle porte della granitica Pietrasanta, in Versilia, è davvero una storia che ci teniamo a raccontare. Famiglia cresciuta all’ombra dei picchi delle Alpi Apuane a guardare il mare? Per nulla! I Di Gregorio arrivano dalla fiorentina Lastra a Signa. Alessandra, la mamma, in sala, il babbo Francesco e il vulcanico figlio Manuel, in cucina dal 2008, si sono messi a scrivere una pagina davvero fulgida nel desinar toscano contemporaneo. Le pagine, sono le materie prime grandi nella loro rara e complessa semplicità, la curiosità tecnica l’inchiostro usato da questo cuoco.

Il Peposo nella sua esuberante scenografia, porta in scena una visione di quell’Italia che all’ombra del campanile (o meglio da queste parti di un blocco di marmo!) sa fare cose buone che piacciono al mondo. Non è raro tra i tavoli sentire quella miscellanea di accenti regionali spaziando fino allo slang oltre Atlantico godendo tra misticanze e olii di tutta la Penisola. Tanti gli esperti o i neofiti, che qui nel solco della convivialità tra materia prima e toscanità, ne apprezzano i suoi frutti.

Convivialità tra materia prima e toscanità

A prescindere tutte le cucine partono da schemi ereditati frutto di sedimenti, necessità e genio creativo. La cucina di Manuel Di Gregorio è in grado di flirtare con questi elementi restituendoci sì una visione materica tutta italiana, senza però impigliarsi tra i dettami di una tradizione inamovibile. Al Peposo, si pesca nell’universo artusiano dei rifreddi come con la Galantina, accompagnata dalla salsa all’uovo e da carnosi pomodori verdi fermentati in felice compagnia dell’origano di montagna raccolto nelle vicine Apuane. Il risultato è vibrante, sia per consistenza che per alternanze. Il capitolo delle paste fresche vede il Tagliolino abbinarsi alla forza del cavolo nero e alle nuance dolci di asparagina e cima di rapa. Il Tordello lucchese è servito volutamente “riposato” – “perché quelli avanzati a pranzo l’eran più boni alla sera! “– cita al momento del servizio Alessandra Di Gregorio. Il formaggio grattugiato unito al burro grazie al periodo di riposo, quasi sigillano la pasta in una sfoglia sottile. Gli aromi hanno il tempo di fondersi, i sapori quello di allungarsi.

La ciccia al Peposo non manca e i volatili son protagonisti nelle lunghe cotture espresse tra cocci e tegami. La Pollastra ruspante di razza padovana è cotta espressa a seconda del proprio peso. Piatto traducibile in sublimazione dell’ingrediente grazie ad una manipolazione pressoché minima da parte del cuoco. Cotta in forno, bagnata con il proprio intingolo rilasciato e rifinita con le erbe aromatiche aggiunte nell’ultima manciata di minuti. Siamo vicini tanto alla montagna quanto al mare e allora ecco arrivare il Baccalà con le verdure a vapore. La forza del baccalà nel suo sapido vigore è mitigato sapientemente dalla salsa di fagioli zolfini recando dolcezza ad un piatto, in cui la struttura di ortaggio e proteina richiede il suo filo di collegamento grazie all’impiego di questa varietà di legume.

Una brillante cuoca del Collio, a latere di un pranzo da lei ci ha raccontato: “Tutto parte dall’osservazione di ciò che ti sta intorno e dal concetto di usare meno risorse possibili per farlo crescere. Non può essere ordinato e devi fare in modo che quello che ti serve sia quello che ti è utile”. Il rispetto per la storia dei piatti, della tradizione ma innervati del proprio estro creativo e la necessità immanente dell’impiego selvatico fanno del Peposo, una realtà concreta di quel nuovo (bel) corso che la trattoria italiana in questi anni si trova a vivere.

IL PIATTO MIGLIORE: Fegato di coniglio alla brace fritto come fosse un crostino toscano.

La Galleria Fotografica:

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