Passione Gourmet Enrico Serafino: 18 anni per la cuvée Alta Langa Zero - Passione Gourmet

Enrico Serafino: 18 anni per la cuvée Alta Langa Zero

di Erika Mantovan

Attitudine piemontese per un lavoro di ricerca e definizione del gusto 

La Casa, attiva nel mondo degli spumanti dal 1878, è tra gli artefici delle produzioni più “originali” dell’Alta Langa, e già presente alla nascita del progetto “Spumante Piemonte”, l’inizio del concepimento di quella che oggi è riconosciuta come una delle 18 Docg del Piemonte. Era il 1994, i primi cinquanta ettari di vigneti sperimentali venivano messi a dimora, Enrico Serafino tutt’ora coltiva cloni su terreni marnosi e calcareo-argillosi. Pinot noir e chardonnay, da sempre, quelli qualitativamente più idonei, come già raccontavamo in questo articolo.

La definizione del gusto e dello stile della Serafino inizia con la scelta di impiego del 25% dei vigneti sperimentali, piantati tra il 1991 e il 1994, che coprono una superficie media di 5.775 metri, affiancato dalla scelta di non impiegare il Cognac nella liqueur d’expedition seguita da una lunga, lunghissima permanenza dei vini sui lieviti prima del dégorgement


Il processo migliorativo di Serafino ha certamente richiesto l’investimento di tempo prima che di risorse, coinvolte in un percorso che ha portato al concepimento di due, su tutte, referenze di successo: lo Zero, il primo Metodo Classico pas dosé della denominazione, prodotto da 18 anni, e – per i seguaci e intenditori di bollicine -una versione di Alta Langa che giova di ben 140 mesi sui lieviti. Simbolo di un progetto ambizioso raggiunto con un grande e lento lavoro di definizione di uno stile, che ricerca e infine manifesta un vino prima che uno spumante: potente, con una strutturata presenza iodata, forte come una eco contro un muro anzi, contro le arcate dentali del palato. 

Un’evoluzione risoluta per l’Alta Langa Zero: diciotto vini per scoprirla

Zero è un Metodo Classico non dosato. Alta Langa di punta dell’azienda, sboccatura tardiva e permanenza media sui lieviti di 72 mesi consentono al vino di perdurare nel tempo con una complessità esaltata dall’alchimia nata in fase di assemblaggio dal parco vigneti aziendali, tutti posti oltre i 500 m. s.l.m. Enrico Serafino opera in 56 diverse parcelle spalmate in 16 diversi comuni – all’interno della denominazione Alta Langa, che si sviluppa in 149 – per 52 diversi lieux-dits vinificati separatamente e poi assemblati. In vigneto e in cantina organizzazione e precisione si profondono in ogni momento, un compito che va a onorare la storia di Serafino, produttore di Metodo Classico dal 1878.

Tra gli elementi più distintivi della produzione di questa bollicina – considerata tra le migliori in Italia – ci sono una raccolta delle uve in bins e la pressatura in pressa Marmonier; la cantina, poi, ha recentemente ottenuto la certificazione VIVA, che sottopone a verifica di sostenibilità tutte le attività aziendali.

Quanto ai vitigni, il pinot nero comincia a essere realizzato in purezza solo nel corso del tempo: la percentuale di chardonnay impiegata è gradualmente diminuita fino a scomparire, a partire dal millesimo 2012. A questo proposito, in occasione di una verticale celebrativa dei primi diciott’anni di produzione di questa iconica referenza per l’Alta Langa, si è potuto analizzare quanto la presenza dello chardonnay rendesse la cuvée elegante, dal profilo olfattivo floreale e al palato più materico, con una sempre spiccata acidità. Su altri binari viaggiano invece le cuvée 100% pinot noir, giocate su agrumi, erbe officinali e spezie dolci, divampanti per potenza e filigrana in principio tesa e iodata che, con l’affinamento, si amalgamano alle componenti fruttate, di canditi, grafite e sbuffi fumé.

Dal 2004 fino alla 2016 la degustazione ha visto Zero con la sboccatura completata, seguite da quelli non ancora in commercio, ma sur lattes, dal 2017 al 2021. Volendo, e provando, a tirare le somme nel primo gruppo (dal 2004 al 2007), annate caratterizzate da temperature elevate e scarsità di precipitazioni, spicca la 2006, sia per la sua buona dotazione di componenti ossidative sia per percezioni più concentrate, ferrose, un perlage preciso capace di trattenere la potenza di una bolla che, al suo undicesimo anno di età, non esaurisce al sua energia, anzi, ha ancora molto da dire. Nella batteria successiva, sulla carta c’è una perfetta 2008: agrumi, freschezza, equilibrio come tra giorno e notte, il clima mite favorevole, ci offre un vino stilisticamente perfetto. Un vestito su misura per le caratteristiche di Serafino prima che dell’Alta Langa. Vino impostato sulla verticalità e sulla persistenza degli agrumi, cede il posto sul podio, poco dopo, a un 2010 di altrettanto equilibrio ma che concentra la sua parte vinosa in un sorso protetto da altri elementi: scorze di lime sciolte in burro e olio di mandorla. Ampiezza e sostanza in compensazione, seguito da un 2011 giocato i primi tratti su un asset verticale poi decisamente più docile e meno nervoso nel finale. Di grande piacevolezza, assieme ai 2012 e 2013, millesimi che hanno registrato temperature nella media e favorevoli all’Alta Langa. Qui, inizia il cammino, la sfida, per Serafino, di produrre un 100% pinot noir, abbandonando la “ricetta” storica di 85% pinot nero e 15% chardonnay.

Ultimiamo la degustazione con alcune considerazioni: la tanto chiacchierata 2014 – ricca di precipitazioni e temperature fresche – che oggi piacerebbe molto rivedere, restituisce un forte contrasto di agrumi, un sorso rettilineo e reattivo, in cui la percezione del succo appare assai perpetuo nel suo percorso palatale, assai succoso. In chiusura, i millesimi 2015-2020 sono tra i più caldi della media dell’ultimo ventennio sebbene vi siano grandi differenze dal punto di vista delle precipitazioni. La 2015 e la 2016 si presentano con una sana dose di agrumi maturi arricchiti, però, e sostenuti da componenti iodate e di fiori secchi che in degustazione confermano l’essenza di vini già immediati, assenti da durezze, piacevoli e con un centro bocca salmastro ma morbido. Un giusto compromesso per chi ricerca piacevolezza e chi, invece, un po’ di verve e astringenza. Tra i millesimi non ancora in commercio, infine, spiccano un fragrante ed equilibrato 2020 e un promettente 2021, salace, ricco, di forza incontenibile.

Queste le considerazioni da condividere, prima di vedere i risultati di Thimus, azienda leader a livello mondiale nella neuroscienza culturale e nelle neuroscienze applicate, in particolare nel settore Food&Beverage.

Frontal Asymmetry, Engagement e Cognitive Workload, una degustazione con un EEG, per mettere in discussione i propri i giudizi 

L’idea di assaggiare diciotto Metodo Classico con un elettroencefalogramma in testa potrebbe influire sul giudizio. In realtà, essendo il nostro cervello una macchina perfetta, risulta difficile mentire, sia all’EEG che a se stessi. La macchina prende in esame tre momenti dell’assaggio, il naso, il palato e quello che in inglese viene definito “l’after taste”, quest’ultimo di fatto mette in discussione le emozioni e le percezioni dei primi due “momenti”.

L’elettroencefalogramma (EEG) è un dispositivo non invasivo che registra l’attività elettrica del cervello in risposta a compiti specifici. Un EEG può misurare la progressione dell’attività elettrica del cervello in tempo reale attraverso una serie di nove elettrodi posti lungo il cuoio capelluto. Le attività e i ritmi in particolari regioni cerebrali possono essere associati a processi cognitivi e stati mentali. Ad esempio, l’attività cerebrale misurata può essere indicativa di stati mentali come attenzione e concentrazione, nonché diversi livelli di coscienza (sonno, veglia, ecc.). Si chiama Frontal Asymmetry, l’indice che valuta l’equilibrio naturale dell’approccio (associato all’accettazione e alle emozioni positive) e del rifiuto (ritiro, emozioni negative) di un individuo in relazione a un compito. Il Frontal Asymmetry misura in pochi secondi  “un aumento dell’attività cerebrale registrata nell’area prefrontale destra è associato a emozioni negative, mentre l’attività prefrontale sinistra è associata a emozioni positive”. (Palmiero and Piccardi, 2017). L’ Engagement, invece, è “uno stato di pieno impegno raggiunto da una persona quando è immersa in un’attività e in uno stato di concentrazione e soddisfazione mentre il Cognitive Workload è la quantità di risorse cognitive necessarie a un individuo per completare un compito (Chikhi, Matton & Blanchet, 2022). Il carico di lavoro cognitivo diminuisce quando gli individui si impegnano in compiti a loro più familiari (Miller & Boyle, 2017).

Detto ciò, non deve stupire se il nostro “perfetto” 2008 non ci ha emozionato come il 2010 o il 2013. O se il 2011 – che per gusto e forma ricorda uno champagne di Mesnil – sia risultato meno coinvolgente proprio per il suo essere familiare al nostro cervello. Ma non per questo privo di una certa dose di parossismo. Dati che, ancora oggi, non influenzano sui giudizi dati circa la piacevolezza e livello qualitativo dei vini. Lo stesso vale per i risultati del Frontal Asymmetry del 2004 – forse perché il primo della batteria – o dei venturi Zero, che sicuramente suscitavano non poca curiosità. Ebbene, ora, con una maggiore consapevolezza circa quanto accade dentro il nostro cervello durate una degustazione, ci sentiamo di consigliare di avere più coraggio e affidarsi ai propri pensieri e ragionamenti, che a volte non si è in grado di concludere o ascoltare, per fretta, perché si ascolta un terzo giudizio, perché si legge l’annata e/o nome del produttore in etichetta.

Serafino, oltre a festeggiare i primi diciott’anni, ci ha regalato un’esperienza che ribadisce quanto sia importante imparare ad ascoltarsi, a scindere l’emozione e il piacere dal coinvolgimento. 

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