Passione Gourmet Le Taillevent - Passione Gourmet

Le Taillevent

Ristorante
15 rue Lamennais, Parigi
Chef Giuliano Sperandio
Recensito da Davide Scapin Giordani

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Conveniente menù (a pranzo) a 90 euro.
  • Carta dei vini imponente e non priva di buone occasioni.
  • “Service à la russe” impeccabile.

Difetti

  • La scarsa illuminazione sopra i tavoli non rende giustizia ad alcune preparazioni.
Visitato il 07-2022

Un italiano al comando

Il fatto di non poter vantare una storia secolare come altre cattedrali della ristorazione parigina, non ha impedito a questa insegna di meritarsi la palma del locale più “istituzionalmente” elegante della città. Le Taillevent, insostituibile per i déjeuner d’affaire che contano, è stato considerato per decenni la succursale dell’ora di pranzo dei vicini ministeri e il luogo dove andavano decise le sorti dell’alta finanza parigina. Gran parte del merito di questa fama va riconosciuto a Jean-Claude Vrinat, oggi passato a miglior vita ma rimasto nell’olimpo dei più grandi interpreti di sempre di quel ruolo che in Francia viene enfaticamente definito “maître des lieux” e che noi proviamo a tradurre con scarsa efficacia “patron”, nel quale il proprietario, con la propria costante presenza, si fa anche regista e custode dell’atmosfera dei luoghi.

Un’istituzione parigina con una così forte valenza simbolica potrà mai affidare la direzione gastronomica a uno Chef non francese? Ebbene, sì. E, guarda un po’, si tratta di un italiano. Giuliano Sperandio, classe 1982, di Diano Marina (IM) ma adottato fin dal 2006 dalla Ville Lumière, dove ha affiancato Christophe Pelè prima alla Bigarrade, minuscolo e avanguardistico locale nel 17ème e poi a Le Clarence, gioiello parigino della famiglia Dillon (i proprietari della costellazione bordolese di Haut Brion).

Il matrimonio tra Taillevent e Sperandio da un lato risponde a una forte esigenza di rilancio da parte della proprietà del Ristorante, incapace, negli ultimi anni, di trovare una guida gastronomica con le carte in regola per far rivivere a queste mura i fasti di un tempo; dall’altro impone allo Chef di interpolare il rigido spartito della Maison, più forte di qualsiasi curriculum-vitae, con la propria, personale, idea di cucina. Per comprendere i meccanismi alla base di questo processo di mediazione, la scelta più indicata è il menu “Gestes Taillevent”: quattro piatti, declinati in più servizi e completati al guéridon sotto gli occhi dei commensali, secondo i gesti rituali del servizio alla russa.

Il servizio alla russa esalta la frazione classica della cucina

Dopo essersi persi per qualche minuto in una carta dei vini che per profondità deve inchinarsi, in città, solo a quella della Tour d’Argent, ci si mette nelle mani di Arnould Baudoin, maître e direttore che a stile e savoir faire unisce straordinarie capacità di “trancheur”. Il percorso prende il via con il Caviale Oscietra, sostenuto dalla consistenza e dalla grassezza di una Battuta di tonno rosso e wagyu. Da qui in poi Monsieur Arnould si prende la scena. Inizia a mostrare la propria abilità al momento di trinciare la coda dell’Astice flambée al whisky torbato con fiori di zucca, a cui vengono affiancati la testa in salsa “thermidor” in tutta la sua tradizionale opulenza, le Chele con una maionese di corallo e fragole verdi allo stesso tempo avvolgente e fresca, i “gomiti” a condire delle perfette, italianissime, Tagliatelle al nero si seppia. Sale in cattedra al momento di sezionare il Piccione arrosto, del quale lascia francamente perplessi la dimensione della porzione (un intero piccione a testa), non certo la cottura millimetrica di ogni sua parte e la profondità di sapore della salsa.

In questo caso i tre “satelliti” sono il Ragù di fegatini con rape rosse e lardo, i Fagiolini con salsa di interiora, grano saraceno e sardina e la Sfoglia allo scalogno e sauce suprême. Un assaggio di formaggi dal carrello e inizia la danza delle Crêpes Suzette, a loro volta accompagnate da Gelato al latte, chantilly al the verde, gelatina di ribes e shiso. La scelta di Sperandio è, quindi, di muoversi all’interno di una solida intelaiatura classica che prevede esecuzioni raffinate condivise tra cucina e sala nelle versioni centrali dei piatti, per poi lasciare spazio, con misurati tocchi creativi, alla propria ragguardevole capacità di interpretazione degli ingredienti nei piatti di accompagnamento.

Un doveroso commento sull’aspetto economico: i prezzi, sommando il prestigio del luogo, le materie prime impiegate, il livello della cucina, il servizio e la cantina, appaiono sorprendentemente convenienti. Il menu “Heritage” costa 190 euro, il menu “Gestes”, qui descritto, 245 euro; à la carte si sta intorno ai 200. Tanto? La metà, circa, di quanto richiesto dai top-player della città (Pacaud, Passard, Gagnaire, Alleno, ecc.), a fronte di un divario qualitativo evidentemente più contenuto, che sembra via via assottigliarsi grazie al nuovo Chef.

La Galleria Fotografica:

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati *