Passione Gourmet La Bigarrade, Chef Christophe Pelé, Parigi, di Roberto Bellomo (Orson) - Passione Gourmet

La Bigarrade, Chef Christophe Pelé, Parigi, di Roberto Bellomo (Orson)

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

Questa recensione aggiorna la precedente valutazione che trovate qui

Non ne parla nessuno.
Pur avendo preso in tre anni prima una stella e poi la seconda in un mini ristorante carino ma lontanissimo dall’iconografia tipica della grande table, della Bigarrade e del suo chef Christohe Pelé di recente si è scritto pochissimo in giro.
Eppure si tratta probabilmente della cucina più interessante di Parigi, molto più matura e affidabile di quella di colleghi più mediatici, capace di regalare emozioni senza mai deludere.
Difficilmente catalogabile come classica o contemporanea, perché è chiaramente molto tecnica e “francese” ma anche aperta a suggestioni di altre culture, capace di sfumature sottilissime senza nessun preconcetto.
Venirci è difficile, non solo perché quest’angolo non lontano da place Clichy è (giustamente) fuori dalle rotte turistiche usuali, ma soprattutto perché trovarvi posto è impresa che richiede fortuna o prenotazioni con enorme anticipo. Eh sì, perché quelli davvero furbi tra i gourmet se ne fregano dei consigli dei blogger di tendenza ☺.
Dopo vani ripetuti tentativi, questa volta mi è andata bene con una telefonata fatta senza grandi speranze una settimana prima (c’è la crisi? Il cuoco è fuori in tournée vista la stagione di congressi?).
Mi siedo sperando di bissare un felicissimo pranzo di un paio d’anni fa e noto subito che almeno la clamorosa convenienza economica non c’è più (85 euro per l’unico menu serale, contro i 45 spesi a pranzo a fine 2009). Sarà l’unica delusione.
Ci si sgranchisce le mandibole con la focaccia da inzuppare nell’olio e con il fritto di calamaretti speziati. Tutto ben fatto, molto basic. Aspettiamo…
Ci arrivano due amuse-bouche e scatta qualcosa: seppiolina appena scottata, champignon, prugna fermentata. Bello, buono. Uovo di quaglia, riccio, erba cipollina, fondo di sakè: esplosivo e di persistenza infinita.
Tutto il seguito di un menù fatto di una dozzina di piccoli piatti è su questa falsariga, con picchi di valore assoluto (la triglia con capperi, scalogno, nocciola, l’ostrica con lardo di colonnata, il piccione con spinaci e tamarindo), qualcuno addirittura da brividi come il bicchierino di crema al limone e pera e la dacquoise alla vaniglia, già meravigliosamente regressiva due anni fa. Sul gioco tra rapa e pistacchio, poi, si potrebbe parlare a lungo.
La cosa che colpisce è la capacità di mantenere in questi bocconi così diversi una cifra di personalità che si esprime nel dosaggio sempre perfetto d’ingredienti centrali e contrappunti e anche, soprattutto direi, nel gioco dei contrasti di temperature e consistenze maneggiati con maestria. Tutto è originale, personale.
La formula del banco a vista con pochi tavolini e menu unico è ormai già vista ma alla prova dei fatti funziona in modo perfetto. E’ l’unico modo in cui può organizzarsi un ristorante che punta sulla quotidiana eccellenza del prodotto maneggiato da poche mani sapienti, con uno staff ridotto ma competente. Non piacerà ai talebani della scelta alla carta, ma è chiaro che non tutti i locali se la possono permettere e se il risultato finale è questo si può solo applaudire.
Per accompagnare il pasto un Gamay 2007 di Prieuré-Roch che non varrà i 60 euro chiesti da una carta un po’ esosa (ma piena di spunti originali, pensata, come tutte le proposte della Bigarrade), ma è davvero di una beva trascinante. Il mio commensale si lamenta dell’acidità un po’ spinta, ma la bottiglia finisce molto presto anche per merito suo.
Don’t believe the hype, attaccatevi al telefono e cercate posto, non troverete di meglio.

Seppia, champignon prugna fermentata

Cappasanta al te’ verde, acciuga, peperoncino

Triglia capperi scalogno nocciola

San Pietro, barbabietola, bottarga

Riz au lait con alga nori

Rapa e pistacchio

Dacquoise alla vaniglia

il pregio : una mano di rara abilità.
il difetto : è più facile azzeccare un 5+1 che trovare posto.

La Bigarrade
106, Rue Nollet
- 75017 Parigi
Tel:( + 33 ) 1 42 26 01 02
chiuso: sabato, domenica, lunedì aperto solo la sera
solo
menu degustazione: 45 o 65 € a pranzo, 85 € la sera

Visitato nel mese di gennaio 2012


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Roberto Bellomo

18 Commenti.

  • gianni revello6 Febbraio 2012

    Ciao Roberto, bella recensione! Sono contento che La Bigarrade sia passata dalla tua precedente recensione ad oggi dai 17/20 ai 18/20. Un ristorante che mi è piaciuto da subito, nel gennaio 2009. A Parigi, anche per il prezzo estremamente contenuto, questo ristorante aveva costituito un’interessante novità, incrocio tra stile Barbot, movimento neobistrot (chiaramente già c’erano sia l’uno che l’altro) e grande tecnica e inventiva degli chef (questo il fattore specifico decisivo), messa al servizio giorno per giorno della freschezza dei prodotti. Nella ripresa in chiave moderna di quello che già era stato molti decenni or sono uno dei caratteri di Point : il più possibile no al frigo e il più possibile tutto nuovo ogni giorno. Già questo la dice lunga. Un dire basta alle carte fisse di n piatti (e non ne parliamo se ad esempio n>20, o 30!) per uno, due, tre, (talvolta n!) mesi. E’ solo mettendo in campo serietà e capacità professionali fuori dal comune dal prodotto al piatto finito (è dalla scelta dei produttori e di una materia prima più o meno ‘viva’ e non standardizzata che comincia la grande professionalità), e con spese consistenti necessariamente ricaricate sul cliente, che rimane possibile mantenere alto (e talvolta solo fino a un certo punto) il livello di qualità. Ma a La Bigarrade ogni giorno mercato, menù fisso ogni volta nuovo e piatti realizzati sul momento, persino in evoluzione e non completamente sempre uguali a se stessi durante uno stesso servizio. Risultato, per i non tantissimi in grado di farlo come loro, grande qualità a un prezzo più accessibile. Avere una carta certo offre altre opportunità, e in tutta una serie di ristoranti è un piacere avere la possibilità di mangiare alla carta, come pure quella di avere un degustazione predefinito (che però quasi mai mi soddisfa, allora se si può preferibile di gran lunga dare invece carta bianca allo chef), ma, ripeto, mantenere tutto ad alto livello pone una serie di problemi di non poco conto, tra i quali i costi rilevanti rappresentano solo una parte del discorso. Ma oggi La Bigarrade è tutt’altro che poco conosciuto, è in modo assolutamente meritato un ristorante di grande successo. E poi, web o non web, mediaticità o non mediaticità, come potrebbe mai essere poco conosciuto o riconosciuto un due stelle che campeggia sulla Guide Michelin a Paris, e a 85 euro! Giustamente quasi impossibile trovare posto. Specie se, addirittura come dici, probabilmente la cucina più interessante di Parigi. La mia prima volta, gennaio 2009 a pranzo (45 euro), era stata sull’ordine dei 16/20. La seconda, nella primavera dello stesso anno, un netto 17/20, a prezzo ancora immutato per il pranzo, più elevato invece alla sera. La terza volta, a cena, credo di ricordare, ma su questo non sono sicuro, a 65 euro (focaccia e olio, frittino, cinque piatti in porzione ben calibrata, e per finire non meno di quattro tra pre-dessert e dessert), nel gennaio 2010, e allora aveva registrato invece una piccola flessione, ma pur sempre tra 16 e 17/20. Nel periodo relativo alla mia terza visita il sous-chef che aveva seguito tutto l’iter dall’apertura alla prima stella michelin e suo consolidamento non c’era più, si era preso una pausa di riflessione. E siccome in quel tipo di ristorante, dove l’esecuzione è tutta in diretta (saper eseguire e anche improvvisare con rapidità, precisione) una squadra ben rodata e assolutamente affiatata è essenziale, in quegli stessi mesi avevo letto in rete anche qualche recensione non proprio entusiastica, e apparentemente affatto campata in aria, insomma talvolta il ristorante perdeva dei colpi. Poi il primo sous-chef era tornato, la squadra capitanata da un grande Pelè aveva ripreso a pieno ritmo e in seguito era arrivata la seconda stella. Ma se faccio un confronto tra La Bigarrade del gennaio 2010 e Le Chateaubriand del mese scorso, a 55 euro, con alcuni piccoli passaggi iniziali (accidenti quanto superiori nel gusto a quelli de La Bigarrade di allora), tre piatti di grande carattere (Aizpitarte del tutto diverso da Pelé, il bello fortunatamente è la diversità degli stili in cucina) e due dessert, per me non ci piove, meglio la cucina che ho trovato adesso a Le Chateaubriand. Michelin? World’s 50 Best? Più di tutto mi interessa sempre la prova diretta, con la quale ho solo constatato che Aizpitarte è un grande talento, magari, che ne so, anche lui migliorato rispetto a qualche tempo fa. Sono contento che tu ora valuti La Bigarrade 18/20, perché invece in base alle mie tre esperienze la cucina di Pelé ancora meno arrivava al livello che raggiunge adesso la cucina di Toutain partito da poco con l’Agapè Substance, tanto dal punto di vista del gusto che del concetto. Che poi formato un tutt’uno, il ‘gusto’ si voglia o no è naturalmente sempre mediato dalle idee che si hanno sulla cucina. Per dire: per tutta una serie di ragioni di ‘gusto’, …e tanto nella sua cosiddetta centralità, …quanto in tutto quello che si vuole, per me Gagnaire è superiore a Pacaud, per PG invece è il contrario. E certamente entrambi gli chef nella loro specifica maniera sono dei grandi della cucina ..anche se, anche se, leggendo un po' in giro si vede che ancora non tutti i palati, paleo e/o neo, nonostante tutta la grande vicenda del gusto connessa, si siano ancora accorti o capacitati della passata e della presente statura di questi due chef. Ed è solo un esempio. Penso comunque che il fatto che Pelé (aggiornato nella sua evoluzione dalla tua bella recensione) e Toutain siano bravi sia un dato assodato, poi preferire l’uno o l’altro non è così importante. Spero di riuscire a tornare da entrambi, come spero di poter provare le altre belle novità di Parigi. Ciao, Gianni

  • Marcobi6 Febbraio 2012

    Salve a tutti, complimenti per la recensione. Avevo pianificato di visitare questo ristorante in occasione del mio prossimo viaggio a Parigi (fine marzo). Telefonando per la prenotazione mi è stato detto che dal 5 marzo cambierà l'intera brigata di cucina. Qualcuno di voi ha notizie di dove andrà Pelé?

  • giancarlo6 Febbraio 2012

    ma e' una triglia??

  • Roberto6 Febbraio 2012

    Ci sono stato due anni di seguito e sempre con grande soddisfazione, simpatico e disponbile il sous chef italiano (ligure se non erro) con cui abbiamo amabilmente chiacchierato. In entrambe le occasioni ci sono stato a pranzo, dalla durata "wagneriana" ,almeno tre ore, ricordo, ma volate in un soffio. Quest'anno andrò a Parigi a Marzo, ho provato a prenotare ma mi hanno fatto capire che cambierà lo chef ! ( il mio francese é pessimo e potrei aver capito male) ne sapete qualcosa ? Grazi

  • Orson6 Febbraio 2012

    Sì, lo è. Dimensioni notevoli, sapore anche

  • Orson6 Febbraio 2012

    Non ho parlato con Pelé, per cui non ho notizie sulla sua eventuale uscita. Cercheremo d'informarci.

  • giancarlo6 Febbraio 2012

    accipicchia....ma dove l'hanno pescata una triglia cosi' grossa?? e sa di triglia?...micidiale...!!

  • Antonio Scuteri6 Febbraio 2012

    Ma Parini è megli'e Pelè? :-D

  • Orson6 Febbraio 2012

    http://foodintelligence.blogspot.com/2011/12/connaissez-vous-la-bigarrade.html Purtroppo pare sia vero. Ma di Cristophe Pelé risentiremo parlare di sicuro...

  • Orson6 Febbraio 2012

    Ciao Antonio. E' difficile rispondere. Personalmente penso che Parini abbia più "genio" di Pelé. In ogni caso sono due chef molto diversi ma di pari "categoria". PS megl''e Pelé ce ne stava uno solo...;)

  • claudiusapicius8 Febbraio 2012

    "blogger di tendenza" vade retro ! Questa mi sembra una convincente e non compiacente recensione. Complimenti.

  • gianni revello11 Febbraio 2012

    ..e come si fa a non essere d’accordo con claudius apicius! Riguardo al confronto tra Il Povero Diavolo e La Bigarrade la blog tendenza nazionale potrebbe essere indotta a dare sulla fiducia, e per PG anche numericamente, la palma a Parini. Io invece, per quello che contano questi confronti, a questi livelli sempre opinabili, concordo con Orson e penso che i bravissimi Pelé e Parini siano più o meno sullo stesso piano, pur se diversissimi. Sono due cuochi unici, poco paragonabili ad altri. Comunque come mio gusto personale in una delle tre occasioni a La Bigarrade ho preferito Pelé a Parini, per le altre due ho preferito invece Parini, nella purtroppo unica prova significativa che ho fatto al Povero Diavolo, dove spero felicemente di tornare presto.

  • Francesco11 Febbraio 2012

    In alternativa, sulla stessa fascia di prezzo, qual è la migliore esperienza gastronomica di Parigi secondo voi?

  • gianni revello12 Febbraio 2012

    Quando viene posta la parola fine a un’esperienza di tanto valore e di tanto successo c’è da chiedersi il perché. Per La Bigarrade azzardo che probabilmente a chef di quella bravura la location, non solo in senso fisico, sia potuta diventare un po’ stretta. Ma certamente sentiremo parlare ancora di loro, e alla ricerca di nuove sfide per il piacere di tutti gli appassionati speriamo di vederli presto far evolvere ulteriormente la loro arte in un altro contesto. Già ad esempio Grébaut dopo aver raggiunto una certa notorietà e la stella michelin con l’Agapé aveva lasciato il ristorante in altre mani e se ne era andato in giro per il mondo per conoscere cose nuove in modo da personalizzare e arricchire maggiormente il proprio bagaglio culturale (come già fece a suo tempo Pascal Barbot, il battistrada riconosciuto di tutta questa nuova generazione e dei diversi tra loro che da qualche tempo adottano un più o meno simile stile cucina del mercato e menù nuovo ogni giorno, di alta qualità a un prezzo relativamente accessibile). Ora Grèbaut è tornato a Parigi, ed è lo chef del Septime. Sulle contrapposizioni di tendenza e non di tendenza, queste sono al massimo considerazioni nostrane. L’informazione circola ormai alla velocità della luce. E a Parigi i giovani chef di valore si conoscono, frequentano gli stessi posti, mostrano d’avere reciproca stima. E tutti sanno cosa fanno tutti gli altri. In caso di carenza di informazioni, o per chi avesse la tendenza ad aver paura ad essere di tendenza, c’è sempre la cara vecchia Michelin, si sa parca nello scritto e con propri tempi e proprie metodologie nell’assegnare i riconoscimenti. Anche se opportunamente negli ultimi anni un certo numero di stelle, una o addirittura due, sono andate ad alcuni format nuovi sia per cucina che per ambientazione e con un prezzo/qualità vantaggioso relativamente alla cucina. Esempi: La Bigarrade appunto, e Passage 53 (chef non a caso scuola Barbot: ex-Astrance; ed ex-Aida). Ma se volessimo prendere anche in considerazione una voce differente, ad esempio la Guide Paris Fooding (intanto tendenza o non tendenza quello che poi conta è sempre entrare nel merito) certo ben veloce nel dare il polso delle novità a Parigi e certo orientata sul prezzo/qualità della cucina (ne consiglio vivamente a tutti la lettura, tra l’altro, messa pure assieme alla Guide France, costa pochissimo), lì guarda caso La Bigarrade è già “Fooding 2008 du meilleur cuisinier”, per dire in netto anticipo sulla Michelin. Per l’appassionato è importante avere l’informazione, e non solo da fonti nostrane, poi fare la prova diretta, che ciascuno può valutare secondo il proprio opinabile gusto. Tento allora di sintetizzare qualcosa di quello che ho provato direttamente e di quello che conosco in merito al target che interessa a Francesco. Intanto però a questo proposito per Parigi può andarsi a vedere su PG quello che è un sicuro punto di riferimento: l’insieme delle recensioni di Orson. Comunque a Francesco consiglio ad esempio i seguenti, in ordine alfabetico, con asterisco su quelli che al momento proverei per primi. L’insieme, anche per lo stile della cucina, è composito, e due di loro hanno due stelle michelin, due hanno una stella, e tutti, meno uno, sono sulla guida fooding. I prezzi potrebbero essere ulteriormente da verificare, do solo poche indicazioni, se si ha voglia su ciascun ristorante coi motori di ricerca si possono trovare in rete menu, testi, immagini. Suggerisco infine di prenotare per tempo, in diversi di loro non sono riuscito: Akrame, suggerisco i menu compresi tra i 50 e gli 80 euro; ch. sa e do Agapé Substance (*), menu a 65 euro o 99 euro a pranzo, 99 euro a cena; ch. do e lu Chatomat (*), solo cena, circa 40 euro; ch. lu e ma Kei (*), a pranzo suggerisco il menu a 68 euro, a cena 85 o 95 euro; ch. do e lu Jean-François Piège, 79 o 99 o 119 euro; due stelle michelin; ch. sa e do La Gazzetta, suggerisco il menu a 52 euro; ch. do e lu Le Chateaubriand (*), solo cena, menu a 55 euro; ch. do e lu Passage 53 (*), menu 55 euro a pranzo, 95 euro cena; due stelle michelin, ch. do e lu Rino (*), suggerisco il menu a 55 euro; ch. do e lu Septime (*), menu a 55 euro; ch. sa e do Yam’tcha, menu 50 euro pranzo in settimana o 85 euro; stella michelin; ch. lu e ma Ze Kitchen Gallery, varie possibilità, tra cui un menu 68 euro pranzo, 80 euro cena; stella michelin; ch. do Se invece fuori da questo target si volesse andare su quello che adesso è un classico, uno dei grandi maestri della cucina, c’è Pierre Gagnaire. Ciao a tutti, Gianni

  • Orson13 Febbraio 2012

    Non ci sono ancora stato, ma un posto da provare assolutamente pare sia Septime. In alternativa: - Rino - Saturne - Agapé Substance (un po' più caro).

  • Roberto13 Febbraio 2012

    . Grazie ai preziosi consigli di PG i miei ultimi due viaggi a Parigi sono stati gastronomicamente memorabili, provando ristoranti quasi tutti consigliati da voi ( La Bigarrade, Rino, Atelier di Robuchon, Passage 53, La Gazzetta, Le Chateaubriand, Café Constant ). In quasi tutti ( tranne Le Chateaubriand che mi ha deluso ) mi sono trovato benissimo, quindi grazie ancora. E quest'anno penso di provare il "nuovo" atelier e, "vedovo" de La Bigarrade, ho prenotato da Agapé Substance , mai provato, ma che potrebbe essere affine a La Bigarrade, credo.

  • divadivina14 Febbraio 2012

    Ho provato questo ristorante ma non credo minimamente che sia inferiore a Meurice, che per me resta il migliore di Parigi.

  • Passione Gourmet3 Ottobre 2022

    […] (IM) ma adottato fin dal 2006 dalla Ville Lumière, dove ha affiancato Christophe Pelè prima alla Bigarrade, minuscolo e avanguardistico locale nel 17ème e poi a Le Clarence, gioiello parigino della […]

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