Miramonti l’altro
Valutazione
Pregi
- Una cucina che ha canoni di piacevolezza e solidità ben definiti.
- Il prezzo dei percorsi di degustazione.
- Un servizio e una location in cui ci si sente a casa.
Difetti
- Non tutti i piatti della degustazione convincono appieno.
Continua l’evoluzione della cucina di Philippe Léveillé
Una cucina in continua evoluzione, quella del Miramonti l’altro. E questo è un merito di per sé nel panorama di un’alta ristorazione italiana che molto spesso preferisce non abbandonare la propria comfort zone e starsene comodamente seduta sugli allori. Non è questo il caso di Philippe Léveillé che, perfettamente spalleggiato dalla brava Arianna Gatti ha, nel tempo, abbracciato un percorso di coraggioso rinnovamento.
Senza abbandonare i grandi classici – il cremosissimo risotto ai formaggi di montagna, il crescendo di agnello con il suo carré, il celeberrimo gelato alla crema, per citarne solo qualcuno – che hanno fatto di questo luogo una meta imperdibile per ogni gourmet che si rispetti, la proposta del Miramonti l’altro è oggi più varia e complessa e senz’altro più leggera, perché lontana dagli eccessi “burrosi” di un tempo.
Ma partiamo da quello che, qui, non cambia, come il livello dell’accoglienza: uno dei punti di forza del locale grazie allo splendido lavoro orchestrato in sala da Daniela Piscini, e la qualità delle materie prime. E non potrebbe essere diversamente dal momento che questo bravo e simpaticissimo cuoco bretone – ma ormai franciacortino d’adozione – è uno di quelli (e non sono ormai in molti) che la mattina ama ancora alzarsi presto e andare in giro a “fare la spesa” per mantenere un costante dialogo coi fornitori che lui ama definire “collaboratori”, per sottolineare l’importanza dei rapporti umani e del gioco di squadra che sono alla base del successo di ogni ristorante.
Una cucina di materia, che si evolve sempre senza dimenticare la sua anima francese
Artigiani e piccoli produttori locali come Franco Lancini per le carni. E poi le verdure e gli ortaggi di Casali che raccoglie il meglio dai contadini della zona, e l’elenco potrebbe continuare… Il risultato è tutto nei piatti: come nell’eccellenza dell’animellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi cotta alla brace, affumicata e arricchita da un fondo di capretto, piatto per la cui riuscita non si può prescindere da una materia prima più che perfetta e di rara intensità gustativa, eloquentissima per esprimere al meglio l’anima francese di Léveillé e il livello di maturità a cui è giunta la sua cucina.
E straordinaria materia prima sono anche le ostriche protagoniste di “Ostriche e birra“, piatto essenziale nell’estetica ma in grado di celebrare in maniera magistrale lo strano abbinamento tra i due elementi, complice la birra di ostriche disidratate non filtrata, non pastorizzata e rifermentata in bottiglia, che lo chef produce in collaborazione con un’altra eccellenza del territorio: il birrificio artigianale Curtense.
Quello che è cambiato da qualche anno e continua a cambiare è l’impronta di una cucina che, ormai, ha abbandonato gli eccessi lipidici di un tempo, diventando man mano più leggera ed acquisendo in molti piatti una marcata nota di freschezza. Molto più presenti rispetto al passato i toni iodati e vegetali e le acidità a contrastare la grassezza di qualche passaggio.
All’interno di un percorso di degustazione in cui, a dir la verità, non tutte le preparazioni ci sono parse avere quel quid in più che in un posto del genere è lecito aspettarsi, vince, però, a nostro giudizio, ancora il Léveillé più deciso, più classico, quello dell’anatra come una lepre alla royale, preparazione di grande tradizione eseguita perfettamente e rifinita al tavolo, con il petto dell’anatra tenuto al sangue e il fondo legato con il suo sangue, emulsione di foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi e tartufo nero, così come quello dell’eccellente animella di cui si raccontava poco sopra.
Ma, tutto sommato, riteniamo che ciò possa considerarsi fisiologico per una cucina costantemente in evoluzione, che ha scelto di non crogiolarsi nelle sue certezze ma di affrontare un cammino di innovazione non facile e, proprio per questo, intrigante e meritevole di attenzione.
La Galleria Fotografica:
Amuse-bouche. La focaccia e i meravigliosi grissini sfogliati. Luccio alla gardesana. Ostriche e birra. Bertagnin. Tradizionale aperitivo bresciano a base di baccalà fritto… ….Pirlo in accompagnamento, come da tradizione. Carbonara di ostriche. Ravioli di cervo, crema di anacardi, croccante di cipolla. Animella. In sala, si rifinisce l’anatra. Anatra come una lepre alla royale. Ottimo dessert il Millefoglie 2022. E carnevale: chiacchiere e tortelli. La bella e luminosa sala.